Sistema dualistico

Diritto on line (2015)

Chiara Garilli

Abstract

Il sistema dualistico, introdotto in Italia dal d.lgs. 17.1.2003, n. 6, rappresenta un modello di amministrazione e controllo della s.p.a. articolato su due organi: il consiglio di gestione ed il consiglio di sorveglianza. Il primo ha sostanzialmente le caratteristiche dell’organo amministrativo tradizionale. Il secondo è invece intestatario di competenze eterogenee – nella nostra tradizione giuridica ascrivibili alternativamente all’assemblea, all’organo gestorio ed a quello di vigilanza – tali da investirlo di un’innovativa e poliedrica funzione di controllo/indirizzo, densa di potenzialità applicative. Tuttavia, l’incertezza ancor oggi legata all’interpretazione della disciplina dedicata a tale modello di governance ha presumibilmente contribuito ad una sua limitata applicazione da parte delle realtà societarie italiane.

Introduzione

Il sistema dualistico è stato introdotto in Italia dal d.lgs. 17.1.2003, n. 6, con il dichiarato intento di dotare le società per azioni di maggiori dimensioni di un modello organizzativo atto a realizzare la «dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali)» (v. Relazione governativa, in Riv. soc., 2003, 112 ss.). Nelle intenzioni del legislatore, dunque, il modello socio-economico di riferimento avrebbe dovuto essere quello della società per azioni quotata o ad azionariato diffuso, priva di soggetti stabili di controllo (cd. public company): rispetto a simili realtà, infatti, il sistema dualistico risulta funzionale all’obiettivo dei soci di estraniarsi dall’esercizio dell’impresa, accentuando il proprio ruolo di meri investitori. Al di là delle enunciazioni di principio, tuttavia, la disciplina del sistema dualistico si è dimostrata appetibile anche per le società cd. ‘chiuse’, ed in particolare per le imprese familiari che intendano favorire il passaggio generazionale negli organi di amministrazione e controllo (v. Tassinari, F., Sistema dualistico applicato alle società familiari e scelte statutarie, in Nardone, F.G.- Tombari, U., a cura di, Il sistema dualistico: prospettive e potenzialità applicative, Torino, 2009, 37 ss., 54 ss.; Benazzo, P., “Condizioni d’uso” del sistema dualistico, in Giur. comm., 2009, I, 702 ss.). Del resto, i più approfonditi studi in materia hanno messo in luce l’accentuata flessibilità modulare che, nell’ordinamento giuridico italiano, caratterizza tale sistema di governance, così da consentire all’autonomia statutaria di adattare concretamente la disciplina legale alle esigenze specifiche delle singole società (per la più compiuta teorizzazione della modularità del sistema dualistico, v. Cariello, V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, II ed., Milano, 2009).

Nonostante tali premesse, non può non darsi atto del sostanziale insuccesso applicativo del sistema dualistico nella realtà economico-giuridico italiana: dopo una momentanea e ‘dirompente’ affermazione, a seguito della sua adozione da parte di alcune delle più importanti realtà bancarie del nostro Paese, infatti, l’adozione di tale modello ha subìto una brusca frenata, emblematicamente dimostrata dal ritorno di alcuni istituti di credito al sistema tradizionale. Le ragioni della diffidenza delle società italiane nei confronti del sistema dualistico sono certamente acuite da una profonda incertezza nella ricostruzione della sua disciplina, che si presenta particolarmente flessibile, ma anche lacunosa ed imprecisa, a causa di una tecnica redazionale che ha posto in posizione di primazia il sistema tradizionale, ricalcando su quest’ultimo la regolamentazione dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo attraverso molteplici e affastellati rinvii (sia consentito rinviare a Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni – Funzioni e competenze, Torino, 2012, 20 ss.).

Ancora più ardui si rivelano i tentativi di superare le incongruenze derivanti dall’applicazione del sistema dualistico alle società cooperative ed alle s.a.p.a., in presenza di singole disposizioni che ne presuppongono la compatibilità (artt. 2459 e 2544 c.c.), ma in assenza di una qualsivoglia disciplina organica (v. Cariello, V., Il sistema dualistico, in Abriani, N. – Cariello, V., Diritto dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo, Torino, 2012, 130 ss.).

Peraltro, sebbene il legislatore dichiari esplicitamente di ispirarsi ai modelli europei, ed in particolare a quello tedesco ed allo statuto della Società europea (reg. CE n. 2157/2001), il sistema dualistico ‘all’italiana’ mostra proprie specificità, che sovente non consentono l’importazione delle soluzioni normative e interpretative proprie dei modelli di riferimento. A ciò si aggiunga che, a causa delle scarse applicazioni concrete dell’istituto, non si è assistito al consolidamento di soluzioni giurisprudenziali sulle quali gli operatori giuridici possano fare affidamento. Ciò non di meno, parte della dottrina, nella convinzione della potenziale efficienza del sistema dualistico, ha portato avanti il tentativo di ricostruirne la disciplina in modo, per quanto possibile, coerente, evidenziando in particolar modo le potenzialità applicative connesse alla regolamentazione statutaria dell’organo che di tale modello rappresenta l’elemento centrale, ovvero il consiglio di sorveglianza (Cariello, V., Il sistema dualistico, cit., XIX ss.; Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 11 ss.).

Il consiglio di sorveglianza

Le funzioni di derivazione assembleare

Il consiglio di sorveglianza, in ragione delle sue peculiari funzioni e competenze, rappresenta l’elemento caratterizzante il sistema dualistico: interponendosi tra l’assemblea dei soci e l’organo amministrativo, cumula funzioni e compiti che, nel sistema tradizionale, spettano ad organi differenti, cui vengono conseguentemente sottratti (art. 2409 terdecies c.c.).

In primo luogo, esso risulta investito di una funzione di controllo di legalità, formale e sostanziale, analoga a quella svolta dal collegio sindacale nel sistema tradizionale (v. infra, § 2.3). A tale funzione – ed ai relativi poteri – il consiglio di sorveglianza affianca alcune delle competenze che, nel sistema tradizionale, sarebbero proprie dell’assemblea ordinaria, ovvero: a) la nomina e la revoca dei componenti dell’organo amministrativo e, solo qualora statutariamente previsto, la determinazione del relativo compenso; b) l’approvazione del bilancio di esercizio (e del bilancio consolidato); c) la deliberazione in merito all’azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di gestione. Si tratta, in sintesi, dei poteri attraverso i quali, nell’impianto tradizionale di corporate governance, l’organo espressione della proprietà esercita il controllo sulla società stessa ai sensi dell’art. 2359 c.c.

Costituisce, dunque, caratteristica tipologica del sistema dualistico l’attribuzione di tali prerogative ad un organo di nomina assembleare – il consiglio di sorveglianza, per l’appunto – al quale spetta una vera e propria funzione di organizzazione e controllo della gestione, estrinsecantesi essenzialmente nella nomina e revoca dei gestori ed in un controllo continuativo sul loro operato (Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 110 ss.; Schiuma, L., Il sistema dualistico. I poteri del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F. Campobasso, II, Torino, 2006, 728-730). In particolare, il potere di nomina e revoca, anche senza giusta causa, dei componenti del consiglio di gestione conferisce al consiglio di sorveglianza, già nell’assetto legale della disciplina, un potere di controllo sull’amministrazione che si estende all’opportunità della stessa, con un grado di discrezionalità tipicamente imprenditoriale (fra altri, v. Calandra Buonaura, V., I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, 547; diversamente Libertini, M., La funzione di controllo nell’organizzazione della società per azioni, con particolare riguardo ai cd. sistemi alternativi, in Riv. dir. soc., 2014, I, 23-24). È da sottolineare, in proposito, che l’altruità dell’interesse gerito colloca i consiglieri di sorveglianza nell’abito di un agire funzionale, con conseguente responsabilità per le deviazioni degli atti dalla funzione assegnata all’ufficio (art. 2409 terdecies, co. 3, c.c.; v. Abbadessa, P., Il sistema dualistico in Italia: l’evoluzione del modello, in Abbadessa, P. – Cesarini, F., a cura di, Sistema dualistico e governance bancaria, Torino, 2009, 2).

L’organo proprietario, dal canto suo, resta investito di un potere di condizionamento indiretto sulla gestione attraverso l’organizzazione del consiglio di sorveglianza ed il controllo sull’operato dello stesso: l’assemblea, difatti, conserva il potere di nominare e revocare i consiglieri di sorveglianza, di determinarne il compenso (qualora non sia già previsto dallo statuto) e di deliberare l’azione di responsabilità nei loro confronti, oltre che nei confronti dei consiglieri di gestione (sulla ratio della condivisione di tale competenza con il consiglio si sorveglianza, sia consentito rinviare a Garilli C., L’azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di gestione, in Riv. soc., 2010, 350 ss.).

L’ampia autonomia statutaria tipica della disciplina del sistema dualistico, peraltro, consente di potenziare, seppur limitatamente, le competenze dell’assemblea, ad esempio attribuendo alla stessa la determinazione del compenso dei consiglieri di gestione e/o l’approvazione del bilancio di esercizio, nei limiti consentiti dall’art. 2409 terdecies, co. 2, c.c. (si tratta del modello che in dottrina è stato definito «ad equilibrio organico o organizzativo misto»: Cariello, V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, cit., 103 ss.). È da sottolineare, infine, che all’assemblea spetta inderogabilmente la competenza alla nomina del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti e la decisione inerente la distribuzione degli utili.

La funzione di ‘alta amministrazione’

L’art. 2409 terdecies, co. 1, lett. f-bis, c.c. rappresenta la disposizione più qualificante ed allo stesso tempo più controversa dell’intera disciplina del sistema dualistico. Originariamente non contemplata dal legislatore della riforma del 2003, la norma costituisce il frutto di due successivi interventi legislativi: in particolare, il d.lgs. 6.2.2004, n. 37, ha previsto la facoltà statutaria di attribuire al consiglio di sorveglianza la competenza a «deliberare» in ordine ai «piani strategici, industriali e finanziari» della società; la disposizione è stata poi nuovamente modificata e integrata dal successivo d.lgs. 28.12.2004, n. 310, che ha aggiunto la previsione dell’eventuale competenza a deliberare in merito alle «operazioni strategiche».

I decreti correttivi hanno in tal modo supplito all’assenza, nell’impianto originario della disciplina dualistica, di una previsione esplicita che legittimasse l’attribuzione al consiglio di sorveglianza di poteri d’indirizzo e di alta amministrazione, così avvicinando il sistema dualistico italiano ai modelli stranieri di riferimento. Al contempo, però, la rimessione ad un atto di autonomia statutaria della previsione della funzione di supervisione strategica del consiglio di sorveglianza costituisce uno dei più evidenti punti di discontinuità della disciplina italiana rispetto a quella tedesca, specialmente dopo che in tale ordinamento giuridico è stata imposta l’indicazione specifica del catalogo di operazioni da sottoporre all’approvazione (Zustimmung) dell’Aufsichtsrat (§ 111, Abs. 4, AktG, come modificato dalla Transparenz-und Publizitätsgesetz del 2002) (v. Lutter, M. - Krieger, G., Rechte und Pflichten des Aufsichtsrats, V ed., Köln, 2008, 20 ss., 40 ss.; Hofschroer, G., Der Zustimmungsvorbehalt des Aufsichtsrats in der Aktiengesellschaft, Baden-Baden, 2013; Portale, G.B., Il sistema dualistico: dall’Allgemeines Deutsches Handelsgesetzbuch (1861) alla riforma italiana della società per azioni (Appunti per una comparazione della governance delle banche italiane), in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, 15 ss.).

Il significato da attribuire al verbo «delibera», attraverso il quale la norma in commento delinea i poteri che statutariamente possono essere attribuiti al consiglio di sorveglianza in ordine ai piani ed alle operazioni strategiche, rappresenta uno snodo fondamentale nella ripartizione delle competenze di alta amministrazione tra quest’ultimo ed il consiglio di gestione. Gli interpreti italiani – pur nella varietà delle posizioni assunte – oscillano tra chi propone una lettura restrittiva della norma, ai sensi della quale la suddetta delibera avrebbe carattere meramente autorizzatorio, non comportando alcun potere di iniziativa, modifica o integrazione dei piani e/o delle operazioni da parte dell’organo di controllo (Abbadessa, P., Il sistema dualistico in Italia: l’evoluzione del modello, cit., 11 ss.; Cariello, V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, cit., 203 ss.; Portale, G.B., Il sistema dualistico: dall’Allgemeines Deutsches Handelsgesetzbuch (1861) alla riforma italiana della società per azioni, cit., 30); e chi, al contrario, ne propone una lettura più ampia, a sensi della quale il potere del consiglio di sorveglianza potrebbe assumere i contorni di una vera e propria attività decisionale autonoma (v. Montalenti, P., Il modello dualistico: alta amministrazione e funzioni di controllo tra autonomia privata e regole imperative, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, 689 ss.; Tombari, U., Sistema dualistico e potere di “alta amministrazione”, ivi, 721 ss.; Libertini, M., La funzione di controllo nell’organizzazione della società per azioni, cit., 20 ss.).

Si ritiene condivisibile il primo e maggioritario orientamento che, sulla falsariga dell’ordinamento tedesco, confina il ruolo del consiglio di sorveglianza a quello di organo di controllo, sia pure con poteri molto ampi sotto un profilo temporale (i.e. valutazione ex ante sotto forma di autorizzazione/approvazione di piani e operazioni strategiche) e contenutistico (i.e. condivisione nel merito delle scelte strategiche). Un’interpretazione sistematica della disciplina dedicata al sistema dualistico, infatti, induce a ritenere che l’autonomia statutaria inerente l’attribuzione al consiglio di sorveglianza dei poteri di supervisione strategica possa spingersi sino e non oltre alla previsione di un potere di approvazione inerente le scelte strategiche del consiglio di gestione, non potendo in alcun caso determinare la totale soppressione del potere decisorio di quest’ultimo sugli atti di alta amministrazione (v. Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 323 ss.). Tale conclusione sembra confortata, in particolare, dal tenore letterale dell’art. 2409 novies, co. 1, c.c. – secondo il quale «la gestione dell’impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione» – e da un’attenta analisi dei lavori preparatori relativi all’introduzione legislativa del modello dualistico (sul punto, si veda soprattutto Cariello, V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, cit., 203 ss.). In ogni caso, secondo quanto testualmente stabilito, i consiglieri di gestione restano responsabili per gli atti di alta amministrazione, anche se sottoposti alla valutazione del consiglio di sorveglianza (art. 2409 terdecies, lett. f-bis, ult. parte).

Peraltro, è affermazione generalmente condivisa in dottrina quella secondo cui l’autorizzazione del consiglio di sorveglianza in merito agli atti gestori avrebbe rilevanza esclusivamente interna alla società; correttamente si fa notare che, in tale ipotesi, si è in presenza di una limitazione del potere gestorio di derivazione statutaria: di conseguenza, il veto del consiglio di sorveglianza nei confronti di una determinata operazione strategica non pregiudica l’efficacia esterna degli eventuali atti di esecuzione della stessa ad opera dei gestori dotati di potere rappresentativo, salva l’applicazione dell’art. 2384, co. 2, c.c. (oggetto di rinvio ex art. 2409 undecies, co. 1, c.c.) (v. Cariello, V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, cit., 234 ss.).

Discussa è, infine, la possibilità di attribuire all’organo assembleare una funzione risolutiva degli eventuali contrasti che dovessero insorgere tra l’organo gestorio e quello di controllo in relazione a decisioni attinenti all’alta amministrazione (per una sintesi del dibattito: Garilli C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 375 ss.).

Oltre che tramite i poteri di supervisione strategica, il ruolo del consiglio di sorveglianza potrebbe essere ulteriormente potenziato in via statutaria attraverso l’attribuzione al medesimo delle competenze assembleari di cui all’art. 2365, co. 2, c.c., nonché per il tramite di clausole volte ad incrementare la centralità del suo presidente in una prospettiva intra – ed inter-organica (Tassinari, F., Sistema dualistico applicato alle società familiari e scelte statutarie, cit., 249 ss.).

La funzione di vigilanza

L’art. 2409 terdecies, co. 1, lett. c), tra le competenze attribuite dalla legge al consiglio di sorveglianza, annovera l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 2403, co. 1, c.c.: si tratta, come è noto, dei poteri-doveri di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, comprensivi dell’adeguatezza degli assetti organizzativi interni, espressamente attribuiti al collegio sindacale dalla disciplina del sistema tradizionale di amministrazione e controllo. Analogamente, con riferimento alle società quotate, l’art. 149, co. 4-bis, t.u.f. rende applicabili al consiglio di sorveglianza i co. 1, 3 e 4 della medesima disposizione dedicati alle competenze del collegio sindacale. Peculiarità del sistema dualistico, tuttavia, è il fatto che la fusione dei poteri di controllo tipici del collegio sindacale con quelli tradizionalmente spettanti all’assemblea fa assumere alla funzione di vigilanza del consiglio di sorveglianza una fisionomia ben più pregnante di quella che, nel sistema tradizionale, compete separatamente all’organo di controllo ed all’assemblea (Ferro Luzzi, P., L’esercizio di impresa tra amministrazione e controllo, in AGE, 2007, 246 ss.). Ma è soprattutto nel caso in cui il consiglio di sorveglianza sia altresì investito della funzione di supervisione strategica che il sistema dualistico mostra appieno la sua efficienza, consentendo a tale organo di svolgere una funzione di controllo continuativa e complessa, estesa a tutti i momenti dell’attività di impresa: da quello ex ante della programmazione degli assetti organizzativi e dell’individuazione degli obiettivi strategici, a quello ex post di legalità ed efficienza della gestione.

È innegabile, tuttavia, che il consiglio di sorveglianza – nella sua qualità di organo investito del controllo di legalità formale e sostanziale sull’operato dei gestori – non offra garanzie di professionalità, terzietà e indipendenza analoghe a quelle dei componenti del collegio sindacale: il codice civile, infatti, prevede che uno dei membri del consiglio di sorveglianza sia scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito albo (art. 2409 duodecies, co. 4, c.c.), non imponendo alcuna specifica competenza professionale per i restanti componenti. Per quel che concerne, poi, più specificamente l’indipendenza dei consiglieri di sorveglianza, la norma da ultimo citata non richiama la lett. b) dell’art. 2399 c.c., contenente la causa di ineleggibilità a sindaco in ragione di rapporti di parentela, coniugio o affinità con gli amministratori della società (o di società appartenenti al gruppo); così come – a seguito del d.lgs. n. 310/2004 – è venuto meno il riferimento, tra le cause di ineleggibilità dei consiglieri di sorveglianza, agli «altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza» (fattispecie cui viene solitamente ricondotta la posizione del socio di controllo o appartenente alla coalizione di controllo).

Quantomeno a livello codicistico, dunque, sembra emergere un modello di sistema dualistico caratterizzato dalla tendenziale presenza dei soci – ed in particolare di quelli di comando – nel consiglio di sorveglianza, presumibilmente allo scopo di agevolare l’adozione del sistema dualistico anche da parte delle società ‘chiuse’.

Discorso parzialmente differente deve essere fatto per le società quotate, la cui disciplina si mostra decisamente più rigorosa, ricalcando quella dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei componenti del collegio sindacale (art. 148, co. 4 e 4-bis, t.u.f.). Anche nelle ipotesi delle società quotate, tuttavia, la revocabilità ad nutum dei consiglieri di sorveglianza da parte dell’assemblea – sebbene con la maggioranza rafforzata di almeno 1/5 del capitale sociale, ai sensi dell’art. 2409 duodecies, co. 5, c.c. – è idonea a determinare un forte ed incisivo condizionamento dei soci sull’organo di controllo.

Il consiglio di gestione

La disciplina del consiglio di gestione ricalca sostanzialmente quella dell’organo amministrativo del sistema tradizionale, tranne che per taluni limitati aspetti. La principale norma di riferimento (art. 2409 novies c.c.) parafrasa l’art. 2380 bis, co. 1, c.c., sancendo testualmente che: «la gestione dell’impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale».

Rispetto al corrispondente organo del sistema tradizionale, tuttavia, il consiglio di gestione non può assumere veste monocratica: tale conclusione si palesa già alla luce del nomen iuris («consiglio»), ma si evince ancor più chiaramente dal co. 2 del citato art. 2409 novies, che individua in due il numero minimo di consiglieri. La ratio della necessaria presenza di un organo collegiale e pluripersonale viene da taluni rintracciata nell’esigenza di garantire un livello minimo di autonomia dell’organo gestorio rispetto al consiglio di sorveglianza, i cui poteri di condizionamento appaiono ben più incisivi di quelli assembleari (v. Ghezzi, F., sub art. 2409-novies, in Ghezzi, F., a cura di, Sistemi alternativi di amministrazione e controllo, Milano, 2005, 43 ss., 50).

Non trova, inoltre, applicazione il meccanismo della cooptazione per la sostituzione degli eventuali consiglieri mancanti, presumibilmente in considerazione della relativa celerità di convocazione del consiglio di gestione (in argomento Cariello, V., Il sistema dualistico, cit., 292 ss.).

Esplicito, poi, è l’art. 2409 novies nell’attribuire al consiglio di gestione la facoltà d’istituire organi delegati al proprio interno, richiamando, peraltro, la disciplina della delega nel sistema tradizionale (art. 2381, co. 3-5, c.c.): è evidente, tuttavia, come una simile opzione statutaria finisca con il risultare poco coerente con il ruolo eminentemente esecutivo dei componenti di tale organo, quantomeno nel caso in cui delle competenze di alta amministrazione sia stato investito il consiglio di sorveglianza (Ghezzi, F., Consiglieri di sorveglianza “esecutivi” e componenti del consiglio di gestione “non esecutivi”: eterogenesi dei fini?, in AGE, 2007, 321 ss.). E simili perplessità sussistono con riferimento all’obbligo di nomina di un consigliere indipendente, nel caso in cui il consiglio di gestione delle società quotate sia costituito da più di tre componenti (art. 147 quater t.u.f.; Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 148 ss.).

Alcune scelte statutarie, peraltro, potrebbero significativamente differenziare funzioni e competenze del consiglio di gestione rispetto al consiglio di amministrazione del sistema tradizionale: ci si riferisce, in prima battuta, alla possibile attribuzione in favore del consiglio di sorveglianza dei poteri di cd. alta amministrazione (o supervisione strategica), a seguito della quale il consiglio di gestione finisce con l’essere investito in via esclusiva solo della gestione ordinaria (day-by-day) e di compiti meramente esecutivi (v. supra, § 2.2). Al contrario, il potenziamento del ruolo dell’organo gestorio potrebbe essere realizzato attraverso esplicite scelte statutarie, consistenti, ad esempio, nell’attribuzione allo stesso della competenza sulle materie delegate di cui all’art. 2365, co. 2, c.c. e del potere di nomina e revoca del proprio presidente e/o del direttore generale (si configura così il modello che è stato definito «a consiglio di gestione»: Cariello V., Il sistema dualistico – Vincoli tipologici e autonomia statutaria, cit., 148 ss.).

Sintetiche riflessioni conclusive

Pur nella varietà delle posizioni assunte dai diversi Autori, le censure mosse al sistema dualistico si muovono essenzialmente in una duplice direzione. Sotto una prima angolazione, si rimprovera al legislatore l’assenza di stringenti requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza dei componenti del consiglio di sorveglianza, tali da dotare quest’organo della necessaria indipendenza ed autonomia di giudizio rispetto ai soci di controllo: in tale prospettiva, l’adozione della governance dualistica finirebbe con il risolversi nell’esautoramento della minoranze dalla partecipazione a decisioni di estremo rilievo, quali l’approvazione del bilancio e la nomina e revoca dei gestori (Abbadessa, P., Il sistema dualistico in Italia: l’evoluzione del modello, cit., 3 ss.; Olivieri, G., Costi e benefici dei nuovi modelli di amministrazione e controllo, in Scognamiglio, G., a cura di, Profili e problemi dell’amministrazione nella riforma delle società, Milano, 2003, 69). Da un altro punto di vista, la disciplina del sistema dualistico viene tacciata di eccessiva flessibilità: la modularità che la caratterizza sarebbe idonea a dare vita in concreto ad assetti organizzativi inefficienti – spesso sorretti esclusivamente dal non lodevole intento di ‘moltiplicazione delle poltrone’ -, nonché ad una pericolosa commistione di ruoli e responsabilità (le preoccupazioni, in tal senso, hanno riguardato soprattutto il settore bancario: v. le Disposizioni di vigilanza del 4.3.2008 in materia di organizzazione e governo societario della banche; in dottrina: Lopreiato, S., Le autorità di vigilanza di fronte alla “governance” dualistica delle banche, in AGE, 2007, 499 ss.; Costi, R. - Vella, F., Sistema dualistico e vigilanza bancaria: un difficile equilibrio, in AGE, 2007, 481 ss.).

Altri interpreti, pur nella consapevolezza della perfettibilità di taluni aspetti della disciplina, hanno evidenziato alcune applicazioni razionali ed efficienti del sistema dualistico: in quest’ottica, l’attribuzione statutaria al consiglio di sorveglianza della funzione di cd. alta amministrazione consentirebbe di valorizzare pienamente le potenzialità insite in una complessiva e poliedrica funzione di controllo e di indirizzo sulla gestione (v., in particolare, Libertini, M., La funzione di controllo nell’organizzazione della società per azioni, cit., 16 ss.). Ed un simile risultato, peraltro, potrebbe condurre ad una razionalizzazione del sistema dei controlli interni della società per azioni, tale da attenuare le fisiologiche asimmetrie informative a carico dei soci e dello stesso collegio sindacale (Garilli, C., Il consiglio di sorveglianza della società per azioni, cit., 402 ss.).

Fonti normative

Artt. 2328, 2351, 2364 bis, 2365-2366, 2373, 2380, 2409 octies-2409 quinquesdecies, 2433, 2449, 2459, 2544 c.c.; art. 223-septies disp. att. c.c.; artt. 1, 14-quarter-154 t.u.f.

Bibliografia essenziale

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