Spettacoli per ragazzi: cinema

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

spettacoli per ragazzi: cinema

Bruno Roberti

Bambini e adolescenti tra realtà e fantasia

Il mondo del cinema e le storie raccontate sullo schermo hanno sempre affascinato il pubblico più giovane; a sua volta il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza è stato spesso fonte di ispirazione per i registi cinematografici. Da un lato, quindi, la predisposizione a fantasticare tipica della prima età si è rispecchiata in quel sogno a occhi aperti che è il cinema; dall’altro, la sensibilità e l’innocente apertura alla vita di una mente infantile sono state adottate come punto di vista privilegiato per raccontare realtà a volte anche drammatiche

Monelli e ribelli

Protagonisti o destinatari? Esiste un cinema sui ragazzi e un cinema per i ragazzi. Nel primo caso si tratta di film incentrati esplicitamente sul mondo dei ragazzi, sulla loro sensibilità e i loro problemi. Nel secondo si fa riferimento a film pensati, realizzati e destinati esclusivamente o principalmente a un pubblico che va dall’infanzia alla prima adolescenza. In generale, il cinema sui ragazzi evidenzia gli aspetti drammatici della storia e l’ambiente realistico. Al contrario, il cinema per i ragazzi privilegia l’elemento avventuroso o favolistico.

Ragazzini terribili. Fin dalle origini del cinema la rappresentazione della figura del ragazzo ha assunto i tratti caratteristici del monello, ribelle e impertinente. Tra le prime, brevissime pellicole proiettate a Parigi nel 1895 dagli inventori del cinematografo, i fratelli Louis e Auguste Lumière, vi era L’innaffiatore innaffiato: un piccolo film comico dove si vede un ragazzino terribile che architetta uno scherzo ai danni di un adulto.

Nel primo lungometraggio di Charlie Chaplin, Il monello (1921), il vagabondo Charlot trova per strada un bambino abbandonato, lo salva dall’orfanotrofio e gli insegna ad arrangiarsi mediante piccoli espedienti. Tra i due, entrambi ‘senza famiglia’, nasce così un commovente sentimento di solidarietà e di complicità.

La ribellione dei ragazzi contro le regole imposte da un’educazione repressiva è il tema di Zero in condotta (1934) di Jean Vigo. Nel film i ragazzi di un collegio organizzano una rivolta contro i superiori e rovinano la festa delle autorità in visita all’istituto. Il loro ammutinamento diventa un grido di libertà contro i soprusi e un inno alla fantasia.

Tra favola e avventura

La fantasia è una facoltà tipica dell’infanzia e le fiabe stimolano e appagano il bisogno di fantasticare. Nel mondo moderno spesso il cinema ha preso il posto della favola, proponendosi come mito e come modello e fornendo quel bagaglio di immagini di cui la mente dei bambini è avida.

La suggestione fiabesca è stata trasferita sullo schermo mediante la magia dei colori e la grazia del disegno dei film di animazione di Walt Disney (cartone animato), ma il cinema spesso ha anche attinto ai classici della letteratura per ragazzi.

La piccola Dorothy di Il mago di Oz (1939) di Victor Fleming, dal libro di Lyman F. Baum, si lascia trasportare sulle ali della propria immaginazione per trovare una felicità che il mondo familiare non le offre più. Mentre in Le avventure di Tom Sawyer (1938) di Norman Taurog, dal romanzo di Mark Twain, Tom da un lato può continuare a ordire spensierati dispetti ai danni della zia, dall’altro deve imparare a difendersi dalla persecuzione di un torvo assassino.

In Le avventure di Oliver Twist (1948) di David Lean, dal romanzo di Charles Dickens (nuovamente portato sullo schermo da Roman Polanski nel 2005), un orfanello finisce in una banda di ladri bambini vittime delle angherie di un losco malfattore nei bassifondi della Londra ottocentesca.

Tutti questi film sono avvincenti perché animati da un profondo spirito d’avventura. L’incalzare delle peripezie mette alla prova i giovani protagonisti in un percorso che contribuisce alla loro formazione e li prepara all’ingresso nella vita adulta. Grande importanza assume a volte l’assenza della figura del genitore, sostituito nel corso della vicenda da un personaggio dalla forte personalità che assume il ruolo di educatore e di guida.

Nobili e orfani

In Lord Fauntleroy (1936) di John Cromwell, dal romanzo di Frances H. Burnett, un ragazzo newyorkese, fin troppo vivace e indisciplinato, alla morte del padre viene mandato in Inghilterra per diventare un perfetto, piccolo lord sotto la guida del nonno. Capitani coraggiosi (1937) di Victor Fleming, da Rudyard Kipling, racconta le avventure di un capriccioso ragazzo aristocratico scampato a un naufragio a cui un ruvido, ma affettuoso marinaio insegna ad affrontare i misteri del mare e a riconoscere i valori essenziali della vita.

A volte, però, l’incanto della favola si fonde con l’amarezza della realtà. In Il giardino segreto (1949) di Fred M. Wilcox, ancora da Frances H. Burnett, Mary, rimasta orfana, saprà far tornare rigoglioso il misterioso giardino scoperto nell’austera tenuta dello zio, così come ridonerà la gioia di vivere al cuginetto malato. In Il covo dei contrabbandieri (1955) di Fritz Lang il piccolo John, anch’egli orfano, è invece vittima delle mire del poco raccomandabile tutore, dedito al contrabbando e deciso ad accaparrarsi l’eredità misteriosa del ragazzo.

Sogni a occhi aperti

I ragazzi hanno bisogno di sogni e il mondo quotidiano va loro stretto, come ha mostrato François Truffaut, uno dei più importanti registi del cinema moderno. Il suo film I quattrocento colpi (1959) accompagna con emozione e delicatezza l’affacciarsi alla vita di Antoine Doinel, un adolescente incompreso, che si scontra con un ambiente ostile e finisce in riformatorio.

Questo indocile ragazzo trova nel cinema e nei libri un rifugio e un’ancora di salvezza. In una scena del film Antoine, insieme a un amico, ruba un manifesto all’uscita di un cinema: con questa immagine Truffaut rievoca un proprio ricordo d’infanzia, dal quale emerge quella sua voglia di sognare e di evadere che lo avrebbe portato da adulto a fare il regista.

Fuga dalla realtà

Agli occhi dei bambini il mondo si presenta a volte spietato e assurdo, inaccettabile non soltanto perché oppressivo ma anche perché incomprensibile. È ricorrendo al sogno e alla fantasia che i bambini trovano una consolazione, perché sognando e affidandosi ai giochi dell’immaginazione la realtà viene sostituita con il mondo immaginario (narrazioni fantastiche).

I banditi del tempo (1981) di Terry Gilliam racconta così la straordinaria avventura di un ragazzino che, annoiato dalla televisione, si trova a compiere un fantastico viaggio attraverso le diverse epoche storiche, accompagnato da sei misteriosi nani. In La storia infinita (1984) di Wolfgang Petersen Bastian ama fantasticare sui libri: s’imbatterà in un libro magico e finirà per avventurarsi tra le sue pagine, scoprendo il regno di Fantàsia. In La storia fantastica (1987) di Rob Reiner il piccolo Jimmy è costretto a letto con l’influenza. Il televisore si è rotto, così Jimmy, su suggerimento del nonno, si deciderà a leggere un libro e si ritroverà catapultato in un mondo fantastico.

Con il progredire della tecnica cinematografica, la rappresentazione di mondi fantastici è diventata sempre più suggestiva grazie agli effetti speciali e al loro potere di stupire attraverso le immagini. A partire dal 2001 è arrivato sugli schermi il personaggio di Harry Potter, creato nei suoi libri da Joanne K. Rowling, maghetto in erba educato alle arti stregonesche in un immaginario collegio. Negli stessi anni la saga di Il signore degli anelli, basata sui romanzi di John R. R. Tolkien, è stata portata sullo schermo con i suoi mondi e i suoi esseri immaginari grazie a una tecnologia raffinata e alla scatenata fantasia del regista Peter Jackson. Con gli effetti speciali creati al computer è stato inoltre possibile simulare l’esistenza di creature mitologiche, ma anche di esseri umani, in film come Polar Express (2004) di Robert Zemeckis e Le cronache di Narnia (2005) di Andrew Adamson, dal ciclo fantasy dello scrittore Clive S. Lewis.

Lo sguardo degli innocenti

All’indomani della tragedia della Seconda guerra mondiale ci si trovò di fronte a un mondo da ricostruire. Anche il cinema contribuì a questa ricostruzione e i registi sentirono il bisogno di restituire attraverso i film non soltanto la realtà intorno a sé, ma anche una luce di speranza. Nel cinema italiano nacque un nuovo modo di raccontare la vita che si definì neorealista e questo sguardo rinnovato sulla storia spesso si identificò con la purezza dello sguardo infantile. Con il neorealismo il mondo dei bambini e dei ragazzi offrì una propria visione del mondo, dotata di una sua autonomia.

Nel finale di Roma città aperta (1945), film che racconta la resistenza di uomini e donne contro la crudeltà delle truppe naziste che occuparono la capitale negli ultimi anni del conflitto, il regista Roberto Rossellini affida il senso della speranza nel futuro al gruppo di ragazzi che si avviano in silenzio, a testa bassa e tenendosi per mano verso la città, dopo aver assistito alla barbara fucilazione del loro amico sacerdote da parte dei soldati tedeschi. In Proibito rubare (1948) di Luigi Comencini è un giovane prete a ridare dignità e speranza ai giovanissimi sbandati cui è stata sottratta l’infanzia, costituendo una comunità di ragazzi nei vicoli della Napoli del dopoguerra.

Ragazzi sulle strade e strade piene di incertezze e di lutti si ritrovano in un capolavoro del neorealismo: Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica. Testimoni e vittime della storia, i ragazzi possono diventare il simbolo della ricostruzione, le uniche figure innocenti alle quali si può affidare il compito di aprire nuove strade.

Nuovi amici, nuove famiglie

Ma in altri film i bambini non sanno adattarsi al mondo violento che li circonda. Protagonista di I figli della violenza (1950) di Luis Buñuel è un ragazzo uscito dal riformatorio che, diventato succube di una banda di teppisti, non trova il modo per crescere ed emanciparsi. L’infanzia di Ivan (1962) di Andrej A. Tarkovskij racconta invece la solitudine e la morte di un ragazzino che ricrea in un gruppo di partigiani quella famiglia che gli è stata sottratta dalla guerra.

Il cinema ha saputo raccontare la solitudine dei bambini anche quando questa viene espressa in modi bizzarri: come nel caso del piccolo protagonista di Il tamburo di latta (1979) di Volker Schlöndorff, che sceglie di comunicare soltanto suonando un tamburo e si rifiuta di crescere.

In E.T. l’extra-terrestre (1982) di Steven Spielberg la solitudine e la paura che l’extraterrestre – inavvertitamente lasciato sulla Terra dai suoi compagni – prova nei confronti degli umani è in qualche modo simile al timore del piccolo Elliott nei confronti degli adulti, mentre invece alieno e bambino riusciranno a comprendersi perfettamente.

In Il ladro di bambini (1992) di Gianni Amelio un giovane carabiniere accompagna una ragazzina di undici anni e il fratellino verso un orfanotrofio. Durante il lungo viaggio dal Nord al Sud dell’Italia, a poco a poco i tre formano una specie di nuova famiglia basata sulla forza che nasce dalla solidarietà. È grazie a questa forza che lo sguardo del bambino può diventare uno sguardo di attesa e di speranza, e quindi di liberazione.

Vietato ai maggiori

I film, oltre che divertire, possono insegnare molte cose. Ma per comprenderli occorre riuscire a coglierne ogni aspetto. Occorre, cioè, un’educazione all’immagine, in alcuni casi affidata agli insegnanti nelle scuole. Questo obiettivo è anche alla base di esperienze come il Giffoni film festival (in provincia di Salerno), in cui i più piccoli non costituiscono solo il pubblico ma anche la giuria che assegna i premi.

In Iran esiste una sezione cinematografica dell’Istituto per lo sviluppo intellettuale dei bambini e degli adolescenti che ha consentito al cinema di sopravvivere pur in situazioni assai difficili, e che ha permesso a un regista oggi molto apprezzato come Abbas Kiarostami di realizzare bellissimi film educativi che puntano l’obiettivo sulla condizione sociale e psicologica dei ragazzi.

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