SPAGNA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Spagna

Piergiorgio Landini e Francesca Socrate
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB spagna 01.jpg

'

(XXXII, p. 169; App. I, p. 1011; II, ii, p. 868; III, ii, p. 782; IV, iii, p. 379; V, v, p. 65)

Ambiente e geografia umana ed economica

di Piergiorgio Landini

Ambiente

Urbanesimo e sviluppo economico hanno in larga misura compromesso il patrimonio naturalistico della S. che, tuttavia, vanta una normativa in materia di protezione ambientale fra le più antiche del continente europeo: già nel 1916, infatti, veniva promulgata una legge generale sui parchi nazionali e, due anni dopo, istituito il primo dei nove attualmente esistenti, quello di Covadonga, sul versante settentrionale dei Monti Cantabrici, seguito dal parco di Ordesa e del Monte Perdido, nei Pirenei centrali. Di non grande estensione (fra i 15.000 e i 17.000 ha ciascuno: per confronto, poco più di un terzo del Parco Nazionale d'Abruzzo), essi tutelano biotopi di notevole interesse; la copertura boschiva è di faggi e, a quote più basse, di castagni e querce nel primo, di faggi e conifere nel secondo; per quanto riguarda la fauna, specie tipiche sono, rispettivamente, l'orso bruno e lo stambecco.

Dopo un lungo intervallo, dovuto anche alle vicende geopolitiche del paese, gli altri sette parchi nazionali sono stati attivati fra il 1954 (Teide e Caldera de Taburiente, entrambi nell'arcipelago delle Canarie) e il 1979: nella S. continentale ne ricadono complessivamente cinque fra i quali, oltre ai due sopra ricordati, si segnala il parco di Doñana (1969: il più vasto, con quasi 76.000 ha), in Andalusia, comprendente zone umide e dunose nel delta del Guadalquivir, con vegetazione tipicamente mediterranea e interessante avifauna.

Ancora, dalla fine degli anni Sessanta, una nuova legge aveva stabilito i criteri di classificazione delle aree naturali da tutelare, dando il via alla costituzione di parchi naturali (una ventina, i più importanti, fra il 1978 e il 1986, per un complesso di circa 250.000 ha), che interessano in prevalenza aree montane, boschive e carsiche, accanto a riserve integrali di interesse scientifico. Per alleggerire il carico antropico sulle zone protette, inoltre, sono state realizzate circa 250 aree naturali destinate alle attività escursionistiche e di tempo libero, adeguatamente attrezzate con spazi e strutture per la ricezione dei flussi veicolari, il campeggio e la pratica di attività sportive.

Popolazione

Negli anni Novanta, la demografia spagnola ha continuato a registrare ritmi di crescita assai contenuti, anche lievemente inferiori allo 0,2% calcolato alla fine degli anni Ottanta e tendenti, in proiezione, allo 0,1% per l'inizio del 21° secolo. Tali incrementi, del resto, si devono ormai prevalentemente all'immigrazione, se è vero che, nel 1995, i tassi di natalità e di mortalità si sono allineati sul medesimo valore del 9‰. La popolazione (stimata in 39.167.700 ab. nel 1999) non risulta finora troppo invecchiata, in quanto il processo di transizione demografica può definirsi recente: tuttavia, la speranza di vita media ormai superiore ai 78 anni e il rallentamento del movimento naturale (l'indice di fecondità si è assai più che dimezzato in un ventennio, scendendo a 1,3 nel 1996) lasciano prevedere - a meno di una decisa inversione di tendenza - gli stessi problemi che già da qualche tempo interessano i paesi più 'maturi' dell'Europa.

Non mancano, per contro, aspetti notevolmente positivi: il tasso di mortalità infantile (5‰ nel 1997, anch'esso più che dimezzato rispetto agli anni Settanta) pone la S. nei primissimi posti della relativa graduatoria mondiale, ai livelli dei paesi scandinavi. Degli enormi progressi compiuti sul piano sociale è testimone, del resto, il confronto fra i due indicatori utilizzati dall'ONU per misurare il grado di benessere: mentre dal punto di vista strettamente economico (reddito pro capite) il paese si colloca intorno al 26° posto nel mondo, per quanto riguarda lo 'sviluppo umano' (calcolato anche sulla base della sanità e dell'istruzione) risale addirittura all'11° posto.

Altro riflesso positivo è rappresentato dall'allentamento della pressione abitativa: proiezioni effettuate al 2010 hanno dimostrato come l'incremento del numero delle famiglie, che ha toccato il culmine intorno al 1990 con circa 140.000 unità all'anno, sia destinato a ridursi a meno di 50.000, ridimensionando il fabbisogno di nuovi alloggi, specie nelle aree urbane.

2A
2B

In effetti, il processo di concentrazione metropolitana - in particolare, su Madrid - si era arrestato fin dagli anni Ottanta, ma ora la tendenza alla 'controurbanizzazione' investe anche le città medio-grandi. I maggiori complessi urbani tendono a crescere ulteriormente solo dal punto di vista topografico, per i nuovi insediamenti industriali, di servizi e per un decentramento residenziale che privilegia sempre più le abitazioni unifamiliari e le 'seconde case', entro distanze compatibili con il turismo di fine settimana. Si assiste, d'altro canto, alla sempre più diffusa rivitalizzazione delle aree rurali e periferiche, pur non essendo certamente risolti gli squilibri regionali (v. spagna, App. V) (v. tabb. 2A e 2B).

Condizioni economiche

Il processo di rafforzamento dell'economia spagnola si è andato consolidando nella seconda metà degli anni Novanta. La migliore tenuta della peseta sul mercato dei cambi ha generato nuove prospettive di crescita del reddito, che, secondo le stime basate sulla parità del potere d'acquisto, ha superato, nel 1998, i 16.000 dollari pro capite (altrimenti 14.080); inoltre, l'ottima capacità di impiego dei finanziamenti comunitari per lo sviluppo regionale ha cominciato a manifestare notevoli effetti nelle aree meridionali e periferiche, dall'Andalusia alla Castiglia-La Mancha e alla Galizia. Restano carenze infrastrutturali, come l'ancora scarsa specializzazione nel trasporto intermodale, che penalizza gli scali marittimi e la funzione di 'ponte' che la S. potrebbe svolgere fra Atlantico ed Europa meridionale. Pure insufficiente appare la qualificazione professionale delle forze di lavoro, in parte alla base dell'elevato tasso di disoccupazione. A colmare tali lacune e a favorire il processo di riconversione industriale dovrebbe concorrere il maggiore impegno di risorse pubbliche nei settori dell'istruzione (6% del PIL nel 1997) e della ricerca (1%), valori all'incirca raddoppiati in confronto agli anni Ottanta.

L'agricoltura spagnola prosegue nella fase di passaggio dalle strutture tradizionali alla modernità. Particolare rilevanza vi assume l'uso delle acque, regolato da una moderna legislazione (1985) che prevede la pianificazione dei bacini idrografici, sotto il controllo di appositi organismi, e la compensazione finanziaria delle opere idrauliche da parte dei fruitori. Ciò non toglie che, nelle aree periurbane e lungo la costa mediterranea, l'agricoltura entri in competizione, per tale uso, con altre attività economiche (industria, turismo) che le sottraggono anche porzioni significative di spazio pianeggiante. In effetti, è stata una crisi di siccità a provocare la caduta delle produzioni cerealicole nel 1995, quando il raccolto è stato il più basso degli ultimi 25 anni, e ancora nel 1998-99. Come in tutti i paesi industrializzati, comunque, il primario copre una quota esigua (3,4% nel 1997) e decrescente (l'incidenza era pari al 5,9% nel 1985) del PIL totale, pur dovendosi positivamente rilevare il decremento più che proporzionale della forza di lavoro in esso occupata (da oltre il 18 all'8,4% della popolazione attiva, nello stesso periodo), e dunque la crescita della produttività per addetto.

Il settore secondario (che partecipa alla formazione del PIL nella misura del 33,2%, impiegando il 29,9% degli attivi) ha visto confermarsi il ruolo trainante del comparto automobilistico, la cui struttura localizzativa (principali stabilimenti a Barcellona, Madrid, Vigo, Valladolid, Bilbao, Saragozza, Vitoria, Linares; produzione ormai vicina ai 2 milioni di unità, per l'80% esportate) dipende tuttavia dalle scelte operate da grandi imprese estere e solo parzialmente dalla preesistente ubicazione delle aziende nazionali, per lo più incorporate dalle prime o produttrici di parti componenti. L'iniziativa endogena, spesso basata su tradizioni artigianali locali, si manifesta comunque, con rilevanza crescente, nei 'distretti' sviluppatisi sulla costa mediterranea, ma anche in Aragona, Castiglia-León e Andalusia, specializzati nei rami alimentare, tessile e dell'abbigliamento, calzaturiero, del mobile, della ceramica. Sempre più pesante, invece, è il ridimensionamento della siderurgia a ciclo integrale: nel 1996 è stato smantellato l'ultimo altoforno del vecchio complesso di Bilbao e ne sono rimasti in attività, in tutto, soltanto due, ad Avilés (Asturie).

A una sostanziale innovazione dell'economia spagnola manca tuttora l'apporto del terziario innovativo: mentre, infatti, il settore è ulteriormente cresciuto dal punto di vista quantitativo, portando la sua incidenza sulla formazione del PIL al 63,4% (contro il 57% alla metà degli anni Ottanta) e sull'occupazione al 61,7% (contro il 50%), il livello qualitativo dei servizi resta piuttosto basso, con prevalenza delle attività commerciali su quelle finanziarie e organizzative. Nel settore dei trasporti, tuttavia, gli anni Novanta hanno visto l'introduzione dell'alta velocità nella rete ferroviaria, sulle linee da Madrid per Siviglia (importante asse di sviluppo delle regioni meridionali) e Barcellona, la quale ultima dovrebbe costituire, in futuro, il fondamentale nodo di interconnessione con il sistema di comunicazioni dell'Europa centro-occidentale.

Il turismo, infine, pur proseguendo anch'esso la propria crescita (48 milioni di arrivi nel 1998), fondamentale per il contributo fornito alla bilancia dei pagamenti, si è basato finora su un modello di occupazione massiva dei litorali, dalla Costa Brava alla Costa del Sol, che ha relegato in secondo piano le risorse naturali e storico-culturali delle aree interne (a parte Madrid) e richiede, pertanto, interventi di riequilibrio e diversificazione.

bibliografia

M. Drain, Géographie de la Péninsule Ibérique, Paris 1964, 1993⁴.

A. Huetz de Lemps, L'économie de l'Espagne, Paris 1989, 1992².

J. Villaverde Castro, Los desequilibrios regionales en España, Madrid 1991.

A. Abellán García, Una España que envejece, Santa María de la Rábida 1992.

A. Humbert, L'Espagne, Paris 1992.

Geografía de España, a cura di R. Méndez, F. Molinero, Barcelona 1993.

Medio siglo de cambios agrarios en España, a cura di A. Gil Olcina, A. Morales Gil, Alicante 1993.

El futur de les perifèries urbanes, Actes de les jornades de reflexió i mostra d'art, Barcelona, 10-13 maig 1989, Barcelona 1994.

Inmigrantes marroquíes y senegaleses en la España mediterránea, a cura di V. Gozálvez Pérez, Valencia 1995.

Planificación hidráulica en España, a cura di A. Gil Olcina, A. Morales Gil, Alicante 1995.

R. Bernardi, S. Salgaro, La Spagna, Bologna 1996.

M.G. Lucia, Turismo e cambiamento. La "lezione" delle isole Baleari, in Rivista geografica italiana, 1996, pp. 587-617.

Tourism in Spain. Critical issues, ed. M. Barke, J. Towner, M.T. Newton, Wallingford 1996.

Les Catalognes, laboratoire de l'Europe, éd. L. Assier-Andrieu, D. Provansal, A. Tarrius, in Revue européenne des migrations internationales, 1997, 3, nr. monografico.

B. Loyer, Géopolitique du Pays basque. Nations et nationalismes en Espagne, Paris 1997.

Storia

di Francesca Socrate

Gli anni Novanta segnarono in S. il passaggio dalla guida di governo socialista a quella di centro-destra del Partido popular (PP): un cambiamento politico di rilievo che non sembrò tuttavia influire sul terreno più generalmente sociale ed economico. Sia dal punto di vista delle infrastrutture sia da quello dell'apparato produttivo, della mentalità e dei comportamenti, nell'ultimo decennio del secolo il paese proseguì infatti lungo la strada già intrapresa di una profonda modernizzazione. Drammatica e complessa rimase invece la questione basca, la cui soluzione sembrava ancora agli inizi del nuovo millennio difficile e comunque lontana. Sul piano internazionale, infine, la S. aveva raggiunto una piena legittimazione come paese completamente integrato nel campo occidentale e aveva superato l'isolamento del passato.

Nonostante i successi indubitabili conseguiti dai governi guidati da F. González, leader del Partido socialista obrero español (PSOE), alla metà degli anni Novanta la crisi socialista si consumò definitivamente.

Si trattava di una crisi iniziata da tempo - già a partire dalle elezioni politiche del 1989 il PSOE aveva perso la maggioranza assoluta dei voti - a prescindere appunto dagli importanti risultati conseguiti in ambiti diversi. Sul piano economico, nonostante la grave recessione del 1992-93, si registravano un netto miglioramento della bilancia commerciale, una diminuzione del tasso d'inflazione, una stabilizzazione del deficit pubblico e nel complesso una crescita significativa, cui faceva però da contrappeso un alto tasso di disoccupazione. Inoltre, nel gennaio 1996 sindacati e imprenditori avevano firmato un importante accordo sulla mediazione obbligatoria nei conflitti di lavoro, contro cui si era schierata solo la lista comunista di Izquierda unida (IU). Quanto agli aspetti politico-istituzionali, gli anni di governo socialista avevano significato un rafforzamento della giovane democrazia spagnola soprattutto per quel che concerneva l'apparato militare: ancora palesemente ostile nei primi anni Ottanta, questo sembrò nel periodo successivo rientrare progressivamente nel quadro delle regole democratiche.

A intaccare fortemente il consenso attorno al PSOE concorsero tuttavia motivi diversi. Intanto, sul piano sociale, la recessione del 1992-1993 aveva consolidato un'opposizione alla politica socialista che vedeva alleati impiegati pubblici, agricoltori penalizzati dalla svalutazione della peseta e lavoratori dell'industria, soprattutto di quella automobilistica. Ma decisiva per il crollo di popolarità del PSOE fu l'esplosione di una serie di scandali legati a episodi di corruzione che dal 1989 coinvolsero, a più riprese, anno dopo anno, molti uomini politici socialisti e numerosi esponenti della classe dirigente dell'ultimo decennio (tra gli altri, l'ex governatore della Banca centrale, M. Rubio, accusato di evasione fiscale e insider trading, e L. Roldán, ex capo della Guardia Civil, incriminato per frode fiscale e appropriazione indebita di denaro pubblico e condannato nel 1998 a 28 anni di carcere). Questi scandali compromisero gravemente l'immagine della classe dirigente socialista e formarono nell'opinione pubblica un atteggiamento critico verso il sistema di potere che il PSOE aveva costruito negli anni del suo governo, durante i quali aveva tentato di porre propri uomini in ogni settore della vita pubblica. Il coinvolgimento, inoltre, di importanti esponenti del mondo finanziario erodeva la fiducia stessa dei risparmiatori nella solidità e correttezza del sistema bancario del paese: il più grave episodio riguardò il fallimento nel 1993 del Banco Español de Credito, il cui massimo dirigente fu accusato e poi condannato per frode e appropriazione indebita (marzo 1997; condanna confermata nel febbraio 1998 dalla Corte Suprema). Il paese, infine, sottoposto alla violenza del gruppo terroristico indipendentista basco Euskadi ta Askatasuna (ETA), sembrava non confidare più nella capacità del governo di tenere sotto controllo l'esplosiva questione del Paese Basco, questione aggravata dalle rivelazioni sui rapporti dell'esecutivo con l'organizzazione dei gruppi militari antiterrorismo (Grupos antiterroristas de liberación, GAL), nati nel 1983 e indicati come responsabili dell'eliminazione di numerosi esponenti dell'ETA in S. e in Francia (nell'aprile 1995 quattordici ex-funzionari del ministero degli Interni furono condannati perché ritenuti colpevoli di aver istituito e finanziato i GAL).

L'eco della condanna e il seguito delle indagini sul coinvolgimento nell'affare dei GAL dello stesso primo ministro e dei ministri della difesa e degli interni (rispettivamente, N. Serra e J. Barrionuevo), nonché del leader socialista basco T. Benegas (settembre 1995), indebolì ulteriormente il governo, mentre la CIU (i nazionalisti moderati catalani del gruppo Convergencia i Unió) ritirava ufficialmente il proprio appoggio esterno. Nell'ottobre, inoltre, il progetto di legge finanziaria per il 1996 veniva bocciato dal Congresso. Di fronte alla drammatica crisi che investiva il suo governo e il suo partito, al termine della presidenza spagnola della UE (luglio-dicembre 1995) González si trovò a dover ricorrere a elezioni anticipate (marzo 1996). Ma i risultati elettorali registrarono un'ulteriore perdita di voti da parte del PSOE (inferiore tuttavia alle previsioni), decretandone la sconfitta e ponendo così fine alla lunga fase - durata quasi quattordici anni - dell'egemonia socialista. La maggioranza relativa dei seggi fu infatti conquistata dal PP, che ottenne il 38,5% dei voti contro il 37,5% del PSOE, il 10,5% della IU e il 4,6% della CIU. I risultati delle elezioni portavano così al governo il PP, anche se non gli assicuravano la maggioranza alle Cortes. Incaricato di formare un nuovo governo, il leader popolare J.M. Aznar riuscì quindi solo dopo un lungo negoziato a ottenere l'appoggio esterno dei partiti nazionalisti moderati (la CIU, il PNV, Partido nacionalista vasco, e la CC, Coalición canaria) su un programma che, accanto all'obiettivo prioritario di ridurre deficit pubblico e tasso di inflazione, prevedeva un rafforzamento delle già avanzate autonomie regionali (maggio).

Il Partido popular si era imposto sulla scena politica a partire dai primi anni Novanta. Nato nel 1989 dall'Alianza Popular (il più importante partito della destra spagnola in cui erano confluite diverse correnti, dall'estrema destra ai liberali) a opera di un ex ministro del regime franchista, M. Fraga Iribarne, nel 1990 il PP era passato sotto la guida di Aznar che aveva accentuato gli elementi moderati e centristi di un partito formato da componenti diverse. Da allora il PP era cambiato: dotato di un gruppo dirigente nuovo e più giovane, aveva assunto un carattere unitario sulla base di una linea moderata di centro-destra, pur mantenendo l'eterogeneità interna del passato.

Il nuovo governo si trovò a dover subito affrontare forti tensioni sociali seguite alle prime misure d'austerità: il congelamento degli stipendi del pubblico impiego aveva infatti provocato scioperi e manifestazioni di protesta (ottobre-novembre), i tagli alle spese per l'istruzione avevano portato in piazza studenti e insegnanti (dicembre), mentre nel febbraio 1997 un lungo sciopero dei camionisti paralizzò il paese. L'opposizione sociale alla linea di austerità del governo non impedì ad Aznar di ottenere l'approvazione parlamentare del suo 'piano di stabilità economica', con il voto contrario della IU (aprile 1997). La crisi che aveva investito il PSOE non sembrava frattanto risolversi: nel giugno 1997 González si ritirava e veniva sostituito alla segreteria dal moderato J. Almunia, sconfitto a sua volta da J. Borrell nelle elezioni primarie del partito (aprile 1998).

Mentre nel novembre 1997 la credibilità di Aznar subiva un contraccolpo per le dichiarazioni di J. de la Rosa, uomo d'affari catalano coinvolto in un processo per frode e appropriazione indebita di capitali, che confermava le voci emerse fin dall'estate di un suo cospicuo finanziamento al PP nella campagna per le elezioni del parlamento catalano del 1991, a partire dall'autunno la stabilità del governo fu sottoposta a dura prova: PNV e CIU annunciarono a più riprese il ritiro dell'appoggio ad Aznar (il primo, nel settembre 1997 e poi di nuovo nel marzo 1998, su questioni riguardanti fondi stanziati alle regioni).

Nel luglio 1998 si concludeva frattanto il lungo iter processuale dell'affare GAL con la condanna, da parte della Corte Suprema, di J. Barrionuevo, ex ministro degli interni, di R. Vera, ex segretario di Stato per la sicurezza e di J. Sancristóbal, ex direttore generale della sicurezza di Stato, per sequestro di persona e appropriazione indebita di denaro pubblico, oltre a condanne minori per altre nove alte personalità dello Stato e del PSOE.

I segnali di crisi per il governo Aznar, cui si aggiunsero i risultati delle elezioni europee del giugno 1999, con la ripresa del PSOE e il lieve calo del PP, non mutarono comunque il quadro politico del paese, mentre all'interno del partito socialista rafforzarono il segretario generale J. Almunia, che in luglio veniva perciò eletto candidato socialista alla presidenza del governo in sostituzione di Borrell, ritiratosi nell'aprile. Nel dicembre 1999 il governo subì comunque il contraccolpo della svolta nazionalista del PNV, svolta che aveva portato il partito nazionalista basco a stringere un accordo con le altre forze indipendentiste della regione in nome del diritto all'autodeterminazione: il PNV ritirò infatti il proprio appoggio ad Aznar imputandogli la sospensione, dopo la rottura della tregua da parte dell'ETA (novembre), delle trattative con l'organizzazione terroristica. Per quel che riguardava la questione del Paese Basco, la seconda metà degli anni Novanta era stata contrassegnata da un ininterrotto prodursi di atti terroristici a opera dell'ETA che colpiva adesso - con una strategia diversa rispetto al passato quando le vittime erano scelte soprattutto tra le forze di sicurezza - uomini politici locali e esponenti del partito al governo (prima il PSOE e poi, dopo la primavera 1996, il PP), mentre, per autofinanziarsi, ricorreva a sistematiche estorsioni a uomini d'affari e imprenditori. L'attività terroristica dell'ETA provocò una progressiva presa di distanza dell'opinione pubblica basca dalle ragioni del movimento indipendentista, presa di distanza che si andò traducendo in dura condanna espressa poi a livello nazionale nelle imponenti manifestazioni del luglio 1997 quando, in seguito all'assassinio da parte dell'ETA di un giovane consigliere del PP, M.A. Blanco, centinaia di migliaia di persone (solo a Madrid superarono il milione) dimostrarono la propria protesta sfilando nelle strade delle principali città della S., comprese quelle della regione basca. Nel quadro del progressivo isolamento dell'ETA, nel dicembre 1997 la Corte Suprema aveva condannato i 23 membri della direzione dell'Herri batasuna (Unità del popolo, HB), braccio politico dell'ETA - che da sempre sosteneva la propria autonomia dall'organizzazione terroristica - a sette anni di carcere ciascuno per collaborazione con banda armata. Ma un'inversione di tendenza sembrò delinearsi tra la fine del 1998 e il 1999: alla proclamazione, da parte dell'ETA, di una tregua unilaterale a chiusura dei 30 anni di lotte per l'indipendenza del Paese Basco (settembre 1998) e di una correzione di linea da parte dell'HB, critico adesso verso la politica destabilizzante dell'ETA e favorevole per la prima volta nella sua storia a partecipare ai governi locali, seguirono i risultati delle elezioni regionali (ottobre). Oltre al rafforzamento del PNV e del PP, ottenne un importante successo la coalizione degli indipendentisti, Euskal Herritarrok (EH) - in cui era confluito anche l'HB - e, nel dicembre 1998, si formò un nuovo governo basco costituito da PNV ed EA (Eusko alkartasuna, nato da una scissione del PNV) con l'appoggio esterno dell'EH; a partire dal giugno 1999, infine, il governo Aznar avviò una serie di incontri con i dirigenti dell'organizzazione basca e nel luglio il Tribunale costituzionale emise una sentenza di assoluzione dei dirigenti dell'HB in carcere dal dicembre 1997. Nel novembre 1999 l'ETA rompeva tuttavia la tregua, mentre il fronte dei partiti nazionalisti si consolidava con la decisione del PNV di sostenere la richiesta del diritto del Paese Basco all'autodeterminazione (dicembre).

In politica internazionale la S. già a partire dai primi anni Novanta intensificò i rapporti con il Portogallo e con i paesi dell'America Latina, soprattutto attraverso i vertici ibero-americani che si svolgevano annualmente dal 1991. Nell'aprile 1997 Madrid contribuì con un proprio contingente alla forza multinazionale in Albania, e nel marzo-giugno 1999 partecipò all'intervento della NATO in Kosovo, ottenendo l'appoggio di tutte le forze politiche a eccezione dell'IU. L'ingresso nella struttura militare della NATO (dicembre 1997) risollevò il contenzioso con la Gran Bretagna su Gibilterra, giunto peraltro a momenti di tensione in più occasioni nel corso degli anni Novanta: nel dicembre 1997, comunque, Londra accettò l'ingresso della S. nella struttura militare dell'alleanza atlantica, dichiarandosi disposta a trattare la questione di Gibilterra separatamente attraverso negoziati bilaterali.

Nei primi mesi del 2000, nonostante la mancanza della maggioranza assoluta al Congresso dei deputati che lo aveva sempre costretto a negoziare con i partiti nazionalisti il loro appoggio esterno, Aznar e il suo governo sembravano godere di un grande consenso per aver saputo assicurare al paese una stabilità governativa e importanti successi sul piano economico. L'economia del paese aveva infatti conosciuto una crescita significativa sull'onda della ripresa già in atto a partire dal 1994, crescita che aveva attenuato in larga misura i costi della politica di rigore messa in atto da Aznar per ottemperare agli impegni assunti con la firma del trattato di Maastricht. Anzi, anche in S. come in altri paesi europei, la 'sfida' rappresentata dall'ingresso nell'Unione economica e monetaria costituì un momento di forte coesione nazionale: frutto di tale atmosfera politica era stato, per esempio, l'accordo fra sindacati e imprenditori in materia di diritto del lavoro che riguardava temi come le cause di licenziamento o i contratti di lavoro a durata indeterminata (aprile 1997). Le elezioni legislative del marzo 2000 assegnarono pertanto ad Aznar e al suo partito una netta vittoria (44,6% dei voti, contro il 34,1% del PSOE, il 5,5% della IU, il 4,2% della CIU) che, garantendogli la maggioranza assoluta alle Cortes, gli consentiva di governare senza dover più far ricorso all'appoggio dei partiti nazionalisti.

bibliografia

L.G. Antón, España y las Españas, Madrid 1997.

X. Bastida, La nación española y el nacionalismo constitucional, Barcelona 1998.

L.D. Edles, Symbol and ritual in the new Spain. The transition to democracy after Franco, Cambridge 1998.

P. McDonough, S. Barnes, A. López Pina, The cultural dynamics of democratization in Spain, London 1998.

Politics and policy in democratic Spain: no longer different?, ed. P. Heywood, London 1999.

CATEGORIE
TAG

Unione economica e monetaria

Organizzazione terroristica

Transizione demografica

Trattato di maastricht

Bilancia dei pagamenti