SMIRNE

Enciclopedia Italiana (1936)

SMIRNE (Σμύρνη, Smyrna, nel Medioevo Smira, turco Izmir; A. T., 10)

Elio MIGLIORINI
Guillaume DE JERPHANION
Arnaldo MOMIGLIANO
Angelo PERNICE

È il più importante porto dell'Anatolia e la seconda città della Turchia per numero d'abitanti. La sua posizione, oltre a essere pittoresca, è favorevole per gli scambî, data la vicinanza della valle del Hermos (Gedis) e di quella del Melis che, varcata una soglia di 130 m., dà accesso alla pianura del Caistro e al Meandro. La città è circondata da montagne, parte distesa sul delta del Melis, parte addossata a una collina (Pagos, m. 160, con resti di una fortezza, v. appresso) che fa parte dei rilievi ondulati del Kicil Daǧ, composti da arenarie scistose del Devonico inferiore, attraversate da filoni di serpentine e di andesite. Essa viene tuttavia facilmente raggiunta dall'interno, in modo che quando la rete ferroviaria (costruita a partire dal 1858) ha facilitato il trasporto delle merci verso il porto, la sua importanza (che per quanto riguarda l'esportazione risale al secolo XVII) è andata ancor più aumentando a scapito degli altri scali costieri.

La città si trova alla estremità d'un lungo golfo (Izmir Körfesi) dall'andamento tortuoso e irregolare, che si apre tra Aslam presso Foça a E. e la Penisola di Kara Burun (Punta Kinlu) a O.; esso s'interna dapprima per 22 miglia verso SE., indi a E. per 12 miglia fino alla rada e verso oriente è poi continuato, a N. della città, da una pianura. La larghezza del golfo va decrescendo a misura che si procede verso la parte più interna; le coste occidentali sono alte e a picco, quelle orientali basse e disseminate di lagune; i fondali sono al centro di 80 m. e a mano a mano diminuiscono; le numerose articolazioni mostrano che si tratta d'un tipico golfo d'ingressione. Il Hermos, che nel 1886 per difendere il porto dall'insabbiamento è stato deviato più a N., ha formato un vasto delta tra l'attuale Penisola di Foça e i rilievi del Yamanlar Daǧ, riunendo alla terraferma alcune piccole isole. Di fronte alla città si è sviluppato il quartiere di Cordelio (KarŞyaha), sobborgo balneare con ville e giardini.

Il clima di Smirne ha i caratteri del tipo mediterraneo, un po' più freddo d'inverno e un po' più caldo d'estate di quello di Napoli (gennaio 7°,6, aprile 15°,1, luglio 26°,8, ottobre 18°,7; media annua 17°). Le precipitazioni sono abbastanza copiose (653 millimetri), con un'accentuata frequenza nei mesi invernali (novembre 91 mm., dicembre 131, gennaio 110), mentre l'estate è caratterizzato da siccità prolungate, rese tuttavia sopportabili dal vento di NO. (imbatto), che soffia specialmente nel pomeriggio.

La città si componeva nell'anteguerra di diversi quartieri. Gli Europei (specie Francesi, Italiani, Austriaci, ecc.) abitavano lungo il mare (quartiere franco), dietro questo, verso l'interno, era il quartiere greco, mentre quello turco s'appoggiava alla cittadella, l'ebreo era tra questo e il mare e quello armeno era retrostante al quartiere greco. Tra il 1868 e il 1880 lungo il mare è stata costruita una lunga banchina (Marina) di 3285 m. che da NE. a SO. si svolge dalla punta alle pendici del Pagos. Verso la punta si trovano alberghi, caffè, teatri, a metà circa è il porto con la dogana, mentre all'estremità meridionale è la piazza del Konak (col palazzo del governatore turco). Da essa si raggiunge in pochi minuti il Bazar, col suo labirinto di viuzze e di botteghe caratteristiche. Alla fine della guerra mondiale la città contava circa 300 mila ab. e aveva i caratteri d'un centro cosmopolita, con banche, magazzini, folla di commercianti. I Greci erano in maggioranza (110 mila), tanto che Smirne veniva detta infedele (Giaur Izmiri) dai Turchi. Questi erano 60-70 mila, seguiti per numero da Ebrei (25-30 mila), Armeni (12-15 mila) e poi Europei e Levantini. Gl'Italiani erano circa 10 mila, in prevalenza Pugliesi, Veneti, Genovesi, Ebrei di Livorno. Lingua d'uso era il greco e secondariamente il francese. Notevole importanza aveva il traffico disimpegnato dalle marine austriaca, greca, russa, germanica. L'esportazione si aggirava per l'uva sultanina sulle 30-35 mila tonn., per il cotone sulle 40 mila balle, per i fichi commestibili sulle 15 mila tonn.

Assai mutato è l'aspetto della città dopo l'incendio del 1922, durante il quale è stata devastata la parte più moderna (quartiere greco e in parte quartiere europeo) per un'estensione di circa 300 ha. Il nuovo piano regolatore venne preparato da un'impresa francese (fratelli Danger); nel 1925 vennero costruite 290 case, 420 nel 1926, 320 nel 1927, 940 nel 1928.

Le innovazioni principali sono le seguenti: le due stazioni ferroviarie vennero riunite in un'unica stazione, a mezzogiorno della quale si trova una città operaia; vennero gettate le basi per un nuovo porto, a oriente di quello vecchio (formato da un bacino di 25 ha. e racchiuso fra un frangiflutti staccato a O., un moletto a N., il molo della dogana a S. e a E. la banchina), lasciando posto nelle adiacenze per magazzini e officine; sono state create alcune vie periferiche di circonvallazione disposte a terrazza, in modo da permettere belle prospettive sulla città, lambendo i caratteristici cimiteri con gli alti cipressi; nella parte incendiata vennero eretti quartieri moderni, con due grandi strade, il Corso del Gazi (largo 40 m.) e a destra di questo la via di Basmá Hané; la via parallela alla banchina del porto è stata allargata fino a 30 m.; nelle immediate vicinanze del centro sono state create delle comode città giardino con molte ville per le persone facoltose. Esiste una rete telefonica e un discreto impianto d'illuminazione elettrica. La popolazione, che era scesa a 153.924 ab. nel 1927 è aumentata a 170.410 nel 1935; dopo l'esodo dei Greci e il massacro degli Armeni essa è composta in grande maggioranza da Turchi. Il porto ha visto entrare, nel 1932, 11.178 piroscafi e velieri, con un totale di 3.408.677 tonn. (1852: 250.000; 1882: 1.900.000; 1913: 2.500.000) con prevalenza della bandiera turca (44,3%), quindi italiana (17,7), inglese (13,1) e francese (10,1). Per quanto riguarda gli scambî (184.815 tonn. nel 1933 e 243.681 nel 1934), tra le principali merci esportate ricordiamo l'uva sultanina, i fichi, l'olio d'oliva, l'orzo, le fave, il tabacco, la liquirizia, i tappeti, il cotone, la vallonea; tra quelle importate, macchine, tessuti, zucchero, carbone, legna. Il maggior traffico si effettua da settembre a marzo. Si va accentuando l'importanza della città come centro industriale (oleifici, concerie, lavorazione dell'argilla, tappeti, filande, tabacco, distillerie). Presso Foça esistono saline.

Monumenti. - La città stessa di Smirne non ha monumenti antichi. Un certo numero di oggetti importanti: sculture, iscrizioni, provenienti dalle regioni vicine, erano un tempo riunite al museo della Scuola evangelica (greca), dove era anche una biblioteca con preziosi manoscritti miniati. L'incendio del 1922 ha distrutto la maggior parte di questi tesori.

Però una parte dei marmi che è potuta sfuggire al disastro ha formato il nucleo del nuovo museo fondato nel 1927, che diviene ogni giorno più ricco. Sulle pendici del monte Pagos, a S. della città, si vedono i resti del teatro antico e alla sommità stava l'Acropoli, sostituita da una fortezza bizantina, poi turca, spesso rimaneggiata, e le cui rovine sono ancora imponenti.

A mezzogiorno del Pagos, la valle del Melete, che non si deve identificare con il Melete degli antichi, è attraversata da parecchi acquedotti a doppio piano di arcate, assai pittoreschi, di cui una parte almeno risale all'epoca bizantina e che sono stati spesso restaurati in seguito. A 8 km. circa a NE. di Smirne vi è la località dove sorgeva la città primitiva, con le rovine di un'alta acropoli, circondata da un muro di costruzione ciclopica. Non lontano si erge il monumento noto sotto il nome di "Sepolcro di Tantalo" (v. sotto).

Storia. - La storia della città antica si distingue nettamente, anche dal punto di vista topografico, in due periodi: l'arcaico e l'ellenistico. La Smirne arcaica stava a una distanza di circa 8 km. dalla Smirne ellenistica, che è continuata dalla Smirne attuale. Essa è stata identificata nell'aprile 1825 da A. v. Prokesch-Osten nei resti già prima ritrovati nella parte occidentale del Yamanlar Dağ. Lì presso, sulla collina di Hacimutsos, è stata identificata la città bassa arcaica, Nauloco. A poco più di un km. nord-est sta una necropoli con tumuli di carattere non greco, al maggiore dei quali fu dato il nome di "Sepolcro di Tantalo". Questi resti confermano uno strato preellenico che si può dedurre dallo stesso nome non greco della città, che si ritrova, tra l'altro, in un quartiere di Efeso. Tra i Greci occuparono Smirne dapprima gli Eoli, poi sopraffatti dagli Ionî di Colofone avanti il 688 a. C. Mimnermo ricorda questa violenta trasformazione, per cui la città diventò la tredicesima della Lega ionica. Prospera per commerci marittimi, fiorente di cultura (tra le patrie di Omero!), venne a urtare contro l'espansione lidica più fortemente che le altre città ioniche. Gige fu disfatto nella prima metà del sec. VII a. C.; ma Aliatte III intorno al 580 a. C. occupò e distrusse la città. La quale per più di due secoli cessò di esistere politicamente. I cittadini superstiti si dispersero in villaggi: segno che il commercio marittimo era stato definitivamente troncato. Sembra che con i prodromi dell'Ellenismo, circa la metà del sec. IV, questi villaggi abbiano ripreso qualche forma di vita civica, per es., la monetazione. Il risorgimento venne solo con la ricostruzione progettata da Alessandro, compiuta da Antigono Monoftalmo e poi da Lisimaco. Smirne passò in seguito allo stato seleucidico come città autonoma e dotata di diritto di asilia; dal 228 circa fu città alleata del regno di Pergamo. Nella guerra siriaca contro Antioco III si pose sotto la protezione dei Romani: nel 189 diventò indipendente ed ebbe accrescimento di territorio: aiutò durante la guerra sociale (90-87) con la flotta i Romani. Già prima del 59 a. C. aveva perso l'autonomia, diventando città stipendiaria della provincia d'Asia. Fu tra le città più prospere dell'età imperiale con prevalenza di economia agricola: prese al tempo di Adriano il nome di Adriane. Fu pure tra i primi centri di cristianesimo in Asia poiché ebbe una comunità cristiana fino dai tempi apostolici. Distrutta da terremoto nel 178 d. C., fu ricostruita per particolare interessamento di Elio Aristide.

Smirne non assurse mai sotto Bisanzio, il cui dominio continuò nella città di Roma, al primo piano degli avvenimenti politici dell'Oriente. La sua fu vita di provincia e il suo nome fino al secolo XI, non ricorre se non nelle fonti ecclesiastiche. Tra la fine del secolo VII e il sec. VIII gli Arabi più volte assalirono Smirne, ma non se ne impadronirono mai. I Bizantini ne mantennero senza interruzione il possesso fino al 1071. Smirne fu conquistata sotto il sultanato di Malik Shāh (1072-1091) dal suo cugino Sulaymān ibn Quṭlumish, fondatore del sultanato di Rūm (Asia Minore).

Alla morte di Sulaymān (1084), l'emiro governatore di Smirne, Tzachas, si rese indipendente e, conquistate per proprio conto Focea, Clazomene e le isole di Mitilene, Chio, Samo, Rodi, divenne un pericoloso nemico per l'impero bizantino, contro il quale tentò di costituire una lega panturca alleandosi coi Pecceneghi e coi Selgiuchidi. Smirne divenne a un tratto il centro di una grande attività politica e militare e si atteggiò a rivale di Bisanzio. Nel 1092 Tzachas organizzò una flotta e occupò Abido bloccando l'accesso dei Dardanelli verso il Mar di Marmara: ma il suo disegno di avvicinarsi a Costantinopoli fallì. Nel 1097, un esercito bizantino procedette alla riconquista della zona costiera e anche Smirne tornò sotto il dominio bizantino. Essa ebbe a soffrire molto nel sec. XII pei frequenti attacchi dei Turchi. Intorno al 1224 l'imperatore di Nicea, Giovanni III Vatatze, ne fece restaurare le mura. Nel trattato di Nimfeo, conchiuso il 13 marzo 1261 fra l'imperatore Michele VIII Paleologo e i Genovesi, questi, fra le altre concessioni, ottennero il possesso di Smirne. Il governo dei Genovesi si mantenne verosimilmente fino al 1330 quando Smirne fu conquistata dai Turchi.

Dal 1344 - nel quale anno i Turchi ne furono sloggiati dalla crociata promossa dal papa Clemente VI - al 1402 la città fu in possesso dei cavalieri di S. Giovanni che la governarono insieme con i Genovesi. Nel 1402, dopo la battaglia di Angora, Smirne fu espugnata da Tamerlano. Nel 1417 i Turchi, sotto Maometto I, la rioccupavano nuovamente.

Con la conquista ottomana si apre per Smirne un lungo periodo di pace; ma anche di inerzia. Dal suo torpore Smirne non si venne riscuotendo se non nel sec. XIX quando i Greci cominciarono a spiegare una grande attività per promuovere una coscienza nazionale greca nella città e le potenze europee, intente a crearsi sfere di influenza nel Levante, si volsero verso Smirne. La gara dapprima fu tra Inglesi e Francesi, i quali ottennero la costruzione della linea ferroviaria Smirne-Kasaba e dell'approdo. Dagl'inizî del sec. XX all'influsso francese si venne ad aggiungere quello italiano. La posizione preminente acquistata dall'Italia in tutta la regione compresa fra Smirne e il golfo di Adalia ebbe un riconoscimento da parte della Francia e dell'Inghilterra nella convenzione di San Giovanni di Moriana (17 aprile 1917), dove, prevedendosi lo smembramento dell'impero ottomano, si assegnava all'Italia quella regione. Ma nella conferenza di Versailles, ai primi di febbraio del 1919, la Grecia fu autorizzata a occupare Smirne (ciò che essa fece il 15 maggio successivo), e nel trattato di Sèvres (10 agosto 1920), presentato alla Turchia, si stabiliva che la città col territorio circostante rimanesse sotto l'amministrazione greca. Il governo di Kemal pascià si rifiutò di accettare questa deliberazione e iniziò una campagna contro i Greci. Nell'agosto 1922 Kemal pascià sconfisse i Greci che furono costretti ad abbandonare l'Asia Minore. Il 9 settembre 1922 i Turchi entrarono in Smirne e in quell'occasione un incendio consumò una gran parte della città. Nel trattato di Losanna (24 luglio 1924) la Turchia ottenne il riconoscimento della sua sovranità su Smirne.

Bibl.: Oltre ai racconti di viaggio in Oriente e alle opere generali sull'Asia Minore, (Chandler, Choiseul-Gouffier, Hamilton, Texier, Ramsay, ecc.), v.: C. Slaars, Étude sur Smyrne, Smirne 1868; A. M. Fontrier, in Revue des Études anciennes, II, III, IV; id., in Bull. de Corr. Hell., XVI (1892); id., in Rev. des Univ. du Midi, IV (1898); id., in Ann. de la fac. des lettres de Bordeaux, 1907, ecc.; C. Weber, Le Sipylos et ses monuments, Smirne 1880; F. Miltner, Bericht über eine Voruntersuchung in Alt-Smyrna, in Jahreshefte d. österr. arch. Inst., 1931; Storari, Guida con cenni storici di Smirne, Torino 1857; C. Iconomos, Étude sur Smyrne, Smirne 1868; D. Georgiades, Smyrne et l'Asie Mineure au point de vue économique et commercial, ivi 1885; F. Rougon, Smyrne, situation commerciale et économique, Parigi 1892; L. Vannutelli, Anatolia meridionale e Mesopotamia, Roma 1911; A. Philippson, Smyrne, sa situation, son importance, in Annales de géographie, XXI (1912), pp. 173-79; E. Deschamps, Smyrne, la ville d'Homère, in Bull. Soc. Géogr. de Marseille, XXXVI (1912), pp. 151-78. E. Chaput-Ibrahim Hakki, Recherches sur la structure de la région de Smyrne (nelle pubblicazioni dell'istituto di geografia dell'università di Istanbul), 1930. Per la città antica in particolare v.: C. D. Mylonas, De Smyrnaeorum rebus gestis, I, Gottinga 1867; W. M. Ramsay, Letters to the Seven Churches of Asia, Londra 1904; Bürchner, in Pauly-Wissowa, III A, col. 730 segg. Le iscrizioni dopo la piccola raccolta in Corpus Inscriptionum Graecarum, II-III, variamente sparse; si noti il periodico locale Μουσεῖον καὶ βιβλιοϑήκη τῆς έν Σμύρνῃ Εὐαγγελικῆς Σχολῆς.