Soave

Enciclopedia Dantesca (1970)

soave

Alessandro Niccoli

La definizione semantica proposta in Cv II VII 5 ‛ soave ' è tanto quanto ‛ suaso ', cioè abbellito, dolce, piacente e dilettoso, è suffragata con un etimo ovviamente inaccettabile, desunto da Uguccione da Pisa (Busnelli, ad l.); essa coglie però con esattezza il significato fondamentale del vocabolo, il quale indica la qualità di ciò che provoca una sensazione di tenero gradimento e di delicato piacere. Con valore proprio è riferito al senso della vista (XIII 13 lo cielo di Venere [ha] una chiarezza... che è soavissima a vedere), del gusto (Pg XXII 132 pomi a odorar soavi e buoni, " delicatamente profumati ") e del tatto (XXVIII 9 soave vento, " leggero e piacevole "). E così, in usi estensivi: Vn III 3 uno soave sonno, " dolce e riposante ", e XXXIII 6 15 Ond'io chiamo la Morte, / come soave e dolce mio riposo; in un contesto metaforico: Pd XX 141 soave medicina, " efficace e gradita ".

È però nell'ambito della poesia stilnovistica che il vocabolo assume particolare rilevanza per la sua capacità di esprimere la grazia pacata e benigna della donna e la sua modestia elegante e composta, o di dar rilievo alla rasserenante e tenera dolcezza provocata dall'esperienza d'amore. Come ‛ dolce ', ‛ benigno ' e ‛ piano ', con i quali è frequentemente unito in dittologie sinonimiche, s. è spesso usato a proposito di tutto ciò che ha relazione con la donna amata: Vn VII 4 9 Amor... / mi pose in vita... dolce e soave; XXVI 3 quelli che la miravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soave, e 7 13 un spirito soave pien d'amore, / che va dicendo a l'anima: Sospira; XXVII 3 4 Amore / ...mi sta soave ora nel core; Rime LVII 15 (dove il soave fiore è forse l'equivalente del nome di Fioretta, la donna cui è inviata la stanza), LXVII 11 (qui piani, / soavi e dolci sono gli occhi di madonna). Per il misticismo stilnovistico della scuola, anzi, persino il pensiero della morte suscita un disio... soave, / che... tramuta lo color nel viso (Vn XXXI 13 47).

Secondo molti le canzoni del Convivio erano originariamente liriche d'amore, in un secondo tempo allegoriche; secondo altri esse furono scritte sin dal principio con intenti dottrinali. Comunque, il lessico fra le liriche d'amore e quelle dottrinali è in gran parte identico; sicché il valore di s. nel Convivio non si diparte da quello della Vita Nuova. Il punto di contatto fra i due momenti è naturalmente costituito dal soave penser (Cv II Voi che 'ntendendo 15) per Beatrice; ma poi il motivo poetico è ripreso con la celebrazione de li atti soavi (III Amor che ne la mente 45) della Donna gentile e nell'esaltazione dell'anima nobile (ubidente, soave e vergognosa / è ne la prima etate, IV Le dolci rime 125, ripreso in XXIII 2 e 4, XXVI 2; cfr. anche XXV 1, prima occorrenza), la quale è adorna della grazia che s'acquista per soavi reggimenti (XXV 1).

Una consapevole ripresa dei motivi e del linguaggio stilnovistici (cfr. G. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento, Firenze 1967, 249-251) presiede alla prima rappresentazione di Beatrice nella Commedia: Lucevan li occhi suoi più che la stella; / e cominciommi a dir soave e piana, / con angelica voce, in sua favella (If II 56); poi il tema si allarga nella raffigurazione dell'atto soave (Pg X 38) con il quale l'arcangelo Gabriele s'inginocchia davanti alla Vergine in un atteggiamento di " tenera e venerante adorazione " (Mattalia).

In particolare, è detto di suoni dilettevoli a udirsi, armoniosi, con riferimento alla voce, al ritmo dei versi o del discorso: Vn XII 8 Queste parole... falle adornare di soave armonia, e 14 38 la mia nota soave; Cv I X 13 soavi orazioni; If IV 114 parlavan rado, con voci soavi; Pg XIX 44 udi'... / parlare in modo soave e benigno; Pd XVI 32 con voce più dolce e soave / ... dissemi. Come ‛ dolce ' e ‛ lene ', contrapposti ad ‛ aspro ' e ‛ sottile ', assume anzi una precisa connotazione tecnica in quanto definisce il carattere delle rime d'amore in opposizione alla poesia di argomento dottrinale: Cv IV Le dolci rime 10 diporrò giù lo mio soave stile, / ch'i' ho tenuto nel trattar d'amore; / e dirò del valore / ... con rima aspr' e sottile; e così II 11 (cfr. U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 32).

Può valere " agevole ", " accessibile ": la montagna del Purgatorio che, per chi incomincia a salire, è grave (" faticosa "), al termine della salita parrà soave / tanto, che sù andar... fia leggero (Pg IV 91).

Preso D. fra le braccia, Virgilio lo porta sul ponte che cavalca la quarta bolgia: Quivi soavemente spuose il carco, / soave per lo scoglio sconcio ed erto (If XIX 131); s. potrebb'essere aggettivo da riferirsi a carco, e in questo caso significherà " lieve a portarsi " o, come suppone il Sapegno, " prezioso, diletto ". Data la possibilità di non ripetere il componente desinenziale -mente in una serie di più composti, è però più probabile che s. sia iterazione di soavemente e che quindi tutto il passo vada interpretato: mi depose " adagio ", " delicatamente ", per quel che consentiva l'asprezza dello scoglio (ma il Porena: " quanto al per, si confronti il modo ‛ deporre per terra ' ").

Ha funzione avverbiale anche in If XIII 60 Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo, e che le volsi, / serrando e diserrando, sì soavi, " così delicatamente "; " in soavi è rispetto per l'augusta persona, e insieme cautelosa... abilità nella difficile... arte di... cattivarsi... la fiducia... di Federico " (Mattalia); " il soavi riferito alle chiavi del cuore di Federico ha valore fortemente metaforico, se non ambiguo, quale è il verso seguente, ‛ che dal secreto suo quasi ogni uom tolsi ' " (I. Baldelli, in Nuove Lett. II 40).