SORIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999)

SORIA

M.A. Castiñeiras González

Città della Spagna centrosettentrionale, capoluogo dell'omonima provincia nella Castilla-León, ubicata su due colline lungo la riva destra del fiume Duero.L'origine di S. si colloca nell'antica Oria o Uria, distrutta dai Romani, ma le prime notizie sulla città risalgono al sec. 9°, poiché essa fu tra le conquiste del califfato cordovano. S. venne ripopolata nel 1119 a opera del re aragonese Alfonso I il Battagliero (1104-1134), che favorì l'afflusso di genti venute dall'Aragona e dalla Navarra, restando S. nelle mani dell'Aragona durante le lotte con la Castiglia. Nel 1136 la città si sottomise ad Alfonso VII (1126-1157), che la ingrandì e le concesse privilegi, ma il suo grande promotore fu Alfonso VIII (1158-1214), fondatore peraltro di numerose chiese.Il centro urbano medievale era circondato da una cinta muraria, realizzata nel 1196 ca., ma distrutta in gran parte agli inizi del sec. 19°, della quale rimangono alcuni tratti di mura e torri: le parti meglio conservate sono quella che costeggia la riva destra del fiume Duero e quella situata presso il colle del Mirón, dotata di porte fortificate (Manrique Mayor, Garcia Encabo, Monge Garcia, 1989, p. 259).I numerosi monumenti romanici presentano l'adozione di elementi musulmani e per questo consentono la definizione di Romanico mudéjar (Gaya Nuño, 1946). Il duomo di San Pedro, ricostruito nel 1577, conserva alcuni muri del transetto e buona parte del chiostro, eccetto l'ala sud. Esso, appartenente alla prima fase cronologica della comunità di Canonici regolari di s. Agostino (1152), è costituito da arcate di sottili colonne binate che si alternano ogni quattro archi con pilastri massicci con coppie di colonne addossate. I temi che decorano i capitelli rinviano alla c.d. seconda bottega del chiostro di Santo Domingo de Silos (v.), mentre le figurazioni allegoriche e l'organizzazione dei riquadri della superficie dei pilastri rivelano contatti con San Pedro el Viejo di Huesca (Zielinski, 1981). Elementi quali il rilievo arrotondato e voluminoso, la grazia dei panneggi e l'uso di motivi geometrici appartengono a un Romanico avanzato, della fine del 12° secolo. Agli inizi del sec. 13° sarebbe stata ultimata l'ala est, la più moderna, dato che su una delle pietre squadrate del muro figura l'iscrizione funeraria di un beccaio che lasciò per testamento al monastero i suoi averi nel 1205 (Gaya Nuño, 1946, p. 152); della stessa fase cronologica rimangono frammenti pittorici (Post, 1930, p. 209). L'influenza musulmana mudéjar appare evidente nella facciata della sala capitolare (galleria orientale), dove una porta di accesso strombata, con l'estradosso dell'arco festonato a lobi, è fiancheggiata da due grandi finestre che ospitano due oculi lobati su due archetti gemini a ferro di cavallo. Il motivo dell'arco polilobato - applicato a una piccola volta - si trova anche in un ossario dello stesso muro, mentre nel paramento nord si deve segnalare il sepolcro a traforo con una decorazione di stelle e mezzelune, simile a quella dell'edicola della supposta statua del re Alfonso VIII nella facciata di Santo Domingo di S. (de Lojendio, Rodríguez, 1966; 1995).La chiesa di San Juan de Rabanera, della fine del sec. 12°, ha pianta a croce latina con navata unica, capocroce dal profondo presbiterio con abside semicircolare e due absidiole incluse nei muri orientali del transetto, come a Santa Cruz de la Serós (Huesca), a San Juan di Uncastillo (Saragozza), a Estíbaliz (Alava) e a San Miguel de Breamo (La Coruña; Gaya Nuño, 1946, pp. 126-127). L'abside centrale è decorata all'esterno da arcate cieche con motivi a rilievo di chiaro sapore mudéjar. L'interno dell'edificio presenta l'abside voltata a spicchi - come le cupole davanti al miḥrāb della Grande moschea di Kairouan, di quella di Córdova e del palazzo reale dell'Aljafería di Saragozza o quelle mozarabe di Peñalba de Santiago, di San Miguel di Celanova e di San Miguel de Escalada (Gaya Nuño, 1946, p. 123) - e una cupola su trombe, come a San Quirce di Burgos, rosoni nel transetto e archi a sesto acuto.La facciata, con timpano e capitelli istoriati, reimpiega il portale della chiesa di San Nicolás, del sec. 13°; di questo edificio, crollato nel 1858, originariamente dotato di volta con archi a sesto acuto e cripta, rimangono solo parte del muro sud, l'abside e resti di pitture tardoromaniche di un ciclo dedicato a s. Tommaso di Canterbury (Grau Lobo, 1996, p. 187). Il portale è formato da quattro archivolti che poggiano su otto capitelli scolpiti: da sinistra, quattro con temi neotestamentari e quattro con il ciclo di S. Nicola di Bari. A s. Nicola è dedicato anche il timpano, dove è rappresentato il vescovo di Mira, con bacolo e benedicente, mentre riceve i doni degli inviati dell'imperatore Costantino il Grande, dopo l'editto di Milano (Gaya Nuño, 1946, p. 179). Della chiesa primitiva di San Nicolás si conserva inoltre un antependium romanico in pietra, con la raffigurazione dell'Ingresso a Gerusalemme, attualmente custodito nel duomo di San Pedro. Tutti i rilievi provenienti da San Nicolás rimandano a botteghe di derivazione silense.La chiesa basilicale di Santo Tomé, denominata Santo Domingo dall'insediamento dei Domenicani nel 1556, è anch'essa della fine del sec. 12°, corrispondente all'ampliamento della chiesa primitiva, della metà del sec. 12°, della quale restano parte della navata (prima campata) e la torre nord (de Lojendio, Rodríguez, 1966; 1995). Il nuovo edificio presenta nella facciata occidentale un portale strombato, con una magnifica decorazione scultorea derivata dalla c.d. seconda bottega del chiostro di Santo Domingo de Silos, con echi compostellani nel timpano, negli archivolti e nei capitelli (Durliat, 1993). L'edificio venne innalzato nel contesto della protezione accordata da Alfonso VIII alla città e grazie al suo incondizionato appoggio durante la sua minorità. Nel timpano la Paternitas appare in mandorla e fiancheggiata da quattro angeli con i simboli degli evangelisti - secondo una formula pirenaica - e da Maria e s. Giovanni Battista, entrambi testimoni della Trinità (Durliat, 1993, p. 289; Ocón Alonso, 1997). Nei quattro archivolti decorati si distinguono dall'interno all'esterno: i ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse; la Strage degli innocenti; l'Infanzia, la Passione e la Morte di Cristo. Nei capitelli istoriati di entrambi i lati della porta si dispone un magnifico ciclo della Genesi che sembra ripreso da un'illustrazione miniata (Castiñeiras González, 1995, pp. 316-317).Gaya Nuño (1946, p. 143) datava il complesso tra il 1170 e il 1188, dopo le nozze di Eleonora d'Inghilterra e prima della costruzione della chiesa di Moradillo de Sedano (Burgos), considerata una copia del portale soriano. Lacoste (1979), ipotizzando una datazione più tarda, sempre nell'ambito dell'irradiazione silense, suppone in Santo Domingo l'origine dello stile del maestro che lavorò a San Juan de la Peña, mettendolo a sua volta in relazione con la scultura di San Pedro e di San Nicolás di Soria. Melero Moneo (1992; 1995), invece, nega questo legame con Santo Domingo de Silos, proponendo una stretta relazione con il centro scultoreo della Seo di Saragozza e del chiostro della collegiata di Tudela, cui dà la priorità cronologica rispetto a quello di San Juan de la Peña. Sembra tuttavia più prudente ipotizzare - mantenendo le date 1170-1188 - che la scultura di Santo Domingo sia frutto della precoce irradiazione della c.d. seconda bottega del chiostro di Silos e del maestro che lavorò a San Juan de la Peña (capitelli della Genesi).Ai lati del portale sono due file di arcate cieche su colonnine con capitelli istoriati; al livello superiore, in edicole moresche, figurano le presunte immagini di Alfonso VIII e di Eleonora d'Inghilterra, figlia di Eleonora d'Aquitania (Goddard King, 1925), identificazione negata da alcuni autori (De Taracena, Tudela, 1973, p. 122; Valdez Del Alamo, 1992, p. 142).Il monastero di San Juan del Duero, appartenente agli Ospedalieri di Acri, mostra numerosi elementi orientaleggianti degli inizi del 13° secolo. All'interno della chiesa mononave, coperta a tetto, ai lati dell'arco trionfale, vi sono due altari posti sotto baldacchini, paragonabili a qubba, con cupola conica (Epistola) e semisferica (Vangelo), con grosse nervature di sezione circolare, sostenute però da gruppi di colonne con capitelli romanici, ornati con scene della Vita di Cristo per quello dell'Epistola e con la Decollazione di s. Giovanni Battista e rappresentazioni animalistiche per quello del lato del Vangelo: lo stile di questi ultimi è derivato da sculture del chiostro di San Pedro (de Lojendio, Rodríguez, 1966; 1995).Il chiostro del sec. 13°, del quale restano solo gli archi, di mano più raffinata, è il più originale del Romanico spagnolo, in quanto è formato da quattro differenti alzati: archi a tutto sesto su colonne binate con capitelli istoriati, come a Santo Domingo de Silos (vertice nord-est, il più antico); archi a sesto acuto, leggermente a ferro di cavallo, su colonne quadruple (vertice sud-est); archi a sesto acuto che si incrociano su colonne doppie con capitelli (vertice nord-ovest) e a sesto acuto che si incrociano doppiamente, dall'aggetto e nell'imposta, su pilastri scanalati, di chiara influenza musulmana (vertice sud-ovest). Questo singolare fenomeno di integrazione di stili occidentali e musulmani - del quale è un buon esempio anche la volta nervata di tipo califfale della chiesa di San Miguel de Almazán, nella provincia di S. (Yarza Luaces, 1979, p. 264) - si giustifica come frutto del contatto e dell'interpretazione di culture diverse, favoriti dalla situazione geografica di S., città castigliana al confine con il regno di Aragona (Lambert, 1935).Vi sono resti romanici di minore importanza anche nella chiesa di San Gil (od. Santa María la Mayor) - che presenta un portale romanico e un sepolcro di pietra nel muro sud, con lastra traforata a motivi mudéjares -, a San Clemente, a El Salvador e nella cappella templare di San Polo, del 13° secolo. La casa di San Blas, vicino a San Pedro, uno dei pochi esempi di Romanico civile, conserva un muro con due portali.

Bibl.:

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