Sociologia

Dizionario di filosofia (2009)

sociologia


Disciplina che ha per oggetto i fenomeni sociali indagati nelle loro cause, manifestazioni ed effetti e nei loro rapporti reciproci. Nata nell’Ottocento dall’esigenza comune di estendere allo studio dell’uomo, della società e della cultura gli stessi principi del metodo scientifico affermatisi nello studio dei fenomeni naturali, la s. si è andata articolando in una varietà di approcci differenti sotto il profilo dei principi metodologici e della scelta dell’oggetto specifico d’indagine.

I primi modelli teorici

I modelli organicistici della società proposti dai fondatori della s. risentivano fortemente dell’influsso del positivismo e dell’evoluzionismo ottocenteschi. Così Comte, che diede il nome alla nuova disciplina nella lezione n. 47 del suo Cours de philosophie positive (1839; trad. it. Corso di filosofia positiva) suddivideva la s. (definita anche fisica sociale) in una «statica» e una «dinamica», concependo la società come un organismo composto da altri organismi (la famiglia, le associazioni, le imprese economiche, le istituzioni politiche, ecc.) ognuno dei quali assolve una funzione specifica che contribuisce al funzionamento del tutto: Comte assegnava altresì agli scienziati il compito di guidare la società e garantirne l’armonico sviluppo. Un modello organicistico della società di stampo ancor più accentuatamente evoluzionistico è quello formulato da Spencer. Anche per Spencer, come per Comte, la società è un organismo le cui parti sono connesse tra loro da una rete di relazioni di interdipendenza. L’equilibrio che si genera tra le varie parti, tuttavia, non è mai statico bensì dinamico, sottoposto cioè a un continuo processo di evoluzione che si muove dal semplice al complesso, dall’omogeneo all’eterogeneo. Il processo di evoluzione si mette in moto sotto la spinta della competizione: le risposte adattive degli organismi sociali alle sfide poste dall’ambiente generano nuove funzioni, e quindi nuovi organismi, con la conseguenza di innestare processi di differenziazione e di divisione del lavoro. Alla concezione positivistica della scienza di Comte si rifà esplicitamente un altro padre fondatore della s., Durkheim, secondo il quale la s. deve rispettare la specificità del sociale (ossia non può spiegare il sociale se non attraverso il sociale stesso) e, come tutte le scienze, deve poggiare sull’osservazione metodica di fatti osservabili. L’oggetto proprio della s. saranno quindi i ‘fatti sociali’: modi di agire, di pensare e di sentire che esistono al di fuori delle coscienze individuali, e sono dotati di un potere coercitivo e imperativo in virtù del quale si impongono a esso con o senza il suo consenso (per es., norme giuridiche e morali, istituzioni, ecc.). Per Durkheim, la società viene prima degli individui, e non si può partire dal comportamento degli individui, dalle loro motivazioni e dalla loro personalità, per arrivare alla società. Sulle orme di Comte, egli individua poi un nesso profondo tra forme della divisione del lavoro e forme della solidarietà sociale – il vincolo affettivo e psicologico che lega l’individuo al gruppo sociale –, distinguendo tra solidarietà meccanica (tipica delle società semplici e poco differenziate) e solidarietà organica (tipica delle società complesse, in cui si è sviluppata la divisione del lavoro e la differenziazione sociale, che rendono gli individui sempre più interdipendenti). Tuttavia la rapidità del mutamento sociale può dar luogo a fenomeni di anomia, ossia di indeterminatezza di valori e norme socialmente cogenti. Un significato diametralmente opposto a quello attribuito loro da Durkheim assumono i termini «organico» e «meccanico» nel pensiero di F. Tönnies. Organica è la comunità (Gemeinschaft), in cui i vincoli di sangue, di luogo e di spirito contribuiscono a formare «unità organiche», nelle quali gli esseri umani si sentono uniti in modo permanente da fattori che li rendono simili gli uni agli altri. A essa si contrappone la società (Gesellschaft), una costruzione artificiale e convenzionale, composta da individui separati, ognuno dei quali persegue il proprio interesse personale.

L’individualismo metodologico: Simmel e Weber

Nella prima metà del 20° sec. il dibattito tra le posizioni storicistiche, positivistiche e neokantiane sul problema delle scienze umane influenzò lo sviluppo successivo della s. europea. In Germania, in partic., Simmel e Weber diedero un contributo fondamentale alla definizione di un paradigma dell’indagine sociologica alternativo a quello durkheimiano, il cosiddetto individualismo metodologico, rifiutando di imputare azioni a entità astratte o ad attori collettivi di cui si ipostatizza l’unità. I fenomeni macroscopici devono essere ricondotti alle loro cause microscopiche (le azioni individuali) e per spiegare le azioni individuali è necessario tener conto dei motivi degli attori. Così, per Simmel, i fenomeni sociali non possono essere nient’altro che il prodotto di azioni, atteggiamenti e credenze individuali. Non esiste, al di sopra degli individui, alcuna entità di ordine superiore che li trascenda. La società non è altro, in realtà, che l’insieme degli individui che la compongono. In questo senso, analizzare un fenomeno sociale consiste sempre, almeno in linea di principio, nel ricostruire le azioni, le credenze e gli atteggiamenti individuali che lo hanno determinato. Weber, dal canto suo, sviluppò la nozione di ‘azione sociale’ destinata ad avere grandissima influenza sugli sviluppi successivi della s., individuando l’oggetto d’indagine specifico di questa disciplina nelle uniformità dell’agire sociale, ossia nel comportamento dotato di senso e orientato verso l’atteggiamento degli altri individui. La comprensione dell’agire sociale deve mirare alla individuazione dell’intenzione soggettiva di senso che caratterizza le azioni umane. In base all’orientamento di senso, l’agire sociale può essere razionale rispetto allo scopo (comportamenti orientati intenzionalmente verso un dato obiettivo), razionale rispetto al valore (comportamenti conformi a scelte valutative che il soggetto ha adottato come criteri, a prescindere dalle conseguenze che ne potrebbero derivare), affettivo, tradizionale. Le relazioni sociali mediante cui gli individui riferiscono il proprio agire a quello altrui danno vita ad altrettanti modelli tipico-ideali. La comprensione dell’agire sociale si realizza per Weber mediante la costruzione di tipi ideali, ossia compiendo un’operazione di astrazione dall’insieme dei dati disponibili, selezionandone e connettendone alcuni a seconda del punto di vista dell’indagine. Tra i modelli possibili dell’agire sociale W. attribuisce un ruolo fondamentale alla relazione sociale del potere o dominio, caratterizzata dalla compresenza dell’elemento coercitivo (l’organizzazione mediante cui si esercita e la possibilità di ricorso alla forza) e di quello consensuale (la legittimità detenuta dal dominio, che ne giustifica l’esistenza agli occhi degli individui).

La teoria sistemica

Il tentativo forse più ambizioso compiuto nella storia della s. per produrre una teoria generale della società si deve però a un sociologo statunitense, Parsons, fondatore negli anni Cinquanta del Novecento del cosiddetto struttural-funzionalismo. Se Durkheim aveva definito la funzione di un’istituzione sociale come «la corrispondenza fra tale istituzione e i bisogni dell’organismo sociale», e aveva avviato un tipo di analisi sociologica in cui le istituzioni venivano indagate anzitutto sotto l’aspetto del grado in cui soddisfano tali bisogni, ossia del grado in cui assicurano la durata e la sopravvivenza della società, Parsons riformula la stessa nozione riprendendo l’idea di ‛azione sociale’ da Weber e la metafora organicistica spenceriana nella sua concezione della società come un tutto organico, come un sistema che riceve risorse (input) dall’ambiente circostante e produce effetti (output) a loro volta immessi nell’ambiente. Il sistema sociale, secondo Parsons, per sopravvivere deve soddisfare quattro funzioni fondamentali: mantenere la propria identità nel tempo, cioè definire i confini tra sistema e ambiente; assicurare l’integrazione tra le sue parti; fissare i propri scopi e organizzare i mezzi per raggiungerli. Ogni sistema sociale è articolato in sottosistemi che svolgono le funzioni principali: i sottosistemi della famiglia, della religione, dell’educazione hanno la funzione di riprodurre i valori e la cultura che costituiscono l’identità del sistema; il sottosistema normativo svolge la funzione integrativa; il sottosistema politico la funzione di conseguimento dello scopo e il sottosistema economico la funzione di adattamento dei mezzi ai fini. Per sopravvivere il sistema ha bisogno di valori e norme comuni, trasmessi dal processo di socializzazione. I sistemi sociali tendono all’equilibrio, ma possono mutare per rispondere alle sfide dell’ambiente esterno aumentando la propria differenziazione interna. Parsons introduce poi il concetto di ruolo sociale (complesso di aspettative e norme associate alla posizione occupata dall’individuo nella struttura sociale), che, ripreso e sviluppato dal suo allievo R.K. Merton, darà luogo successivamente a una influente teoria sociologica. Una sofisticata versione della teoria sistemica, imperniata sulla nozione di ‘riduzione della complessità’, sarà proposta negli anni Ottanta da N. Luhmann: l’esigenza fondamentale di un sistema sociale è quella di superare (ridurre) l’infinita complessità del mondo reale. Per muoversi in questo mondo è necessario ritagliare un numero finito di elementi e connetterli tra loro; in questo modo il sistema definisce i propri confini rispetto all’ambiente. Ogni sistema sociale è ‘autoreferenziale’, in quanto «costituisce esso stesso, quali unità funzionali, gli elementi di cui è composto», ma è anche ‘autopoietico’, cioè è in grado di riflettere sui propri scopi e modificarli, dando luogo a processi di differenziazione strutturale. Anche per Luhmann, come per Parsons, i sottosistemi principali del sistema sociale sono quattro e a ognuno di essi corrisponde un medium simbolico di comunicazione. Al denaro e al potere, che, come aveva indicato Parsons, regolano le transazioni nei sottosistemi economico e politico, Luhman aggiunge l’amore nella sfera delle interazioni interpersonali e la verità nella sfera culturale.

Differenziazioni teoretiche e specializzazioni successive

Nello sviluppo della s. a partire dal secondo dopoguerra prevale la tendenza alla moltiplicazione dei paradigmi teorici e degli approcci metodologici e a una progressiva espansione dei campi della ricerca empirica, in partic. della ricerca applicata, a scapito dell’elaborazione teorica generale, con la conseguente frammentazione della disciplina in una pluralità di sottodiscipline che hanno acquisito con il tempo una loro autonomia. Alla base dei differenti orientamenti via via emersi, comunque, è rintracciabile in generale l’influenza di una o più delle filosofie dell’Ottocento e del Novecento. Negli anni Trenta del Novecento è il pragmatismo a orientare le indagini di Mead sull’«altro generalizzato», sull’«altro significativo», sul «carattere sociale». Sono tutte linee di indagine che si prolungano nel presente con l’«interazionismo simbolico» e si intessono altresì con la teoria dell’agire comunicativo di Habermas. L’orientamento pragmatista della sociologia statunitense appare rilevante anche nelle ricerche svolte nell’ambito della Scuola di Chicago. Una durevole influenza sulla costituzione di indirizzi della s. contemporanea – quali l’interazionismo simbolico, la s. comprendente, la etnometodologia – è stata esercitata dalla fenomenologia di Husserl. Al complesso di tali indirizzi ci si riferisce talvolta con l’espressione di ‘s. fenomenologica’, che costituisce una opposizione dichiarata al positivismo e al neopositivismo sociologico, soprattutto alla proposta di quest’ultimo di studiare la realtà sociale mediante metodi d’osservazione e di misura simili a quelli delle scienze naturali. Contrariamente all’assunto di base della s. durkheimiana, per la s. fenomenologicamente orientata un fatto sociale non è mai una cosa, bensì una complessa costituzione di significati. Nel pensiero dei maggiori studiosi contemporanei di s., elementi delle filosofie dell’Ottocento e del Novecento si intrecciano, sia come influenze primarie, sia come voci antagoniste. Nell’opera di Habermas, per es., sono rintracciabili elementi del neoaristotelismo, del neocriticismo, dell’hegelismo, dell’ermeneutica di Gadamer, delle teorie degli atti linguistici e altri ancora. Un riferimento, infine, è d’obbligo alla teoria critica della società, elaborata dagli autori (Horkheimer, Marcuse, Fromm, Adorno) della Scuola di Francoforte (➔), in cui emergono importanti concetti connessi all’analisi della società di massa: la trasformazione della ragione da critica in strumentale; l’unidimensionalità dell’uomo; l’esperienza umana ridotta a rapporto utilitario; il declino della persona, insieme con il pensiero involontario e genuinamente critico, sotto la pressione della mercificazione alienante e della manipolazione scientifica operata dai mass media.