SIMONETTA, Francesco, detto Cecco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SIMONETTA, Francesco detto Cecco

Michele Cattane

– Nacque a Milano il 24 gennaio 1813 da Giambattista e da Luisa Ciani.

Il padre era un ricco possidente originario della sponda piemontese del lago Maggiore, dove conservava cospicue proprietà. La madre apparteneva a un’illustre dinastia di banchieri milanesi di ascendenze ticinesi: i suoi fratelli Giacomo e Filippo, emigrati a Lugano, erano esponenti di primo piano del movimento nazionale. La coppia, che ebbe altri due figli (Carolina e Luigi), era legata da vincoli di parentela e amicizia ad alcune delle più importanti famiglie della Lombardia settentrionale, come gli Adamoli, i Prinetti, i Camperio, i Besana.

Dopo gli studi presso l’imperial regio liceo Sant’Alessandro di Milano, nel 1830 Simonetta si iscrisse all’ateneo di Pavia, dove il 6 settembre 1833 conseguì il titolo di ingegnere architetto. Proprio nell’ambiente universitario era entrato in contatto con la cospirazione mazziniana: nel giugno del 1834 fu arrestato a Milano con l’accusa di alto tradimento. Il suo nome, con quello del cugino Ignazio Prinetti, era emerso dall’interrogatorio dello studente Giovanni Zambelli; in assenza di prove, fu però rilasciato a dicembre, dopo sette mesi di carcere, e il processo fu definitivamente sospeso nel marzo 1835.

Le notizie sul periodo successivo sono scarse: un quadro che collima con la fama di uomo pratico e modesto accreditata dai giudizi posteriori su di lui.

Nel 1845 sposò la cugina Francesca ‘Fanny’ Camperio, sorella del futuro esploratore Manfredo, con la quale ebbe tre figli (Luigi, Luisa e Francesco). Visse con la famiglia a Milano, coltivando al contempo solidi legami economici e politici con il Piemonte. Sospetto tanto alla polizia asburgica quanto a quella sabauda, frequentò gli ambienti patriottici, in particolare il celebre caffè milanese della Cecchina, e in almeno un’occasione, nel 1844, si recò a Parigi e a Londra, prendendo contatti con la rete mazziniana. All’inizio del 1848 si interessò all’acquisto di armi in vista di un prossimo moto rivoluzionario; a febbraio, tuttavia, le autorità austriache ordinarono il suo arresto. Sfuggito rocambolescamente alla deportazione, trovò rifugio oltre il confine verbano. Alla notizia dell’insurrezione di Milano, s’imbarcò per tornare in Lombardia con il cugino Enrico Besana e l’amico Giberto Borromeo, alla testa di un drappello di volontari, in maggioranza svizzeri italiani, noti per la particolare preparazione nel tiro di precisione.

Ostacolato dalle autorità piemontesi, prese terra ad Angera il 22 marzo 1848, congiungendosi poi con gli uomini reclutati nel Varesotto da Natale Vicari. La colonna, ricordata con il nome Vicari-Simonetta, si distinse per l’ottima capacità di fuoco contro i difensori di Forte Salvi, a Peschiera; si sciolse però alla metà di aprile, quando la maggioranza dei ticinesi non volle unirsi alla spedizione Allemandi verso il Trentino. Simonetta combatté per il resto della campagna nel reparto di carabinieri lombardi addestrati dal colonnello svizzero Giovanni Battista Fogliardi.

Escluso dall’amnistia del 1849, si trasferì nel Regno di Sardegna; non fu però colpito dal sequestro dei beni a più riprese comminato da Radetzky agli emigrati, in quanto riconosciuto suddito piemontese di origine. La sua villa di famiglia a Intra divenne luogo di rifugio e di sociabilità per molti esuli (come il cognato Manfredo, in fuga dal Lombardo-Veneto nel 1856), e i giovani del gruppo amicale-familiare trovarono in lui una guida politica e morale. Fu su suo consiglio, ad esempio, che nel 1859 il cugino Giulio Adamoli accantonò le remore ideologiche per arruolarsi nell’esercito regolare sabaudo. Ricoprì la carica di sindaco di Varallo Pombia, e per tre legislature (II, III, IV) rappresentò il collegio di Intra al Parlamento subalpino, in cui sedette sui banchi della Sinistra democratica di Agostino Depretis e Lorenzo Valerio.

Nel 1852 si oppose al trattato di commercio con l’Austria negoziato dal primo gabinetto d’Azeglio, che secondo lui avrebbe chiuso «le porte dell’Italia alla stampa ed alla emigrazione» (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura IV, Sessione 1851, vol. VII, 5 gennaio 1852, p. 3686). In quello stesso anno denunciò in aula gli ostacoli posti dal governo all’organizzazione della Società dei carabinieri italiani, di cui dal 1851 era stato – con Giuseppe Lyons – uno dei fondatori. Ispirato dalla sua esperienza bellica, il sodalizio avrebbe dovuto «generalizzare il perfetto uso di un’arma tanto utile quanto difficile», in un progetto di «educazione morale e politica» dei cittadini sul modello svizzero (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura IV, Sessione 1852, vol. V, 21 giugno 1852, p. 1214).

Nel marzo del 1859 Giuseppe Garibaldi gli affidò, con il grado di luogotenente e poi di capitano, il comando delle Guide, il piccolo corpo di cavalleria affiancato ai Cacciatori delle Alpi, nei cui ranghi militarono futuri esponenti di primo piano del garibaldinismo, come Giuseppe Missori, Francesco Nullo e il primogenito del generale, Menotti.

Erano quasi tutti giovani lombardi di buona famiglia, equipaggiati a proprie spese e privi di addestramento militare; furono comunque in grado di operare con efficacia come staffette ed esploratori, impegnando anche le truppe nemiche con azioni di disturbo e inseguimento. Simonetta, oltre che per l’ottima conoscenza del territorio e della popolazione della zona di operazioni, si distinse per le doti di ufficiale logistico, organizzando il passaggio delle forze garibaldine attraverso il Ticino a Sesto Calende (23-24 maggio 1859). Dopo Villafranca, fu brevemente coinvolto nell’organizzazione di un nuovo plotone di Guide per la mai realizzata campagna di Garibaldi nell’Italia Centrale.

Ritornato a Milano, contribuì a raccogliere fondi per i Mille e a reclutare volontari; quindi, nel giugno del 1860, sbarcò in Sicilia con la spedizione del suo amico Giacomo Medici. Passando in poche settimane dal grado di maggiore a quello di colonnello brigadiere, comandò la I brigata della 17ª divisione dell’Esercito meridionale (reggimenti Cadolini e Vacchieri). Combatté a Milazzo, sul Volturno e a Capua, dando prova di grande valore personale, al punto che dopo la giornata campale del 1° ottobre 1860, «il suo coraggio passava in proverbio» (Adamoli, 1892, p. 175) tra gli ufficiali garibaldini.

Finita la guerra, si stabilì definitivamente nel capoluogo lombardo, pur continuando a frequentare la villa di Intra, dove nel giugno del 1862 ospitò Garibaldi durante una visita che lasciò un segno duraturo nella memoria locale. Nel 1861 era stato raccomandato dal generale come uno dei suoi ufficiali meritevoli dell’elezione a deputato del Parlamento italiano, ma le ripetute candidature non ebbero successo; si concentrò dunque sulla vita politica locale, forte di un notevole consenso anche tra i ceti popolari, in quanto «tipo del cittadino soldato» (Castellini, 1909, p. 188) garibaldino e «anima delle società di tiro a segno di Milano» (ibid., p. 189), di cui fu apprezzato presidente.

Nell’estate del 1863, fu eletto consigliere comunale tra le file democratiche. Prima che potesse assumere la carica, si ammalò improvvisamente di tifo, e morì a Milano il 19 settembre1863.

La sua prematura scomparsa commosse l’opinione pubblica cittadina e suscitò un cordoglio trasversale ai partiti. Secondo la stampa, il feretro fu scortato al cimitero del Gentilino da ventimila persone e grande risonanza ebbe l’elogio funebre pronunciato da Benedetto Cairoli. Più volte, negli anni successivi, Garibaldi si rammaricò di non averlo promosso a generale.

Opere. L’unico scritto lasciato da Simonetta è costituito da alcune note di guerra pubblicate postume: Il diario di Francesco Simonetta comandante della cavalleria garibaldina nella campagna del 1859, a cura di N.M. Campolieti, in Rivista di cavalleria, 1909, vol. 23, pp. 581-598; vol. 24, pp. 8-21, 109-129.

Fonti e Bibl.: Per la carriera scolastica di Simonetta: Archivio di Stato di Pavia, Fondo Università. Le carte del procedimento austriaco contro di lui si trovano presso l’Archivio di Stato di Milano, fondo Processi politici. Il carteggio della colonna Vicari-Simonetta è conservato presso la Biblioteca Statale di Cremona, fondo Albertoni. Cenni sull’attività amministrativa di Simonetta in Piemonte si trovano presso l’Archivio di Stato di Torino, fondo Comitato Centrale dell’emigrazione italiana, f. Camperio Manfredo. Sulla sua militanza garibaldina: Milano, Civiche raccolte storiche - Museo del Risorgimento, Carte Guastalla e Bertani; Archivio di Stato di Torino, fondo Ministero della Guerra, Archivio Militare di Sicilia; Archivio di Stato di Mantova, Carte Finzi-Fondo fucili Garibaldi. Sue corrispondenze si trovano: Roma, Archivio del Museo centrale del Risorgimento (tra i destinatari, G. Cadolini, F. Bellazzi, A. Bertani, G. Garibaldi); Torino, Biblioteca di storia e cultura del Piemonte, fondo Valerio; Villasanta (Monza Brianza), Archivio del Comune, fondo Famiglia Camperio. Imprecisi, ma interessanti i necrologi pubblicati dai principali giornali milanesi: Gazzetta di Milano, 19 settembre 1863; La Perseveranza, 20 settembre 1863; Il Pungolo, 21 settembre 1863. Si vedano inoltre: G. Adamoli, Da San Martino a Mentana, Milano 1892, pp. 174-176; F. Castellini, Pagine garibaldine (1848-1866), Milano-Roma 1909, pp. 187-189; Protocolli della Giovine Italia, I-VI, Imola 1916-1919, ad indices; M. Camperio, Autobiografia [...] 1826-1899, Milano 1917, passim; G. Garibaldi, Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872, Bologna 1932, pp. 349, 478, 483; F. Catalano, La colonna Vicari-Simonetta nella campagna del Quarantotto, in Bollettino storico cremonese, 1942, vol. 12, pp. 5-43; 1943, vol. 13, pp. 5-42; Storia di Milano, XIV, Milano 1960, pp. 262, 322, 394, 490; XV, 1962, p. 764; G. Talamo, La formazione politica di Agostino Depretis, Milano 1970, pp. 204, 224, 235; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il ‘partito d’azione’ 1830-1845, Milano 1974, pp. 114, 238; C. Cattaneo, Archivio triennale delle cose d’Italia, a cura di L. Ambrosoli, I-II, Milano 1974, ad indices; G. Garibaldi, Epistolario, IV, a cura di M. De Leonardis, Roma 1982, ad ind., V, a cura di S. La Salvia, 1988, ad ind., VI, a cura di M. De Leonardis, 1983, ad ind., VII, a cura di S. La Salvia, 1986, ad ind., VIII, a cura di S. La Salvia, 1991, ad ind.; L. Valerio, Carteggio 1825-1865, a cura di A. Viarengo, IV, Torino 2003, ad ind., V, 2010, ad ind.; Le carte Missori, a cura di M. Brignoli, Milano 1984, pp. XIV-XVII; Manfredo Camperio: tra politica, esplorazioni e commercio, a cura di M. Fugazza - A. Gigli Marchetti, Milano 2002, pp. 20, 202 s.; A. Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia (1833-1835), Milano 2003, pp. 91, 140, 154; G. Marcora, Note autobiografiche, a cura di M. Soresina, Milano 2006, pp. 260 s., 272, 276; S. Tosi, F. S., un garibaldino a Varallo Pombia, in Varallo Pombia. Storia e memorie di una millenaria comunità, a cura di D. Tuniz, Novara 2012, pp. 381 s.; I. Pederzani, Dall’albero della libertà alla croce sabauda: politica, società e salotti a Varese (1796-1861), Milano 2016, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/ francesco-simonetta#nav.

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