Sospensione del processo nei confronti degli irreperibili

Libro dell'anno del Diritto 2015

Sospensione del processo nei confronti degli irreperibili

Daniela Chinnici

Dopo avere passato in rassegna la contumacia, il contributo analizza nelle grandi linee il contenuto della l. n. 67/2014 che ha soppresso il suddetto istituto, sostituendo il processo in contumacia con il rito in assenza dell’imputato e con la sospensione del processo nei confronti dell’irreperibile, modulando diversamente l’itinerario e i congegni restitutori in base a tre distinte situazioni di mancata comparizione. Infine, segue una breve sottolineatura dei profili critici, nella consapevolezza della parzialità dell’analisi per l’assenza di un confronto della disciplina col “diritto vivente”.

La ricognizione. La contumacia “in crisi irreversibile”

Sino all’entrata in vigore della l. 28.4.2014, n. 67, come noto, l’imputato che, pur ritualmente citato, sceglieva di non costituirsi in giudizio era dichiarato contumace1 e nel processo era rappresentato dal difensore, cui veniva notificata anche la sentenza se l’imputato era irreperibile, latitante o evaso2.

Per la relativa declaratoria, il giudice, constatata la mancata comparizione in udienza dell’imputato, doveva accertare che l’assente era stato destinatario di regolari notifiche e non che non vi fosse prova di un legittimo impedimento tale da avere potuto comportare l’assoluta impossibilità di comparire. Pertanto, dalla verificata regolarità delle notifiche si presumeva la conoscenza del processo da parte dell’imputato, indipendentemente dalla effettiva conoscenza della convocazione in udienza, nonché la volontarietà della assenza. L’istituto, a differenza dell’irreperibilità presentava dunque un «coefficiente psichico pregnante», individuato nella «volontà dell’imputato di non ottemperare a un ordine dell’autorità giudiziaria»3.

È noto che la disciplina era stata censurata da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che, con la nota sentenza Colozza del 12.2.1984, aveva condannato l’Italia, ritenendo che «procedere in contumacia nei confronti di un accusato irreperibile», violasse l’art. 6, co. 1, CEDU, in quanto si negava al soggetto «il diritto ad essere informato ed a partecipare al processo» da considerare «esplicazioni del diritto all’equo processo»4.

Nel “codice Vassalli”, scomparsi gli strascichi di disvalore nei riguardi dell’assente volontario5, la valutazione “neutra” del suo contegno è anzi sembrata prodromo di un trattamento, per così dire, cautelativo e di favore, al fine di assicurare all’imputato in giudizio i medesimi standard difensivi dei presenti.

Così in effetti non era.

L’istituto del resto non ha avuto una storia facile nel nuovo contesto a orientamento accusatorio: a partire dalla traslazione di sede, dal giudizio alla fase pregressa dell’udienza preliminare, quando “l’udienza-filtro” è stata trasformata in un giudizio anticipato (l. 16.12.1999, n. 479), per poi giungere ai ritocchi in punto di prova per la restituzione nel termine ai fini di proporre impugnazione – con la l. 22.4.2005, n. 60 e la modifica dell’art. 175 c.p.p.6 – addossando al comparente solo l’onere di addurre la mancata conoscenza del procedimento nel suo complesso ovvero, indifferentemente, della vocatio in iudicium7, sino alla correzione normativa del Giudice delle leggi, che con la sentenza 4.12.2009, n. 3178 aveva censurato la disciplina della restituzione nel termine là dove precludeva la facoltà al contumace, che non aveva avuto conoscenza del procedimento, ove il rimedio fosse stato già proposto dal difensore.

Entrambi i correttivi – di mano legislativa, il primo, e di matrice interpretativa, il secondo – dialetticamente orientati, comunque sono stati dovuti alle sollecitazioni della giurisprudenza sovranazionale9.

La Corte europea del resto aveva censurato in modo fermo anche la disciplina della contumacia nella “versione” del “nuovo” codice – ci si riferisce alle sentenze Somogyi c. Italia, 18.5.2004 e Seijdovic c. Italia, 10.11.2004 – per le non irrilevanti frizioni dell’istituto in punto di recupero del diritto al contraddittorio e di decurtazione dei presidi difensivi rispetto all’imputato che nel processo aveva scelto di esserci, come in punto di onere probatorio della mancata conoscenza del processo10.

La contumacia, in effetti, poggiava sulla presunzione di conoscenza della vocatio in iudicium dell’imputato desunta dalla mera regolarità delle notifiche, indipendentemente dalla verifica della sicura conoscenza e quindi dalla effettiva volontarietà dell’assenza11. Peraltro, «la sottovalutazione del diritto dell’imputato ad essere messo in condizione di comparire al processo» si avvertiva «altresì nella disciplina dell’apprezzamento della probabilità della mancata conoscenza della citazione a giudizio, probabilità ritenuta liberamente valutabile dal giudice e insuscettibile di discussione successiva o di motivo di impugnazione»12. Il congegno, basato, quindi, sulla regolarità di adempimenti formali e su conseguenti presunzioni13, criticato unanimamente dalla dottrina, era stato più volte oggetto di censure dalla giurisprudenza sovranazionale, in ragione della ritenuta ammissibilità del processo in absentia solo ove risultasse, al di là di ogni dubbio, la volontarietà della rinuncia a comparire al processo14.Il punctum dolens – per il giudice europeo – della disciplina era rinvenuto sempre nei criteri di accertamento dell’elemento soggettivo, atteso che il giudice italiano poteva desumere dalla mancata comparizione dell’imputato ritualmente citato, non giustificata da legittimo impedimento o da negligenza, la mancata volontà di partecipare al “suo” processo, rivolgendo il monito all’Italia di predisporre le misure normative necessarie per assicurare alle persone condannate in contumacia senza avere scelto l’assenza, il diritto «a ottenere che una giurisdizione statuisca di nuovo, dopo averle sentite».

Quindi, il pregio della avalutatività del contegno soggettivo, non connotato negativamente, integrando semmai, almeno nelle intenzioni, una declinazione del diritto di difesa, era in concreto vanificato dall’addebito all’imputato della prova della legittimità dell’impedimento a comparire o della ignoranza incolpevole del processo e dal recupero del solo giudizio di appello. Con la riforma del 2005, venne stabilito che il condannato in contumacia poteva chiedere la restituzione nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza (prima erano sette), addossando all’autorità giudiziaria l’onere di provare l’effettiva conoscenza della citazione e la volontà di rinunciare a partecipare al processo. Il rimedio, tuttavia, non consentiva la ripetizione del processo nello stesso grado di quello cui l’imputato incolpevole non aveva potuto partecipare15, con tutte le carenze dialettiche del secondo giudizio, quanto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, di cui all’art. 603 c.p.p., nonostante la riforma costituzionale del giusto processo.

I numerosi dicta di condanna della Corte europea rendevano improrogabile una svolta. Peraltro, proprio il contraddittorio eletto a metodo della giurisdizione all’art. 111 Cost., e non concepito quale diritto soggettivo16, come nella fonte CEDU, imponeva la scelta del rimedio preventivo della sospensione del processo fino al momento della conoscenza effettiva dell’atto di citazione da parte dell’imputato17, rispetto alla strada del potenziamento di strumenti restitutori del diritto a presenziare in giudizio, nella logica della idoneità dei rimedi ripristinatori indicata invece dalla giurisprudenza europea18. Da qui, pur non senza ambiguità, la l. n. 67/2014.

La focalizzazione. Le linee portanti della l. n. 67/2014

Tre le linee su cui si snoda la nuova disciplina19:

a) certezza della conoscenza della chiamata in giudizio20;

b) conoscenza “non qualificata”; c) impossibilità di procedere alla notifica personale del decreto di fissazione dell’udienza preliminare, ai sensi dell’art. 420 quater c.p.p.

Nelle prime delle due situazioni si ritiene che l’imputato dichiarato assente abbia di sua volontà rinunciato a comparire e il processo si svolge in sua assenza; nella terza, l’assente si considera irreperibile e il processo è sospeso.

La prima situazione, ossia la certezza della conoscenza del decreto che fissa l’udienza, si ha per data o con la ricezione da parte dell’imputato, a mani proprie, della notifica del provvedimento ovvero per espressa rinuncia a comparire: in tale evenienza, l’itinerario processuale procede nell’assenza dell’imputato e non sembra attivabile alcun congegno restitutorio in caso di successiva partecipazione dell’imputato. Peraltro, nel caso della rinuncia espressa a partecipare risulterà irrilevante anche la legittimità dell’impedimento a comparire. Quanto alla seconda situazione, di conoscenza “non qualificata” – che ricorre, ex art. 420 bis, co.3, c.p.p., anche nel caso in cui l’imputato comparso in udienza in seguito si allontani dall’aula21 – è pure prevista la celebrazione del processo nell’assenza dell’imputato, anche se, in ragione della mera consapevolezza del procedimento22, è possibile attivare il rimedio restitutorio della revoca ope iudicis dell’ordinanza di procedere in assenza «se, prima della decisione l’imputato compare» (art. 420 bis, co. 4, c.p.p.). Se il comparente prova che «l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, il giudice rinvia l’udienza». La suddetta disciplina è applicabile anche nel caso in cui l’imputato compaia nel corso del giudizio di primo grado, sempre provando di essersi trovato «nell’assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e che la prova è pervenuta in ritardo senza colpa dell’imputato». Ricorrendo queste condizioni, l’imputato comparso potrà chiedere atti e documenti ex art. 421, co. 3, c.p.p. e, in caso di presentazione nel corso del giudizio, «formulare richiesta di prove ai sensi dell’articolo 493», come anche la rinnovazione di quelle già assunte, «ferma restando in ogni caso la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza». Il comparente in giudizio, che dimostri l’assenza incolpevole, può anche ottenere la restituzione nel termine per chiedere un rito alternativo al dibattimento (giudizio abbreviato o applicazione della pena su richiesta).

Il liet motiv della novella si scorge nel favor per il recupero delle attività processuali da parte dell’imputato assente, che non ne aveva potuto fruire proprio in ragione della mancata presenza incolpevole, con esclusione della celebrazione dell’udienza preliminare, seppure salvaguardata l’opzione per un rito premiale.

2.1 Mancata comparizione dell’imputato ed adempimenti del giudice

Le verifiche circa le ragioni della mancata comparizione dell’imputato sembrano più rigorose rispetto a quelle della disciplina sulla contumacia.

Il primo adempimento in capo al giudice è il già previsto controllo della regolare costituzione delle parti, ai sensi dell’art. 420, co. 1, c.p.p.: se accerta la nullità delle notifiche, fissa la data della nuova udienza ordinando la rinnovazione della chiamata in giudizio.

Se invece notifiche ed avvisi sono regolari, il giudice deve valutare la causa della assenza dell’imputato, potendo accertare se sia addebitabile a un legittimo impedimento che determina l’assoluta impossibilità di comparire in udienza; se non lo riscontra, ex art. 420, co. 2-bis, c.p.p., dichiara l’imputato assente, e il processo continua, in quanto si ritiene che l’imputato abbia rinunciato volontariamente a comparire; diversamente, qualora il giudice accerti le due situazioni, deve rinviare l’udienza e ordinare il rinnovo dell’avviso.

L’accertamento della volontarietà della rinuncia, quindi, può essere ricondotto a un contegno espresso – quando l’imputato che non si è presentato in udienza abbia dichiarato che rinuncia ad assistervi, e ciò anche se impedito a comparire – ovvero implicito – desumibile cioè da situazioni cui la legge ricollega la presunzione in capo all’imputato di conoscenza dell’esistenza del processo.

Per evitare che si individuino contegni rinunciatari da situazioni equivoche o comunque dubbie, la legge ha stabilito espressamente che il giudice ricolleghi a specifici fatti la conoscenza del processo da parte dell’imputato: si tratta della dichiarazione o elezione di domicilio; dell’arresto, del fermo o della sottoposizione a misure cautelari; della nomina di un difensore di fiducia; della ricezione personale della notificazione dell’avviso di udienza. Ricorrendo una di tali evenienze, scatta la presunzione di conoscenza della celebrazione del processo e l’ulteriore presunzione della volontaria rinuncia a comparire. Il numerus clausus, invero, è tale solo in apparenza: infatti, all’art. 420 bis, co. 2, c.p.p. è stabilito che il giudice possa dichiarare l’imputato assente se «comunque» risulti «con certezza» la sua conoscenza del procedimento o la volontaria sottrazione alla «conoscenza del procedimento o di atti del medesimo».

Emessa l’ordinanza di procedere in assenza, l’imputato nel processo è rappresentato dal difensore.

2.2 Sospensione del procedimento nei confronti dell’irreperibile

Il quid novi della riforma è senza dubbio la sospensione del processo per assenza, stabilita al nuovo art. 420, co. 2-quater, c.p.p., che il giudice dispone quando, al di fuori dei casi previsti dall’art. 420 bis e ter c.p.p. e delle ipotesi di nullità della notificazione, l’imputato non è presente e, rinviata l’udienza, non ha dato esito la disposta notifica «all’imputato personalmente» della vocatio in iudicium, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p. In tal caso il processo non si svolge nell’assenza dell’imputato, ma si arresta, con l’unica possibilità di assumere, solo a richiesta di parte, prove non rinviabili secondo le modalità proprie del dibattimento. Dopo un anno dalla dichiarazione di sospensione (e poi con cadenza annuale) – sempre che il giudice non ne ravvisi anteriormente necessità – vengono disposte nuove ricerche ai fini di notificare l’avviso (art. 420 quinquies c.p.p.)23. Con la sospensione del processo si sospende anche la prescrizione per un periodo non superiore a un quarto del termine massimo, elevabile a seconda della sussistenza o no di situazioni di recidiva: sebbene, almeno quanto ai processi per fatti non particolarmente gravi, il rischio in concreto sia quello della sospensione fino alla maturazione della prescrizione, l’aggancio del termine massimo a quello di cui all’art. 161, co. 2, c.p.p. sembra giustificato dalla opportunità di non addossare all’imputato, cui «non può essere mosso alcun rilievo sotto il profilo della leale collaborazione», l’effetto negativo di rimanere sine die sottoposto a un procedimento penale24.

Il giudice revoca l’ordinanza di sospensione se le ricerche hanno avuto esito positivo; se l’imputato nelle more abbia nominato un difensore di fiducia e in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che l’imputato conosca il procedimento nei suoi confronti, nonché se deve essere dichiarata sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Con la revoca viene fissata la data per la nuova udienza, con l’avviso notificato all’imputato e al difensore, alle parti eventuali e all’offeso e comunicato al p.m.

2.3 Nuovi profili in appello e nel ricorso per cassazione

In ambito di appello, è stato soppresso il co. 4 dell’art. 603 c.p.p., che, come noto, consentiva la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di seconda istanza se il contumace compariva e dimostrava che l’assenza era dipesa da forza maggiore, caso fortuito ovvero ignoranza incolpevole del decreto di citazione a giudizio: la cancellazione di questa ipotesi di rinnovazione istruttoria è ovvia conseguenza della scomparsa della contumacia.

Il legislatore ha inoltre aggiunto una disposizione nel corpo dell’art. 604 c.p.p., dedicato alle «questioni di nullità», che fa tabula rasa del rito celebrato in assenza, con la celebrazione di un nuovo processo ab imo con la partecipazione dell’imputato: infatti, al co. 5-bis, è prescritto che nei casi in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, se vi è la prova che si sarebbe dovuto dichiarare il legittimo impedimento, ai sensi dell’art. 420 ter c.p.p., ovvero la sospensione del processo nei riguardi dell’irreperibile, di cui all’art. 420 quater c.p.p., «il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza» e rinvia gli atti al giudice di primo grado. La necessità di assicurare la presenza dell’imputato nel “suo” processo è finalmente assurta a canone prescrittivo, nella logica dell’effettività del contraddittorio.

Peraltro, l’annullamento con rinvio deve essere disposto nelle stesse situazioni dalla Corte di cassazione nel caso in cui dichiari l’annullamento di una sentenza di condanna che invece avrebbe dovuto essere annullata giudice di appello, ai sensi del nuovo co. 5-bis dell’art. 604 c.p.p., con la regressione del processo al primo giudice e relativa trasmissione degli atti (art. 623, lett. b, c.p.p.).

2.4 La rescissione del giudicato

Altro profilo innovativo è la possibilità di ricorso per cassazione per «rescissione del giudicato», ai sensi dell’art. 625 ter c.p.p., qualora il condannato, o il prosciolto cui sia stata applicata una misura di sicurezza, assente per tutta la durata del processo, provi che l’assenza è stata dovuta a incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, essendo «evidentemente» il giudice di primo grado incorso in «una errata valutazione dei presupposti stabiliti dall’art. 420 bis»25. Il mezzo di impugnazione straordinario è certamente da salutare con favore, in quanto rappresenta un rimedio normativo nella logica del diritto dell’imputato a recuperare la partecipazione al processo, sottesa nelle sentenze di condanna emesse dal Giudice di Strasburgo contro l’Italia26. Tuttavia, la disciplina è caricata di ambiguità, visti i riesumati oneri dimostrativi in capo all’imputato propri della disciplina originaria della restituzione nel termine per proporre impugnazione, ante riforma del 2005.

2.5 Il regime transitorio

Occorre segnalare che, varata la legge, ci si era trovati di fronte a una lacuna quanto al regime transitorio, tanto che la dottrina aveva avanzato ipotesi di disciplina intertemporale27. Il vuoto normativo è stato colmato con la l. 11.8.2014, n. 118, che ha inserito l’art. 15 bis, co. 1 e 2, nella l. n. 67/2014. Si è così stabilito che le nuove disposizioni si applicano ai procedimenti in corso alla data della «presente legge», ossia al 17 maggio 2014, purché nei relativi procedimenti non sia stata pubblicata, mediante lettura del dispositivo, la sentenza di primo grado (co. 1), mentre le disposizioni ante legem 67/2014 continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla suddetta data in cui l’imputato sia stato dichiarato contumace (co. 2). Tuttavia, è prevista un’eccezione: le nuove norme si applicano anche ai procedimenti nei quali alla data del 17 maggio 2014 sia stata emesso il dispositivo, se la dichiarazione di contumacia non sia stata preceduta

dall’emissione del decreto di irreperibilità. In caso di mancata dichiarazione di irreperibilità, allora si applicano le nuove disposizioni, eliminando così una differenziazione in peius quanto al “diritto al difendersi essendoci” che, nel silenzio della legge, aveva giustamente lasciato perplessi28.

I profili problematici. Ombre in una riforma “dovuta”

Alla luce delle condanne dell’Italia da parte della Corte europea per violazione del diritto di partecipazione al processo dell’imputato assente, la riforma segna un effettivo passo in avanti verso la direzione dialogica, con il possibile recupero delle attitudini dinamiche insite nel modello del giusto processo, decurtate per la mancata presenza in giudizio dell’imputato dovuta a legittimo impedimento a partecipare o a ignoranza incolpevole della vocatio in iudicium, come anche il diritto alla opzione per i riti premiali.

Ma se alcune regole illuminano della necessaria effettiva dialetticità, altre proiettano ombre della disciplina abrogata. Alcuni punti dolenti.

I) Alla necessità della conoscenza effettiva del processo, garantita dal fatto che la vocatio in iudicium e l’avviso dell’udienza devono notificarsi personalmente all’imputato, si affiancano situazioni da cui dedurre la conoscenza del processo, con modulazioni simili al “castello di carta” delle presunzioni legali di conoscenza del regime contumaciale, che non aveva retto il modello del giusto processo, soprattutto nella accezione di diritto individuale di cui all’art. 6 CEDU, «salvo, poi, permettere al giudice di pentirsi per aver imboccato simili scorciatoie giuridiche, con perdite di tempo successive»29. Più logico sarebbe stato anticipare il rimedio della sospensione del processo al momento della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini30.

Il tanto deprecato onere della prova a carico dell’imputato per la dimostrazione della mancata conoscenza incolpevole – che tante condanne aveva causato all’Italia da parte della Corte di Strasburgo – ritorna ai fini della revoca della dichiarazione di assenza e, come già detto, della rescissione del giudicato, con possibili problemi di compatibilità con la fonte normativa sovranazionale31.

II) Alla Corte di cassazione già “assediata”, con il ricorso diretto per la rescissone del giudicato viene attribuito non solo un ulteriore aggravio,ma le si addossa, almeno quanto al nuovo mezzo di impugnazione, il ruolo di giudice dei fatti – non di rado sperimentato nella prassi (frutto di un accanimento culturale antico?) – in controtendenza con la necessità di risagomare la “piattaforma operativa” della Corte entro i confini certi del giudizio di controllo.

È indubbio, infatti, come con la ipotesi di nuovo conio «la Corte di cassazione viene investita direttamente di una verifica fattuale che ha per oggetto situazioni concrete che potrebbero necessitare anche di accertamenti complessi e che richiede l’applicazione del procedimento ex art. 666 c.p.p.»32.

III) Pure abituati a “sviste” ogni volta che viene introdotta una riforma, i conditores, sembrano questa volta andare oltre: la nuova disciplina non appare coordinata con il regime, rimasto inalterato, delle notifiche all’imputato, di cui all’art. 159 c.p.p., e di quelle relativa all’irreperibilità, ex art. 160 c.p.p.

IV) Stupisce che agli artt. 429, co. 1, lett. f), e 552, co. 1, lett. d), c.p.p. è stata lasciata la previsione dell’«avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia»33. La lettura corretta sembra essere quella di considerare cancellato questo riferimento; diversamente, se si intendesse la precisazione nel senso che occorre avvertire l’imputato che non comparendo si procederà nella sua assenza, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p., si contraddirebbe l’interpretazione letterale, da preferire sempre prima di analizzare le altre possibili letture delle norme.

1 Sull’istituto v., per tutti, Moscarini, P., La contumacia dell’imputato,Milano, 1997, passim; Ubertis, G., Giudizio in contumacia e giudizio in assenza, in Moscarini, P., Verso un “giusto processo” penale, Torino, 1997, 136 ss.

2 Negli altri casi la sentenza veniva notificata per estratto al contumace (art. 548, co. 3, c.p.p.).

3 Colaicovo, G., Brevi osservazioni su latitanza e contumacia, in Dir. pen. e processo, 2014, 300.

4 Sulla sentenza v. Ubertis, G., Latitanza e contumacia secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen., 1985, 1241 ss.

5 Giudizio negativo che, del resto, già l’etimo tradisce, come nota, Caprioli, F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, in Legisl. pen., 2004, 586.

6 Sulla riforma v., per tutti, Garuti, G., Nuove norme sulla restituzione nel termine per l’impugnazione di sentenze contumaciali e decreti penale di condanna, in Dir. pen. e processo, 2005, 684 ss.

7 Sul tema, v. Negri, D., Art. 1 d.l. 18 febbraio 2005, n. 17, in Legisl. pen., 2005, 276 ss.

8 Sulla sentenza v. le efficaci notazioni di Ubertis, G., Sistema multilivello dei diritti fondamentali e prospettiva abolizionista del giudizio contumaciale, in Giur. cost., 2009, 4747.

9 Tra gli altri, cfr. Filippi, L., Rito contumaciale: quale “equo processo”, in Cass. pen., 2005, 2195 ss.; Ubertis, G., L’adeguamento italiano alle condanne europee per violazione dell’equità processuale, in Giurisprudenza europea e processo penale italiano, a cura di A. Balsamo e R.E. Kostoris, Torino, 2008, 109 ss.

10 V. Tamietti, A., Processo contumaciale e rimedi a garanzia del diritto di difesa dell’imputato assente: La Corte europea “boccia” la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., in Cass. pen., 2004, 1402 ss. Ricorda «un’altra decisione negativa nei confronti dell’Italia, che è però passata inosservata» –Malaki c. Italia – emessa dal Comitato dei diritti dell’ONU il 27.9.1999 per violazione, da parte dell’Italia, dell’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, Lattanzi, G., Spunti critici sulla disciplina del processo contumaciale, in Legisl. pen., 2004, 595 ss.

11 Tonini, P.-Conti, C., Il tramonto della contumacia, l’alba radiosa della sospensione e le nubi dell’assenza “consapevole”, in Dir. pen. e processo, 2014, 510.

12 Marzaduri, E., Sulla necessità di una riforma del giudizio in contumacia, in Legisl. pen., 2004, 614 che richiama Cordero, F., Codice di procedura penale commentato, Torino, 1992, 588.

13 Come notaDe Caro, A., Processo in absentia e sospensione. Una primissima lettura della legge n. 67 del 2014, in www.archiviopenale. it, 2014, 3, si tratta di una delle «tanto odiose presunzioni che tanto male fanno al processo penale italiano».

14 Sulla giurisprudenza europea in materia si rinvia, da ultimo, a Bricchetti R., Pistorelli L., Cosi “scompare” il processo in contumacia, in Guida dir., 2014, fasc. 21, 94 ss.

15 In senso critico, per tutti, v.Ubertis,G., Giudizio in contumacia e giudizio in assenza, cit., 136 ss.

16 In tal senso v.Moscarini, P., La contumacia, cit., 220 ss.

17 In tal senso, tra gli altri, Caprioli F. Giusto processo, cit., 589 ss., secondo cui non è forse un caso che l’altro “testo sacro” di matrice sovranazionale che viene normalmente richiamato, insieme alla sentenza Colozza – la Risoluzione (75) 11 del Consiglio d’Europa – sui criteri da seguire nel giudizio in assenza dell’imputato – sembri propendere anch’esso per la soluzione più radicale nella parte in cui afferma che nessuno può essere sottoposto a un giudizio se non è stato in precedenza raggiunto effettivamente da una citazione, trasmessagli in tempo utile per consentirgli di comparire e preparare la sua difesa.

18 In tal senso v. C. eur. dir. uomo, 25.11.2008, Cat Berro c. Italia, nella quale si afferma che il condannato giudicato in contumacia, che non ha avuto la possibilità di comparire e difendersi non ha diritto all’annullamento della sentenza, ma può ottenere che «una giurisdizione giudichi di nuovo, dopo averlo udito, la fondatezza dell’accusa sia in fatto che in diritto».

19 Quattrocolo, S., Il contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile l’abbandona. Riflessioni a prima lettura sulla nuova disciplina del procedimento senza imputato, in www.penalecontemporaneo.it.

20 Rileva De Caro A., Processo in absentia, cit., 14 che «in queste ipotesi, sembra chiaro il riferimento alla conoscenza della “chiamata in giudizio” (i termini rinunzia a comparire e avviso di udienza hanno un significato oggettivamente univoco in quanto indiscutibilmente si riferiscono all’udienza preliminare a al dibattimento)».

21 Per Tonini, P.-Conti, C., Il tramonto della contumacia, cit., 513, «il solo fatto di aver presenziato ad una udienza è considerato logicamente incompatibile con la possibilità di dichiarare l’assenza dell’imputato».

22 Quattrocolo, S., Il contumace cede la scena, cit.

23 Per questo adempimento è stato modificato l’art. 143 disp. att. c.p.p., con cui è stata prevista la trasmissione degli atti alla locale sezione di polizia giudiziaria ai fini di inserire i relativi dati nel centro elaborazione dati.

24 Così la Relazione redatta dal massimario della Corte di cassazione, 17.4.2014, 55.

25 Tonini, P.-Conti,C., Il tramonto della contumacia, cit., 516.

26 Peraltro, come noto, alle plurime condanne della Corte europea era seguita la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 630 c.p.p. là dove non prevedeva tra le situazioni di revisione del processo il caso in cui la sentenza o il decreto penale di condanna fossero in contrasto con una sentenza della Corte europea che avesse accertato l’assenza di equità del processo stabilita all’art. 6 CEDU: si tratta della nota sentenza 7.4.2011, n. 113, su cui v. almeno Kostoris, R.E., La revisione del giudicato iniquo e i rapporti tra violazioni convenzionali e invalidità processuali secondo le regole interne, in Legisl. pen., 2011, 473 ss. e Ubertis, G., La revisione successiva a condanne della Corte di Strasburgo, in Giur. cost., 2011, 1547 ss.

27 Per le ipotesi avanzate nell’assenza della disciplina transitoria v. Bricchetti, L., Sanata una svista, introdotto il regime transitorio per le nuove regole sugli irreperibili, in www.quotidianodiritto. ilsole24ore.com, 11.9.2014.

28 Le critiche erano mosse da De Caro, A., Processo in absentia, cit., 28, il quale, prima della legge n. 118/2014, nella lacuna di un regime transitorio, riteneva giustamente «improprio» che le declaratorie di irreperibilità che avevano superato la fase del giudizio di primo grado avrebbero continuato «a produrre gli effetti nefasti» che la Corte europea e il legislatore avevano voluto «drasticamente eliminare», risultando inaccettabile che l’imputato irreperibile potesse «subire le sorti di un legislatore in ritardo e vedersi condannato senza averlo mai saputo».

29 Tonini, P.-Conti, C., Il tramonto, cit., 517, secondo cui questa contraddizione si sarebbe evitata se si fosse imposto «all’imputato il dovere di presentarsi in udienza o, in alternativa, di giustificare la propria assenza» (518).

30 In tal senso la critica di Bricchetti, R.-Pistorelli, L., Cosi “scompare” il processo in contumacia, cit., 93.

31 Bricchetti, R.-Pistorelli, L., Cosi “scompare” il processo in contumacia, cit., 98.

32 Così efficacementeDe Caro, A., Processo in absentia, cit., 24.

33 De Caro, A., Processo in absentia, cit., 19.

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