SLOVACCHIA

Enciclopedia Italiana (1936)

SLOVACCHIA (Slovensko; A. T., 59-60)

Elio MIGLIORINI
Karel STLOUKAL

È la maggiore delle cinque regioni che formano la Cecoslovacchia, con una superficie di 48.936 kmq. di poco superiore alla terza parte dello stato (34,8%). Invece la popolazione è soltanto il 22,6% del totale, in modo che la densità (68 ab. per kmq.) è notevolmente inferiore alla media (104). Dal punto di vista geografico la Slovacchia è lungi dal corrispondere a una regione naturale, dato che comprende soltanto una parte dei Carpazî e include vasti lembi della pianura ungherese; d'altra parte anche dal lato etnico non costituisce un tutto omogeneo, dato che in pianura vivono numerosi Ungheresi e non mancano, specie accanto alle antiche miniere o nelle maggiori città, gruppi di Tedeschi. Nondimeno un tal quale carattere unitario le viene dalla lunga dominazione ungherese durata per ben 900 anni e dalla struttura massiccia e monotona della parte più alta della catena che ha impedito la costruzione di grandi strade ed ha ritardato l'evoluzione economica del paese. La Slovacchia ha inoltre il compito di orientare lo stato cecoslovacco verso l'Europa danubiana, in modo da bilanciare la direzione della Boemia, rivolta con l'Elba verso la Germania.

A N. il confine (salvo due piccole rettifiche a favore della Polonia), ricalca ancora la frontiera che ha diviso per secoli i regni di Ungheria e di Polonia e generalmente segue lo spartiacque tra Vistola e Danubio, che divide pure Polacchi da Slovacchi. A S. invece la linea è stata tracciata più che altro in base a criterî difensivi. Lasciata alla Slovacchia Bratislava con il suo contado, il confine segue dapprima (per 170 km.) il Danubio, poi lo lascia per appoggiarsi all'Ipel', mentre nel tratto successivo fino a Cop la linea, con andamento generale ENE., è del tutto artificiale e taglia senza riguardo corsi d'acqua e colline, lasciando all'Ungheria i vigneti di Tokay e le miniere di Salgotarjan e includendo invece nella Slovacchia l'importante nodo ferroviario di Cop. Verso O. la Morava dapprima, poi i Carpazî Bianchi, i Javorniky e le pendici della Lysá hora fino al passo di Jablunkov separano la Slovacchia dalla Moravia e dalla Slesia, mentre il confine con la Russia Subcarpatica è segnato seguendo criterî puramente etnici.

Nella parte della catena carpatica (v. carpazî) che appartiene alla Slovacchia si possono distinguere diversi massicci che hanno generalmente un orientamento ovest-est e presentano notevoli difficoltà d'accesso. Partendo dal passo di Jablunkov (m. 551) si trovano dapprima i Beschidi occidentali (m. 1725, Babia Góra); seguono verso oriente le cime nude e maestose degli Alti Tatra (Vysoké Tatry: Gerlachovka, m. 2663; Lomnica, m. 2634) rese attraenti da numerosi laghi d'origine glaciale (tra gli altri il lago Štrba). A oriente del bacino sorgentifero del Poprad (che manda le acque alla Vistola) i Beschidi si abbassano e permettono un facile passaggio, in una zona che è rimasta tuttavia semideserta. Al Passo Dukla finiscono i Carpazî di SO. e cominciano i Carpazî Selvosi, che aumentano poi d'altezza fuori del territorio cecoslovacco. Verso S. le valli del Váh e del Hornád separano gli Alti dai Piccoli Tatra (Nizké Tatry: Ďumbier m. 2045), formati d'arenaria e prevalentemente boscosi, mentre più a S. ancora, separato dalla valle del Hron, ma riunito invece a oriente dalla Králova hola (m. 1943), s'allunga per oltre 100 km. il rilievo paleozoico dei Monti Metalliferi di Slovacchia (Stolica, m. 1481), noto da tempo per le sue miniere di oro, argento, rame, ora in gran parte esaurite. Questi monti, assai demoliti, hanno un aspetto meno selvaggio; più a S. esiste una vasta regione carsica, mentre a oriente i Monti di Prešov sono dovuti a un'attività vulcanica, di cui resta tuttora qualche manifestazione (geyser di Herlany). Il Hron comunica poi col Váh attraverso la valle del Turiec tra i Piccoli e i Grandi Tatra. I fiumi che scendono dai Carpazî (Váh, Nitra, Hron, Ipel', Hornád, Torysa) prima di giungere al Danubio traversano un tratto dell'alta pianura ungherese, qua e là interrotta da fratture che hanno dato luogo a sorgenti minerali. Presso Bratislava il Danubio si suddivide in tre rami e lascia alla Slovacchia la grande isola di Žitný, ricca di messi.

Posta assai lontana dal mare, limitata a N. da un'alta catena di montagne e a S. da una vasta pianura, coperta da grandi foreste, la Slovacchia ha clima piuttosto freddo, con medie di −1° a −3° in gennaio e 19° a 21° in luglio, che s'abbassano alquanto nelle zone più alte, specie dove arriva l'influenza dei venti settentrionali. In corrispondenza il limite superiore del bosco raramente supera i 1500 m.; essenze prevalenti sono in alto il faggio e il pino, in basso la quercia e nella pianura le formazioni steppose.

La Slovacchia nel 1930 contava 3.329.793 ab., con un'aumento dell'11,1% nel decennio 1921-30. Demograficamente il paese è sano, essendo notevole la natalità, ma in parte l'eccedenza va perduta a causa dell'emigrazione diretta soprattutto verso gli Stati Uniti, dove gli Slovacchi formano nei dintorni di Chicago una fiorente colonia; frequente è pure l'emigrazione temporanea come calderai e stagnini. La densità varia molto anche tra zone vicine, specie nella regione montuosa, dove i villaggi si raccolgono nelle valli un po' più larghe. Rilevanti sono le minoranze etniche. Accanto agli Slovacchi, che costituiscono circa i due terzi della popolazione (68% nel 1930 contro 58% nel 1910, con l'avvertenza che nel 1930 si tenne conto della lingua materna, mentre nel 1910 i dati si riferivano alla lingua d'uso), si trovano infatti il 18% di Ungheresi (1910: 31%), il 5% di Tedeschi, il 4% di Cèchi (in maggioranza militari e impiegati) e poi ancora Ruteni (91 mila), Ebrei (65 mila), Polacchi (1000) e Zingari. La popolazione è in maggioranza cattolica, ma vi sono anche 530 mila protestanti, 194 mila cattolici di rito greco e armeno, 3 mila greci ortodossi, 2 mila aderenti alla chiesa cecoslovacca. L'analfabetismo, non troppo elevato, varia alquanto secondo le popolazioni (15,7% tra gli Slovacchi, 10,2% tra Ebrei e Ungheresi, 9,5% tra Tedeschi). I Tedeschi (148 mila) erano venuti in Slovacchia ancora nel Medioevo come minatori, artigiani, commercianti; numerosi si trovano tuttora nelle piccole città del paese di Spiš (ted. Zips) e tra Hron e Nitra (con centro Kremnica). Dei 572 mila Ungheresi circa 400 mila vivono compatti in una dozzina di distretti lungo la riva sinistra del Danubio a valle di Bratislava, nel corso inferiore del Váh e presso la riva destra dell'Ipel'. Nonostante la riforma agraria, che ha fatto trasferire la proprietà di 1448 ha. posseduti da latifondisti ungheresi, le condizioni dell'agricoltura non sono tuttavia gran che migliorate, il rendimento unitario risulta piuttosto basso, l'uso dei concimi scarso e la cooperazione pressoché sconosciuta. Anche i pascoli alpini sono trascurati e l'allevamento è in condizioni mediocri. Nella parte alta dove l'economia è più arretrata, si cerca d'integrare la pastorizia con l'allevamento, mentre nelle valli e nei bacini s'è sviluppata, accanto alla coltura della patata e del lino, qualche piccola industria (tessile e mineraria). Campi di barbabietole, frutteti, vigneti sono diffusi soprattutto nella parte meridionale, dove la coltura che prevale è quella del mais. Il suolo arabile copre il 38,1% del totale, i giardini e il vigneto l'1,1% (8680 ha. di vigneti con una produzione di 250 mila hl. di vino), stagni e laghi 0,3%, i terreni sterili 5%. La Slovacchia produce l'11% dello zucchero cecoslovacco, il 4% della birra e possiede un terzo dei cavalli e i quattro quinti delle pecore. Le zone forestali potrebbero dare migliori profitti.

Nell'anteguerra la Slovacchia era la regione ungherese che presentava le condizioni più favorevoli di sviluppo per l'industria (ricchezze minerarie, energia elettrica, mano d'opera a buon mercato) e infatti gli Ungheresi vi avevano impiegato notevoli capitali; venuta in seguito a formare un unico stato con la Boemia e la Moravia industrialmente più progredite, ha dovuto adattarsi a sfruttare le sue risorse agricole e forestali (mulini, fabbriche di mobili); assai diffusa è anche l'industria domestica. Quella mineraria, connessa con la venuta di minatori tedeschi e un tempo assai importante, è ora localizzata in pochi punti; per il carbone è da ricordare il bacino di Handlová (valle del Nitra), per il ferro quello di Dobšina (con un tenore del 34-38% di metallo) nei Monti Metalliferi del paese di Spis, per il minerale di manganese le miniere di Spišská Nová Ves, per il salgemma il giacimento di Solnohrad presso Prešov (150 mila tonn. all'anno), per l'argento quelle di Štiavnica e Kremnica, per il petrolio i pozzi di Gbely presso Hodonin alla frontiera morava.

La Slovacchia possiede soltanto una grande città, Bratislava (1930: 123.850 ab.; con un aumento del 33% nell'ultimo decennio, 33 mila Tedeschi e 19 mila Ungheresi), posta dove il Danubio sbocca in pianura dopo la stretta di Theben, notevole fortezza a guardia d'un passaggio obbligato, centro commerciale, culturale e amministrativo. Il maggiore centro della Slovacchia orientale è Košice (70.230 abitanti), al limite di due diverse regioni economiche (pianura e montagna). Assai numerose sono poi le località con 5-25 mila abitanti, centri di cantoni isolati, mercati agricoli, sedi di piccole industrie domestiche, talora con palesi influenze tedesche (castelli) o ebree (nel commercio). Ricordiamo nel paese di Spiš, che comprende le alte valli del Hornád e del Poprad, Spišská Nová Ves, Poprad, Kežmarok; nei Monti Metalliferi Kremnica, Baňská Bystrica, Zvolen; nell'alta e media valle del Váh, Liptovský Sväty Mikulaš, Ružomberok (centro dei cattolici cecoslovacchi), Turčianský Svätý Martin, Žilina; sulle rive del Danubio o non lungi da questo Trnava, Nitra, Komárno. Frequenti anche i villaggi di strada di forma allungata. (V. tav. CLXXXI).

Bibl.: F. Machtschek, Landeskunde der Sudeten- und Westkarpatenländer, Stoccarda 1927 (con molte indicazioni bibliografiche).

Storia. - I primi abitatori della Slovacchia storicamente accertati sono di varie stirpi celtiche (soprattutto dei Cotini). Nei primi anni dell'era cristiana ai Celti seguirono schiatte germaniche, soprattutto i Quadi. Con questi popoli, durante le guerre marcomanniche, venne a conflitto l'Impero romano: da studî recenti risulta che i Romani avevano creato basi militari anche oltre il "limes" danubiano, nel territorio dell'odierna Slovacchia, ed erano riusciti a spingere le loro spedizioni sino a Trenčin senza però restarvi definitivamente. Dopo la ritirata dei Romani da queste terre, nella seconda metà del sec. III, il territorio danubiano fu nuovamente occupato da schiatte germaniche, più precisamente dai Gepidi e dai Goti, i quali poi nel sec. V furono scacciati dagli Unni. Subito dopo la scomparsa degli Unni incominciarono le immigrazioni slave in Slovacchia, che si susseguirono in varie fasi.

Le stirpi slave quivi immigrate appartenevano allo stesso ramo linguistico degli Slavi occidentali della Moravia e della Boemia e con questi, nonostante il diverso destino politico, serbarono unità di lingua e di cultura sino ai giorni nostri. L'opinione che gli Slavi siano venuti nel territorio slovacco come schiavi dei loro oppressori, gli Avari, oggi è confutata; certo è però che non molto dopo la loro comparsa in Slovacchia, caddero schiavi degli Avari finché Samo verso il 623 non riuscì a liberarli. Dopo la caduta del regno di Samo tutte le schiatte slavo-occidentali entrarono nell'orbita d'influenza dell'Impero franco. Da qui ricevettero i primi elementi della civiltà cristiana. Facilitato dalle vie di comunicazione lungo il Danubio, il cristianesimo penetrò probabilmente prima in Slovacchia che in Boemia. Il primo signore slavo storicamente noto di queste regioni, è Pribina il quale verso l'anno 820 riunì sotto il suo potere alcune stirpi in quel di Nitra. Poco dopo però Pribina fu spodestato dal principe Mojmír che volle annettere tutta la Slovacchia al regno di Moravia. Il principato di Nitra restò signoria dei Mojmíridi. La distruzione del regno moravo per opera dei Magiari, al principio del sec. X, fu decisiva anche per l'ulteriore destino della Slovacchia. Mentre la Boemia e la Moravia, con l'aiuto dei Franchi, riuscirono a respingere gli attacchi ungheresi, la Slovacchia cadde progressivamente in potere dello stato ungherese, cui fu unita definitivamente tra il 1025 ed il 1308. L'unione durò sino al 1918.

Per questo periodo la storia politica della Slovacchia s'identifica con quella dell'Ungheria. Una storia indipendente slovacca si ha perciò soltanto dal punto di vista etnografico. Ma anche nel campo etnografico la Slovacchia subì nel corso del tempo molti cambiamenti. Anzitutto si fece sentire il forte elemento magiaro che si assicurò il possesso dei castelli e di posizioni strategiche. Insieme con la penetrazione magiara, già dai tempi di S. Stefano, in particolare nel sec. XIII, dopo lo spopolamento della regione in seguito alle incursioni dei Tatari nel 1242, si diffuse in Slovacchia anche la colonizzazione tedesca proveniente dalla Germania e dall'Austria, a cui si dovette il sorgere di molte nuove città e borgate. Nei territorî di Hron, Poprad e Spiš sorsero così interi gruppi di colonie tedesche che tuttora esistono: la colonizzazione tedesca fu benemerita anche per i lavori minerarî, per il miglioramento dell'agricoltura e per la diffusione dei rapporti commerciali. L'elemento slovacco per vero aveva la preponderanza numerica, ma era limitato alle classi inferiori di campagna o alle classi inferiori della nobiltà ed era escluso dalla vita politica; mentre la borghesia era tedesca, la chiesa e l'aristocrazia erano magiare.

Mutamenti importanti per il rafforzamento dell'elemento slovacco avvennero però nelle epoche successive, più precisamente durante il regno di Sigismondo di Lussemburgo (1387-1437) quando cioè la Slovacchia fu nuovamente unita (1419) alla Boemia sotto uno stesso signore. Momento decisivo fu il movimento ussita. La riforma boema ebbe presto eco anche in Slovacchia. Difatti i capitani ussiti organizzarono negli anni 1428-1435 delle spedizioni sistematiche in Slovacchia e s'impossessarono di varie città e regioni da Trnava e Nitra sino a Spiš e Košice.

Con gli eserciti ussiti vennero in Slovacchia molti Cèchi, i quali destarono la coscienza nazionale degli Slovacchi. Fu così che in quest'epoca la lingua cèca cominciò ad affermarsi nella corrispondenza privata e ufficiale e nella letteratura. Del pari i contatti con le terre boeme furono rafforzati e non cessarono nemmeno durante il regno di Mattia Corvino. Successivamente questi contatti furono moltiplicati dal fatto che dal 1490 sino al 1918 l'Ungheria e la Boemia ebbero gli stessi regnanti. Nuovo impulso all'intensificazione di questi contatti fu la riforma di Lutero e di Calvino. L'avvicinamento della Slovacchia alla Boemia nei secoli XVI e XVII fu favorito anche dal fatto che l'Ungheria in gran parte era stata occupata dai Turchi.

La libertà religiosa proclamata in Ungheria fu causa anche che, dopo la soppressione della rivolta cèca in seguito alla sconfitta alla Montagna Bianca (1620), varî gruppi di esuli cèchi movessero alla volta della Slovacchia e quivi si stabilissero definitivamente. Questi Cèchi poi, provenienti dalle cerchie della piccola nobiltà e della borghesia, ebbero larga parte nel risveglio nazionale slovacco.

Sino alla fine del sec. XVIII l'Ungheria non ebbe carattere di stato nazionale e si distinse per la sua tolleranza verso tutte le nazionalità. Un cambiamento avvenne all'epoca dell'assolutismo, quando Giuseppe II con decreto del 1784 volle sostituire il latino, sino allora lingua ufficiale in Ungheria, col tedesco. Questo tentativo di germanizzazione provocò una reazione generale. Mentre altre nazionalità dell'Ungheria insistevano perché fosse conservato il latino, l'elemento dominante dei Magiari perorò l'introduzione dell'ungherese e ottenne una serie di leggi, promulgate negli anni 1791-1844, in base alle quali la lingua ungherese fu introdotta non solo nei rapporti ufficiali, ma anche nelle scuole e in genere nella vita pubblica. Ma al principio del sec. XIX si svegliò la coscienza nazionale degli Slovacchi specialmente a Presburgo (Bratislava) che in quell'epoca divenne un focolare nazionale importante.

Il movimento nazionale slovacco si sviluppò sino al 1844 nello spirito dell'unità culturale e linguistica cecoslovacca. Suoi patrocinatori furono tanto i Cèchi Dobrovský e Palacký, quanto gli Slovacchi Kollár e Šafařík. Appena nel 1844 L. Štúr decise per poter meglio reagire alla magiarizzazione, di assumere lo slovacco, invece del cèco, a dignità di lingua letteraria. In base alle leggi sulle lingue di stato degli anni 1839 e 1840, il magiaro fu imposto quale esclusiva lingua ufficiale negli uffici, nelle scuole e chiese.

Dopo la repressione della rivoluzione magiara del 1848-1849 gli Slovacchi prima (10 settembre 1849) e i Ruteni carpatici poi (13 ottobre 1849) presentarono al governo di Vienna e all'imperatore una domanda tendente ad ottenere la separazione del territorio slovacco e ruteno dall'Ungheria e la creazione di una speciale "terra della corona" sottoposta direttamente all'imperatore e al parlamento austriaco. Nello stesso anno Palacký presentò al parlamento di Kroměříž il progetto di fare delle provincie slovacche e cèche un'unità autonoma che facesse parte d'una federazione austriaca. Di questi progetti si realizzò solo una minima parte, cioè la creazione di due "distretti amministrativi" a Presburgo e Košice e sottoposti al governatore imperiale a Budapest. All'amministrazione di questi distretti furono chiamati Slovacchi e Ruteni e vi furono introdotte le rispettive lingue nazionali. Ma durante l'assolutismo di Bach (1850-59) le suddette lingue furono sostituite dal tedesco e il centralismo paralizzò tutte le conquiste fatte negli anni delle rivoluzioni, eccettuata l'abolizione della schiavitù della gleba (1853).

Rinnovato il sistema costituzionale, i capi del movimento slovacco, riunitisi a Turčiamský Svätý Martin, il 6-7 giugno 1861, in un memorandum all'imperatore chiesero la creazione dell'autonomia della provincia slovacca con propria amministrazione, scuole e tribunali. Ma non ottennero che tre ginnasî slovacchi e la "Slovenská Matice" (1862). Anche questi piccoli vantaggi si perdettero in seguito al compromesso austro-ungarico dell'anno 1867 che dell'Ungheria faceva uno stato indipendente nella monarchia austroungarica. Nel 1901 gli Slovacchi, che dal 1884 avevano opposta resistenza passiva, passarono alla lotta politica e, ottenuti nelle elezioni quattro e poi (1905-06) sette mandati, sotto la guida di Hlinka, Srobár, Hodza, cercarono nel parlamento di Budapest la collaborazione dei Romeni e dei Serbi d'Ungheria per il riconoscimento dei loro diritti e iniziarono un'attiva campagna giornalistica. Per vero non conseguirono notevoli successi politici in Ungheria, ma riuscirono a intensificare quell'opera di propaganda che fruttò ai giorni della guerra mondiale. Forti della propria coscienza nazionale, parecchi Slovacchi fecero parte del movimento insurrezionale cèco e formarono insieme con i Cèchi le legioni cecoslovacche. Col patto stipulato fra i Cèchi e gli Slovacchi all'estero a Pittsburg il 30 maggio 1918 fu fissata l'intesa per la creazione di uno stato cecoslovacco unitario. Alla rivoluzione di Praga del 28 ottobre 1918 partecipò Šrobár a nome degli Slovacchi. Il consiglio nazionale slovacco aderì allo stato cecoslovacco con deliberazione presa all'assemblea nazionale di Turčianský Svätý Martin del 30 ottobre 1918. (Per gli eventi posteriori, v. cecoslovacchia).

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