SINFONIA

Enciclopedia Italiana (1936)

SINFONIA (gr. συνϕωνία propr. "accordo di voci o di suoni")

Giulio Cesare Paribeni

Nome di una forma di musica strumentale.

Se tale è l'accezione odierna della parola, questa tuttavia ha avuto significati molto diversi in passato. Designò nella teoria musicale ellenica la consonanza più perfetta, quella di ottava. Nella stessa antichità greco-romana "sinfonia" fu anche il nome di uno strumento usato a sostenere le voci a distanza d'ottava; e i Latini chiamarono symphoniaci i cori in cui si cantava in ottava.

Come termine generico, nell'alto Medioevo, symphonia era usato in opposizione a diaphonia, cioè consonanza la prima, dissonanza la seconda. La corruzione volgare in zampogna denota inoltre che la parola era altresì adoperata per indicare un tipo di strumento popolare di ben antica sopravvivenza.

Dal sec. XVI cominciamo a trovare attribuito al termine "sinfonia" il significato di collezione musicale. Così vediamo qualificata come Symphonia angelica di diversi eccellentissimi musici (Anversa 1585) una scelta di madrigali; come Sacrae symphoniae diversorum excellentissimorum auctorum (Norimberga 1603, presso Kauffmann) una raccolta di composizioni da cantare o da sonare a 6-12 voci; così infine su alcune composizioni da sei a sedici voci (Venezia, presso Gardano, 1597) di G. Gabrieli si trovano sul frontespizio le parole: Cantus sacrae symphoniae.

Uscendo dal senso generico, Sinfonia passò, al principio del Seicento, a designare brani strumentali preposti a composizioni vocali di ogni tipo, o i ritornelli e gl'interludî orchestrali delle più antiche opere di teatro, o anche pezzi in stile concertante (voci con strumenti) o il brano introduttivo di composizioni interamente strumentali, come le Suites e le Sonate da camera. Così mentre, tra i primi, A. Banchieri chiama Sinfonia una sua Canzone alla Francese a 4, ancora nel 1731 I. S. Bach qualifica per Sinfonia il preludio della 2ª Partita per clavicembalo, e Sinfonie nomina anche le proprie Invenzioni a tre voci (1723). Finalmente giova aggiungere che nella prima metà del sec. XVII, Sinfonia fu sinonimo di Sonata e i due termini furono usati promiscuamente.

Il significato connesso ad una determinata forma venne alla parola Sinfonia dalla introduzione strumentale ai melodrammi di scuola napoletana. Troviamo infatti la Sinfonia scarlattiana, divisa in tre tempi, avvicendati nei movimenti di Allegro - Adagio - Allegro, a cui si contrappone la Sinfonia lulliana dall'opposto ordine, Adagio - Allegro - Adagio.

Il gusto per il concerto strumentale, che si andò sempre più diffondendo in Italia e in altri paesi europei, dalla seconda metà del sec. XVII, fu il principale fattore per lo svincolo della Sinfonia dalle accessorie funzioni di pezzo introduttivo e per l'autonomia della sua vita.

In Italia gli ambienti adatti per il concerto furono - oltre a quelli proprî della vita aulica - le accademie e le chiese; in Germania quelle riunioni, per lo più di esecutori dilettanti, che si chiamarono Wochentliche Konzerte. In Francia veri e proprî trattenimenti sinfonici furono i Concerts spirituels; a Londra il Pantheon dei concerti e più tardi i Professional Concerts. Ma prima che un tale rigoglio delle istituzioni musicali si riflettesse in un proporzionato sviluppo di forme sinfoniche, troviamo che le diverse possibilità, connesse con gli ambienti in cui nacque e si formò il gusto della musica strumentale, favorirono ancora le mescolanze dei significati nell'uso della parola Sinfonia.

Spesso in Italia Sinfonia fu sinonimo di orchestra, sì che i sonatori prendevano anche il nome di sinfonisti. Applicata invece alle composizioni, la stessa parola servì come termine comune per musiche affini nella forma, diverse nell'organico dell'esecuzione.

Così, spesso erano chiamate sinfonie le Sonate a tre o Trii da camera, le quali, riprodotte nella numerica semplicità delle loro tre parti concertanti, potevano essere ospitate nelle private sale dei palazzi signorili; mentre rinforzate da raddoppî, o imbottite dai ripieni degli strumenti a fiato, comparivano altrove in aspetto consono alla imponenza di esecuzioni più solenni. Così pure, avulse dai melodrammi o dagli oratorî, le Ouvertures si insinuavano, col nome di Sinfonie, negli intermezzi delle accademie, nella celebrazione di sacre ricorrenze, nelle feste, tra il monotono succedersi delle Cantate di circostanza. E l'importanza della Sinfonia d'opera, nella storia delle forme, non è minore della voga da essa incontrata nei concerti.

La Sinfonia di Alessandro Scarlatti (nata una ventina di anni più tardi di quella di G. B. Lulli) va considerata non solo per la tripartizione dei movimenti, ma soprattutto per lo stile. Infatti, mentre la Sinfonia di Lulli prese carattere dalla pomposa pienezza armonica del primo brano e dal fugato d'obbligo dell'Allegro centrale, quella dello Scarlatti si distinse per avere accolto le maniere proprie del Concerto. Essa inoltre appare più agile nel taglio dei tempi e, nella struttura, incline all'omofonia. Per tali sue qualità la Sinfonia scarlattiana si presentava come un brillante pezzo di apertura, staccato dal contenuto musicale dell'opera e di per sé stante.

Seguirono le orme dello Scarlatti tutti i maestri della prima scuola napoletana, come N. Porpora, L. Vinci, F. Feo, L. Leo, A. Logroscino, ecc. Nella Sinfonia d'opera di tali autori, come in quella presa a modello, si nota la brillante esteriorità del primo tempo, l'intima e delicata poesia del secondo, l'aspetto di danza (per lo più di Giga o di Minuetto) nel terzo. In fondo la triplice divisione e i caratteri di ogni movimento rispecchiano sin d'allora le prime tre parti della Sinfonia moderna, prescindendo dalla successiva trasformazione del minuetto in scherzo.

Ma, contemporaneamente al favore goduto dalla Sinfonia d'opera, si andrà destando nel primo trentennio del Settecento quello per una forma affine, e più pura, germogliata sul terreno, fervido di passione artistica, del Concerto. Questo, come si è detto, ebbe vita rigogliosa soprattutto nei centri artistici italiani di Bologna, Roma, Milano. Se nelle prime due di queste città il Concerto grosso, sotto l'impulso dei precursori di Corelli, e poi per l'amplificazione datagli da questo, fu il genere di composizione preferito nei trattenimenti strumentali; nella metropoli lombarda invece prevalse presto il gusto per una forma che, uscita dal capace stampo della Sonata, era destinata a spingere le possibilità di contenuto, di forma, di colore sonoro, inerenti al modello bipartito, sino a impensati confini: la Sinfonia.

I recenti studî di F. Torrefranca e di G. Cesàri, preceduti dalle ricerche fatte da due pionieri della storiografia musicale italiana, A. Galli e L. Torchi, e le indagini di G. De Saint-Foix hanno inconfutabilmente dimostrato che a Milano e ad un compositore milanese, Giovanni Battista Sammartini, va attribuita di diritto la priorità d'un impulso cui la Sinfonia deve la sua vita feconda.

Del Sammartini (nato nel 1701) si può stabilire col Saint-Foix un primo periodo di produzione sinfonica nel decennio dal 1730 al 1740, nel quale i lavori del maestro milanese recano ancora vive le tracce della più antica musica strumentale italiana. Solo nel secondo periodo della sua operosità - che coincide con quello della sua notorietà europea - appaiono quei caratteri, che dànno alla sinfonia sammartiniana il duplice valore artistico e storico che ad essa compete. Tali caratteri si possono riassumere:

1. in una vivacità di atteggiamenti melodici che, anziché seguire il calcolo volontario di uno sviluppo tematico, si rinnovano secondo le dinamiche leggi di un "impressionismo ritmico" (come scrive il Torrefranca) di sorprendente mutabilità, composto tuttavia ad unità mediante l'eleganza e la naturalezza delle giunture tra le membra del discorso strumentale;

2. in una orchestrazione colorita e aderente al contenuto inventivo;

3. nelle abbondanti indicazioni dinamiche (passaggi dal pp al ff, crescendo e diminuendo, accenti, ecc.). Di queste, come anche degli atteggiamenti formali della Sinfonia, H. Riemann, in studî precedenti a quelli italiani, aveva attribuito l'assoluta paternità ad un gruppo di compositori di Mannheim, regalando addirittura ad essi l'invenzione dello stile sinfonico; mentre una tendenza erudita francese (L. De La Laurencie) credette di ritrovare analoghi meriti nelle Symphonies en trio e nei Concertos, coltivati in Francia nei primi decennî del Settecento.

Ora il ritrovamento, presso la biblioteca del Conservatorio di Parigi, di una miniera di sinfonie italiane, quale il Fondo Blancheton, comprendente in ventiquattro volumi ben trecento composizioni del genere e non meno di settanta autori; la coscienziosa consultazione di antiche raccolte, come quelle dell'editore veneziano Venier, dei parigini Dufresne e Vernader, del poco più tardo catalogo del lipsiense Breitkopf; lo studio diretto delle Sinfonie, piene di carattere, del Sammartini e del gruppo dei musicisti lombardi che (come il Giulini, il Brivio, il Monza, il Chiesa, il Piazza, il Lampugnani, il Galimberti) ne seguirono le orme; in confronto con l'aspetto scialbo e dimesso di analoghe composizioni tedesche e con la superficialità di quelle francesi; infine l'indagine sussidiaria condotta sulle forme affini alla Sinfonia, egualmente sbocciate e coltivate in Italia; questo complesso ordine di ricerche, seguite con ardente, ma severo spirito di rivendicazione, ha concluso per una innegabile precedenza degli Italiani, e segnatamente del Sammartini e di taluni compositori milanesi, nella creazione dei modelli sinfonici.

È tuttavia doveroso riconoscere che, intorno alla metà del Settecento, altre due nazioni europee produttrici di musica, la Francia e la Germania, si sono validamente affiancate all'Italia per lo sviluppo della Sinfonia.

Ricordiamo: tra i Francesi, Leclair, Mondonville (precursori), Guillemin, ma soprattutto Fr. Gossec, direttore dei Concerts spirituels e più tardi Bailleux, Papavoine, Davaux, Méhul; tra i Tedeschi, i rappresentanti del gruppo di Mannheim, J. Stamitz, Fr. X. Richter, Cannabich, Graupner, Beck, Eichner, W. Cramer; della scuola sassone, J. Ad. Hasse, J. A. Hiller, J. Gottl, a cui vanno aggiunti i due figli di Bach, Filippo Emanuele e Giovanni Cristiano; infine i campioni della scuola viennese (patrocinata dal musicologo Guido Adler), J. J. Fux, che portò a Vienna la forma della sinfonia d'opera scarlattiana, G. Monn, Schlöger, Wagenseil, Reutter, Stärzer. A questa fioritura si accompagnarono fiorenti attività editoriali italiane, tedesche, francesi, belghe, boeme, polacche, inglesi.

La forma comune di questa sinfonia, che chiameremo delle origini, è quella di una composizione a tre movimenti, di cui il primo, un Allegro, mantiene il modello bipartito del tempo di Sonata - ove talvolta affiora un nascente dualismo tematico -, il secondo è un Adagio, sullo stampo dell'Aria, il terzo ha per lo più il carattere di danza (Minuetto o Giga) o ripete gli aspetti formali del primo. La struttura della composizione va dal più semplice organico di tre parti essenziali (come nelle sonate in trio) a quello più ricco di persino nove parti, tra cui figurano oboi, corni, trombe, mentre le viole, avvezze nello strumentale d'opera a raddoppiare il basso, acquistano indipendenza di parte reale (sinfonie del Sammartini).

Nella seconda metà del Settecento la Sinfonia, dopo i chiarori dell'alba, vide il proprio mattino radioso con F. J. Haydn e con W. A. Mozart, che fecondarono i germi gettati con tanta generosità dal genio italiano.

F. J. Haydn (1732-1809), che fu chiamato, per ragioni meno storiche che puramente artistiche, "il padre della sinfonia", lasciò 104 composizioni di tal genere, scritte in gran parte per il principe Esterházy, al cui servizio egli rimase oltre trent'anni, in parte per i concerti organizzati dal Salomon a Londra (1790-1794). L'importanza delle sinfonie di Haydn sta nell'architettonico assestamento delle forme, nell'inesauribile ricchezza e vivacità dell'invenzione - in cui predominano caratteri di serenità e di gaiezza - nell'eleganza e nell'iridescenza della strumentazione. W. A. Mozart (1756-1791) compose trentanove sinfonie di grande pregio melodico e formale, tra le quali sono rimaste famose quella in Mi bemolle maggiore, quella in Sol minore, la Jupiter, in do maggiore, sorretta, questa, dal più alto magistero polifonico.

La presenza di questi maggiori astri del firmamento sinfonico non troncò d'un colpo l'attività dei compositori italiani.

Ricordiamo le sinfonie di L. Boccherini (se ne conoscono sedici), in cui alla spontaneità del contenuto si sposano la sobrietà delle forme e l'elegante maestria della fattura, non aliena da disinvolti artifici canonici; le ventuno tra Sinfonie ed Ouvertures di Muzio Clementi. Sebbene la produzione sinfonica di questo grande pianista sia andata in gran parte smarrita (alcune sinfonie sue sono state di recente ritrovate ed oggi sono alla biblioteca di Washington; due di esse poi sono già state rivedute per l'esecuzione a cura di A. Casella), pure quel che ne è rimasto e i resoconti della stampa europea del tempo, sono sufficienti a stabilire l'importanza artistica, la complessità e l'ardimento di tali lavori, qualità per certo non inferiori a quelle che il Clementi spiegò come sonatista.

Un'importante Sinfonia, in 4 tempi, è dovuta poi a L. Cherubini.

Tra i sinfonisti contemporanei di Haydn e di Mozart è giusto ricordare anche I. Pleyel, il Holzbauer, il Wanhall, il Ditters von Dittersdorf, e gl'Italiani G. G. Gambini, che ai Concerts spirituels di Parigi fece eseguire non meno di sessanta sinfonie, G. Pugnani, il celebre violinista, che ne compose dodici ad otto parti strumentali.

Avviata dal suo vitale sviluppo a divenire l'espressione più alta dell'epica e della drammatica orchestrale, la sinfonia ebbe in L. v. Beethoven (1770-1827) l'artista destinato a farle raggiungere fastigi tuttora insuperati. Le sue 9 sinfonie formano un ciclo in cui vibra l'intero arco dei sentimenti umani, significati con la sola ed intrinseca forza delle idee musicali.

Sotto l'aspetto formale Beethoven ha singolarmente ampliato le proporzioni dei modelli forniti dai predecessori, soprattutto nella sezione centrale del tempo tripartito - sviluppi e modulazioni -, ha ravvivato l'interesse della ripresa e infuso un novello fuoco nella coda; ha conciliato mirabilmente l'indipendenza degli episodî con la ferrea unità dell'insieme; si è servito egualmente cosi del fascino dello stile melodico, come delle austere risorse del contrappunto, dell'imitazione e della fuga; ha trasformato l'antico Minuetto nell'agile o irruento Scherzo; infine, nella IX Sinfonia ha gettato sul fascio multicolore della sua orchestra l'incandescente bagliore della voce umana, introducendo nel Finale della titanica opera un quartetto di solisti e il coro.

Dopo la classica triade Haydn - Mozart - Beethoven, il primato nella sinfonia resta quasi per l'intero sec. XIX alla nazione tedesca. F. Schubert, F. Mendelssohn, R. Schumann, e da ultimo J. Brahms, fondono gl'ideali romantici col rispetto alle forme già consacrate dai sommi predecessori, ed arricchiscono il repertorio sinfonico di ben ventidue composizioni; K. M. Weber si prova nel genere con due sinfonie, ma non col medesimo successo delle proprie Ouvertures.

Nello spirito di un neoromanticismo massiccio, incurante delle proporzioni e imbastardito di maniere improntate allo stile wagneriano, sono concepite le nove sinfonie di A. Bruckner e più ancora quelle di G. Mahler. Nel resto d'Europa coltivarono la Sinfonia durante il secolo XIX: lo svizzero J. Raff, il danese Niels Gade, il boemo A. L. Dvořák, i russi M. Balakirev, A. Borodin, N. Rimskij-Korsakov, P. Čajkovskij, A. Rubinstein, A. Glazunov, l'ungherese K. Goldmark, l'inglese E. Elgar, gli scandinavi S. Swendsen e C. Sinding, i francesi C. Saint-Saëns, E. Lalo, V. D'Indy, P. Dukas, C. Widor, E. Chausson, il belga César Franck, il finlandese J. Sibelius.

L'Italia, dopo il magnifico impulso dato nel Seicento e nel Settecento a tutte le forme strumentali, costretta dal suo stesso destino artistico, dovette poi abbandonare l'arringo sinfonico, per dedicare le sue forze migliori al teatro melodrammatico. Soltanto sullo scorcio del sec. XIX si ebbe una ripresa anche nella sinfonia per opera di Giovanni Sgambati e di Giuseppe Martucci, seguiti dal buon volere di Alberto Franchetti, di Antonio Scontrino, ecc.

Nel quarto decennio dell'Ottocento lo sviluppo e la diffusione della musica descrittiva e a programma coinvolsero anche la Sinfonia, recando lo spirito concreto e le necessità espressive dell'una nelle astratte forme dell'altra. Promotore di questa tendenza fu H. Berlioz con la Sinfonia Fantastica (1831) e la Sinfonia Aroldo in Italia (1838), seguito da F. Liszt (Sinfonia Dante, Faust-Symphonie), da F. David con le Odes-Symphonies, da J. Raff (Sinfonia Im Walde, ecc.), da A. Rubinstein (Sinfonia L'Oceano).

Tra i contemporanei ha adottato ancora un tale indirizzo R. Strauss nella Sinfonia Domestica e nell'Alpensymphonie. Una ripresa nel senso richiesto dalla musica pura ha avuto la Sinfonia ai nostri giorni. Ne sono cultori in Italia: F. Alfano, O. Respighi, A. Zanella, G. F. Malipiero e altri contemporanei; in Russia: S. Skrjabin, S. Rachmaninov, K. Szimanowsky, S. Prokofev; in Germania: E. Krenek; in Francia: A. Roussel e D. Milhaud; in Ungheria: E. v. Donhányi, ecc.

È interessante conoscere la progressiva ampiezza di mezzi orchestrali, che la Sinfonia ha spiegato nel corso della sua evoluzione. Dalla trama essenziale delle Sinfonie in trio (2 parti di violino e basso) si passa al complesso di quintetto a corde con oboi e corni di G. B. Sammartini, indi all'organico delle ultime Sinfonie di Haydn: flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 tromboni, timpani e corde. Nella Sinfonia mit Paukenwirbel e nella Glocken-Symphonie il maestro usò anche i clarinetti. Questo complesso è arricchito talvolta da Beethoven con i tromboni (V, VI Sinfonia), col contrafagotto (V), con l'ottavino (VI), con una terza parte di corno (Eroica). Quattro corni e tre tromboni usa di regola R. Schumann; J. Brahms vi aggiunge il contrafagotto, e - nella II Sinfonia - il basso tuba. C. Franck drammatizza sempre più l'orchestrazione della sinfonia, adoperando anche i caratteristici timbri del corno inglese e del clarinetto basso; mentre A. Bruckner spinge il suo proselitismo wagneriano fino a introdurre il quartetto delle tube.

La mania del colossale in fatto di orchestrazione fu rappresentata da G. Mahler nelle sinfonie composte dopo il 1900, in cui la divisione dei legni e delle trombe è portata a quattro, quella dei corni a otto, e dove è introdotta ogni specie di strumenti a percussione.

Bibl.: M. Brenet, Histoire de la Symph., Parigi 1882; H. Kretschmar, Führer durch den Concertsaal, I: Symphonie und Suite, Lipsia 1887; L. Torchi, La musica strumentale in Italia nei secoli XVI, XVII, XVIII, Torino 1897-1901; F. Weingartner, Die Smph. nach Beethoven, 2ª ed., Berlino 1901; L. De La Laurencie e G. De Saint-Foix, Contribution à l'histoire de la Symph. française, Parigi 1912; F. Torrefranca, Le origini della Sinfonia (Le Sinfonie dell'imbrattacarte Sammartini), Torino 1915; G. Cesàri, G. Giulini musicista, contributo alla storia della Sinfonia in Milano, Torino 1917; P. Bekker, Die Symph. von Beethoven bis Mahler, Berlino 1918; K. Nef, Geschichte der Simph. und Suite, Lipsia 1921; F. Torrefranca, Sonata, Sinfonia e Concerto, in Le origini italiane del Romanticismo musicale, Torino 1930.

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