SMERALDI, Smeraldo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SMERALDI, Smeraldo

Bruno Adorni

Nacque a Parma il 18 dicembre 1553 da Giovanni, appartenente a una famiglia della piccola nobiltà cittadina; nulla si sa invece della madre. Nel 1577 iniziò a lavorare come orafo nella bottega di Gian Alberto Pini, imparentato con i noti medaglisti Giacomo e Giovanni Federico Bonzagni. Nel 1582 è documentato come incisore per la Zecca di Pomponesco, dove fu invischiato nel conio di monete false. Collaborò poi con la Zecca di Parma, contribuendo alla realizzazione delle monete del duca Alessandro Farnese e del primo periodo di governo di suo figlio Ranuccio I. Collaborò anche con la Zecca di Correggio a coniar monete e a ripararne i macchinari nel 1594-95.

Soprattutto negli anni Ottanta e Novanta del Cinquecento svolse anche attività d’incisore di rami, per l’editore parmigiano Erasmo Viotti e per altri, e soprattutto di sigilli, fra i quali molti signa tabellionis, ovvero sigilli dei notai che imitavano quelli a mano.

Dal 1589 fu coinvolto dal duca Alessandro Farnese nella realizzazione della cittadella pentagonale di Parma, dapprima rilevando con grande precisione il sito dove doveva sorgere (causa della sua pianta icnografica di Parma), poi dirigendone i lavori, in subordine a Giovanni Antonio Stirpio fin quando questi fu allontanato dall’incarico. Smeraldi denunciò le numerose ruberie e la disorganizzazione nel grande cantiere, ma fu imprigionato nel 1592, probabilmente per le denunce di chi era stato prosciolto dalle sue accuse.

Nell’agosto 1597 il duca Ranuccio I Farnese affidò l’“ufficio dell’ingegnere dei cavamenti di tutto lo Stato di Parma” a Smeraldi, che soprintese così fino alla morte alla manutenzione e alla riqualificazione del sistema delle acque e della viabilità del Ducato parmense. Si occupò, cioè, del controllo locale dell’alveo del Po, del fiume Taro e dei torrenti Parma, Enza e Stirone e dei corsi minori, e del complesso sistema di canalizzazione del Ducato, degli argini e dei ponti, dei mulini e delle strade.

In qualche modo sulla scia del contemporaneo ferrarese Giovanni Battista Aleotti, che conobbe anche tramite i figli operosi a Ferrara dopo la devoluzione del Ducato estense, Smeraldi sembra aver marcato un significativo momento di trapasso da una cultura tecnica rinascimentale ariosa ma un po’ generica a una visione ‘specialistica’ fatta di esperienza e informazione di prima mano ben controllata.

Smeraldi annotò minuziosamente la sua attività, giorno per giorno, ora per ora, nei suoi diari o verbali di lavoro, parzialmente conservati in Biblioteca Palatina e in Archivio di Stato a Parma. Questi “diari”, assieme alla copiosa e tecnicamente agguerrita cartografia, che copre ampiamente il Ducato almeno fra il Po e le colline, alla sua biblioteca e agli strumenti di lavoro dei quali rimane un inventario, permettono di ricostruire la preparazione e la quotidianità del mestiere, addirittura la giornata tipo, di un bravo e meticoloso tecnico dei lavori pubblici a cavallo del 1600.

Anche come architetto, Smeraldi sembra rivolto alla quotidianità degli interventi nell’edilizia senza evidenziare grandi doti linguistiche ed espressive. Sono comunque interessanti i progetti “funzionali”, come la fonderia di rame a Colorno (Archivio di Stato di Parma [ASPr], Mappe e disegni, 23/18, 28 settembre 1629) e la fonderia e trafileria di Ferriere nel piacentino (ivi, 24/30 e 33, s.d.).

Nel 1602 ebbe il prestigioso incarico di costruire il secondo campanile del duomo di Parma, che però fu interrotto poco sopra le fondazioni.

Un suo intervento sul cavo Gambalone per bonificare 11.000 biolche di terreni provocò una polemica coll’architetto comunale Giovan Battista Magnani che pubblicò nel 1604 presso Viviani di Parma l’opuscolo Contradizioni ed obbiezioni al cavo del Soradore […] conforme al disegno et parere di Smeraldo Smeraldi, con risposta di quest’ultimo, che se ne risentì molto, come appare in lettera al duca del 17 giugno 1605.

Probabilmente a partire dal 1603 Smeraldi, per ordine del duca Ranuccio I, molto legato come il padre Alessandro ai frati capuccini, diede i progetti per la loro chiesa con il convento a Fontevivo. La nuova chiesa (1605-09) fu giustapposta all’antica abbazia cistercense e ad essa collegata con un intervento di pianificazione urbana, cioè un ampio stradone con 27 case porticate ai suoi lati e stretti e lunghi orti retrostanti, che sarebbero costate ognuna lire 3472, soldi 3 e denari 4, per un totale di lire 93748 e soldi 10 (ASPr, Mappe e disegni, 19/64, 19/66, 65/184, 1603 circa).

Altra occasione interessante fra architettura e pianificazione urbana fu la partecipazione al concorso per il rifacimento della troppo alta torre civica di Parma, crollata nel 1606 coinvolgendo il vicino palazzo comunale. Sia che il Comune avesse promosso una sorta di concorso per la ricostruzione dei due edifici, sia che essi si fossero offerti coniugando senso civico e interesse professionale, quattro architetti proposero progetti: il romano Girolamo Rainaldi, che non era riuscito a impedirne il crollo, l’architetto comunale Giovanni Battista Magnani, che, più di vent’anni dopo, avrebbe ricostruito il palazzo comunale, lo scultore e architetto di corte Simone Moschino, e Smeraldo Smeraldi. Quest’ultimo propose una sistemazione dell’intera piazza grande, comprendente anche gli isolati vicini al palazzo comunale, allegando al progetto un’ampia relazione, entrambi presentati al Comune il 31 marzo 1606. Smeraldi sembra essersi vagamente ispirato alle Procuratie nuove e al campanile di S. Marco a Venezia, forse per ripristinare, con l’aiuto di Vitruvio e di Leon Battista Alberti, l’antico foro romano di Parma.

Nel maggio 1609 Smeraldi e il collega Daniele Zileri ricevettero dai tesorieri della Compagnia del Crocifisso 12 lire ciascuno a compenso di «diversi disegni fatti per fare l’oratorio» (ASPr, Conventi e Confraternite, LXI, registro 45), cioè l’importante chiesa esagonale di S. Maria del Quartiere a Parma, che però deve essere stata progettata nel 1604 dal ferrarese Giovanni Battista Aleotti: si trattò probabilmente di piccole modifiche o di disegni esecutivi di quel progetto.

La cospicua produzione cartografica rappresenta probabilmente l’aspetto migliore della poliedrica professionalità di Smeraldi.

Si può citare al riguardo il lungo (cm 270 x 79) corso del torrente Parma da Langhirano sin oltre la città verso il Po con indicati a ponente il canale Comune e a levante il canale Maggiore con i mulini, le cartiere, le case coloniche, le corti, le chiaviche, i ponti e le strade (ASPr, Raccolta Cavamenti, XIV-1, 1599-1602 circa) e la “Bonificazione Ferrarese Superiore” del marzo 1627 (cm 200 x 53; ASPr, Raccolta Cavamenti, VI-10).

Il libro mastro farnesiano del 1589 attesta che il 17 maggio Smeraldi ricevette «scudi 13, soldi 49, per pagamento di dicenove giornate poste in far il disegno di Parma con il territorio di un milio attorno», quasi certamente su incarico del duca Alessandro, che dalle Fiandre, dove si trovava, avrebbe potuto così individuare il luogo più opportuno per la nuova cittadella pentagonale che aveva in animo di costruire. Grazie anche alle informazioni ricevute probabilmente dal duca, al servizio di Filippo II di Spagna, e dal suo aggiornato gruppo d’ingegneri militari, Smeraldi dovette eseguire il rilievo della città non solamente con il bossolo, strumento principe del topografo del Rinascimento, ma con tecniche aggiornate di triangolazione (legate all’applicazione della trigonometria), che rendono la pianta quasi sovrapponibile a un’aerofotogrammetria attuale.

Del novembre 1589 è la pianta icnografica di Monticelli d’Ongina (PC), su pergamena (ASPr, Mappe e disegni, vol. 36, n. 25/3), che poté usufruire della stessa tecnica di rilievo.

Esistono due versioni autografe della pianta icnografica di Parma: lo «spolvero del torrente della Parma et del sito del Castello con la città fatto il dì 11 maggio 1592», come nota Smeraldi nel bordo, probabilmente una copia un po’ sciatta tenuta e aggiornata nello studio (ASPr, Uffici, Mappe e disegni, vol. 2, n. 87); e quella, più accurata, dedicata al duca Ranuccio I nel 1601, perduta nel bombardamento della Pilotta nel 1944, ma della quale sono rimaste una lastra fotografica parziale e tre copie successive, sette e ottocentesche. Nella dedica al duca viene specificato che la pianta di Parma voleva essere anche uno strumento di pianificazione urbanistica: “In questa, dunque, potrà vedere le proporzioni e le corrispondentie che hanno tutte le strade et borghi fra loro et ciascuna a tutto il corpo di quella, et volendola ridurre al suo vero decoro, chiaramente conoscerà i luoghi che rimuovere si dovrebbono per ridurla a perfezione”.

Smeraldi morì a Parma il 23 giugno 1634 ancora in attività.

Fu “ingegnere” anche il figlio Ettore, nato a Parma l’11 ottobre 1577 e morto un anno dopo il padre. Lavorò a Ferrara dopo la Devoluzione, probabilmente chiamatovi da Mario Farnese, per il quale disegnò anche alcuni progetti per il suo palazzo a Farnese (VT), con quattro bracci in diagonale su un cortile ottagonale ispirato a modelli del settimo libro del trattato di Serlio. A lui sono attribuiti anche ludi geometrici sotto forma di piante di palazzo con ambienti gemmati.

A Ferrara col fratello Ettore fu anche Marc’Antonio (Parma, ultimo quarto del Cinquecento-22 luglio 1638). In urto con Mario Farnese, tornò nei ducati farnesiani, dove fu ingegnere ducale a Piacenza e successe al padre come ingegnere dei cavamenti di Parma.

I figli Orazio (Parma, 27 gennaio 1592-12 maggio 1672) e Francesco (Parma, 1599-17 maggio 1630) furono gesuiti.

Fonti e bibliografia

A. Pezzana, Continuazione delle memorie degli scrittori e letterati parmigiani, VI, Parma 1827, pp. 915-921; L. Scarabelli, Di S. S. ingegnere parmigiano, Parma 1845; A. Ronchini, S. S., in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di Storia Patria delle Province Modenesi e Parmensi, VI (1872), pp. 489-500; “Io S. S. ingegnero et perito della Congregatione dei Cavamenti…”: territorio, città, offizio nel Ducato di Parma, 1582-1634 (catal.), Parma 1980; G. Papagno - M.A. Romani, Una cittadella e una città (il Castello Nuovo farnesiano di Parma, 1589-1597): tensioni sociali e strategie politiche attorno alla costruzione di una fortezza urbana, in Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento / Jahrbuch des Italienisch-Deutschen Historischen Instituts in Trient, VIII (1982), pp. 141-209; P. Zanlari, Tra rilievo e progetto. Idrografia e rappresentazione del territorio nel parmense: il caso del Canale Maggiore, Parma 1985; M. Dall’Acqua, S. S. orefice sigillario, Parma s.d. [2003]; B. Adorni, L’architettura a Parma sotto i primi Farnese, 1545-1630, Reggio Emilia 2008, pp. 383-393; Rappresentare la città: topografie urbane nell’Italia di antico regime, a cura di M. Folin, Reggio Emilia 2010, pp. 297-308.

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