SPAGNA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SPAGNA (XXXII, p. 196)

Mario DI LORENZO
Ettore DE ZUANI
Blas TARACENA
Bruna FORLATI TAMARO
Ettore DE ZUANI

Popolazione (p. 203). - Il censimento del dicembre 1940 rilevò una popolazione complessiva di 25.877.971 ab. (dens. 51,3). Un calcolo anagrafico del luglio 1947 ha dato 27.552.484 ab. (dens. 55). Le cifre per le singole provincie sono raccolte nella tabella alla pagina seguente.

L'accrescimento medio annuo è stato per il decennio 1930-40 dello 0,98%, e dello 0,92% per il periodo 1940-47. Dal principio del secolo, mentre la natalità è calata di 1/3, la mortalità è diminuita quasi del 50%; anche la nuzialità si è contratta, ma in proporzione molto minore.

Ordinamento amministrativo. - Col regime dell'Estado instaurato il 1° febbraio 1938 la Spagna ha ripreso la vecchia divisione in 50 provincias, abolendo le autonomie regionali. Ogni provincia è retta da una diputación provincial, che risulta a sua volta di ayuntamientos (municipî), i cui alcades (o sindaci) sono, come i regidores (o consiglieri), di nomina governativa. Gli ayuntamientos erano 9255 nel 1940 (invece dei 9827 del 1930).

Economia (p. 206). - Le conseguenze della lunga guerra civile si fanno ancora sentire nell'economia spagnola, anche se la sua struttura non ne è stata alterata nelle sue linee generali. Nel settore agricolo la ripartizione dei terreni è ora la seguente: 31,2% arativo, 7,8% colture arboree, 42% prato naturale, pascolo e macchia, 7,4% improduttivo, 4% case, acque, strade, ecc. Metà circa dell'arativo è coltivata a cereali, e metà dei terreni cerealicoli a frumento. Le produzioni agricole fondamentali, che hanno segnato tutte (media 1942-46) una diminuzione quantitativa rispetto alla media del decennio 1921-30, sono le seguenti: cereali (6.869.000 ha. con 55.257.000 q.), patate (391.000 ha. e 28.695.000 q.), olivo (1.970.000 ha. e 3.271.000 q. d'olio), vite (1.370.000 ha. e 16.093.000 litri), aranci (80.000 ha. e 8.946.000 q.). La produzione del tabacco, era di 14,7 milioni di q. nel 1947, quella dello sparto si aggira oggi intorno a 1,1-1,5 milioni di q.

Nel 1945 la consistenza del patrimonio zootecnico era la seguente (in migliaia di capi): ovini 24.310; caprini 6410; suini 6139; bovini 4173; muli 1100; asini 800; cavalli 600; conigli 29.870; pollame 22.876. Nel 1945 furono prodotti 498,9 mila kg. di bozzoli.

Anche la produzione mineraria rivela oscillazioni di qualche peso rispetto al 1921-30; nel complesso, tuttavia, il suo valore tende ad aumentare e nuove attività si sono andate affiancando alle vecchie. Ecco i dati relativi al 1946 (in migliaia di tonn.):

L'importanza economica della pesca è andata ancora crescendo: nel 1945 il prodotto ascese a. quasi 600 mila t. (il doppio del quinquennio 1930-34), per un valore di circa 1,3 miliardi di pesetas.

Come durante la crisi del 1914-18, la seconda Guerra mondiale ha determinato una sensibile espansione delle attività industriali, sia con lo sviluppo di quelle già in funzione, sia con la creazione di nuove. I progressi sono particolarmente cospicui nelle industrie tessili e chimiche (azotati, superfosfati) e in quelle della gomma, sempre prevalentemente, ma non più esclusivamente catalane.

Comunicazioni (p. 212). - Nel 1945 la Spagna contava 128.638 km. di strade nazionali. Nel 1946 le ferrovie in esercizio misuravano 17.557 km., dei quali 4782 a scartamento ridotto e 1541 (8%) elettrificati. Il tonnellaggio della marina mercantile è sceso (gennaio 1947) a 1,1 milioni.

Commercio estero (p. 213). - È continuato il caratteristico squilibrio della bilancia commerciale; tuttavia i due anni 1944 e 1945 (fine della crisi bellica internazionale) segnano una lieve prevalenza delle esportazioni sulle importazioni. Ecco le cifre relative a questo periodo (in milioni di pesetas).

Finanze (p. 216). - Terminata la guerra civile che aveva messo a dura prova il sistema finanziario e monetario del paese (si erano avuti 11 miliardi di pesetas di deficit nella Spagna nazionale e 23 miliardi in quella rossa tra il luglio 1936 e il dicembre 1939), si pose mano al risanamento. I conti bancarî dei territorî rossi occupati, che erano stati bloccati durante la guerra, furono in parte convertiti nella nuova "peseta nazionale" posta in circolazione dal governo franchista nel novembre 1936, in parte rimborsati con titoli di stato e in parte dichiarati non rimborsabili. Con legge 9 novembre 1939 i biglietti in pesetas nazionali emessi dal Banco di Spagna vennero dichiarati mezzo legale di pagamento con pieno potere liberatorio in tutta la Spagna e il Banco stesso venne esentato dall'obbligo dell'osservanza delle disposizioni contenute nella sua legge organica circa le garanzie e i limiti della circolazione fiduciaria; con altra legge del 13 marzo 1942 si provvide a regolarizzare la situazione contabile del Banco di Spagna. Grazie a un sensibile aumento della tassazione, è stato possibile giungere al risanamento del bilancio ordinario.

Lo stato ha peraltro dovuto sostenere, nel periodo compreso tra il 1940 e il 1947, spese straordinarie, iscritte in un bilancio a parte, per complessivi 17.251 milioni di pesetas, procurandosi i mezzi prevalentemente attraverso emissioni di prestiti pubblici. A partire dall'esercizio 1948 è stata ripristinata l'unicità del bilancio, con l'abolizione della parte straordinaria. Il debito pubblico, che alla fine del 1945 ammontava a 24,6 miliardi aveva raggiunto al 31 dicembre 1947 i 53,1 miliardi.

Recentemente è stata iniziata una riforma nel campo monetario e del credito, che ha avuto una prima fase di attuazione nella legge sull'ordinamento bancario del 31 dicembre 1946. Pur lasciando al Banco di Spagna la figura giuridica di una società per azioni, la legge in parola ha stabilito un maggior controllo da parte dello stato; non ha fissato nessun limite di copertura dei biglietti in oro e divise, ma ha posto soltanto un limite complessivo alla circolazione, da determinarsi per legge (questo limite, inizialmente di 23 miliardi, è stato gradualmente aumentato fino a 28 miliardi); ha fissato infine nuovi criterî per l'ammortamento del debito dello stato per il risanamento del 1942. Le altre banche sono state poste sotto il controllo del Ministero delle finanze, al quale, sono stati pure affidati il compito di dettare le norme generali per la politica del credito e la facoltà di porre determinati limiti all'attività bancaria.

Al 30 novembre 1948 la circolazione ammontava a 25,5 miliardi (da 4,8 alla fine del 1935 e 9,4 alla fine del 1939). Al 30 giugno 1948 i depositi bancarî a vista ascendevano a 29,1 miliardi e quelli a termine a 14,3 miliardi. Le riserve auree del Banco di Spagna, che al luglio 1936 ammontavano a 2,2 miliardi di pesetas oro (del contenuto di gr. 0.290323 di fino) si esaurirono totalmente durante la guerra civile; nel corso della seconda Guerra mondiale tuttavia, grazie al favorevole andamento della bilancia dei pagamenti e alla politica di restrizioni valutarie perseguita dal governo, dette riserve sono andate gradualmente ricostituendosi, fino a raggiungere, nel 1945, l'importo di 1,2 miliardi di nuove pesetas, rimasto successivamente invariato. Il controllo dei cambî, in vigore fin dal 1931, venne inasprito nel corso della guerra civile e affidato nel 1939 a un ente di nuova creazione, l'Istituto español de moneta extranjera, posto alle dipendenze del Ministero per l'industria e il commercio. Nel dicembre 1947, per rinforzare la debole posizione della peseta sul mercato internazionale, sono state disposte (come già nel 1937) la cessione della valuta estera e dell'oro e la denuncia dei titoli esteri in possesso dei privati.

Il cambio ufficiale della peseta è fisso dal luglio 1942 sulle cifre di 10,95 e 11,22 pesetas per dollaro, rispettivamente, per gli acquisti e le vendite. Dall'agosto 1946 è pure in vigore un cambio preferenziale per scopi turistici di 16,40 e 16,81 pesetas per dollaro. Nel dicembre 1948 è stato introdotto per le operazioni commerciali un complesso sistema di cambî multipli, con tassi variabili da 12,59 a 21,90 pesetas per dollaro per le esportazioni e da 13,14 a 27,375 pesetas per dollaro per le importazioni. La Spagna non fa parte del Fondo monetario internazionale.

Bibl.: E. Latronico, Spagna economica: oggi e domani, Milano 1938; E. Aunos, L'Espagne contemporaine, Parigi 1939; J. Vicens Vives, España Geopolítica del Estado y del Imperio, Barcellona 1940; A. Ramos Oliveira, Politics, Economics and Men of Modern Spain, Londra 1946. Per le finanze v. le relazioni annuali del Banco di Spagna e quelle del Banco Urquijo.

Storia (XXXII, p. 196; App. I, p. 1010).

La fine della guerra civile. - Con la battaglia dell'Ebro la guerra civile entrò nella sua fase conclusiva.

Essa cominciò con l'offensiva dell'esercito eatalano il 25 luglio 1938 contro le linee tenute dalle forze di Franco lungo il corso del fiume; verso la metà di agosto le forze repubblicane (gen. Vicente Rojo) riuscirono a penetrare per oltre 25 km. lungo un fronte di circa 60; ma, iniziatasi il 19 agosto la controffensiva, diretta personalmente da Franco, l'avanzata dei repubblicani fu contenuta; per due mesi si combatté con accanita violenza da ambo le parti, finché alla fine di ottobre l'esercito catalano, che aveva perduto circa 80.000 uomini, dovette ritirarsi sulla riva destra del fiume. Gli ultimi combattimenti della grande battaglia dell'Ebro si ebbero alla metà di novembre e una ventina di giorni dopo il gen. Franco aveva già terminato i preparativi della sua offensiva generale. L'antivigilia di Natale Franco diede l'ordine dell'attacco su tutto il fronte con sei corpi di esercito, uno dei quali costituito da legionarî italiani al comando del gen. Gambara. Il gen. Roio fu colto di sorpresa e non poté opporre che una debole resistenza; il giorno di Natale il fronte repubblicano era stato già rotto in varî punti nelle provincie di Lérida e di Tarragona; nei giorni successivi cadevano una dopo l'altra le principali posizioni nemiche, Borjas Blancas, Tortosa, Reus, Manresa, Sitges; il 25 gennaio 1939 le truppe franchiste passavano il fiumicello Llobregat, estrema difesa di Barcellona, e il 26 entravano nella capitale catalana. I repubblicani tentarono di arginare l'impetuosa avanzata lungo il fiume Ter, ma il 5 febbraio cadeva anche Gerona e il 10 la bandiera spagnola coi colori della monarchia veniva issata sulla frontiera pirenaica, a Bourg Madame. Il governo di Negrín, ch'era riuscito a lasciare Barcellona poco prima che la città cadesse nelle mani del nemico, riparò in Francia donde ritornò di lì a qualche giorno a Madrid.

Comandante dell'esercito di Madrid, in sostituzione del gen. Miaja, divenuto comandante supremo della zona centrale, era stato nominato il colonnello Casado, ufficiale di carriera e considerato come uno dei migliori tecnici militari spagnoli. In lui Negrín, che rappresentava l'estrema tendenza comunista della lotta ad oltranza, trovò non un collaboratore ma un avversario; d'altra parte, dappertutto si avvertivano sintomi di stanchezza e un gran desiderio di pace. Il 1° marzo giunse la notizia che il presidente Manuel Azaña si era dimesso; e poiché nella capitale aumentava il disordine, il colonnello Casado si fece promotore di un "Consiglio nazionale per la difesa", che decise di iniziare trattative con Franco per una pace "degna e onorevole". Il 6 marzo Negrín si dimise e partì in aeroplano per Tolosa insieme col ministro degli Esteri Alvarez del Vayo. Tuttavia il contrasto fra Casado e i comunisti di Madrid, più che mai risoluti a continuare la lotta, si aggravò e portò al conflitto violento per le vie della capitale. Dominata con le armi la situazione, Casado il 18 marzo iniziò trattative, ma Franco fece sapere che non avrebbe accettato se non una resa senza condizioni e poiché la risposta tardava sferrò l'offensiva finale. Il 28 il suo esercito entrava nella capitale quasi senza incontrare resistenza; fra il 29 e il 30 cadevano le ultime posizioni repubblicane. Il 1° aprile si pubblicava l'ultimo bollettino con l'annuncio della fine della guerra e qualche giorno dopo Franco faceva il suo ingresso a Madrid. La guerra civile era costata alla Spagna oltre un milione di vittime e incalcolabili rovine.

La situazione internazionale della Spagna franchista. - Ancora durante la guerra civile il governo di Franco era stato riconosciuto dalle repubbliche del Salvador e di Guatemala (8 novembre 1936), dall'Italia e dalla Germania (18 novembre 1936) e dal Portogallo (11 maggio 1938). Dopo lunghe trattative iniziate dopo la caduta di Barcellona (26 gennaio 1939), fu raggiunto un accordo anche col governo francese e da Parigi inviato, con credenziali di ambasciatore, il maresciallo Pétain, particolarmente gradito agli Spagnoli che ricordavano la sua collaborazione nella campagna marocchina del 1924. Di lì a poco anche l'Inghilterra riconobbe il governo di Franco e mandò un ambasciatore nella persona di sir Maurice Peterson. Il 17 marzo Franco concluse col Portogallo un patto di amicizia e di non aggressione della durata di dieci anni e il 27 dello stesso mese diede la sua adesione al Patto antikomintern. L'8 maggio, seguendo la politica delle potenze dell'Asse, anche la Spagna usciva dalla Società delle Nazioni. Nello stesso mese cominciò il definitivo rimpatrio dei volontarî italiani. Il 10 luglio G. Ciano partiva per la Spagna per incontrarsi a San Sebastiano con Franco.

Politica interna. - I falangisti, inebriati dalla vittoria, miravano ad imporsi in ogni settore della vita nazionale. Lo stato spagnolo assunse la denominazione di "nazional-sindacalista" e venne deciso che il caudillo, oltre che dal governo, fosse assistito anche dal consiglio nazionale della Falange; agli Esteri il conte Jordana venne sostituito dal generale Beigdeber; nel nuovo governo prevalsero i ministri falangisti e fu creato anche un ministro segretario del partito nella persona del gen. Muñoz Grandes. I problemi da risolvere erano molti e tutt'altro che facili; i più urgenti erano l'alimentazione e la pacificazione del paese (nei primi tempi si trovavano rinchiusi nelle prigioni spagnole circa 300.000 detenuti politici e le fucilazioni erano sempre numerosissime), la ripresa dei normali rapporti con le potenze che avevano sempre avversato il regime franchista durante la guerra civile, la restaurazione dell'erario, la ricostruzione delle regioni devastate dalla guerra.

La guerra mondiale. - Lo scoppio della seconda Guerra mondiale non poteva che aggravare la situazione interna della Spagna: prima di tutto perché i paesi impegnati nel conflitto non avrebbero più potuto inviare quegli aiuti di cui gli Spagnoli avevano urgente bisogno, in secondo luogo perché nell'urto fra due mondi e due ideologie la posizione della Spagna franchista era tutt'altro che facile; sentimentalmente spinta, da una parte, verso le potenze dell'Asse, era piuttosto incline, dall'altra, ad una politica di neutralità.

Subito dopo l'invasione della Polonia da parte della Germania, anche Franco volle fare l'ultimo tentativo per salvare la pace del mondo e diresse una nota alle potenze belligeranti per chiedere di evitare in tutti i modi l'estensione del conflitto. La nota rimase senza risposta e di lì a poco la Spagna decretò la "non belligeranza". L'invasione della Francia e l'arrivo delle truppe tedesche alla frontiera pirenaica crearono al governo spagnolo nuovi e gravi problemi, anche perché aumentavano da parte delle potenze dell'Asse le pressioni per il suo intervento. Gli elementi più accesi della Falange andavano intanto svolgendo in tutto il paese una violenta campagna per Gibilterra, per la realizzazione delle aspirazioni spagnole nel Mediterraneo e in Africa. Trovava quindi buon terreno in certi ambienti politici, specie in quelli che facevano capo a Serrano Suñer, la propaganda a favore dell'Asse degli emissarî nazisti e fascisti.

Nell'estate del 1940 aumentarono le pressioni su Franco per assicurarsi l'intervento spagnolo, che avrebbe permesso alla Germania di occupare Gibilterra e di chiudere almeno una porta del Mediterraneo (per le trattative fra Germania e Italia e Spagna per l'intervento di questa in guerra, cfr. guerra mondiale, in questa seconda App., I, pp. 1115-1118; alla p. 1146 è esposto anche il piano militare tedesco "Felice"). Ma tutto l'atteggiamento del governo spagnolo faceva intendere che esso voleva soprattutto guadagnar tempo senz'assumere impegni precisi.

Con l'inizio della campagna di Russia (22 giugno 1941) fu deciso l'invio di un corpo di 12.000 volontarî falangisti, la "divisione azzurra", al comando del gen. Muñoz Grandes e un acceso discorso anticomunista, pronunciato da Serrano Suñer, sfociò in una violenta dimostrazione davanti all'ambasciata britannica, tanto che l'ambasciatore Samuel Hoare fu costretto a formulare una energica protesta.

Nella primavera del 1942 arrivò a Madrid il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti, il professor Carlton J. H. Hayes della Columbia University. I rapporti fra il nuovo ambasciatore e Franco furono subito avviati nei termini più amichevoli: questi tenne soprattutto a chiarire come la "non belligeranza" spagnola significasse soltanto che il paese, per nulla neutrale nella lotta contro il comunismo, era invece deciso a non partecipare al conflitto fra le potenze dell'Asse e il mondo anglosassone.

Sul finire dell'estate, in seguito a un attentato commesso a Bilbao da alcuni estremisti della Falange durante una cerimonia funebre in onore dei caduti tradizionalisti nella guerra civile, Serrano Suñer lasciava il Ministero degli esteri, che veniva ripreso dal conte Jordana, notoriamente più favorevole agli Anglosassoni che ai Tedeschi.

La prova decisiva per la "non belligeranza" spagnola si ebbe in occasione dello sbarco degli Alleati in Africa l'8 novembre. Quando avvenne lo sbarco, le ambasciate degli S. U. e dell'Inghilterra si affrettarono a rassicurare il governo di Madrid che le Nazioni Unite non avevano nessuna intenzione di violare la neutralità spagnola. Franco a sua volta diede le più ampie assicurazioni sull'atteggiamento della Spagna.

Nel mese di dicembre il conte Jordana si recò in visita ufficiale a Lisbona e fra i due governi vennero fissate le basi per un "blocco peninsulare": accettando di collaborare apertamente col Portogallo, fedele alleato dell'Inghilterra, la Spagna veniva a definir meglio la sua posizione nei confronti delle potenze dell'Asse.

La caduta del fascismo e l'armistizio dell'8 settembre 1943 ebbero ripercussioni anche in Spagna: Madrid continuò a riconoscere il governo italiano legittimo, rappresentato dall'ambasciatore Giacomo Paulucci de' Calboli, che il 13 ottobre ebbe l'incarico di consegnare all'ambasciatore tedesco la dichiarazione di guerra alla Germania, ma mantenne anche rapporti ufficiosi con gli agenti del governo di Salò, i quali avevano anzi l'appoggio e le simpatie dei falangisti. Ad ogni modo la Falange andava a poco a poco perdendo terreno e alcuni indizî lasciavano anche supporre che Franco stesse preparando qualche riforma, per dare al suo governo un orientamento più liberale e consono ai tempi che andavano maturando. Dopo lo sbarco degli Alleati in Francia e in seguito alle pressioni degli ambasciatori d'Inghilterra e degli Stati Uniti, fu ritirata la "divisione azzurra" dal fronte russo, fu ridotta al minimo l'esportazione del wolframio in Germania, furono liberate le navi da guerra italiane che dopo l'armistizio si erano rifugiate nelle Baleari, venne chiuso il consolato tedesco a Tangeri e decretata l'espulsione degli agenti nazisti che, specie nelle città costiere, si dedicavano al sabotaggio e allo spionaggio. Successivamente venne sciolta la giunta politica della Falange, furono soppresse la carica di ministro segretario del partito e la Vicesecretaría de Educacion Popular e fu abolito anche il saluto romano. Il 3 agosto 1944 morì improvvisamente a San Sebastiano il ministro degli Esteri Jordana e fu sostituito dall'ambasciatore José F. Lequerica, un basco monarchico e liberale con scarse simpatie per la Falange; egli mostrò fin dai primi giorni le migliori disposizioni a continuare la politica del suo predecessore, apertamente favorevole alle potenze anglosassoni. Di lì a qualche mese il governo spagnolo rompeva i rapporti col Giappone.

Dopo la guerra mondiale. - Finita la guerra mondiale, il problema della Spagna e del regime franchista fu ripreso nei dibattiti internazionali e si accesero vivaci polemiche intorno alla sola dittatura di tipo fascista rimasta in Europa. In America e in Inghilterra si accusava Franco di aver aiutato durante la guerra le potenze dell'Asse. Da parte sua Franco, che aveva già sciolto le principali istituzioni del partito e allontanato gli uomini più compromessi, dichiarava che il falangismo non era mai stato fascismo, ma piuttosto una forma di vita tipicamente spagnola. Sulla fine del 1945 si cominciò a parlare anche di un prossimo ritorno della monarchia, che avrebbe permesso una pacifica liquidazione del regime dittatoriale, ma il pretendente Don Juan si affrettò a dichiarare che non avrebbe mai accettato il trono da un plebiscito organizzato da Franco e che sarebbe ritornato in Spagna solo in seguito a libera decisione degli Spagnoli.

Il governo repubblicano dell'emigrazione. - Nel frattempo gli emigrati politici repubblicani che durante il conflitto mondiale si erano trovati dispersi in varî paesi d'Europa e d'America, si poterono finalmente riunire. Ai primi del 1945 si ebbero i primi approcci e dopo lunghe discussioni e vivaci polemiche i 140 deputati superstiti delle ultime Cortes repubblicane vennero convocati a Città del Messico il 15 agosto. Fu eletto alla presidenza della repubblica nominale spagnola il radicale Martinez Barrio, ch'era stato l'ultimo presidente delle Cortes, e fu incaricato l'ex presidente del consiglio José Giral di formare il nuovo governo. Ai primi di novembre Giral presentava alle Cortes un gabinetto di unione nazionale, approvato per acclamazione. Nel febbraio 1946 il nuovo governo nominale, già riconosciuto da quattro stati americani, Messico, Venezuela, Guatemala e Panamá, si trasferì in Francia insieme col presidente della repubblica.

La Spagna nella nuova situazione internazionale. - Il 27 febbraio 1946 veniva chiusa la frontiera franco-spagnola e ai primi di marzo veniva diramata dal Ministero degli esteri britannico una dichiarazione, formulata congiuntamente dai governi inglese, francese e americano, nella quale si conveniva che sin quando il potere fosse rimasto nelle mani di Franco e non fosse stata sciolta la Falange, il popolo spagnolo non sarebbe stato associato alle libere nazioni democratiche. Di lì a qualche tempo, su richiesta della Polonia, della questione spagnola venne investito anche il Consiglio di sicurezza delle N. U., mentre d'altro lato fu deciso il ritiro degli ambasciatori da Madrid, pur senza rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali. Le misure adottate furono però praticamente inefficaci e servirono piuttosto a rafforzare all'interno la posizione di Franco, in quanto egli poté far appello allo spirito patriottico spagnolo.

Nei successivi sviluppi della situazione politica internazionale la questione spagnola passò in secondo piano e a poco a poco si viene smorzando anche il calore delle primitive polemiche intorno al regime franchista, in quanto, a parte il merito che gli è da molti riconosciuto di aver tenuto la Spagna estranea al conflitto, è ormai evidente che il generale Franco non si regge tanto per l'appoggio del popolo o dell'esercito, quanto piuttosto sull'interesse politico-strategico che la Spagna rappresenta, di fronte al contrasto sempre più aspro fra occidente ed oriente. Nel febbraio 1948, dopo circa due anni, è stata riaperta la frontiera franco-spagnola e fra i due paesi nell'agosto è stata firmata la convenzione per il traffico aereo; in questi ultimi tempi si è avuta anche una notevole distensione nei rapporti fra la Spagna e le altre potenze occidentali.

Il problema dinastico e la nuova legge costituzionale. - Il problema dinastico è entrato intanto in una fase nuova e forse risolutiva, da quando il 31 marzo 1947 Franco annunciò la restaurazione della monarchia, assumendo provvisoriamente le funzioni di capo dello stato, assistito da un consiglio di reggenza. Il progetto di legge, approvato alle Cortes per acclamazione, fu sottoposto a referendum nazionale il 6 luglio coi seguenti risultati: 14.145.163 voti affermativi, 722.656 negativi, 336.592 fra astenuti e voti nulli. Dal testo della nuova legge si desume che Franco potrà rimanere a vita capo dello stato; morendo o ritirandosi lui, o si troverà una persona di sangue reale disposta a prestare giuramento alle leggi fondamentali della nazione, o si potrà nominare altra persona che soddisfi alle condizioni richieste. Questa legge non riscosse l'approvazione di Don Juan, pretendente al trono di Spagna, il quale però il 25 agosto 1948 si incontrò al largo del golfo di Biscaglia col generale Franco. Oggetto del solloquio fu la futura educazione del figlio decenne di Don Juan, Juan Carlos e, come concordato, questi alla fine di settembre si recò in Spagna per seguirvi un regolare corso di studî. È quindi da presumere che, secondo una formula di compromesso cui non sembra essere stata estranea la mediazione di Umberto di Savoia, Juan Carlos, raggiunta la maggiore età, sia designato a salire sul trono di Spagna.

Bibl.: R. Serrano Suñer, Entre Hendaya y Gibraltar, Madrid 1947; S. Hoare, Ambassador on special mission, Londra 1946; J. H. Carlton Hayes, Wartime mission in Spain, New York 1945; G. Ciano, Diario, Milano 1946; id., Diario 1937-1938, Bologna 1947; id., L'Europa verso la catastrofe, Milano 1948; M. Donosti, Mussolini e l'Europa, Roma 1945; A. Lerroux, La pequeña historia, Buenos Aires 1945; W. Churchill, Discorsi pubblici e segreti, trad. ital., Milano 1948. - In particolare per l'ultima fase della guerra civile, v. M. Aznar, Historia militar de la guerra de España, Madrid 1940; F. Belforte, La guerra civile in Spagna, 4 voll., Milano 1938-39; A. Bollati e G. Del Bono, La guerra di Spagna, I: Sino alla liberazione di Gijón, Torino 1937, II: Dalla liberazione di Gijón alla vittoria, ivi 1939; J. e J. Tharaud, Cruel Espagne, Parigi 1937; C. Campoamor, La révolution espagnole vue par une republicaine, ivi 1937; L. Sorrentino, Questa Spagna, Roma 1939; G. Vedovato, Il non intervento in Spagna, Firenze 1939; Trotsky, Leçon d'Espagne, Parigi 1946; V. Lilli, Racconti di una guerra, Milano 1941; R. Cantalupo, Fu la Spagna, ivi 1948.

Archeologia.

La Giunta superiore degli scavi e delle antichità (che fra il 1916 e il 1936 ha pubblicato 136 Memorie di scavi) è stata sostituita nel 1939 dal Commissariato generale degli scavi archeologici, che da allora ha pubblicato due fascicoli di Acta Arqueológica Hispana, quindici Informes y memorias. Altri istituti scientifici di Madrid, Barcellona, Valenza, Badajoz, delle Asturie, della Navarra, delle provincie Basche, ecc., sono aggruppati nel Consiglio superiore delle ricerche scientifiche e per la maggior parte nell'Istituto di arte e archeologia "Diego Velázquez".

Per il periodo paleolitico occupa un posto importante lo scavo della grotta di Parpalló, pubblicato e studiato da L. Pericot. Si sono avuti inoltre trovamenti nelle grotte di La Cocina, di Valenza, particolarmente interessanti per il mesolitico, pubblicati dal Pericot; La Cova Negra di Bellús in Sátiva è stata pubblicata da D. Jordá. J. Uria ha studiato il gruppo nordico asturiano di pitture di El Cuetu di Lledías; quelle orientali della zona di Cogul e della grotta di La Cocina dimostrano, secondo il Pericot, come quest'arte rupestre orientale, derivata da quella ispano-francese, divenga indipendente nel magdaleniano, quando gli indigeni riprendono l'eredità artistica degli aurignaciani e solutreani di Parpalló, creando un'arte che si schematizza e decade all'inizio del neolitico. Si devono inoltre ricordare i trovamenti di dolmen dell'Alto Ampurdán, di Torreut, di Gerona, di Monforte del Cid, di Valenza e di Ereta del Pedregal in Navarra.

All'età del bronzo appartiene un tesoro trovato casualmente a Caldas de Reyes, in provincia di Pontevedra, costituito da 28 kg. di pezzi d'oro, dei quali solo una metà poté esser salvata; comprende vasi, collane, braccialetti, una piccola giara e un pettine. Fra i trovamenti halstattiani vanno citati la necropoli catalana di El Molar (pubblicata da S. Vilaseca), gli scavi di B. Taracena e Vásquez de Parga nelle stazioni di Arguedas e Cortes nella Navarra, e la necropoli di Agullana in Gerona, studiata da Payol. Maluquer e Tomás. Pochi sono i trovamenti della colonizzazione punica e greca.

Per l'età del ferro iberica, di cui molte iscrizioni inedite sono state pubblicate da Gómez Moreno, si sono continuati scavi sia in Liria (Valenza), diretti da I. Ballester, ricchi di ceramica dipinta e iscritta, sia nella necropoli iberica della Oya de Santa Ana, di Albacete, nell'abitato di La Cregüeta in Gerona, nel Cabezo del Tío Pío, in Archena, nel Castellón di Alcocer, in Teruel e nel Turò di Rovira di Barcellona, contribuendo a chiarire il discusso problema cronologico della ceramica iberica. Per la seconda età del ferro celtica, si sono fatti scavi con ritrovamenti di case circolari nel tardo castro di Coaña in Asturia (pubblicati da A. García y Bellido); a Monte Bernorio (del periodo posthalstattiano), in Palencia; a Echauri e Javier in Navarra; a Yecla in Burgos. Si è avuto anche un trovamento casuale di un tesoretto di gioielli argentei a Drieves in Guadalajara.

Per il periodo romano sono proseguiti con intensità gli scavi di Ampurias sotto la direzione di M. Almagro; si sono scoperti larghi resti delle mura di Cesare, un piccolo anfiteatro extra muros e una sontuosa dimora di epoca imperiale. Ad Almenara di Adaja, nel Valladolid, si è scoperta in parte una ricca villa romana, e Serra Rafols ha pubblicato lo scavo della villa di Fortunatus di Fraga. A Ontur, Albacete, e in sepolture di fanciulli di una necropoli romana, si sono avuti oggetti molto interessanti, come quattro bambole di avorio e una di ambra. B. Taracena e Vázquez de Parga hanno scavato intieramente una villa di Liédena, e pubblicato i resti romani di questa provincia di Navarra, come anche lo scavo dell'importante palazzo di Clunia.

Bibl.: Molti degli scavi e scoperte sono pubblicati in riviste, fra cui si ricordano: l'Archivio Español de Arqueología di Madrid, che si occupa di preferenza di protostoria e di archeologia classica; Ampurias di Barcellona, dedicata soprattutto alla preistoria e alla protostoria; le serie Memorias; Trabajos varios; Archivo de Prehistoria Levantina, di Valenza; Principe de Viana, di Pamplona, miscellanea di studî storici e archeologici; Boletín del Seminario de Estudios de Arte y Arqueología de l'Universidad de Valladolid, dedicato alla storia dell'arte; Saitabi, edita dall'università di Valenza; Cuadernos de Estudios Gallegos, pubblicati dall'Istituto Padre Sarmiento. L'Istituto Diego Velázquez ha iniziato alcune pubblicazioni in serie come la Carta Arqueológica de España, vol. I, Provincia de Soria, a cura di B. Taracena, Valenza 1941, vol. II, Provincia de Barcelona, a cura di M. Almagro, J. Serra, J. Colominas, ivi 1945; il Corpus Vasorum Hispanorum, fasc. I, Azaila, a cura di J. Cabré, Madrid 1944. Per il paleolitico: L. Pericot, La Cueva del Parpalló, Madrid 1942; id., in Archivo de Prehistoria Levantina, II, 1945, p. 39-71; D. Jordá, ibid., p. 11-29; J. Uriá, in Informes y Memorias, n. 6. Per i monumenti megalitici: Leisnier, Die Megalithergräber der Iberischen Halbinsel, Berlino 1943. Per il tesoro di Caldas de Reyes, v. Bonza Brey, in Atlantis, XVI, Madrid 1941. Per la civiltà fenicia e greca: A. García y Bellido, Fenicios y Cartagineses en Occidente, Madrid 1942; id., Hispania Greca, Barcellona 1947. Per l'età del ferro e iscrizioni: Gómez Moreno, Miscelaneas. La escritura ibérica y su lenguaje, Madrid 1948. Per Coaña: A. García y Bellido, in Arch. Esp. de Arqueología, 1940, p. 188-216; 1941, pp. 188-217; 1942, pp. 216-244.

Letteratura (XXXII, p. 257).

Al termine della guerra civile (aprile 1939) alcuni scrittori erano stati fucilati (Federico García Lorca e Ramiro de Maeztu fra i migliori); altri erano fuggiti in esilio (Ramón Gómez de la Serna, Ramón Pérez de Ayala, Luis Araquistain, Juan Ramón Jiménez, Salvador de Madariaga, Américo Castro, Pedro Salinas, José Bergamín, Rafael Alberti, José Ferrater Mora, ecc.).

Molti libri sono stati scritti sulla guerra civile: si ricordano fra i migliori Una isla en el mar rojo di W. Fernández Flórez, tradotto anche in italiano (Milano 1942) e Madrid de corte a ceka di Augustín Foxá, pure tradotto in italiano (Milano 1943). Ma forse il più profondo e umano è un libretto, Españoles en Paris, che Azorín (José Martínez Ruiz) pubblicò al suo ritorno dalla Francia, dove si era rifugiato allo scoppio della rivoluzione del 1936: tutta la guerra vista con la tristezza dell'emigrante più povero e sconsolato; una guerra della quale non si parla neppure, come se si trattasse di una disgrazia in famiglia; guerra senza quadro eroico, ridotta a un tragico gioco del caso, a un infinito desiderio di pace e di bontà. Azorín è uno dei tre ultimi superstiti, con Jacinto Benavente e Pio Baroja, della generazione del 1898; e il volume che a lui ha dedicato Ramón Gómez de la Serna (Madrid 1930, nuova ed. con aggiunte, Buenos Aires 1944) è in certo modo il ritratto di tutta quella generazione che ha dato le opere più vitali della moderna letteratura spagnola. Ramón Gómez de la Serna, oggi in Argentina, non vi appartiene né per età né per temperamento, ma più e meglio di molti altri ha saputo capirne lo spirito e riviverne il dramma. Pio Baroja ha già scritto 94 opere; gli ultimi suoi romanzi, Susana, 1940, e Laura o la soledad sin remedio, 1941, ispirati a un generico anticomunismo, sono piuttosto mediocri; ora egli non ha forse più niente da dire, ma si sfoga scrivendo le sue memorie letterarie, piene di rancori, di amarezze e di risentimenti. Jacinto Benavente, dal 1939 ad oggi ha rappresentato undici nuovi lavori drammatici, fra i quali La honradez de la cerradura; Los niños perdidos en la selva; Don Magín, el de las magías; Aves y pájaros: ma non ha aggiunto nulla alla sua gloria di fortunato autore di teatro.

Recentemente è rientrato in Spagna anche il filosofo José Ortega y Gasset. Fra le sue opere di questi ultimi anni: Estudios sobre el amor, 1941; Historia como sistema e Esquema de las crisis, 1941, trad. ital., Milano 1946; Teoría de Andalucía, 1941; Prólogo a un libro de caza, 1946.

Tra le opere di storia, critica letteraria, filologia e varia erudizione pubblicate dopo la guerra civile sono particolarmente notevoli: l'edizione critica della magistrale traduzione di Juan Boscán del Cortegiano di Baldassar Castiglione, a cura di Angel González Palencia (Madrid 1944); un volume di Juan Estelrich su Juan Vives, il filosofo spagnolo del Rinascimento (Madrid 1941); saggi critici di Ramón Menéndez Pidal (La lengua de Cristóbal Colón, Madrid 1942 e Poesía juglaresca y juglares, Buenos Aires 1942); La vida turbulenta de Quevedo di Luís Astrana Marín (Madrid 1945); César Borgia di Antonio J. Onieva (ivi 1944); Felipe IV y su época di Bernardino de Pantorba (ivi 1944); Cristóbal Colón di Antonio Ballesteros Beretta (ivi 1945); El Cardenal Julio Alberoni di Luciano Taxonera (ivi 1946); Alfonso X y Sancho di Gonzalo Torrente Ballester (ivi 1945) e alcuni volumi di saggi critici di Guillermo Díaz Plaja: Introducción al estudio del romanticismo español, 1939; El espíritu del barroco, 1940; La poesía lírica española, 1940; Hacia un concepto de la literatura española, 1942.

Il primo serio movimento letterario della generazione del dopoguerra spagnolo fu quello della rivista Escorial (Madrid, fra il 1941 e il 1944); vi si raccoglievano intorno poeti come Dionisio Ridruejo, Gerardo Diego, Adriano del Valle, Dámaso Alonso, narratori come Juan Antonio Zunzunegui, Emiliano Aguado, José María Sánchez Silva, Samuel Ros (m. 1945), Rafael García Serrano (autore di un volume di racconti sulle corride, Los toros de Iberia, e di un romanzo sulla guerra, La fiel infantería), Gonzalo Torrente Ballester, Eugenio Montes, che nel 1944 pubblicò un volume particolarmente significativo sull'Italia, Melodía italiana; critici e saggisti come Pedro Laín Entralgo, Pedro Mourlane Michelena, Antonio Marichalar e José L. Aranguren, autore di un ampio saggio sulla filosofia di Eugenio d'Ors (Madrid 1945). Anche se la rivista ha cessato le pubblicazioni, si può dire che in certo modo ha assolto in Spagna la funzione che ha avuto in Italia la Ronda (nell'altro dopoguerra: ritrovare una tradizione che si era quasi perduta.

Anche nella letteratura narrativa ci sono oggi indizî di una buona ripresa: Juan Antonio Zunzunegui ha pubblicato fra il 1940 e il 1946 tre dei più fortunati romanzi del dopoguerra spagnolo: El chiplichandle (storpiatura dialettale bilbaina dell'inglese shipchandler), ¡Ay... estos hijos! e El barco de la muerte. Basco di origine e di formazione, Zunzunegui è il romanziere di Bilbao, del suo porto e delle sue rías; tutto un mondo ch'egli scopre e descrive con una prosa rapida, viva, colorita. Ramón Ledesma Miranda ha scritto con Almudena uno dei più bei romanzi sulla Madrid ottocentesca, con un'andatura fogazzariana e la grazia del più castizo romanticismo. Ignacio Agustí, catalano, direttore della rivista barcellonese Destino, ha iniziato invece con Mariona Rebull, 1944, e El viudo Rius, 1946, la storia di un personaggio e di una famiglia di Barcellona del primo Novecento, che comprenderà quattro romanzi: ciclo balzacchiano che va sotto il titolo La ceniza fué arbol. José Pla, che per molti anni scrisse in catalano, ha pubblicato recentemente, in castigliano, parecchie opere: memorie della vecchia Catalogna, interpretazioni del paesaggio catalano, biografie di pittori e commentarî su temi di varia umanità.

Il romanziere che ha costituito veramente il "caso letterario" di questi ultimi anni, è Camilo José Cela, oriundo della Galizia (IriaFlavia, 1916), passato di colpo alla celebrità, a 25 anni, col romanzo La familia de Pascual Duarte, 1941, trad. ital., Roma 1944; seguirono altri due romanzi, Pabellón de reposo, 1942, e Nuevas andanzas de Lazarillo de Tormes, 1944; un volume di racconti, Esas nubes que pasan, 1945, e un libro di versi, Pisando la dudosa sombra, 1945 La sua narrativa rientra nella migliore tradizione picaresca e c'è in lui anche il tormento, l'inquetudine, l'asprezza del più valido Baroja. Altro romanzo particolarmente fortunato è Nada, Barcellona 1943, di Carmen Laforet, che a 24 anni ha, con esso, avuto uno dei più ambiti premî letterarî (il "Premio Nadal") ed uno dei maggiori successi di pubblico; romanzo interessante e nuovo anche per la tecnica; lontano dalla tragedia picaresca del Cela, ma di atmosfera ugualmente accesa e torbida.

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