Linfatico, sistema
Il
sommario: 1. Aspetti anatomofisiologici. 2. Filogenesi. 3. Ontogenesi 4. Patologia □ Bibliografia
1. Aspetti anatomofisiologici
La funzione principale che viene assolta dal sistema linfatico consiste nella produzione, nel mantenimento e nella diffusione dei linfociti, essenziali per la normale difesa degli organismi. La distribuzione degli organi e dei tessuti linfoidi segue quindi la mappa dei siti maggiormente suscettibili di danni o di invasioni da parte di agenti patogeni. Gli aggregati linfonodali, che sono connessi con le articolazioni cervicale, inguinale e ascellare, proteggono rispettivamente la testa, il collo, gli arti superiori e inferiori, mentre le tonsille e gli aggregati linfatici proteggono l'apparato respiratorio e quello digestivo. I linfonodi addominali controllano la linfa che proviene dall'apparato riproduttivo e da quello urinario, quelli intestinali e mesenteriali, invece, controllano la linfa che si origina nel tratto digestivo. Al sistema linfatico compete anche il mantenimento del volume ematico normale e della composizione del liquido interstiziale. I vasi linfatici hanno origine nei tessuti periferici come capillari a fondo cieco e il loro compito è quello di trasportare e drenare la linfa in direzione del sistema venoso. I capillari o terminali linfatici possiedono una parete molto sottile, con assenza di membrana basale o strutture di sostegno, e hanno una sezione generalmente maggiore di quella dei capillari sanguigni. Le cellule endoteliali che formano il rivestimento dei capillari linfatici risultano parzialmente sovrapposte, al fine di impedire il reflusso della linfa negli spazi interstiziali, e, lungo il decorso dei vasi di maggior calibro, esse formano delle vere e proprie valvole ravvicinate, simili a quelle presenti nel sistema venoso. Ogni valvola coincide con dei punti di dilatazione del vaso linfatico ed è formata da lembi sovrapposti di tessuto endoteliale, i quali rimangono aperti solo se la linfa scorre in direzione del sistema venoso. Poiché la pressione della linfa all'interno dei vasi è minima, la presenza delle valvole è fondamentale per il mantenimento del flusso linfatico. I capillari linfatici sono presenti nella maggior parte dei tessuti, con esclusione della cornea, sprovvista di irrorazione sanguigna, e del
2. Filogenesi
La comparsa e lo sviluppo del sistema linfatico negli organismi pluricellulari sono correlati con la necessità sia di migliorare l'apporto metabolico a tutte le cellule sia di garantirne la sorveglianza idrica e immunologica. Sebbene negli Agnati (per es. lampreda) e nei Condroitti (Pesci cartilaginei) siano presenti dei vasi a parete discontinua che si aprono direttamente nelle vene, un sistema linfatico propriamente detto, il quale provveda al trasporto di liquidi dai tessuti al cuore, compare nei Vertebrati a partire dai Teleostei (Pesci ossei). I canali del sistema linfatico si originano direttamente nei tessuti come capillari a fondo cieco; per quanto siano strettamente a contatto con le vene, i due sistemi si sono originati in maniera autonoma. I canali linfatici non sono connessi con il sistema arterioso, e, mancando di una pressione idrostatica, la linfa fluisce lentamente attraverso di essi. Il movimento della linfa è generalmente determinato dai movimenti dell'intero corpo o dei suoi organi (movimenti peristaltici dell'intestino). Nei Mammiferi e negli Uccelli, i vasi sono muniti di numerose valvole che impediscono il deflusso della linfa. Negli Anfibi, dove
3. Ontogenesi
Lo sviluppo del sistema linfatico dal mesenchima embrionale comincia intorno alla fine della 5a settimana di vita, successivamente allo sviluppo del sistema cardiovascolare. I capillari linfatici a fondo cieco, le cui pareti si originano dall'aggregazione di cellule mesenchimali, si uniscono a formare una rete di vasi e di sacchi linfatici, che sono correlati con le vene principali. Due sacchi linfatici primari giugulari sono presenti vicino al punto di connessione tra le vene succlavie e le vene cardinali anteriori; altri due sacchi linfatici iliaci sono localizzati nei pressi dell'unione tra le vene iliache e le vene cardinali posteriori, e un sacco linfatico primario retroperitoneale, con annessa cisterna del chilo, si trova sulla parete posteriore dell'addome. Mentre il dotto toracico si forma dall'anastomosi di due dotti toracici originari, destro e sinistro, il dotto linfatico destro deriva dalla parte craniale del solo dotto toracico destro. Come i vasi linfatici, anche i linfonodi, la milza e i tessuti linfatici sono di origine mesenchimale. I linfonodi derivano dalla trasformazione precoce dei sacchi linfatici, la cui cavità, invasa da cellule mesenchimali che daranno origine alla capsula e al tessuto connettivale, viene suddivisa in seni linfatici. I linfociti presenti nei linfonodi prima della nascita derivano dal timo, ghiandola che si origina dalla trasformazione del terzo paio di tasche branchiali. Successivamente, i linfonodi si formeranno dal differenziamento di cellule mesenchimali dei noduli linfatici, i quali compaiono nel periodo perinatale. Le tonsille faringea, tubariche e palatine si formano grazie alla migrazione di tessuto mesodermico all'interno dei solchi faringei durante lo sviluppo delle cavità orale e nasale, mentre la milza deriva dall'aggregazione di tessuto mesenchimale all'altezza del mesentere dorsale dello stomaco.
4. Patologia
La patologia del sistema linfatico comprende numerose evenienze cliniche: traumi o ferite; occlusioni meccaniche; processi infiammatori acuti o cronici a carico dei vasi o dei linfonodi; neoplasie. Traumi o ferite possono determinare un'interruzione dei vasi linfatici con fuoriuscita della linfa (linforragia o linforrea), che in pratica, poiché la lesione dei vasi linfatici si accompagna a quella dei vasi sanguigni, è usualmente mascherata dall'emorragia. In caso di lesione di grossi vasi linfatici, per es. in prossimità dell'articolazione del ginocchio, del gomito o alla radice di un arto, si può osservare lo scolo di una quantità più o meno abbondante di liquido incolore o rosato, che forma un coagulo gelatinoso, giallastro. In caso di lesione traumatica chiusa, la linforragia determina uno scollamento della cute. Una lesione del dotto toracico provoca un'importante linforragia che può portare alla perdita di notevoli quantità di linfa (anche più litri al giorno) con comparsa di sintomi generali: oliguria, sete, vertigini, dimagramento progressivo ecc. Le occlusioni meccaniche sono legate a processi cicatriziali, infiltrazioni neoplastiche o parassitarie (filariasi). Inducono un ostacolo alla circolazione della linfa con conseguente stasi che esita in linfoedema o in elefantiasi. Il linfoedema è l'accumulo di linfa nei tessuti. È particolarmente visibile negli arti che possono essere coinvolti in parte o in toto. In uno stadio iniziale può essere ancora riducibile con il decubito orizzontale; l'arto interessato è ingrossato ma non eccessivamente deformato, la pelle è lucida e tesa, e la pressione provoca una caratteristica impronta 'a scodella'. Con l'aggravarsi e il cronicizzarsi della situazione di stasi linfatica si passa lentamente allo stadio di elefantiasi: essa è caratterizzata da un ispessimento ipertrofico del tessuto sottocutaneo e si manifesta specialmente a carico degli organi genitali e degli arti inferiori. Questi ultimi assumono forma cilindrica e un aspetto massiccio come negli elefanti. Processi infiammatori possono interessare i vasi linfatici, determinando linfoangiti, o i linfonodi, inducendo linfoadeniti. La linfoangite è generalmente secondaria a patologie infettive localizzate a livello cutaneo (erosioni cutanee, eczemi, ulcere varicose, ferite infette ecc.), causate da comuni piogeni, colibacilli ecc. Si manifesta sotto forma di strie arrossate che partono dal focolaio primitivo e provocano tensione dolorosa. La linfoadenite può essere causata da virus o batteri, che penetrano nei vasi linfatici in seguito ad alterazioni della pelle, delle mucose o dei vari tessuti e organi tributari e che superano i poteri difensivi delle linfoghiandole stesse. L'infiammazione, che può essere acuta o cronica, determina l'ingrossamento e l'indurimento più o meno doloroso dei linfonodi affetti, ben obiettivabile nelle stazioni superficiali (cervicali, sottomandibolari, ascellari, inguinali ecc.). L'infiammazione può restare circoscritta al linfonodo, che rimane mobile, o propagarsi ai tessuti circostanti, determinando una periadenite con fissità del linfonodo. Vengono descritte due forme di linfoadenite, che in taluni casi possono coesistere: iperplastica con moltiplicazione dei vari elementi cellulari; o purulenta per prevalente essudazione leucocitaria e formazione di pus. Le prime possono riassorbirsi e guarire senza traccia. Le forme suppurative possono andare incontro a rammollimento con colliquazione dell'essudato e formazione di un ascesso che tende ad aprirsi all'esterno. Quando l'infiammazione è superficiale, la regione colpita appare arrossata ed edematosa. In genere, è presente anche una reazione febbrile. Nell'ambito della patologia neoplastica del sistema linfatico, un capitolo importante è rappresentato dai linfomi che presentano un'eterogeneità clinica e istologica notevoli e hanno prevalente carattere di malignità. Secondo una classificazione accettata a livello internazionale, vengono distinti in linfoma di Hodgkin e linfomi non-Hodgkin. Questi ultimi non rappresentano una singola entità clinica e a loro volta vengono classificati in base a criteri particolari (malignità istologica, caratteristiche microscopiche, proprietà immunologiche). Rispetto alle leucemie (v. sangue), malattie sistemiche nelle quali è presente un interessamento del sistema linfatico, i linfomi non determinano la comparsa nel sangue di particolari alterazioni della morfologia cellulare; peraltro, esistono taluni rapporti fra leucemie e linfomi, in quanto si possono talora identificare forme di transizione e forme simili, sia dal punto di vista clinico sia per quanto riguarda la derivazione cellulare. Il linfoma di Hodgkin (detto anche linfogranulomatosi maligna o linfoma maligno) è determinato da proliferazione tumorale del tessuto reticoloistiocitario cui si associano in
bibliografia
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