SONNO E INSONNIA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

SONNO E INSONNIA.

Maria Gabriella Buzzi
Pierluigi Innocenti

– Significato e meccanismi. I disturbi del sonno. Sonno, alimentazione e metabolismo. Conclusioni. Bibliografia

Significato e meccanismi. – Il sonno, naturale e reversibile condizione di inattività e riduzione di risposta agli stimoli esterni associata alla perdita di coscienza, è stato per secoli argomento di grande interesse per filosofi, artisti, psicologi ecc., interpretato talvolta come un aspetto negativo dell’esistenza tanto da essere paragonato alla morte. Il sonno è stato oggetto di analisi scientifica in particolare con l’avvento della elettroencefalografia (EEG), che permette di registrare l’attività elettrica cerebrale, e successivamente con la messa a punto della registrazione polisonnografica. Sebbene non ne sia ancora chiaro il significato biologico, è certo che il sonno rappresenta, come il mangiare o il bere, una funzione essenziale per l’organismo. Un sonno quantitativamente o qualitativamente insufficiente è infatti responsabile di sonnolenza diurna, stanchezza, difficoltà di concentrazione e di memoria. La deprivazione prolungata di sonno e le condizioni di insonnia cronica sono causa di numerose patologie, tra cui ipertensione, obesità, diabete. È noto inoltre che alcune fasi del sonno o il risveglio, in soggetti predisposti, possono favorire la presentazione di disturbi funzionali quali cefalee ed eventi di tipo epilettico-specifici.

L’uomo trascorre circa un terzo della propria vita dormendo, anche se la quantità di sonno tende a variare con l’età. In età adulta la maggior parte degli individui dorme circa 7-8 ore, anche se i brevi dormitori necessitano di non più di 5-6 ore, mentre i lunghi dormitori hanno bisogno di 10-11 ore. La diversa necessità di ore di sonno è una condizione geneticamente determinata. Esiste anche una differenza nella cronologia del sonno, infatti mentre i più dormono tra le ore 23 e le ore 8 del giorno seguente, alcuni hanno un addormentamento più precoce (allodole), altri più tardivo (gufi). Per tutti comunque è importante che la quantità e la qualità di sonno siano sufficienti a ripristinare il normale vigore fisico e mentale.

Sebbene il sonno si caratterizzi come un periodo di sospensione, parziale o totale, della coscienza e della volontà, con una netta riduzione dei rapporti sensoriali e motori che collegano il soggetto con l’ambiente (e per questo è interpretato per lo più come una fase passiva), gli studi degli ultimi decenni hanno dimostrato come veglia e sonno rappresentino due processi attivi, la cui alternanza è regolata da centri specifici localizzati nel sistema nervoso centrale e con funzione inibitoria reciproca. Il sistema attivante è rappresentato soprattutto dalle proiezioni che dai nuclei del tronco cerebrale si dirigono alla corteccia, quali i neuroni ventrolaterali del ponte e del locus ceruleus (proiezione noradrenergiche), dai neuroni dei nuclei laterodorsali del tegmento pontino e del nucleo del tegmento peduncolopontino (proiezioni colinergiche), dal nucleo del raphe (proiezioni serotononinergiche), dai neuroni dopaminergici del grigio periacqueduttale ventrale. A queste proiezioni si aggiungono fibre che originano dai neuroni istaminergici del nucleo tuberomammillare, fibre che originano da cellule dell’ipotalamo laterale e producono orexina (o ipocretina) e ormone concentrante melanina (MCH, Melanin-Concentrating Hormone), e fibre GABAergiche (Gamma-Amino-Butyric Acid) e colinergiche che derivano da neuroni del prosencefalo basale.

Risale alla metà degli anni Novanta del secolo scorso l’individuazione del principale centro promotore del sonno, il nucleo preottico ventrolaterale (VLPO, VentroLateral Preoptic Nucleus), da cui originano proiezioni inibitorie (GABAergiche e galaninergiche) verso i neuroni del sistema attivante. È quindi indispensabile per la promozione, il mantenimento e il consolidamento del sonno. Un danno del VLPO è causa di grave insonnia e frammentazione del sonno. Nel tronco cerebrale sono stati individuati anche i neuroni responsabili della fase REM (Rapid Eye Movement) del sonno (REM-on). L’inibizione reciproca tra sistemi di veglia e di sonno è regolata dai neuroni orexinergici dell’ipotalamo laterale con funzione stabilizzante dello stato prevalente (veglia o sonno) e che facilitano anche un rapido passaggio da una condizione all’altra, evitando fasi intermedie. I meccanismi che controllano l’insorgenza del sonno come alternativa alla veglia nel corso delle 24 ore, e che quindi determinano il prevalere dei sistemi inibenti o attivanti, sono i due processi indipendenti circadiano (C) e omeostatico (S). Il processo C è regolato dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo anteriore, orologio endogeno che regola le fasi di attività e riposo e che è sincronizzato con il ciclo ambientale luce/buio. Il processo S è un meccanismo fisiologico che tende a mantenere costanti le proprietà dell’organismo. Durante il giorno si avrebbe un accumulo di adenosina, neurotrasmettitore inibitorio, la quale, inibendo i centri della veglia, favorirebbe il sonno che, a sua volta, determinerebbe una riduzione di adenosina per ripristinare la veglia.

Il sonno (come la veglia) non è una condizione statica e la polisonnografia ha permesso di differenziare vari cicli, in cui si alternano la fase non-REM del sonno sincronizzato a onde lente, con i suoi stadi 1, 2 e 3 e la fase REM del sogno (W.C. Dement, N. Kleitman, Cyclic variations in EEG during sleep and their relation to eye movements, body motility and dreaming, «Electroencephalography and clinical neurophysiology», 1957, 9, 4, pp. 673-90). Durante la fase non-REM, in particolare nello stadio profondo (stadio 3), avvengono soprattutto il recupero dell’energia fisica e la riparazione dei tessuti, mentre la fase REM sarebbe indispensabile per l’apprendimento e il consolidamento della memoria. In realtà, il processo di strutturazione della memoria non è esclusivo della fase REM, ma prevede l’attivazione di processi anche durante la fase non-REM. Infatti, durante il sonno profondo a onde lente si verificherebbe la riattivazione delle informazioni immagazzinate durante la veglia nelle regioni della memoria labile e a facile decadimento (ippocampo): vengono eliminate le informazioni non significative e salvaguardate soprattutto quelle importanti per lo sviluppo del comportamento, riorganizzate e confrontate con quelle già precedentemente memorizzate, e quindi trasferite alle regioni della neocorteccia, depositi della memoria a lungo termine, più stabile nel tempo. La fase REM, prevalentemente deputata a consolidare le informazioni immagazzinate nelle regioni corticali della memoria a lungo termine e a integrarle con le informazioni che vi sono già depositate evitando di sovrascriverle, avrebbe quindi una funzione fondamentale nello sviluppo e nella maturazione cerebrale e nella plasticità sinaptica. Condizioni di stress, qualità del sonno e capacità cognitive sono strettamente interconnessi fra loro: resta da definire come differenti forme di stress (acuto o cronico, controllabile o non controllabile) modifichino specificamente il ciclo del sonno e la qualità delle interazioni tra le fasi REM e non-REM e, di converso, come un’alterata igiene del sonno possa predisporre allo stress e a risposte cognitive disadattative (Grønli, Soulé, Bramham 2013).

I disturbi del sonno. – Numerose sono le condizioni classificate come disturbi del sonno (American Academy of sleep medicine 20143), ma indubbiamente il disturbo più frequente è l’insonnia, caratterizzata dalla difficoltà a iniziare o a mantenere il sonno oppure da un sonno di scarsa qualità (a causa di frequenti risvegli o di risveglio precoce). Tutti questi sintomi possono presentarsi singolarmente o in associazione. L’insonnia cronica, definita dalla presenza di un sonno insufficiente per qualità o quantità per tre o quattro volte a settimana per almeno tre mesi, interessa almeno il 10% della popolazione. Molto spesso si presenta in comorbilità con altre patologie, soprattutto disturbi psichiatrici quali ansia e depressione, ma anche con altre condizioni mediche o con l’abuso/sospensione di sostanze o farmaci. Molto più frequente è l’insonnia transitoria (durata inferiore ai tre mesi), presente in circa il 15-20% della popolazione. L’insonnia, cronica o transitoria, è responsabile di disturbi diurni, quali sensazione di malessere o di fatica, ridotte prestazioni mentali, soprattutto deficit di attenzione, di concentrazione e di memoria, alterato tono dell’umore con irritabilità, impulsività, aggressività, sonnolenza diurna, spesso causa di incidenti automobilistici o sul lavoro. L’insonnia cronica ha gravi conseguenze sulla salute essendo uno dei fattori di rischio più importanti per obesità, diabete, ipertensione, malattie cardiocircolatorie, ansia e depressione. La sonnolenza diurna è inoltre presente in altre condizioni morbose, quali la narcolessia, l’ipersonnia idiopatica e la sindrome di Kleine-Levin, ma soprattutto essa è presente in soggetti affetti da disturbi respiratori del sonno, in particolare la sindrome delle apnee ostruttive (OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome). Diagnosticata soprattutto nei grossi russatori e negli obesi con indice di massa corporea superiore a 30, l’OSAS interessa il 3-7% degli adulti, prevalentemente maschi. Essa è caratterizzata dalla chiusura delle vie aeree superiori per almeno 10 secondi, con conseguente sospensione del passaggio di aria e quindi di ossigeno (pur in presenza di movimenti respiratori toraco-addominali) e con riduzione della saturazione di ossigeno e aumento dell’anidride carbonica nel sangue. Al termine dell’apnea si ha un forzato ripristino della pervietà delle vie aeree con associato breve risveglio, causa di frammentazione del sonno, configurando un quadro di insonnia. È dimostrato che la melatonina impedisce i fenomeni di apoptosi da ipossia cronica intermittente (caratteristica dell’OSAS), ripulendo le cellule da perossidi e quindi prevenendo il danno ossidativo e favorendo la neuroprotezione (Tan, Guo, Liu 2013).

L’ipersonnolenza diurna secondaria alla deprivazione di sonno rappresenta un problema sociale soprattutto nelle società industrializzate. L’utilizzo dell’illuminazione artificiale ha notevolmente modificato le abitudini di vita, inducendo una progressiva riduzione del tempo dedicato al sonno. Televisore, computer, tablet o smartphone, molto spesso utilizzati nelle ore notturne, sono fonte di luce, soprattutto quella a onde blu che inibisce la produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale, ormone indispensabile per la promozione del sonno, con conseguente riduzione di ore a esso dedicate. Si stima che negli ultimi cinquant’anni vi sia stata una riduzione di tempo dedicato al sonno di circa 1,5-2 ore/notte. La conseguente sonnolenza diurna non solo interferisce con la qualità di vita, ma è anche causa di gravi effetti sul piano sociale. Circa un quarto degli incidenti stradali gravi è attribuibile a sonnolenza, così come alla sonnolenza degli addetti al controllo sono stati attribuiti alcuni gravi disastri: gli incidenti nucleari di Three Mile Island negli Stati Uniti (1979) e di Černobil′ in Russia (1986), l’esplosione dello Space shuttle nella fase di decollo (1986), il disastro ambientale della petroliera Exxon Valdez in Alaska (1989), ma soprattutto l’incidente di Bhopal in India (1984) che, causando fuoriuscita di gas nocivi da un’industria di fitofarmaci, provocò migliaia di morti.

Poiché le cause dell’insonnia in tutte le sue possibili manifestazioni sono molteplici (Sateia 2014), il corretto riconoscimento di queste rappresenta il fulcro dell’adeguato trattamento. A tale scopo, deve essere posta innanzitutto attenzione ai sintomi diurni sopra descritti e alle modalità di insorgenza. Lesioni del sistema nervoso centrale, in particolare nelle aree deputate al controllo dei ciclo sonno-veglia, così come patologie neurodegenerative o traumi cranici, possono tutte essere responsabili di insonnia. Altrettanto importanti sono i fattori indipendenti dai centri di controllo del sonno, ma che certamente lo condizionano: apnee ostruttive, ipertensione, cefalea, epilessia possono indurre frequenti risvegli notturni con conseguente frammentazione del sonno. Disturbi di ansia e/o depressione sono frequentemente responsabili di cattiva qualità del sonno e, a loro volta, tendono a peggiorare in presenza di insonnia. Un capitolo di particolare interesse è rappresentato dai disordini del ritmo circadiano del sonno (CRSD, Circadian Rhythm Sleep Disorder; Kim, Lee, Duffy 2013). Tali disturbi sono caratterizzati dalla mancata sincronizzazione tra l’ora in cui si desidera dormire e la capacità di addormentarsi e rimanere addormentati. Questi disordini necessitano di un trattamento precoce prima che possano indurre insonnia cronica.

Sonno, alimentazione e metabolismo. – È noto che tra sonno e comportamenti alimentari vi è una stretta correlazione, testimoniata anche dal fatto che entrambi sono regolati da strutture ipotalamiche in parte comuni. All’ipotalamo confluiscono molte informazioni sullo stato energetico dell’organismo, sull’accumulo di grasso, sul senso di appetito o di sazietà, e dall’ipotalamo vengono condizionati i comportamenti alimentari. Durante il sonno sono secreti ormoni che regolano il senso dell’appetito, in particolare la leptina (prodotta dagli adipociti), responsabile del senso di sazietà, e la grelina, secreta dalle cellule dello stomaco e la cui produzione è ridotta nella seconda parte della notte, a testimonianza di un effetto inibente del sonno, responsabile del senso di fame. Secondo studi recenti, la crescente obesità nelle società industrializzate, oltre che a eccessiva alimentazione e ridotta attività fisica, sarebbe attribuibile anche a una ridotta quantità e qualità di sonno, a sua volta responsabile di un innalzamento dei livelli di grelina e di una riduzione di leptina. La deprivazione di sonno inoltre determinerebbe una maggiore disponibilità di tempo per mangiare e favorirebbe l’assunzione di cibi ad alto contenuto calorico. Esiste una correlazione diretta tra l’aumento di peso e la deprivazione di sonno, mentre nei bambini americani, che dormono almeno un’ora in meno rispetto a quanto raccomandato dalla National sleep foundation, aumenta la tendenza al sovrappeso e all’obesità (Moraleda-Cibrián, O’Brien 2014).

Conclusioni. – Grazie alle ricerche degli ultimi decenni abbiamo compreso molti dei meccanismi che regolano il ritmo della veglia e del sonno e le specificità funzionali di quest’ultimo, anche se non sappiamo come gestirlo e molto spesso lo sacrifichiamo provocandoci inutili sofferenze. Le profonde modificazioni che il sonno ha subito a seguito dei cambiamenti negli stili di vita necessitano di adeguate correzioni per restituirgli l’importanza che merita nella nostra vita. L’igiene del sonno rappresenta in tal senso uno strumento indispensabile per l’adozione di comportamenti adeguati, sia durante la veglia sia durante il sonno, allo scopo di ripristinare un rapporto armonico tra le due fasi.

Bibliografia: J. Grønli, J. Soulé, C.R. Bramham, Sleep and protein synthesis-dependent synaptic plasticity: impacts of sleep loss and stress, «Frontiers in behavioral neuroscience», 2013, 7, 224, http://dx.doi.org/10.3389/fnbeh.2013.00224; M.J. Kim, J.H. Lee, J.F. Duffy, Circadian rhythm sleep disorders, «Journal of clinical outcomes management», 2013, 20, 11, pp. 513-28; X. Tan, X. Guo, H. Liu, Melatonin attenuates hippocampal neuron apoptosis and oxidative stress during chronic intermittent hypoxia via up-regulating B-cell lymphoma-2 and down-regulating B-cell lymphoma-2-associated X protein, «Saudi medical journal», 2013, 34, 7, p. 701-08; American Academy of sleep medicine, International classification of sleep disorders, Darien (Ill.) 20143; M. Moraleda-Cibrián, L.M. O’Brien, Sleep duration and body mass index in children and adolescents with and without obstructive sleep apnea, «Sleep breath», 2014, 18, 3, pp. 555-61; M.J. Sateia, International classification of sleep disorders-third edition: highlights and modifications, «Chest», 2014, 146, 5, pp. 1387-94.

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