ARTICOLARE, SISTEMA

Enciclopedia Italiana (1929)

ARTICOLARE, SISTEMA

Ignazio SALVIOLI
Dante BERTELLI
Mario BERTOLOTTI
Virgilio DUCCESCHI
Giovanni CAGNETO
Ottorino Uffreduzzi
Agostino Palmerini

E costituito dalle articolazioni. Per articolazione (lat. articulus, fr. articulation, Jointure, article; sp. articulacion; ted. Gelenk; ingl. articulation, Joint) s'intende un apparecchio formato da due o più ossa e da mezzi legamentosi, i quali permettono alle ossa vario grado di movimento.

Anatomia del sistema articolare.

Alla parte dell'anatomia sistematica che tratta delle articolazioni si dà il nome di Syndesmologia (dal gr. σύνδεσμος "legamento" e λόγος "dottrina"), o di Arthrologia (dal gr. ἅρϑεον "articolazione"). Gli antichi anatomici classificarono le articolazioni tenendo esclusivamente conto della qualità dei mezzi legamentosi e fecero delle articolazioni quattro gruppi, denominati: Synchondrosis (dal gr. σύν "con" e χόνδρος "cartilagine"); Synneurosis (dal gr. σύν e νεῦρον "legamemo"); Syssarcosis (dal gr. σύν e σάρξ "carne"); Meningosis (dal gr. μῆνιγξ "membrana").

La classificazione migliore è quella che divide le articolazioni in due classi: sinartrosi e diartrosi; la prima classe comprende le articolazioni per continuità, che sono immobili o molto poco mobili, la seconda classe comprende le articolazioni per contiguità, le quali presentano movimenti più estesi.

Sinartrosi. - In queste articolazioni è situato tra le parti ossee tessuto fibroso, o fibro-cartilagineo, o cartilagineo, il quale si unisce tntimamente alle superficie articolari. Di questa classe abbiamo tre generi e cioè le suture, le sinfisi e le sincondrosi.

Suture. - Sono articolazioni immobili che avvengono tra le ossa della testa: le superficie articolari sono rappresentate dai margini ossei, che si uniscono strettamente tra loro, divisi soltanto per mezzo di un sottilissimo strato di tessuto connettivo fibrillare denso, chiamato membrana suturale o legamento suturale. In base alla diversa forma dei margini furono distinte le seguenti specie di suture: dentata, squamosa e armonica. Nella sutura dentata i margini delle ossa sono muniti di numerose dentature, varie per forma e per lunghezza, divise da incisure; le dentature e le incisure dei due margini s'ingranano a vicenda; di questa sutura si hanno esempî nelle articolazioni tra osso frontale e ossa parietali, nelle articolazioni delle ossa parietali tra loro e nelle articolazioni tra osso occipitale ed ossa parietali (fig.1). Nella sutura squamosa (fig. 2) le due superficie articolari, strettamente sovrapposte, sono tagliate a sbieco, l'una a scapito del tavolato esterno, l'altra a scapito del tavolato interno, come avviene nella sutura temporoparietale. Nella sutura armonica i margini delle ossa che si uniscono hanno superficie pianeggianti o flessuose, come nell'articolazione tra le due ossa nasali (fig. 3).

Se nelle suture il sottilissimo strato di tessuto connettivo fibrillare denso interarticolare si ossifica, sparisce la sutura e si ha l'ossificazione dell'articolazione; questo fatto, cioè la sinostosi (dal gr. σύν e ὀστέον "osso"), si verifica nelle ossa del cranio dei vecchi: le prime suture che si ossificano sono quella tra le due ossa parietali e quella tra le ossa parietali e l'osso frontale (sutura coronale).

Si dà il nome di schindilesi (dal gr. σχινδύλησις, da σχιζω "separo") all'articolazione del margine di una lamina ossea con una scanalatura ossea, come tra cresta sfenoidale e margine superiore del vomere. Con il nome gonfosi (dal gr. γο8νϕος "chiodo ") s'intende l'unione dei denti con gli alveoli, a guisa di un chiodo conficcato strettamente.

Sinfisi. - Taluni fanno di queste articolazioni una classe e la denominano delle anfiartrosi o delle articolazioni semimobili, ma è meglio considerarle come un genere delle sinartrosi, perché anche esse sono, come le suture e le sincondrosi, articolazioni per continuità, e, invece di anfiartrosi, è meglio servirsi del nome sinfisi, che è ormai inveterato nell'uso.

Nelle sinfisi (fig. 4) un legamento interosseo fibrocartilagineo riempie lo spazio tra le due superficie articolari rivestite da cartilagine; molto spesso nella parte media del legamento interosseo è una piccola cavità (figura 4); il grado del movimento è molto limitato, come nella sinfisi del pube e nelle articolazioni tra corpi vertebrali.

Sincondrosi. - Sono articolazioni immobili nelle quali due superficie ossee sono unite per mezzo di cartilagine ialina: se ne hanno due tipi: appartiene al primo la sincondrosi sfenooccipitale, tra la faccia posteriore del corpo dell'osso sfenoidale e la parte basilare dell'osso occipitale; al secondo la sincondrosi intersfenoidale, tra sfenoide anteriore e sfenoide posteriore.

Diartrosi. - Hanno superficie ossee a contatto e rivestite di cartilagine, posseggono una capsula articolare e, come mezzi di unione, legamenti, dischi, menischi e labbri. La capsula articolare è costituita dalla capsula fibrosa e dalla capsula sinoviale o membrana sinoviale; eseguono movimenti di flessione, di estensione, di adduzione, di abduzione, di scivolamento, di rotazione e di circumduzione. Nelle diartrosi si distinguono: l'enartrosi, la condilartrosi, il ginglimo laterale, il ginglimo angolare, l'articolazione a sella e l'artrodia.

Enartrosi. - Come parti articolari ossee abbiamo, da una parte un segmento di sfera piena (fig. 5) e dall'altra un segmento di sfera cava, ampliato da un anello fibrocartilagineo che si chiama labbro o cercine, al quale, a seconda dell'articolazione, si aggiunge l'aggettivo glenoideo o Cotiloideo. Ne abbiamo esempî nell'articolazione della spalla (articolazione scapolo-omerale) e in quella dell'anca (articolazione coxofemorale). Queste articolazioni, eseguono tutti i movimenti meno lo scivolamento.

Condilartrosi o articolazione condiloidea. - In una delle ossa abbiamo un segmento di ellissoide convesso (condilo) e nell'altra un segmento di ellissoide concavo. Esempio, l'articolazione temporomandibolare. La condilartrosi permette i movimenti in direzione antero-posteriore, di lateralità e di circumduzione.

Ginglimo laterale o articolazione trocoide (dal gr. γίγγλψμος "cardine" o da τροχός "ruota").- Come superficie articolari abbiamo da una parte un segmento di cilindro pieno, dall'altra un segmento di cilindro cavo, o un anello osteofibroso; se ne hanno esempî nelle articolazioni radioulnare superiore e radioumare inferiore. Eseguisce soltanto movimenti di rotazione.

Ginglimo angolare, articolazione a cerniera o trocleartrosi. - In una delle ossa è una troclea, specie di puleggia con larga scanalatura a pareti convesse, nell'altro osso è in mezzo una cresta e, lateralmente e medialmente a questa, una superficie articolare concava, parti che si mettono in rapporto con le parti corrispondenti della troclea. Ne abbiamo esempio nell'articolazione omeroulnare. Eseguisce movimenti di flessione, di estensione e di lateralità.

Articolazione a sella o ad incastro reciproco. - Abbiamo due superficie articolari: una concava e una convessa che combaciano tra loro come un cavaliere con la sella, come avviene nell'articolazione carpometacarpica del pollice. Eseguisce movimenti di flessione, di estensione e di lateralità.

Artrodia. - Presenta superficie articolari ossee piane o pianeggianti. Eseguisce un solo movimento: lo scivolamento. Se ne ha esempio nelle articolazioni tra le ossa della prima fila e quelle della seconda fila del carpo. A questo genere di diartrosi i Tedeschi attribuiscono il significato che in Francia ed in Italia si dà all'enartrosi.

Studiamo ora le parti articolari ossee ed i mezzi legamentosi o mezzi di unione.

Le parti articolari ossee presentano forme molto svariate: le superficie articolari di esse o combaciano tra loro, come avviene generalmente, e in questi casi abbiamo le articolazioni congruenti o concordanti; se tali rapporti non si verificano, allora abbiamo le articolazioni incongruenti o discordanti. Nelle diartrosi e nelle sinfisi le parti articolari ossee sono rivestite da un sottile strato di cartilagine ialina che varia di spessore nelle diverse articolazioni e che si chiama cartilagine articolare (cartilago articularis, cartilagine diartrodiale, c. di rivestimento, c. di incrostazione).

Nelle diartrosi i mezzi di unione sono: la capsula articolare, i legamenti, i labbri articolari, i dischi articolari, i menischi articolari.

La capsula articolare è un manicotto fibroso che con i suoi margini s'inserisce alle ossa, a distanze varie dal contorno delle superficie articolari, e s'inserisce anche alle superficie esterne dei labbri; la capsula articolare avvolge le articolazioni e delimita uno spazio chiamato cavità articolare; la capsula è costituita da uno strato esterno di tessuto connettivo fibrillare denso, detto capsula fibrosa (stratum fibrosum), di vario spessore a seconda delle diverse articolazioni e anche a seconda dei varî tratti di una stessa articolazione; la capsula articolare è inoltre costituita da uno strato interno di tessuto connettivo fibrillare lasso, denominato capsula sinoviale o membrana sinoviale (stratum synoviale), la cui superficie interna è in parte rivestita da cellule connettive, a un solo strato, molto appiattite, che somigliano a cellule endoteliali. Dalla superficie interna della membrana sinoviale partono spesso prolungamenti liberi nella cavità articolare che, a seconda della loro grossezza e della loro forma, prendono le denominazioni o di villi sinoviali (villi synoviales) o di pieghe sinoviali (plicae synoviales). La membrana sinoviale manda anche qualche prolungamento cavo, a fondo cieco, che va a collocarsi nei dintorni dell'articolazione: questi prolungamenti sono denominati diverticoli sinoviali. La membrana sinoviale secerne un umore lubrificante al quale Paracelso diede il nome di sinovia (dal gr. σύν e ᾠόν "uovo", per la rassomiglianza grossolana con l'albumina dell'uovo). La sinoviale è riccamente provvista di vasi sanguiferi e di nervi e possiede anche vasi linfatici. Prendono intimi rapporti con la capsula fibrosa alcuni tendini che mandano espansioni sulle capsule fibrose o forniscono elementi alla costituzione dei labbri articolari, come nelle articolazioni della spalla e dell'anca.

I legamenti sono cordoni o nastri fibrosi di varia grossezza e lunghezza, più o meno differenziati dalla capsula fibrosa: i più partecipano alla costituzione della capsula come fasci di rinforzo, altri sono liberi da essa e quindi autonomi; si attaccano con le estremità a due ossa vicine e servono a tener queste unite. Sono per la massima parte periarticolari; ma ve ne sono degli interni, detti interossei; abbiamo inoltre una categoria di legamenti denominati proprî, i quali stanno tesi tra due parti di un medesimo osso, come ad esempio il legamento coracoacromiale; e vi sono finalmente legamenti in forma di membrane, tesi tra due ossa, denominati legamenti a distanza, i quali insieme con le ossa che essi uniscono formano articolazioni dette sindesmosi, delle quali si hanno esempî nelle membrane che uniscono i processi spinosi delle vertebre, nella membrana interossea dell'avambraccio e nella membrana interossea della gamba (alcuni anatomici descrivono le due membrane interossee con i muscoli). I legamenti, come pure la capsula fibrosa, sono costituiti da tessuto connettivo fibrillare denso, nel quale decorrono numerosi vasi sanguiferi e terminano molti nervi.

Labbri articolari sono il labbro glenoidale (labrum glenoidale, cercine glenoidale) e il labbro cotiloideo (labrum cotiloideum, cercine cotiloideo), i quali sono anelli fibrocartilaginei che si fissano sul ciglio della cavità glenoidea della scapola e sul ciglio dell'acetabolo per aumentare l'ampiezza di queste cavità; hanno forma prismatica triangolare; da molti viene data la denominazione di labbro glenoidale anche al labbro cotiloideo, ma erroneamente, perchè in questo ultimo caso si tratta di una cavità cotiloidea.

Per disco articolare s'intende una lamina fibrocartilaginea che s'interpone fra le superficie articolari senza aderire a queste e divide così in due scompartimenti la cavità articolare.

Il menisco articolare è una fibrocartilagine in forma di semiluna o di anello, interposta più o meno estesamente tra le superficie articolari, senza aderire ad esse. I dischi e i menischi articolari si uniscono alla periferia con la capsula articolare.

Sviluppo delle articolazioni. - Le ossa destinate a costituire una diartrosi sono precedute da abbozzi cartilaginei (fig. 8); le estremità di questi abbozzi stanno unite tra loro per mezzo di una formazione detta disco intermedio, costituita da tre strati, dei quali due daranno origine a tessuto cartilagineo e vengono perciò denominati strati condrogeni (strati precartilaginei), e il terzo strato, posto tra gli altri due. formato da mesenchima, si chiama strato mesenchimale; gli strati condrogeni si continuano con la lamina condrogena che si trova alla superficie degli abbozzi cartilaginei delle due ossa: perciò gli strati condrogeni non devono essere considerati come formazioni speciali, ma come una parte della lamina condrogena. La stessa considerazione deve farsi per lo strato mesenchimale che continua col mesenchima circonvicino. In seguito lo strato mesenchimale sparisce e al suo posto si crea una fessura, che è la cavità articolare primitiva. Gli strati condrogeni formeranno le cartilagini articolari. Intorno alla cavità articolare primitiva si produrrà uno strato di tessuto mesenchimale da cui sorgeranno la capsula articolare, la membrana sinoviale, i legamenti e i labbri articolari.

Riguardo alle sinartrosi, nel caso delle sinfisi gli strati condrogeni formano le cartilagini articolari; lo strato mesenchimale produce il legamento interosseo fibrocartilagineo. Si ha la sincondrosi quando in due ossa che derivano da una cartilagine comune (base del cranio) il tessuto osseo non invade tutta la cartilagine, ma ne lascia un tratto teso fra un osso e l'altro Nelle ossa che hanno origine direttamente da tessuto connettivo (volta del cranio) il tessuto osseo lascia senza ossificazione soltanto un sottilissimo strato di connettivo, che costituisce, a completo sviluppo, tra i margini delle suture, la membrana suturale.

Radiologia del sistema articolare.

Lo studio radiologico del sistema articolare si svolge, quasi esclusivamente, in rapporto agli elementi ossei dell'articolazione perché le cartilagini, i menischi, i legamenti, le membrane e borse sinoviali sono trasparenti alle radiazioni e quindi invisibili.

Talora, con speciali accorgimenti tecnici, si possono mettere in evidenza anche gli elementi trasparenti: così con l'iniezione endoarticolare di ossigeno o di sostanze opache si può accrescere, rispettivamente per eccesso o per difetto, il contrasto offerto dai menischi, dai legamenti, dalle cavità sinoviali, e renderli così visibili. Sono, in ogni caso, pratiche parachirurgiche non sempre del tutto innocue.

In linea generale, nei radiogrammi eseguiti senza speciali espedienti tecnici, l'immagine radiologica dell'articolazione è costituita da una linea chiara, detta interlinea articolare, che separa le ombre delle estremità ossee che fanno parte dell'articolazione stessa.

L'interlinea articolare, che è nettamente appariscente e può essere ben dimostrata con proiezioni adatte in quasi tutte le diartrosi, è invece radiologicamente virtuale nelle sinartrosi ed è costituita dal complesso cartilagineo-sinoviale (trasparente) che separa i capi articolari. Sue caratteristiche, nell'immagine radiologica normale, sono l'uniformità di trasparenza, la regolarità dei margini, che è indice dello stato normale dei capi articolari ossei, l'uniformità di spessore, che è prova dell'integrità degli elementi cartilaginei.

Queste caratteristiche sono costanti nell'adulto, poichè, per la notevole sottigliezza delle cartilagini articolari che rivestono, quasi come membrane, i capi ossei, questi presentano superficie liscie, uniformi. Nel bambino, invece, l'incompleta ossificazione dei nuclei cartilaginei, imprime all'estremo articolare un aspetto sfioccato, ondulato, irregolare, che si riflette sulla conformazione dell'interlinea.

La forma delle superficie articolari è estremamente variabile, in rapporto con la singola articolazione studiata (v. anca, gomito, ginocchio, ecc.).

Fisiologia del Sistema articolare.

L'organismo animale considerato come un motore è costituito da congegni attivi, i muscoli, che si muovono sotto il dominio del sistema nervoso, e da organi passivi, le ossa, le quali, in numero di 208, nell'uomo, formano lo scheletro.

La funzione dello scheletro è in primo luogo quella di costituire un sostegno, e in certi casi, una protezione alle parti molli; esso fornisce inoltre le leve rigide ed i punti d'appoggio necessarî perché i muscoli, inseriti con i loro capi sullo scheletro, possano, accorciandosi e rilasciandosi opportunamente, mettere in movimento i singoli segmenti del corpo o l'intero individuo.

Si chiamano appunto articolazioni, o giunture, le connessioni meccaniche delle ossa fra di loro, che hanno per ufficio di permettere le varie stazioni e posizioni del corpo e delle membra, e di effettuare i più diversi e complessi movimenti.

Lo studio delle connessioni ossee rende necessario distinguere e separare in primo luogo le forme prive di movimento, destinate solo a saldare fra loro in modo rigido alcuni pezzi ossei, o a concedere ad essi una mobilità limitatissima, e adatte perciò come strutture di sostegno. In tutte queste articolazioni (sinartrosi) mancano superficie e cavità articolari vere e proprie. Appartengono a tale gruppo quelle, ad esempio, che uniscono le ossa della parete cranica; mentre godono di una certa flessibilità elastica le sinfisi, che uniscono fra loro le vertebre e permettono alla colonna vertebrale movimenti d'insieme di flessione in avanti, laterali e di rotazione.

Ma il maggior numero delle articolazioni ha l'uffiicio di assicurare la mobilità dei sistemi di leve ossee, su cui agiscono i muscoli inseriti più o meno vicini ad esse. Rispondono a questo scopo le diartrosi, ossia giunture provviste di superficie articolari discontinue e libere, avvolte da capsule e rinforzate da legamenti.

Lo scivolamento dei capi articolari, gli uni sugli altri, è facilitato molto dallo strato di cartilagine ialina che riveste i capi articolari e che è molto levigata nella superficie libera. Contribuisce allo stesso scopo anche la sinovia che umetta le superficie articolari e che funziona come un vero e proprio lubrificante; perciò il valore dell'attrito fra le suddette superficie è trascurabile. Lo strato di rivestimento cartilagineo (e lo stesso si dica dei menischi fibro-cartilaginei proprî di alcune articolazioni) ha anche l'ufficio, per la sua elasticità, di attutire urti e compressioni cui sono continuamente soggetti i pezzi dello scheletro durante i movimenti.

Le superficie articolari cambiano facilmente di rapporti fra di loro per il fatto che, essendo discontinue e perciò libere, si trovano in equilibrio instabile; nei loro spostamenti, più che alla forza elastica dei tessuti di unione, ubbidiscono alle contrazioni, anche le più lievi, delle masse muscolari alle quali sono soggette. Riguardo ai mezzi di unione dei capi ossei articolari, si tenga presente che una condizione essenziale della stabilità e precisione dei movimenti è il contatto stretto e continuo di quei capi fra loro, contatto che nello stesso tempo permette una grande libertà di movimento. Le superficie articolari non sono perfettamente congruenti e le cavità articolari sono puramente virtuali, perché gli spazî liberi sono colmati, oltre che dalla sinovia, anche dalle villosità sinoviali e dai menischi fibrocartilaginei, dove questi esistono.

La capsula articolare, delimitando e chiudendo ermeticamente la cavità dell'articolazione, fa sì che la pressione atmosferica possa esercitarsi sulle superficie ossee a contatto, tenendole strettamente unite. I legamenti articolari hanno l'ufficio di rinforzare la capsula, in alcuni casi di unire direttamente i capi ossei e anche di limitare, per alcune giunture, il movimento delle superficie mobili, conferendo loro la necessaria stabilità.

All'unione dei capi articolari contribuiscono anche la pressione atmosferica e l'azione dei muscoli. E. Weber vide che in un cadavere umano sospeso, sezionando tutti i muscoli che circondano l'articolazione coxofemorale e recidendo la membrana capsulare e i legamenti accessorî, l'arto inferiore non cadeva, sebbene pesasse anche oltre 20 kg. Se però attraverso ad un piccolo foro praticato dalla parete del bacino si lasciava penetrare dell'aria nella cavità dell'articolazione, la testa del femore si distaccava e l'arto cadeva. Ne dedusse il Weber che nel vivente la testa del femore è appesa alle ossa del bacino per forza di adesione; così il peso della coscia non grava sulle strutture molli che circondano l'articolazione. Il valore con cui la pressione atmosferica gravita sulle superficie articolari sarebbe di circa 1 kg. per cmq. Probabilmente la pressione atmosferica non agisce con la stessa intensità su tutte le articolazioni, e la sua importanza fu, in passato, esagerata.

Lo stato di contrazione e il tono dei muscoli hanno una parte fondamentale nell'assicurare il contatto delle superficie articolari. A tale proposito si tenga presente il fatto che la maggior parte dei muscoli si applica o aderisce il più spesso, per mezzo di tendini, alla capsula articolare, rinforzandone notevolmente l'azione sui capi ossei. Per questo fatto, ma più specialmente per lo stato di contrazione e per il tono durante il riposo, i muscoli conferiscono la necessaria fissità e stabilità alle membra al livello delle giunture, sia nelle posizioni statiche, sia nei movimenti speciali. Gli spostamenti dei capi articolari propri delle diartrosi sono assai diversi per grado e complessi per tipo. Questa grande varietà dipende: dalla forma dei capi articolari; dal numero delle ossa che costituiscono l'articolazione; dall'estensibilità della capsula; dalla lunghezza e posizione dei legamenti e dall'esistenza di eventuali menischi intercartilaginei; dal numero, disposizione e speciale attività dei muscoli in rapporto con l'articolazione stessa.

Riassumendo quanto si riferisce ai diversi tipi di movimenti proprî delle diartrosi, possiamo distinguere:

a) lo scivolamento su un piano, proprio delle artrodie;

b) il movimento angolare, che si compie di solito su un piano e che dà luogo alla flessione o all'estensione del membro, a seconda che l'angolo formato dalle ossa tende a chiudersi o ad aprirsi. Abbiamo già veduto che il movimento angolare è specialmente caratteristico dalle diverse forme di ginglimo. Quando il segmento mobile dello scheletro si discosta dall'asse maggiore del corpo o si avvicina ad esso, si avrà il movimento di abduzione e rispettivamente di adduzione. Nella circumduzione si ha successione di movimenti angolari in tre piani diversi, sì da circoscrivere un cono con l'apice corrispondente alla parte fissa dell'articolazione, questa libertà di movimento di terzo grado è propria in specie dell'enartrosi;

c) la rotazione, che ha luogo quando l'osso si muove attorno al proprio asse anatomico o a quello meccanico, come nel ginglimo laterale (trocoide) e nell'enartrosi.

In pratica l'elasticità dei mezzi d'unione toglie al tipo del movimento quella rigidità che è propria delle macchine e, ciò che più importa, trovandosi riunite nelle nostre membra più articolazioni di diverso tipo ed essendo anche le singole giunture doppie o composte, l'esposizione schematica testé compiuta si applica strettamente a pochi casi, godendo il maggior numero di segmenti dello scheletro di una libertà di movimento di secondo e di terzo grado.

D'altra parte bisogna tener conto anche del fatto che la presenza delle parti molli non permette nel vivo quell'estensione di movimento che è propria delle articolazioni preparate sul cadavere. Su ciò influisce anche l'esercizio, come si può vedere negli acrobati.

Le capsule articolari, data la loro ampiezza, non vengono stirate durante i movimenti estesi.

Già si è detto che il giuoco delle articolazioni permette alle ossa di agire come altrettante leve o sistemi di leve.

I tre generi di leve sono ampiamente rappresentati nei movimenti dello scheletro e in guisa tale che le ossa costituiscono i bracci di leva della potenza e della resistenza, i muscoli sono le potenze; le articolazioni funzionano da fulcri, mentre le resistenze sono rappresentate dai pesi da sollevare o dagli sforzi da compiere altrimenti. L'ampiezza delle superficie articolari, data dallo spessore delle epifisi o estremità ossee, ha appunto lo scopo di offrire un appoggio, o fulcro, di grande resistenza e stabilità ai capi ossei che scivolano gli uni sugli altri.

La figura 9 è destinata a fornire tre esempî di leve dello scheletro.

Negli esempî riferiti il muscolo si attacca con i suoi estremi a due ossa diverse; questo fatto costituisce una regola con poche eccezioni. Sovente il muscolo, per mezzo del suo tendine, attraversa uni articolazione e prende inserzione vicino ad essa (muscolo un'articolare). I muscoli bi- e poliarticolari attraversano due o più articolazioni, come quelli che muovono le dita della mano e del piede.

Finora abbiamo considerato le articolazioni separatamente, come unità anatomiche e fisiologiche; ma nei movimenti del tronco e degli arti concorrono abitualmente più articolazioni e svariati muscoli oppure articolazioni che, per essere costituite da più ossa, sono dette doppie, o composte, a seconda dei casi. ln tal modo sono facilmente possibili movimenti su diversi assi e lungo due o tre piani. Per le singole articolazioni, il caso più semplice è quello dato da due ossa di cui un osso sia fisso e il suo capo articolare funzioni da fulcro, mentre un solo muscolo muova l'altro osso su un solo piano. Questa possibilità, piuttosto schematica, si presta bene per mostrare, su un modello di legno, che di regola anche nei movimenti più semplici ambedue le ossa di un'articolazione si muovono, sia pure in misura diversa, e che quindi anche le articolazioni prossime entrano in funzione. Così quando pieghiamo il gomito o la gamba, partecipano al movimento anche le articolazioni della spalla e dell'anca rispettivamente, col risultato che il gomito è portato all'indietro e il ginocchio in avanti. Ciò avviene perché i muscoli esercitano un'eguale trazione sulle ossa nelle quali s'inseriscono, trazione diretta in senso opposto e tendente a spostarle di un egual grado. Di solito il segmento osseo più lontano dal tronco si muove di più. La fissazione di uno dei segmenti si compie, nelle azioni moderate, per lo sforzo attivo di una o più articolazioni vicine che neutralizzano una parte dello sforzo agendo in senso opposto. Quando invece si solleva un forte peso, per esempio con un braccio, quasi tutta la muscolatura del corpo entra in tensione, per dare la necessaria stabilità allo scheletro del tronco e degli arti.

Molto interessante è il fatto che le fibre muscolari e i tendini s'inseriscono di regola con una direzione più o meno obliqua rispetto all'asse principale dell'osso; per questa disposizione è assai notevole il movimento di rotazione delle ossa a scapito dell'effetto utile esterno. Questo svantaggio, dovuto ad esigenze morfologiche, è compensato in parte dal fatto che, esercitando così i capi articolari una pressione considerevole gli uni sugli altri, l'adesione è più intima ed il movimento è più stabile e preciso.

Un'altra caratteristica comune ai sistemi di leva scheletrici è data dal fatto che il braccio della potenza è più corto di quello della resistenza, con prevalenza del vantaggio dinamico della leva. Questa disposizione è favorevole allo sviluppo in ampiezza e in velocità del movimento, ma è svantaggiosa quando si richiedano sforzi intensi per i quali entra in azione piuttosto il vantaggio statico della leva. La brevità del braccio della potenza è dovuta in parte al fatto che la capacità di accorciamento massimo dei muscoli è assai limitata, ossia di circa un quinto della lunghezza allo stato di riposo. Questa disposizione dimostra che l'organismo umano non è molto adatto ai lavori o agli esercizî che richiedono grandi sforzi e per i quali a ragione l'uomo cercò fin dall'antichità l'aiuto delle macchine.

Mentre i movimenti articolari si effettuano, si modificano di solito le lunghezze rispettive dei bracci delle potenze e delle resistenze, motivo per cui i muscoli possono caricarsi e scaricarsi progressivamente del peso. Questi due casi si verificano chiaramente quando solleviamo a braccio teso un peso dal suolo portandolo al disopra della testa; allora in un primo tempo, per l'allungamento del braccio della resistenza, i muscoli esercitano uno sforzo maggiore finché l'arto ha raggiunto la linea orizzontale, mentre nel secondo tempo i muscoli si scaricano progressivamente del peso. Intanto cambiando, con la grandezza del movimento di rotazione, anche la pressione reciproca dei capi articolari, quanto maggiore è lo sforzo, tanto più si stabilizzano le giunture.

Anatomia patologica del sistema articolare.

È conoscenza antichissima che le ossa si ammalano e possono altresì ammalarsi le parti molli che le tengono unite. La tradizione attribuisce ad Areteo di Cappadocia (sec. I d. C.) le prime osservazioni sull'argomento e ne riferiscono assai più tardi Celio Aureliano, Ezio e Paolo di Egina. L'attenzione dei medici, e soprattutto dei profani, fu richiamata fin dall'antico dalle manifestazioni morbose nelle diartrosi o articolazioni libere (spalla, gomito, ginocchio), perché più colpite da malattie, più esposte a traumi e accompagnate di solito da deformità di maggior evidenza.

Le anomalie congenite articolari derivano da deficiente sviluppo dei costituenti l'articolazione, per difetto primigenio del loro abbozzo embrionale (capi articolari o fossette che li ricettano; legamenti e capsule articolari), o da malattie che colpiscono le articolazioni durante l'embriogenesi. Ricordiamo le lussazioni, specie quella dell'anca, che è la più frequente; la mancanza totale o parziale di un'articolazione; la saldatura di due capi articolari, le tumefazioni dovute a neoplasmi nel corso dell'evoluzione fetale. Gli accidenti traumatici possono cogliere le articolazioni in qualsiasi età; tali sono le ferite delle capsule articolari e dei legamenti, i distacchi di frammenti deî capi articolari prodotti da proiettili, da colpi inferti da strumenti di varia natura, da caduta; i versamenti articolari di sierosità (idrarto), o di sangue (emartro), in rapporto a contusioni; lo strappo violento del segmento periferico di un'articolazione con denudamento della faccia articolare del segmento prossimale; le lussazioni e le sublussazioni, cioè la dislocazione permanente di uno dei segmenti articolari, con perdita totale o parziale dei rapporti di contiguità con l'altro segmento; le distorsioni con perdita parziale e transitoria di tali rapporti (v. appresso).

Posizione di gran lunga preponderante nella patologia delle articolazioni occupano le infiammazioni o artriti. Esse provengono o da alterato ricambio materiale (diatesiche o costituzionali), ovvero da una infezione locale o sintomatica di uno stato generale (infettive). Sia le une sia le altre hanno alcuni caratteri formali comuni, onde non sempre è agevole differenziarle senza tener conto delle manifestazioni morbose a distanza dall'articolazione lesa. Così può essere alterata la sola capsula articolare (sinovite), oppure la capsula con i legamenti (panartrite), possono esservi ingrossamenti dei capi articolari giustapposti, saldature parziali di essi (sinechie), versamenti nel cavo articolare di varia entità e natura.

Tra le forme di artrite costituzionale è molto comune quella urica o gottosa (v. gotta), che produce deformità delle piccole articolazioni (dita dei piedi: podagra; dita delle mani: chiragra) e spesso anche delle maggiori (ginocchio: gonagra). Ne è causa un disturbo nel ricambio materiale, che conduce alla precipitazione di acido urico e suoi composti (urato acido di sodio, urato e carbonato di calcio e di magnesio) sulle cartilagini d'incrostazione dei capi articolari, nello spessore delle capsule e dei legamenti, talora anche in seno ai tessuti che li circondano, con la conseguenza di un'irritazione cronica di tutte queste parti, di una mortificazione parcellare o di un'esuberante loro crescita, di dolori accessionali e d'inettitudine al movimento. Sul contorno delle faccie articolari si vanno così formando alcune nodosità ricoperte dalla cute, dure e impregnate di masse cristalline, che nel loro complesso prendono il nome di masse tofacee o tofi artritici.

Tra le infezioni generali spetta al Baillon (1560) il merito di aver differenziato dalla gotta articolare il reumatismo articolare. Ne è espressione oggettiva, nella varietà acuta, la tumefazione dell'articolazione interessata (gomito, polso, ginocchio, ecc.) in rapporto con un versamento endoarticolare sieroso o sierofibrinoso e con la congestione di tutti i costituenti articolari e periarticolari e in ispecie della membrana sinoviale, il cui margine libero nel cavo, di aspetto solitamente sfrangiato (frange della sinoviale), diventa poliposo. Se ne è colpita l'articolazione dell'anca, il contorno del capo femorale e il margine della fossa che lo ricetta sono orlati di villi arrossati che sporgono nella cavità articolare. Col ripetersi degli attacchi e con l'andar degli anni, le alterazioni anatomiche si aggravano, la cartilagine che tappezza la superficie articolare si ricopre come di un feltro vascolare, le frange s'ingrossano a nodo, sorgono qua e là sporgenze tuberose di cartilagine o d'osso e si formano ponti fibrosi che saldano tra loro le facce a contatto, limitandone il movimento. Si parla allora di artrite reumatica anchilopoietica e di artrite reumatica deformante, trattandosi di lesioni distinte nella patogenesi, ma praticamente abbinate nella medesima articolazione, o singolarmente presenti in articolazioni diverse dello stesso ammalato. L'infezione reumatica non risparmia le articolazioni poco mobili, come quelle interposte tra vertebra e vertebra, determinando la concrescita di vertebre vicine, con disseminio di escrescenze osteocartilaginee sulla loro superficie (osteofiti, condrofiti) e incurvature anormali della colonna, sia verso l'avanti (lordosi), sia verso l'indietro (cifosi), sia lateralmente verso destra o sinistra (scoliosi) e spesso in doppio senso (cifo-scoliosi), come parziali esponenti della forma denominata spondilite o spondiloartrite deformante.

Oltre all'infezione reumatica, anche la tubercolare e con minor frequenza la sifilitica dànno un notevole contingente al capitolo delle artriti nelle loro più diverse espressioni anatomiche.

Si parla anche di artropatie neurogene (Charcot, Blum), intendendosi alludere a quei profondi turbamenti dell'equilibrio nutritivo che colpiscono certe articolazioni private dell'influenza nervosa, o per recisione delle fibre nervee regionali, o per malattie spontanee del cervello e del midollo spinale. Nei tabetici, ad esempio, che soffrono di disordini nella sensibilità e nel movimento in rapporto con l'alterazione del midollo spinale prodotta dal virus sifilitico, compare talora l'artrite deformante del ginocchio, dell'anca o della spalla (Rotter) che differisce dalle artriti similari per la prevalenza dei fenomeni distruttivi dell'osso su quelli di accrescimento (arthropathia tabidorum). Ad analogo effetto, sino alla mutilazione degli arti, conduce un'altra malattia del midollo spinale nota sotto il nome di siringomielia che anatomicamente si esprime con la presenza di escavazioni a canale nello spessore della sostanza nervosa. Più pronunziate anormalità di forma e di volume subiscono le articolazioni nei casi in cui sono colpite da tumori (fig. 10), siano essi provenienti dalle parti ossee che formano l'articolazione, o derivino dalle capsule e dai legamenti articolari. In alcune varietà di artrite cronica la tumefazione articolare è infatti prodotta, non tanto dal versamento liquido e dall'imbibizione dei tessuti periarticolari, quanto dall'accrescimento gigantesco delle frange sinoviali, che formano rigogliose vegetazioni a cavolfiore infiltrate di grasso. Il Virchow diede a questa affezione il nome di lipoma (tumore di grasso) arborescente. Ma vi sono tumori articolari che sorgono non come effetto di un'infiammazione, bensì senza movente apprezzabile, talora a sviluppo limitato e lento, talora a crescita rapida e indefinita, con attitudine alla recidiva dopo l'asportazione chirurgica e alla trapiantazione in parti molto discoste dalla prima sede; tali sono quelli rappresentati nella fig. 10. I nomi particolari di questi tumori valgono a segnalare la qualità del tessuto che li costituisce: fibroma, da tessuto composto di fibre: encondroma, da tessuto cartilagineo; sarcoma, da tessuto carnoso; osteosarcoma e condrosarcoma, da tessuto misto e così via, come è più ampiamente detto nelle voci corrispondenti.

Fisiopatologia del sistema articolare.

Condizioni predisponenti alle malattie articolari. - Le articolazioni si ammalano con relativa frequenza e con caratteri particolari per varie condizioni inerenti alla loro struttura, alla loro funzione e ai loro rapporti col mondo esterno.

In rapporto alla struttura, ha importanza fondamentale il fatto che, mentre i capi articolari sono rivestiti uniformemente di cartilagine, cioè di un tessuto resistente e assolutamente privo di vasi, la capsula articolare, cioè il manicotto fibroso che tiene uniti i capi ossei, è rivestito all'interno della membrana sinoviale, cioè una membrana assai vascolarizzata e che, per costituzione e comportamento fisiopatologico, si avvicina alle membrane sierose. Da ciò subito s'intuisce come i processi morbosi, e specialmente quelli di natura infiammatoria, debbano avere decorso ed effetti assai diversi nelle varie parti dell'articolazione: così in conseguenza di un trauma, o per l'invasione di un germe patogeno in un'articolazione, mentre la cartilagine d' incrostazione si comporta quasi del tutto passivamente, presentando, almeno durante il periodo di stato della malattia, dei fenomeni prettamente regressivi, la membrana sinoviale reagisce subito, in modo più o meno vivace, con modificazioni del circolo locale, con formazione di essudati, con neoformazione di tessuto connettivo, dominando con le sue alterazioni il quadro e la fenomenologia del processo. Questa facile reattività della sinoviale spiega l'estrema sensibilità delle articolazioni agli agenti morbosi e dà anche in parte ragione della relativa frequenza con la quale questi organi ammalano.

Però vi sono anche altre condizioni predisponenti. Le articolazioni sono per lo più organi superficiali, separati cioè dall'esterno dai soli tegumenti: si comprende dunque come non solo i traumi di qualsiasi natura (urti, percosse, ferite) portati alla superficie del corpo possano facilmente raggiungere e colpire le articolazioni, ma anche come queste debbano facilmente risentire di tutte le variazioni nocive d'ordine fisico (calore, umidità, ecc.) che si verificano nell'ambiente. Data poi la loro funzione passiva di movimento è facile ancora rendersi conto come sia inevitabile che qualunque movimento del corpo incomposto o esagerato debba costituire un trauma per la rispettiva articolazione, trauma che, se pur non arriva a strappare i mezzi di contenzione dell'articolazione (distorsione), o a dislocarne i capi ossei (lussazione), produce tuttavia, quasi sempre, in rapporto alla sua maggiore o minore gravità, stiramenti, contusioni, emorragie a carico dei varî tessuti articolari, ma soprattutto a carico della parte più sensibile e delicata dell'organo, cioè della membrana sinoviale. Siccome poi è risaputo che gli agenti morbosi di natura microbica attecchiscono tanto più facilmente e dànno conseguenze tanto più dannose quanto più è leso per qualsiasi causa, il tessuto sul quale agiscono, appare evidente come la frequenza con cui le articolazioni vanno esposte all'azione di agenti traumatizzanti, e in genere alle cause morbose d'ordine fisico-meccanico, rappresenti una condizione che favorisce l'insediamento nelle articolazioni di processi infettivi.

Cause delle malattie articolari. - Molti sono gli agenti capaci di suscitare nelle articolazioni processi morbosi; i più importanti però rientrano sostanzialmente in tre gruppi: traumatici, infettivi (germi patogeni), tossici, legati sia a malattie infettive sia ad alterazione del ricambio. Bisogna aggiungere le influenze neurotrofiche che probabilmente derivano dal sistema nervoso vegetativo e che dànno luogo a cospicue alterazioni delle articolazioni, come nella tabe dorsale e nella siringomielia.

Fra gli agenti traumatici sono da considerare anzitutto le diverse cause (urti, percosse, ferite d'armi di qualsiasi natura) capaci o solo di contundere i tessuti articolari, o anche di raggiungere l'articolazione, mettendone la cavità in comunicazione col mondo esterno attraverso soluzioni di continuo dei tessuti molli periarticolari (ferite articolari). Altri agenti traumatici non meno importanti sono i movimenti forzati, siano essi attivi, cioè dovuti a contrazioni muscolari, o passivi, cioè dovuti a cadute, a scivolamenti, ecc.: in ogni caso, quando il movimento forzato e violento è tale da vincere l'elasticità e resistenza dei mezzi contentivi dell'articolazione, si può determinare o la semplice distorsione, cioè la rottura da strappamento più o meno estesa di queste parti (capsula, legamenti) oppure, insieme con tali lesioni, anche la perdita dei normali reciproci rapporti dei capi articolari, cioè la lussazione. Forse a soli momenti traumatici sono altresì legate quelle artropatie a tipo prevalentemente deformante che seguono a gravi lesioni del sistema nervoso (tabe dorsale, siringomielia) in quanto, per la diminuita sensibilità locale, il paziente non sottrae l'articolazione ai continui inevitabili traumi inerenti al movimento.

La seconda serie di agenti di malattie articolari è assai numerosa: in generale si può dire che, salvo qualche eccezione, non v'è germe patogeno capace di attecchire e provocare lesioni in altri organi e tessuti che non possa insediarsi anche nelle articolazioni. La via di penetrazione può essere o diretta, cioè dall'esterno, attraverso ferite penetranti in cavità articolare, o indiretta, per diffusione da focolai infettivi formatisi nei tessuti periarticolari o per trasporto col sangue o con la linfa. Di solito il germe arriva prima nella sinoviale dove insediandosi svolge un processo infiammatorio (sinovite); ma può invadere anche le altre parti dell'articolazione e così la sinovite si trasforma in una panartrite.

La terza serie di agenti morbosi è anche assai numerosa per quanto assai meno nota delle precedenti nell'intimo meccanismo patogenetico. Sembra dimostrato, secondo taluni, che ad esempio la tubercolosi, la sifilide, la dissenteria bacillare possano agire in via puramente tossica nelle articolazioni, senza che il rispettivo germe si fissi nell'articolazione, nel quale caso dà origine a lesioni del tutto diverse e caratteristiche.

La maggior parte però degli agenti tossici di malattie articolari è legata ad alterazioni del ricambio. Il meglio noto fra essi è quello che dà origine alla gotta ed è rappresentato dai sali dell'acido urico, i quali, accumulandosi nell'organismo in abnorme quantità, per ragioni in gran parte ignote, si depositano prevalentemente nei tessuti articolari determinandovi cospicue lesioni. Altro agente tossico, pure legato ad un'alterazione del ricambio, è quello che dà origine alla ocronosi articolare, rappresentato da un abnorme prodotto del ricambio, l'acido alcaptonico, il quale si fissa nelle cartilagini e sui legamenti, dandovi origine a sostanze pigmentate che ledono queste parti impartendo loro anche una colorazione caratteristica (v. alcaptonuria). Per quanto questo non sia ancora dimostrato in modo sicuro, tuttavia si ritiene oggi che anche molte altre artropatie siano legate a sostanze tossiche agenti su esse la cui origine risiede in alterazioni del ricambio materiale dovute e a penetrazione nel sangue, dall'intestino, di sostanze abnormi, o alla alterata scomposizione di sostanze costituenti dell'organismo.

Qualunque sia l'agente morboso, si può dire, in tesi generale, che le artropatie hanno un denominatore comune, in quanto tutte, o quasi tutte, assumono nel loro decorso i caratteri, o almeno qualche nota, del processo infiammatorio. Soprattutto la formazione di essudati caratterizza i processi morbosi delle articolazioni, e ciò è dovuto alla particolare natura (sierosa) e alla reattività della membrana sinoviale di cui già abbiamo fatto cenno in precedenza. Perciò non solo le affezioni di natura settico-infettiva, siano esse primitive, quali il reumatismo articolare, o secondarie, quali quelle dovute a localizzazione articolare del gonococco, del bacillo del tifo, dello streptococco della erisipela, ecc., assumono i caratteri dell'infiammazione, ma anche le semplici affezioni traumatiche, quali la contusione, la distorsione, la lussazione, o le affezioni di natura tossica, come tipicamente la gotta con i suoi accessi ricorrenti, acquistano spesso i caratteri del processo infiammatorio con fenomeni congestizî e con formazione di essudati.

Sintomi delle malattie articolari. - Risulta da tutto ciò che i sintomi che si ripetono press'a poco in quasi tutte le affezioni articolari sono fondamentalmente quelli dell'infiammazione: cioè nelle malattie acute aumento di volume della parte, rossore e aumento della temperatura per modificazioni del circolo locale, dolorabilità locale spontanea; nelle malattie a decorso cronico semplice tumefazione della parte e dolorabilità più o meno intensa; in tutte, limitazione o abolizione della motilità.

La limitazione, però, della motilità non è un segno caratteristico, potendo la rigidità di un'articolazione essere legata a condizioni extraarticolari, quali le contratture permanenti di muscoli, le cicatrici di tessuti periarticolari, ecc.

Nelle affezioni a carattere infiammatorio acuto, come in quelle da traumatismi articolari non eccessivamente gravi, o nelle artriti con essudato liquido sieroso (reumatismo articolare), o anche nell'infiammazione acuta da deposizioni uriche (accesso gottoso), la limitazione della motilità è legata al dolore, che si esacerba ad ogni tentativo di movimento. In tali casi nessun impedimento vero esiste alla libera mobilità dei capi articolari che presentano il loro rivestimento cartilagineo quasi completamente intatto; la lesione si trova a carico della sinoviale la quale è iperemica, tumefatta e, per irritazione delle sue terminazioni sensitive, più o meno dolente. Per attenuare il dolore spontaneo il paziente dà all'articolazione l'atteggiamento che vale a diminuire la tensione dolorosa, ma ad ogni tentativo di movimento attivo, o provocato passivamente, gli stiramenti della sinoviale e l'aumento della pressione sulla sierosa articolare esacerbano il dolore, donde l'impossibilità dei movimenti.

Se il processo regredisce con ritorno della sinoviale alle sue condizioni normali e riassorbimento dell'essudato libero, si ha la restitutio ad integrum anche della funzione. Invece non altrettanto avviene quando, per la maggiore gravità del processo, l'essudato libero endoarticolare anziché sieroso puro è sierofibrinoso, oppure quando, per il ripetersi ricorrente dell'infiammazione acuta (reumatismo, gotta), questa tende a diventar cronica. Nel primo caso i tessuti infiammati, sui quali si è depositata la fibrina, non possono facilmente riassorbirla. La fibrina allora può essere sostituita da masse connettivali, che ispessiscono abnormemente la capsula articolare, creano aderenze fra punti lontani dell'articolazione, inceppando così permanentemente il movimento. Lo stesso può avvenire nel secondo caso: col passaggio della flogosi acuta allo stato cronico, insorgono anche lesioni degenerative a carico delle superficie mobili (cartilagini d'incrostazione) le quali ben difficilmente guariscono col ritorno completo alle condizioni normali. Nella gotta poi, col ripetersi degli accessi nella stessa articolazione, oltre ai danni e alle conseguenze delle flogosi ricorrenti, si ha l'accumulo nei tessuti articolari e nei tessuti circostanti di notevoli quantità di sali di acido urico, donde deformazioni articolari con limitazioni sempre maggiori della funzione.

Danni ancora più gravi per intensità e durata si hanno nelle infiammazioni settiche a carattere purulento e soprattutto nelle infiammazioni specifiche (ad esempio nella tubercolosi, nella sifilide, nella lebbra) nelle quali il processo è caratterizzato dalla produzione di un particolare tessuto di granulazione (gomma, leproma) che dapprima va sostituendo i tessuti proprî dell'articolazione e successivamente, degenerando e distruggendosi, dà origine a perdite di sostanza più o meno estese.

L'infiammazione purulenta delle articolazioni è la più grave delle infiammazioni acute; si può riscontrarla nel tifo, nell'erisipela, nella meningite cerebrospinale, nella pioemia, e particolarmente nella blenorragia e nell'infiammazione pneumococcica, per trasporto metastatico dei rispettivi germi. La malattia, quasi sempre monoarticolare, comincia con una flogosi della sinoviale (sinovite) dove il germe dapprima arriva e s'impianta; perciò in un primo momento l'inceppamento funzionale è legato soltanto al dolore localizzato alla sierosa; successivamente però, a differenza di quanto si verifica nei processi prima considerati, la flogosi si estende ai capi articolari e all'articolazione intera (panartrite) e si ha la suppurazione, cioè la fusione purulenta, non solo della sinoviale, ma anche della cartilagine d'incrostazione con la conseguente diffusione del processo ai capi ossei e al midollo (osteomielite). A questo punto l'articolazione è tutta una cavità suppurante, e la limitazione del movimento non è legata soltanto al dolore della sinoviale, ma anche allo stato dei tessuti molli periarticolari ai quali l'infiammazione inevitabilmente si propaga e soprattutto allo stato dei capi ossei, che, non più rivestiti dallo strato levigato della cartilagine, non possono più scorrere facilmente l'uno sull'altro.

In tali casi, se pure il processo non conduce a morte il paziente ma, per l'evacuazione del pus spontanea o provocata dal chirurgo, tende a regredire e a spegnersi, il danno per la funzione dell'organo è tuttavia irreparabile, perché, essendosi l'articolazione trasformata in una cavità suppurante, questa guarisce come una qualunque cavità ascessuale, cioè con la produzione di un tessuto connettivo il quale avvince stabilmente tra loro i capi articolari e ne impedisce qualsiasi movimento (v. anchilosi).

Qualcosa di analogo si verifica nelle artriti specifiche (tubercolare, sifilitica, leprosa), ma soprattutto nella forma tubercolare. L'affezione, già designata in passato coi nomi di tumor bianco o fungo articolare, è la conseguenza della localizzazione articolare del bacillo di Koch, che può avvenire anche in seguito a traumi. Il bacillo giunge nell'articolazione per via sanguigna o linfatica, o per l'apertura nella cavità articolare di un focolaio osteomielitico formatosi in tutta vicinanza dell'articolazione stessa. Sotto l'azione del germe si verifica la produzione di un tessuto di granulazione a caratteri specifici, il quale invade l'articolazione, la infiltra usurandone le varie parti, si diffonde ai tessuti vicini e quindi, andando più o meno rapidamente incontro alla mortificazione caseosa, provoca la formazione di raccolte puriformi (ascessi freddi) che si aprono spesso spontaneamente all'esterno attraverso seni fistolosi. L'evoluzione del processo non è rapida: all'inizio, dopo il primo insediamento del bacillo specifico nell'articolazione, accanto al granuloma si ha la produzione di un essudato sieroso che tumefà l'intera articolazione e risveglia in essa un dolore sordo che aumenta durante i movimenti. In questo momento la limitazione funzionale è provocata solo dal dolore e dalla presenza del liquido fra i capi articolari; successivamente però, avvenuta l'invasione dell'intera articolazione da parte del granuloma, la funzione resta totalmente impedita per le gravi alterazioni che si producono a carico delle parti essenziali dell'organo. Se il processo tende a spegnersi, la guarigione della malattia si ha perché, eliminati o riassorbiti i prodotti di mortificazione caseosa del granuloma, questo è sostituito da un tessuto connettivo normale. I danni che residuano sono più o meno gravi, potendosi avere o una semplice limitazione alla motilità articolare, se il processo distruttivo era poco progredito, oppure una rigidità assoluta se, per l'estensione del processo all'articolazione, questa è del tutto invasa da tessuto connettivo che salda tenacemente fra loro i capi ossei.

Conseguenze delle malattie articolari. - L'articolazione, per esplicare normalmente la sua funzione, oltre all'integrità dei mezzi che tengono uniti i capi articolari (capsula fibrosa e legamenti) deve possedere intatto tutto il suo apparecchio di scorrimento, cioè le cartilagini d'incrostazione e la sinoviale. Se la sinoviale dopo la guarigione di un processo che l'ha colpita, per alterazioni anatomiche residuate, non è più capace di secernere la normale quantità di liquido o segrega un liquido di composizione diversa dalla normale, diviene meno facile lo scorrimento dei capi articolari e, con l'andar del tempo, si stabiliscono a carico delle cartilagini d' incrostazione lesioni degenerative con conseguenti ulcerazioni, il cui carattere progressivo può rendere a poco a poco inutilizzabile l'organo (artrite cronica secca). Oppure da queste ulcerazioni si ha neoproduzione abbondante di tessuto cartilagineo od osseo, o proliferazione di tessuto connettivo fibroso, donde l'inutilizzazione funzionale anche più rapida dell'articolazione, con quelle caratteristiche anatomiche che hanno meritato a queste forme, nel primo caso il nome di artrite cronica deformante, nel secondo di artrite cronica adesiva. Analoghi risultati si possono avere in seguito a processi infiammatorî pregressi, anche primitivamente, specie in varie condizioni di alterato ricambio.

Ugualmente si ha come postumo di un'affezione articolare la limitazione o abolizione permanente della motilità, quando, per qualunque ragione, e cioè o per organizzazione di essudati fibrinosi, o per riparazione di perdite di sostanza avvenute durante un processo morboso, si ha nell'articolazione la produzione di tessuto connettivo che lega in qualche modo fra loro i capi articolari. In tali casi si dice che è residuata un'anchilosi articolare, la quale anzi prende il nome di anchilosi fibrosa per distinguerla dall'anchilosi ossea che si ha quando, di solito tardivamente, la neoformazione fibrosa viene sostituita da tessuto osseo.

Il nome di anchilosi, che deriva dal vocabolo greco ἄγκυλος "ricurvo", è stato dapprima adottato per designare lo stato delle articolazioni fissate in posizione angolare; ora invece si dà la stessa denominazione a qualunque rigidità articolare, anche a quelle spurie dovute a cause extrarticolari (cicatrici, contratture muscolari) e anche alle rigidità accompagnate da lussazione (perdita permanente del contatto normale delle superficie articolari), sia questa d'origine traumatica, com'è il caso più frequente, sia avvenuta spontaneamente, come si verifica spesso nella tubercolosi, per distruzione dei mezzi connettivi dell'articolazione.

Altra conseguenza non del tutto infrequente delle malattie articolari è la formazione di corpi articolari liberi, cioè di corpi staccati che si muovono liberamente nella cavità dell'articolazione. Si tratta generalmente di formazioni che hanno grandezza, aspetto, consistenza e composizione le più disparate e la cui origine va ricercata o in conglomerati di fibrina più o meno modificati, residuo d'infiammazioni o emorragie; o in frammenti di cartilagine o di osso staccatisi per traumi o per processi degenerativi o flogistici, o ancora in villosità sinoviali fibrose o lipomatose divenute libere per stiramenti o altre cause nella cavità articolare. È di solito caratteristico il modo col quale si manifesta la presenza del corpo libero articolare, e cioè con la comparsa di un dolore violentissimo nell'articolazione affetta dolore che può subito scomparire o prolungarsi, ma compare sempre impensatamente durante un semplice movimento e senza alcuna causa apparente. Il fenomeno del dolore improvviso è dovuto al fatto che, durante il movimento, il corpo mobile preesistente e prima annidato in una saccoccia della capsula scivola fra i capi articolari determinando, nel forzato divaricamento di questi, lo stiramento della capsula e dei legamenti. Se l'accidente si ripete spesso, o il corpo mobile incuneatosi fra i capi articolari anzichè sfuggire subito nei diverticoli dell'articolazione persiste nella sua posizione, possono risvegliarsi fenomeni reattivi che complicano naturalmente il quadro dell'affezione.

Artropatie neurotrofiche. - Una posizione a parte occupano le artropatie croniche di origine neurotrofica. L'influenza trofica del sistema nervoso sulle ossa e sulle articolazioni è sicuramente dimostrata da fatti clinici e sperimentali. Ma siccome intervengono sempre anche azioni meccaniche, statiche e infiammatorie secondarie, così, di fronte alle alterazioni trovate, è spesso assai difficile stabilire ciò che spetta all'influenza neurotrofica e ciò che spetta agli altri agenti morbosi.

Sono state osservate artropatie per ferite di nervi, per neuriti dei plessi nervosi e per emorragie nello spessore di nervi, nel caso di emofilia: si tratta di processi per lo più osteo-artritici, con distacco delle epifisi, con lussazioni delle articolazioni e con infiammazioni articolari distruttive. In generale si ritiene che in questi casi è alterata la funzione trofica del sistema nervoso vegetativo, o direttamente, o secondariamente alla lesione funzionale nerveo-vegetativa dei vasi che determina un'alterata nutrizione della parte.

Le artropatie nervose veramente importanti si rinvengono pero soltanto nella tabe dorsale e nella siringomielia (v.). Si riscontrano in questi due casi articolazioni enormemente ingrossate, con estese distruzioni dei capi ossei indolenti. L'inizio del gonfiamento dell'articolazione colpita è spesso improvviso e rapido, ma senza febbre e senza dolori. L'articolazione si deforma notevolmente e i tessuti periarticolari e tegumentarî possono essere sede di imbibizione edematosa o anche del tutto normali. Dentro l'articolazione, a causa degli urti meccanici favoriti dalla completa anestesia, si scovano frammenti ossei e cartilaginei staccatisi e mobili, e le estremità dei capi articolari erose e fratturate confricano tra loro.

Chirurgia del sistema articolare.

Il sistema articolare, per la frequenza con la quale è colpito da traumi, da alterazioni e deformità congenite e da svariati processi patologici, offre un vastissimo ed interessante campo di studio per il chirurgo e un proficuo terreno di terapia chirurgica. Lo sviluppo mirabile della chirurgia ortopedica in questi ultimi anni è appunto diretto a curare malattie e deformità articolari o lesioni di parti, come i muscoli e i tendini, la cui funzione ha rapporto con le giunture.

Metodi generali d'esame. - Un'articolazione dal punto di vista chirurgico dev'essere studiata in tutti i suoi particolari anatomici e funzionali. Si deve studiare attentamente la forma esterna, lo stato della capsula, gli eventuali ispessimenti della sinoviale, ricercare gli sfondati e le estroflessioni della sinoviale nei punti più superficiali, rilevare la presenza di versamenti nella cavità articolare, nelle borse e guaine periarticolari, le eventuali deformità ossee e, quando sono accessibili, i corpi estranei. La mobilità deve essere studiata minutamente in tutte le direzioni dei varî movimenti fisiologici; se le escursioni sono limitate, gli angoli si possono misurare col goniometro per avere un esatto apprezzamento della limitazione. Se nel movimento si formano delle crepitazioni, dei rumori articolari, questi debbono venire minutamente studiati nella loro natura, nella sede di formazione; a questo scopo serve molto bene l'ascoltazione col fonendoscopio.

L'esame radiologico è ormai essenziale per lo studio delle lesioni articolari; le lesioni ossee della tubercolosi, dell'osteoartrite deformante possono essere studiate molto bene nel radiogramma. Lo stesso si può dire per i corpi liberi e a più forte ragione per i corpi estranei che hanno maggiore opacità. Si può ottenere una maggiore finezza di particolari studiando l'articolazione in direzioni diverse con la radiografia stereoscopica e soprattutto col rendere visibile la cavità articolare iniettandovi ossigeno (pneumartro).

La puntura esplorativa in alcuni casi è indispensabile per determinare la natura di un eventuale versamento.

Azioni traumatiche. - Quando un trauma colpisce una giuntura direttamente, ma non giunge a frantumarne le parti ossee, si ha la contusione articolare, che in genere ha scarsa importanza e gravità. Ma spesso sotto una contusione articolare si nascondono lesioni interne della giuntura (dérangements internes, fratture endoarticolari, ecc.) che possono passare inosservate a un esame incompleto.

Se il trauma è indiretto e agisce sulla giuntura tentando di esagerarne la normale mobilità o cercando di provocarne una anormale, si avrà la forte distensione di una parte della capsula e dei legamenti che si possono lacerare. Se la lacerazione non è così grave da provocare un allontanamento definitivo delle parti ossee articolari ed esse riprendono rapidamente la loro posizione, si ha la distorsione. Queste distorsioni, specie dal punto di vista terapeutico, non debbono essere trascurate, perché possono dar luogo a complicazioni e ad artriti traumatiche molto lunghe e ribelli.

Se le parti ossee dopo la lacerazione della capsula rimangono permanentemente allontanate si ha una lussazione (v.).

Le lussazioni (provocate da traumi diretti, ma più spesso da meccanismi indiretti) sono assai frequenti alla spalla, al gomito, all'anca, alla mandibola, alla clavicola; più di rado al ginocchio, però spesso si lussa isolatamente la rotula. Nel piede quella che si riteneva lussazione è in genere una frattura bimalleolare. È tuttavia importante la lussazione sottoastragalica e la lussazione isolata delle ossa del tarso (scafoide, cuneiforme).

La lussazione è una delle lesioni che implica le più grandi responsabilità da parte del medico, perché richiede una cura immediata, altrimenti il pronostico peggiora, si può dire, ad ogni ora di ritardo.

La diagnosi in genere non offre difficoltà ed è fondata sulla ricerca, prima nella sua sede e poi fuori della sede, del capo articolare più riconoscibile (p. es. la testa omerale nella lussazione della spalla). La cura della lussazione consiste nella riduzione dei capi articolari, ottenendo il rilasciamento muscolare e facendo manovre opportune per aprire ampiamente la lacerazione della capsula, attraverso la quale il capo è sfuggito, perché questo ritorni sul suo cammino. Oueste manovre sono tutte ben sistematizzate per ciascun tipo di lussazione nelle singole articolazioni e non si prestano a descrizioni sintetiche.

Se la lussazione è irriducibile perché fin dall'inizio si sono create condizioni che rendono impossibile o inutile la manovra incruenta, come p. es. l'interposizione di tendini, di parti legamentose o frammenti ossei di fratture parziali concomitanti che arrestano il ritorno della testa alla sua sede normale, non rimane che la cura cruenta, che consisterà, a seconda dei casi, in una riduzione cruenta o in una resezione delle parti articolari. Naturalnente la tendenza dev'essere conservativa quanto più è possibile, tuttavia è noto che in alcuni casi, p. es. nel gomito, si ottengono spesso risultati funzionali migliori con la resezione dell'articolazione che con la riduzione cruenta. In alcuni casi, come nella lussazione della spalla, spesso coi movimenti di compenso del cingolo scapolo-clavicolare e con le cure fisiche si ottengono, nelle persone di età, risultati soddisfacenti tali da rendere meno giustificato un intervento chirurgico.

Le fratture articolari possono essere parzialmente articolari, quando si hanno come irradiazioni da una frattura iuxtarticolare; ovvero fratture totalmente contenute nella giuntura. Nelle prime l'attenzione è specialmente richiamata sul focolaio principale, tuttavia le irradiazioni articolari debbono essere ricercate clinicamente e sulle radiografie, perché hanno molta importanza nella prognosi; esse richiedono la mobilizzazione precoce della giuntura per evitare la rigidità. Le seconde sono di diagnosi difficile e spesso passano inosservate; l'esame radiologico ha permesso lo studio di queste lesioni e la loro sistematizzazione tra le fratture. Par esempio il cosiddetto dérangement interno del ginocchio, solo dopo l'intervento della radiografia ha trovato la sua corretta interpretazione di frattura endoarticolare o dei menischi o dei condili, dimostrando fratture parcellari, fratture con dislocazione di piccoli frammenti, corpi traumatici. In grazia a questa corretta classificazione anche la cura chirurgica ha trovato la sua giusta applicazione e ormai non si contano più i casi perfettamente guariti in seguito a una artrotomia e all'asportazione del frammento osseo e cartilagineo.

Le ferite d'arma da fuoco di una giuntura sono tra le lesioni più gravi. Un proiettile può interessare un'articolazione in quanto penetra in essa e vi rimane, o in quanto l'attraversa. Nel primo caso il proiettile può rimanere libero nella giuntura o può incunearsi nelle parti articolari. In ogni caso la gravità della lesione sta nella comunicazione della giuntura col mondo esterno e col proiettile, sul quale è frequente che vi siano altre parti estranee (terriccio, frammenti d'abito, ecc.). Così possono essere inoculati germi patogeni e svolgersi fatti settici gravi. L'infezione dell'articolazione è una complicazione sempre gravissima della lesione. Spesso nella giuntura vi sono condizioni anatomiche che rendono difficile la limitazione del fatto settico e arduo il compito di eliminare chirurgicamente l'infezione col drenaggio razionale e continuo degli essudati. Inoltre la sinoviale assorbe intensamente i prodotti tossici, quindi l'alterazione dello stato generale in queste forme è notevolissima. Le lesioni ossee, spesso con carattere di scoppio, producono una frammentazione notevole delle epifisi e una grave perturbazione nutritizia nei tessuti che partecipano al fatto settico diventando facile terreno all'invasione e allo sviluppo dei germi. La recente guerra ha dimostrato con larga e dolorosa esperienza la gravità di queste ferite e le enormi difficoltà della cura chirurgica.

I proiettili liberi nelle giunture debbono venire tolti, perché rappresentano fattori irritanti e turbano la funzionalità delle articolazioni. I proiettili incuneati nelle epifisi vicino alle articolazioni debbono essere estratti quando diano fenomeni irritativi di vicinanza, come idropi intermittenti, fatti proliferativi a carattere osteo-artritico nell'articolazione vicina. I fatti settici richiedono interventi sia preventivi sia curativi. L'escisione in blocco del focolaio traumatico e la chiusura della ferita è un metodo preventivo ottimo quando può venire applicato razionalmente e totalmente, ma nell'articolazione presenta spesso notevoli difficoltà e la chiusura dopo un'escisione imperfetta è molto pericolosa.

I fatti settici già stabiliti si debbono curare con lo sbrigliamento ampio e col drenaggio del focolaio traumatico. Nelle infezioni gravi l'incisione artrotomica classica è in genere insufficiente a dominare il fatto settico, specie nelle giunture a struttura complessa, quali il gomito, il ginocchio, l'anca, l'articolazione del piede e della mano. In questi casi si deve. ricorrere a interventi suppletivi, come le resezioni parziali dei capi ossei, l'apertura ampia delle articolazioni seguita da lavaggio permanente o intermittente con soluzioni saline isotoniche (detersione meccanica non irritante) o ipertoniche (che provocano una corrente di secrezione dall'interno all'esterno) o con soluzioni antisettiche (soluzione di Dakin, soluzione di nitrato d'argento tiepida diluitissima, soluzione iodata ecc.). In casi di particolare gravità si può ricorrere alla dislocazione completa permanente dei capi articolari, altre volte solo un intervento demolitivo eseguito a tempo può salvare la vita del paziente, gravemente minacciata dai fatti settici e tossici generali.

I postumi di queste ferite sono naturalmente gravi per le articolazioni e la funzionalità di esse generalmente va perduta. La latenza di fatti infettivi in questi tessuti rende pericolosa e difficile l'attuazione di qualsiasi intervento incruento o cruento, che tenda a rendere a questa giuntura la sua mobilità o anche soltanto a correggere un'anchilosi viziata o poco utile. Spesso è opportuno correggere queste anchilosi con interventi osteotomici lontani dall'antico focolaio settico.

Deformità articolari. - Sono spesso di origine congenita, altre volte sono attribuite ai primi tempi della vita, in rapporto a malattie localizzate alle epifisi ossee (deformità rachitiche, epifisiti, ecc.). Per la lussazione congenita dell'anca v. anca e così pure per la coxa vara o valga. Sono molto interessanti i fatti che si svolgono in un'articolazione che per deformità congenita o acquisita abbia superficie articolari non più perfettamente liscie e congruenti quando la deformità sia compatibile con un certo grado di conservazione della funzionalità articolare. Nella giuntura si cominciano a osservare fenomeni reattivi a carattere proliferativo, associati a fenomeni di riassorbimento, di distruzione e di usura delle parti ossee che portano alla cosiddetta osteoartrite deformante.

I fenomeni di proliferazione osteofitica sono in genere abbondanti alla periferia dell'area articolare, presso il cercine; i fatti distruttivi prevalgono nella zona centrale, di modo che si giunge in genere a una deformità dei capi articolari che tendono ad appiattirsi e ad allargarsi assumendo un aspetto a cappello di fungo. Queste artriti deformanti hanno quindi un'origine traumatica, spesso congenita; le manifestazioni sono tardive, in quanto occorre molto tempo perché il movimento in una giuntura incongruente possa diventare, col ripetersi continuo dei piccoli insulti traumatici, un fattore patogeno intenso. Sono specialmente note le forme osteo-artritiche, che si sviluppano nelle vecchie lussazioni congenite dell'anca imperfettamente ridotte e funzionanti in neoartrosi necessariamente poco congruenti; nei gradi lievi di ginocchio valgo e varo, nel gomito varo e valgo congenito e acquisito, ecc.

Naturalmente vi è un freno all'accrescimento delle lesioni nel fatto che la giuntura diventa presto dolorosa e quindi tende a limitare la sua funzione e nel fatto che col progredire della deformità anche la mobilità si va a poco a poco riducendo. Questo spiega il decorso lunghissimo e molto lentamente progressivo, le lunghe pause che caratterizzano il decorso dell'artrite deformante ordinaria. Ma se queste cause di arresto o di limitazione vengono a mancare, come accade nelle forme tabetiche o siringomieliche, nelle quali manca in genere qualsiasi dolorabilità articolare e d'altra parte il grande rilasciamento delle parti molli articolari periarticolari rende impossibile qualsiasi limitazione alla mobilità, allora si giunge a quadri di deformità assai cospicui e con rapida progressività.

Le deformità articolari sono di grande interesse chirurgico perché dànno spesso luogo a importanti interventi, specialmente nel campo della chirurgia ortopedica. Le deformità congenite possono essere strettamente articolari o interessare l'articolazione solo indirettamente, come nel piede, dove possono avere un carattere puramente secondario. Le deformità del ginocchio sono particolarmente interessanti e, sebbene la loro sede anatomica sia spesso fuori dell'articolazione, tuttavia il ginocchio varo e il ginocchio valgo possono ritenersi vere deformità articolari, oltre che per l'aspetto esteriore della lesione, anche per le ripercussioni che la deformità iuxtarticolare porta sul ginocchio. Ma più spesso nelle articolazioni si hanno deformità acquisite, in rapporto con malattie, o postumi di malattie, delle parti vicine, come le deformità articolari nella paralisi infantile; o per postumi di affezioni articolari, come le anchilosi angolari dopo l'artrite blenorragica.

Infezioni. - I germi possono giungere alla giuntura dall'esterno per via diretta, come vedemmo per le ferite d'arma da fuoco altre volte per via sanguigna giungono alle articolazioni e specialmente alla sinoviale e alla rete di Cooper, come accade spesso nelle infezioni acute.

In tal caso nella membrana sinoviale si hanno i soliti fatti reattivi, i quali saranno più o meno intensi e più o meno caratteristici a seconda della virulenza del germe o della sua specificità. Così, per esempio, quando il germe è il gonococco, si avrà una reazione della più grande acutezza, un'infiltrazione e un'edema intensi della membrana stessa, con tendenza a diffondersi alle parti circostanti periarticolari e anche ai muscoli, alle fasce, alle guaine tendinee, persino alla cute. Nella giuntura il versamento in genere è modico. È molto raro che vi sia una migrazione così abbondante di leucociti per la quale l'essudato assuma carattere purulento. Col persistere dell'edema e coi fatti proliferativi e retrattivi che esso provoca, i tessuti perdono presto l'elasticità e la contrattilità; i tendini non scorrono più nella guaina, sicché l'infiammazione articolare e periarticolare diventa presto anchilopoietica.

Molto più spesso l'artrite è secondaria a una localizzazione di un processo infettivo nell'osso, in vicinanza della giuntura. I germi facilmente possono giungere, per via ematogena, all'epifisi ossea nel periodo in cui si ossifica e durante il quale riceve un più ricco afflusso nutritizio, come avviene nei primi anni della vita del bambino, quando le invasioni batteriche sono più frequenti e più facili. Concorrono a ciò le abitudini di vita del bambino e la sua stessa statura che lo fa vivere nella parte dell'atmosfera più ricca di batterî. È nota l'importanza che i tisiologi dànno a queste infezioni dell'infanzia nella patogenesi della tubercolosi.

Il processo tubercolare è l'esempio più comune, non l'unico, di osteite che diventa articolare. Quando è localizzato nell'epifisi tende a giungere nella giuntura, per il naturale accrescimento del focolaio in una parte di osso contigua alla giuntura, e perché l'osso non può venire alterato nell'epifisi, senza che alla perturbazione non partecipi la vicina cartilagine d'incrostazione. Questa non ha vascolarizzazione propria, ma deve trarre il suo nutrimento dall'osso sottocondrale, che ha una rete vascolare apposita, a circolazione abbondante e rallentata. Se la nutrizione difetta, la cartilagine si fa opaca, da bianco-azzurra diventa bianco-gialla, si assottiglia e finisce per staccarsi dall'osso e cadere in falde più o meno estese nella giuntura (osteocondrite dissecante), o anche si logora completamente e le nicchie e le cavità da carie, prive della cartilagine, si aprono nella articolazione, che è occupata dai detriti del focolaio morboso e infettata da germi in essi contenuti. Altra volta la necrosi della cartilagine è dovuta al carattere embolico del materiale infettante, che chiude un vaso epifisario importante, determinando uno di quegli infarti ben noti già al Volkmann, che provocano una necrosi asettica dell'osso e della cartilagine, e ugualmente finiscono per mettere il focolaio morboso in diretta comunicazione con la giuntura.

Ma nell'infanzia si osservano anche infiammazioni articolari dovute a epifisiti di altra natura: cosi lo stafilococco e lo streptococco possono dare epifisiti a carattere osteomielitico, con consecutiva artrite, versamento articolare, e talvolta lussazione patologica. Il gonococco e lo pneumococco sono pure la causa di queste artriti e, se le lesioni sono gravi e la malattia si è svolta nei primi mesi della vita, il disturbo successivo nell'accrescimento e nella modellazione delle parti può portare a lussazioni e deformità articolari, che si possono confondere con le corrispondenti lesioni congenite (lussazione pseudocongenita dell'anca).

Interventi chirurgici. - Puntura delle articolazioni. Se in una cavità articolare si è raccolto un versamento liquido: sangue (encartro), siero (idrartro), pus (piartro), molto spesso è opportuno lo svuotamento. Si possono così anche accertare i caratteri del versamento e la causa che l'ha prodotto (ricerca dei bacilli della tubercolosi; del gonococco; innesto nella cavia; sierodiagnosi di Wassermann, ecc.). Nelle forme settiche, l'assorbimento di tossine da parte delle sinoviali è talmente intenso che lo svuotamento s'impone per ovviare alla progressività dei fatti locali e alla grave compromissione dello stato generale, ma spesso occorrono provvedimenti molto più estesi e gravi di una semplice puntura, come si fa negli emartri e nell'idrarto subacuto e cronico specialmente tubercolare. Nei singoli casi si sceglierà il punto non solo in base a criterî anatomici (Pels Leusden), ma anche secondo i caratteri della lesione e la sede dalla massima raccolta, p. es. sullo sfondato soprarotuleo nell'idrarto del ginocchio. La puntura va fatta obliquamente, attraversando i varî strati in punti che non verranno a coincidere quando l'ago sarà tolto; in tal modo si evita la formazione di tragitti fistolosi. Con la puntura si possono iniettare sostanze medicamentose. Altra volta si usava anche il lavaggio delle articolazioni infiammate con soluzioni diluite di acido fenico o di sublimato; ma ora questa pratica è abbandonata. Attualmente nella giuntura s'inietta ossigeno (pneumartro) per rendere visibile sulla lastra radiografica tutto lo spazio articolare disteso.

Artrotomia. - L'apertura chirurgica di una cavità articolare può rendersi necessaria per estrarne un corpo estraneo (proiettile, ago, ecc.), oppure un corpo autoctono, dovuto a distacco traumatico o patologico di segmenti osteocartilaginei endoarticolari (fratture articolari, fratture di parti cartilaginee o legamentose intraarticolari, per esempio fratture dei menischi nel ginocchio). In questi casi l'incisione artrotomica può essere molto limitata, soprattutto se il corpo estraneo o libero è bene localizzato e deve ledere il meno possibile le parti legamentose e tendineo-muscolari; così al ginocchio si preferiscono incisioni longitudinali pararotulee, che rispettano la rotula e tutto l'apparecchio estensore del ginocchio.

Altre volte l'incisione è richiesta dalla necessità di condurre all'esterno l'essudato di artriti acute e subacute; per assicurare un ampio e continuo drenaggio del versamento articolare deve essere praticata nel punto più declive. Se la giuntura ha forma complessa e l'infezione è diffusa a tutti i recessi, le incisioni debbono essere multiple; per esempio, nel ginocchio, per lo meno tre, sui due lati della rotula e sulla faccia posteriore, nel cavo popliteo, punto più declive nel decubito orizzontale.

Le artriti purulente acute sono tra le lesioni più difficili da curare chirurgicamente. L'immobilità arresta la diffusione del processo e lo mette in condizioni più favorevoli per la risoluzione, il movimento invece assicura un più completo deflusso della secrezione, impedendone il ristagno nei recessi della capsula sinoviale che sono occupati dalle parti ossee solo in alcune posizioni. Per questo alcuni chirurghi raccomandano la mobilizzazione immediata della giuntura dopo l'artrotomia. Non si può però nascondere che le difficoltà di applicare questo metodo sono insuperabili e che in alcuni casi il deflusso deve venire assicurato con altri mezzi più gravi. Così nell'anca non si ottiene un sufficiente drenaggio senza la resezione di una parte della testa femorale. Altra volta si deve ricorrere addirittura all'apertura ampia della giuntura e alla dislocazione permanente dei capi articolari; quando l'infiammazione è esaurita, si deve ricorrere quasi sempre a una resezione per ottenere la riduzione dei frammenti.

Artrectomia. - In alcuni casi, come talvolta nella tubercolosi del ginocchio, può essere necessaria, dopo l'artrotomia, l'asportazione della sinoviale ammalata per facilitare la guarigione del processo. Questo intervento può essere usato solo, o associato con interventi molto limitati sull'osso e sulla cartilagine, perché altrimenti il risultato non è molto favorevole.

La resezione articolare tipica, e cioè l'asportazione nella continuità di tutta una giuntura con le parti ossee e con le membrane, non è più usata che molto raramente; in genere con resezioni parziali si asportano le parti ammalate sinoviali e ossee. All'artrectomia perciò si suole aggiungere o un trattamento limitato delle lesioni ossee, raschiamento, plantage, ecc., o l'asportazione delle due superficie articolari, lasciando sezioni ossee sane e cruente, le quali, saldandosi, assicurino l'immobilizzazione definitiva dell'articolazione. Questi interventi si praticano specialmente in corrispondenza del ginocchio, del gomito e del piede, quando siano gravemente affetti da tubercolosi fungosa nell'adulto. Nei vecchi non dànno in genere risultati favorevoli e si deve preferire l'amputazione.

Artrodesi. - Questa operazione ha per scopo la soppressione del movimento nell'articolazione. Vi si ricorre dopo l'asportazione dei tessuti ammalati nella tubercolosi, o, talvolta, nelle forme di artrite deformante che trovano nel movimento una causa di progressività e di aggravamento. Nella paralisi infantile, mancando l'azione dei gruppi muscolari, l'articolazione diventa ciondolante, il corpo non può più reggersi sopra di essa senza che l'arto si fletta in questo caso l'artrodesi fissa l'articolazione e assicura una sufficiente funzione dell'arto e un buon appoggio per il corpo.

Le tecniche usate sono molto varie. Il metodo classico consiste nel denudare le superficie articolari della cartilagine di incrostazione fino a raggiungere del buon osso cruento e ottenere così che le superficie ossee in contatto si saldino. Per assicurare il contatto fu consigliato di infiggere dei grossi chiodi metallici (chiodi di Hahn) nelle due estremità ossee. Ma intorno a questi chiodi si hanno spesso dei fatti di osteite rarefacente e la fissità dei chiodi diventa presto molto relativa. Fu perciò consigliato di usare altri corpi estranei, per esempio grossi chiodi di avorio, grossi cilindri di osso di bue, ecc.; nel ginocchio e nel piede si dà la preferenza agli innesti ossei transarticolari, i quali possono attecchire perfettamente, assicurando la solidità dell'anchilosi, con una funzione analoga all'innesto osseo nella cura chirurgica della pseudoartrosi. Si pratica tavolta, specie nelle paralisi infantili, anche la tenodesi, e cioè la fissazione della giuntura con operazioni sui tendini, quali accorciamenti, plastiche, trapianti tendinei transarticolari, ecc.

Inoltre la fissità di una giuntura può essere accresciuta, o anche ottenuta funzionalmente, in casi adatti, con apparecchi esterni di cuoio, di celluloide, ecc.

Artroplastica. - Il problema di conservare o ridare il movimento a una giuntura che l'abbia perduto per un processo patologico o per un intervento chirurgico è stato da molti anni uno dei più interessanti della tecnica chirurgica e ortopedica. Già da molti anni era stato consigliato dal Durante e da altri chirurghi di interporre dopo la resezione, specialmente del gomito, tra i monconi ossei cruenti un lembo di muscolo aponeurotico peduncolato, tratto di solito dal tricipite. Si ostacolava così la saldatura ossea dei due monconi e col tempo si attivava la nuova articolazione, con una interlinea più o meno completa, ma in ogni caso con una discreta mobilità. E i risultati sono talmente buoni, che si suole, per esempio nelle lussazioni inveterate del gomito, preferire una simile resezione plastica alla semplice riduzione cruenta, che raramente dà al gomito una buona mobilità. Lasciando da parte le placche metalliche, lamine di caucciù, ecc., fu data la preferenza a tessuti vivi tratti dall'ammalato stesso; lamine di grasso, lembi peduncolati e liberi di aponeurosi e di fascia, in genere fascia lata. I nomi del Payr, del Murphy, del Putti sono legati alle successive tappe di questo intervento. Per maggiori particolari v. artroplastica.

Veterinaria.

Anche nella patologia degli animali sono molto importanti le affezioni del sistema articolare. Non sono rare le contusioni, le ferite, le artriti secondarie ad azioni traumatiche. I veterinarî dànno il nome di stortilatura alla distrazione dell'articolazione tra la prima e la seconda falange. Nel cavallo, nel cane e più raramente nel bue si può avere l'artrite deformante. Il reumatismo articolare febbrile con localizzazioni multiple è più frequente nei bovini, rarissimo nei cani e negli equini. Le artriti possono essere secondarie ad altre malattie infettive, come l'artrite puerperale, l'artrite nel colera dei polli, nell'influenza del cavallo, nel cimurro, nel mal rossino, nella peste suina, nell'afta epizootica, nella pleuropericardite dei piccoli maiali. Nelle oche e nelle anatre giovani e poi nei polli è stata descritta (Prahl) un'artrite infettiva (Lähme der Gänse) che si manifesta in forma enzootica. Nella stessa forma decorre la cosiddetta "paralisi delle ali dei piccioni" (Flügellähme der Tauben) dovuta a un'artrite sierosa delle articolazioni della spalla e del gomito.

Bibl.: F. e G. Weber, Trattato della meccanica degli organi della locomozione, in L. Bischoff e G. I. Henle, ecc., Enciclopedia anatomica, Venezia 1845; E. Marey, La machine animale, Parigi 1879; R. Fick, Anatomie der Gelenke, in K. von Bardeleben, Hardbuch der Anatomie des Menschen, Jena 1904; H. V. Vallois, Arthrologie, in P. Poirier e A. Charpy, Traité d'anatomie humaine, Parigi 1906; L. Luciani, Fisiologia dell'uomo, 6ª ed., Roma 1923-1928; E. Lesné e I. Langhe, Pseudo-rhumatismes infectieux et toxiques, in G. H. Roger, F. Widal, P. J. Teissier, Nouveau traité de médecine, XXII, Parigi 1924; G. Haret, A. Dariaux, I. Quénu, Atlas de radiographie osseuse, Parigi 1927; L. Aschoff, Pathologische Anatomie, Jena 1928; R. Sommer, Die traumatischen Verrenkungen der Gelenke, in Neue detusche Chirurgie, XLI, Stoccarda 1928; E. Kaufmann, Trattato di anatomia patologica spec., Milano 1929; F. Hutyra e J. Marek, Patologia e terapia speciale degli animali domestici, Milano 1929; P. Lecéne, Chirurg. des os et des articul. des membres, Parigi 1929.

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