SPINTA DELLE TERRE

Enciclopedia Italiana (1936)

SPINTA DELLE TERRE (fr. poussée des terres; sp. empuje de las terras; ted. Erddruck; ingl. earth-pressure)

Gino BURO

Se un terrapieno è limitato da una superficie inclinata all'orizzontale, scarpa, l'azione del peso proprio tende a produrre uno scoscendimento delle particelle che lo costituiscono. A quest'azione si oppongono le due forze di attrito e di coesione, che si esercitano tra le singole particelle, permettendo a queste di rimanere in equilibrio, purché l'inclinazione della scarpa non superi un certo limite. Se invece questo limite è superato, se si vuole impedire uno scoscendimento è necessario sostenere le terre con un muro, che viene perciò detto muro di sostegno; su di esso il terrapieno esercita una pressione che è chiamata spinta delle terre o più propriamente spinta attiva delle terre, per distinguerla dalla resistenza che oppone un masso di terra a un muro che sia spinto contro di esso, per es., la spalla di un arco, detta spinta passiva delle terre.

Il peso proprio delle terre è variabile entro ampi limiti con la natura delle terre stesse e aumenta col loro grado di umidità e di costipamento; esso può facilmente determinarsi caso per caso, pesando un campione della terra in esame.

Anche l'attrito varia con la natura e col grado di umidità delle terre. Generalmente esso aumenta col grado di umidità, ma se questo supera un certo limite (per es., terre pantanose, melma) esso decresce rapidamente sin quasi ad annullarsi.

La determinazione dell'angolo di attrito si compie accumulando una certa quantità di terra sciolta su di un piano orizzontale: questa si dispone formando un cono circolare, la cui superficie laterale presenta la massima inclinazione su cui le particelle di terra restano in equilibrio e perciò vien detta scarpa naturale o natural declivio delle terre; l'angolo da essa formato col piano orizzontale è l'angolo di attrito.

Nella tabella seguente riportiamo i valori medî del peso proprio, angolo di attrito e coefficiente di attrito per le terre che più comunemente s'incontrano nella pratica:

Generalmente nelle terre, specie se sono dotate di un certo grado di umidità e di costipamento, si manifesta anche la forza di coesione, che può raggiungere valori elevati, permettendo al terrapieno di restare in equilibrio con una scarpa ad inclinazione molto maggiore di quella corrispondente alla scarpa naturale.

La resistenza di coesione riportata all'unità di superficie è detta grado o coefficiente di coesione e la sua grandezza varia moltissimo con la natura e col grado di umidità delle terre; inoltre l'azione degli agenti atmosferici tende ad annullarla.

Nella pratica occorre in genere sostenere con muri terre sciolte in cui la coesione non ha certamente grande influenza e perciò nella ricerca della spinta esercitata dal terrapieno si prescinde da essa.

Ch. A. de Coulomb nel 1773 diede una prima soluzione del problema della spinta delle terre, per il caso particolare di un masso di terra sciolta e incoerente, limitato superiormente da una superficie piana orizzontale e sostenuto da una parete verticale. La sua teoria, detta del prisma di massima spinta, fu ampliata e generalizzata nel 1840 da J. V. Poncelet e fu seguita da molti studiosi. Notevoli contributi le furono apportati da J. J. Weyrauch (1878) e da Alquist (1885).

Un indirizzo affatto diverso seguì nello studio di quel problema W. J. M. Rankine (1856) derivandone la soluzione dalle leggi dell'equilibrio degli ammassi di materie polverulente e omogenee. I suoi studî, continuati da M. Lévy (1869), A. G. Considère (1870), Ch. O. Mohr (1871), E. Winkler (1872), V. J. Boussinesq (1876), J. J. Weyrauch (1881), sono noti sotto il nome di teoria del masso illimitato.

Le due teorie oggi, dopo gli ultimi perfezionamenti apportati all'esposizione di Poncelet, coincidono nei risultati, e meritano di essere conosciute ambedue.

Teoria del prisma di massima spinta. - Il Coulomb prende in esame un terrapieno limitato superiormente da una superficie piana orizzontale BM (fig. 1), e sostenuto da un muro ABCD col paramento interno AB verticale e suppone che, cedendo il muro, si stacchi dal masso un prisma di terra ABX secondo un piano di scorrimento AX passante per il piede della parete. Per determinare la posizione del piano di scorrimento, cerca quale degl'infiniti prismi, che si possono considerare, produce la spinta massima. Da ciò ha tratto il nome questa teoria.

Ci riferiamo a una striscia di muro larga un metro.

Assunta come traccia del piano di scorrimento la retta AX, che forma l'angolo β con la parete AB, scriviamo le equazioni di equilibrio per il prisma ABX. Le forze applicate sono: il peso proprio P = yhx/2, dove γ è il peso specifico della terra, h l'altezza del terrapieno e x la misura del segmento BX; la reazione Q della parete eguale e opposta alla spinta esercitata contro di essa dal terrapieno e supposta normale alla parete stessa; la reazione R del piano AX, inclinata dell'angolo di attrito ϕ sulla normale ad AX e che possiamo decomporre nella componente N secondo la normale e nella fN giacente sul piano AX.

Proiettando le forze una prima volta sull'orizzontale e una seconda volta sulla verticale si ottengono le due equazioni:

Da queste, sostituendo le espressioni:

si ottiene l'espressione di Q in funzione di x:

Uguagliandone a zero la derivata rispetto ad x si rileva che per:

tale funzione ammette il suo valore massimo dato da:

Dall'espressione di x si rileva anche che il piano di scorrimento divide per metà l'angolo formato dalla parete AB con la scarpa naturale della terra A M.

Se si calcola la massima spinta Qz per un'altezza generica z di parete si ottiene, analogamente al risultato precedente:

Ne segue che la spinta agente sull'elemento di parete di lunghezza unitaria e di altezza dz (fig. 2) vale:

Dividendo quest'ultima per dz risulta l'espressione della pressione unitaria σ sulla parete in funzione della profondità z:

Il diagramma delle pressioni sulla parete è quindi triangolare e, di conseguenza, la linea d'azione della spinta risultante per l'intera parete, Qmax, dovendo passare per il baricentro del diagramma, dista di 2 h/3 dal piano superiore.

Nella teoria di Coulomb non c'è accenno a come si ripartisca la pressione R sul piano di scorrimento AX.

A tale riguardo però, si può osservare che al variare di h il poligono di equilibrio si mantiene simile a sé stesso, mentre le lunghezze dei suoi lati, e quindi anche di R, variano proporzionalmente al quadrato di h (fig. 1). Ne segue che, analogamente a quanto è stato dimostrato per Q, anche l'intensità della pressione R sul piano di scorrimento varia proporzionalmente alla profondità h dando così luogo a un diagramma triangolare e quindi il suo punto di applicazione è a ⅔ di AX a partire da X.

Si può constatare quindi che le tre forze Q, R e P passano per uno stesso punto, come è necessario per l'equilibrio del prisma.

Il procedimento di Coulomb può anche essere applicato alla ricerca della spinta passiva; basta invertire il senso della resistenza di attrito fN, cioè cambiare nell'espressione di Qmax l'angolo ϕ in − ϕ, ottenendosi così per la spinta passiva Qp l'espressione:

il punto di applicazione sulla parete rimanendo immutato.

L'equilibrio relativo alla spinta attiva è detto equilibrio limite inferiore, nel senso che il valore della spinta è il minimo ammissibile compatibilmente con l'equilibrio del masso; se la reazione della parete fosse minore di tale valore, essa non sarebbe sufficiente per impedire la caduta del masso. L'equilibrio relativo alla spinta passiva è detto equilibrio limite superiore, perché il valore della spinta è il massimo compatibilmente con l'equilibrio del prisma; aumentando l'azione della parete contro il masso si avrebbe uno scorrimento di questo verso l'alto.

Per un masso di terra non esiste quindi un solo stato di equilibrio, ma sono possibili infiniti stati, compresi tra l'equilibrio limite inferiore e l'equilibrio limite superiore e a ciascuno di essi corrisponde un valore di Q compreso tra i valori della spinta attiva e della spinta passiva. Il piano di scorrimento ruota in corrispondenza tra le due posizioni limiti determinate rispettivamente dal formare con la verticale l'angolo di 45° − ϕ/2 oppure 45° + ϕ/2 nel caso della spinta attiva o della spinta passiva.

La teoria di Poncelet riguarda il caso generale di un terrapieno limitato superiormente da una superficie qualunque a generatrici orizzontali B, E, F, G, H (fig. 3), e sostenuto da un muro con paramento interno AB a scarpa. La teoria suppone che, cedendo il muro, si distacchi dal masso un prisma di terra ABX secondo il piano di scorrimento AX inclinato dell'angolo α all'orizzontale, agendo nel primo istante alla maniera di un cuneo tra il terrapieno e il muro. Per tale ragione la reazione Q della parete sarà inclinata dell'angolo ϕ1 alla normale della parete medesima, se con ϕ1 s'indica l'angolo di attrito tra terra e muratura. Le forze applicate al prisma, oltre la Q, sono il peso proprio P e la reazione R del masso sottostante, inclinata dell'angolo ϕ alla normale al piano di scorrimento.

Per l'equilibrio del prisma il poligono delle forze 012 deve risultare chiuso. Trasformato il poligono ABEFX in un triangolo equivalente AKX con il vertice K sul prolungamento di FG, si conduca il segmento AT normale a KX. Il peso P del prisma risulterà allora:

Sul segmento BA si costruisca in A l'angolo BÂO = ϕ + ϕ1, e sia O il punto d'incontro della retta AO col prolungamento di FG; quindi dal punto X si conduca la XX1 parallela ad AM. I due triangoli AXX1 e 012 risultano simili perché ambedue gli angoli XÂX1 e ???021 risultano eguali a β + ϕ + ϕ1 e gli angoli ???X1XA e ???012 risultano eguali a α − ϕ.

Dall'eguaglianza dei due triangoli risulta:

e sostituendo il valore di P:

Conduciamo ora da K la KK1 parallela ad AM. Dalla similitudine dei tre triangoli OKK1, OXX1 e OMA si ricava:

Sostituendo questi valori nell'espressione di Q si ottiene:

Il prodotto ???AT•???OM non è altro che il doppio dell'area del triangolo AOM, per cui, dividendo per ???AM, l'espressione che ne risulta ???AT•???OM /???AM rappresenta l'altezza di tale triangolo relativa alla base ???AM, altezza che si può anche esprimere mediante ???OA•sen OÂM. Dipendentemente l'espressione di Q assume la forma:

in cui il valore massimo di Q corrisponde al valore massimo del rapporto ???K1X1•???AX1/OX1.

Posto ???OA = a, ???OK1 = k e ???OX1 = x risulta:

Questa espressione ammette un massimo per x = √ak, cioè quando il segmento ???OA1 è medio proporzionale tra ???OA e ???OK1, e tale massimo risulta eguale ad a + k − 2 √ak. Si ha allora per il valore della massima spinta:

ed essendo:

si ha in definitiva:

Quindi per determinare la spinta Qmax secondo la teoria di Poncelet, vale il seguente procedimento (fig. 3):

Supposto che il punto X cada sul lato FG, si prolunghi questo lato sino a incontrare in un senso la retta AM di natural declivio e nell'altro la retta AO, che forma l'angolo ϕ + ϕ1 con la parete AB. Si trasformi il poligono ABEFM nel triangolo equivalente AKM e da K si tiri la KK1, parallela ad AM. Costruendo la media proporzionale tra OK1 e OA si ottiene il segmento AX1.

Tirando da X1 la X1X parallela ad AM, il punto X dovrà cadere entro il lato FG, conformemente alle previsioni. Altrimenti bisognerà ripetere la costruzione riferendosi a un altro lato.

Il diagramma delle pressioni sulla parete risulta ancora triangolare e il centro di pressione cade quindi alla profondità di ⅔•h.

Tutte le considerazioni che precedono pongono per l'equilibrio del prisma di terra solamente la condizione che il poligono delle tre forze P, Q e R risulti chiuso, mentre, com'è noto, è necessario anche che le tre forze passino per uno stesso punto.

Inoltre l'angolo tra la Q e la normale della parete viene assegnato ad arbitrio, secondo Coulomb uguale a zero e secondo Poncelet uguale all'angolo ϕ1 di attrito tra terra e muratura, e ciò spesso conduce all'assurdo che le tre forze P, Q, R non passino per uno stesso punto.

La determinazione del reale angolo d'inclinazione δ della Q alla normale alla parete spetta ad Alquist. Questi pose le due condizioni che la spinta risultasse massima e che le tre forze passassero per uno stesso punto e assunse per incognite l'inclinazione alla verticale del piano di scorrimento e l'angolo δ.

Risultò che nel caso di parete verticale la spinta è parallela alla superficie superiore del masso. Inoltre dimostrò che nel caso di parete inclinata il piano di scorrimento coincide con quello relativo alla parete verticale e la spinta contro la parete inclinata è la risultante della spinta contro la parete verticale fittizia passante per il piede della parete reale e del peso del prisma di terra compreso tra la parete reale e la fittizia.

Terrapieni sovraccaricati. - Supponiamo che sul terrapieno insista un sopraccarico ripartito uniformemente di p kg. per mq. Si fa l'ipotesi che su un qualunque prisma di terra ABX insista solamente la porzione di sopraccarico limitata dalle verticali di B e di X (fig. 4). Basta quindi sostituire al peso del generico prisma quello che si ottiene aumentandolo del peso che insiste su di esso o, ciò che è lo stesso, attribuire alla terra un peso specifico γ1 maggiore dell'effettivo peso γ, che si ottiene dalla relazione:

e quindi:

se con h s'indica l'altezza del sovraccarico ridotto in terra.

In base a questo peso specifico γ1 si eseguono le operazioni già indicate.

Teoria del masso illimitato. - Questa teoria studia le condizioni di equilibrio in un masso di terra omoogeneo, dotato di attrito, ma privo di coesione, limitato superiormente da un piano e illimitato nelle altre direzioni. Il piano superiore può essere inclinato all'orizzontale di un angolo naturalmente non superiore all'angolo di attrito della terra.

Per ragioni di simmetria, attraverso un qualsiasi piano verticale passante per una linea di massimo pendio del piano superiore non possono trasmettersi che sforzi normali; inoltre, se consideriamo due di quei piani verticali, distanti un metro tra di loro, per l'equilibrio del masso interposto si debbono equilibrare a due a due le pressioni relative a elementi corrispondenti di quei due piani. Immaginiamo di tagliare ulteriormente il masso con un piano parallelo al piano superiore e con due piani verticali passanti per due rette orizzontali del piano superiore e consideriamo l'equilibrio del parallelepipedo di terra che ne risulta (fig. 5). Le forze agenti sulle facce parallele al piano del disegno, per quanto già detto, si fanno tra loro equilibrio; le pressioni agenti sulle altre due facce verticali AB, CD ammettono risultanti che per l'ipotesi dell'indefinita estensione del masso e della sua omogeneità saranno eguali, ma di senso contrario, e applicate a eguale profondità, e siano decomposte nelle S e − S parallele al piano superiore e V e − V verticali; la reazione contro la faccia inferiore BC sarà anch'essa ripartita uniformemente e la sua risultante potrà scindersi nella R verticale e nella T tangenziale. Il peso del prisma sia P.

Uguagliando a zero la somma delle forze parallele al piano superiore, poiché S e − S si equilibrano tra loro, risulta T = 0 e uguagliando a zero la somma delle forze verticali risulta R = P. Inoltre per l'equilibrio, alla rotazione deve essere V = 0. Quindi la pressione contro un piano verticale è parallela al piano superiore e la pressione su di un piano parallelo al piano superiore è verticale ed è misurata dal peso del prisma di terra sovrastante.

Se poi consideriamo l'equilibrio di uno strato compreso tra due piani AABB′ infinitamente vicini (fig. 6) e paralleli al piano superiore, poiché le pressioni sulle facce AA′ e BB′ e il peso d P dello strato si equilibrano, risulteranno pure eguali e opposte le pressioni elementari sulle facce verticali. Quindi le pressioni che si esercitano su elementi eguali di un piano verticale e posti a eguale profondità sono eguali.

Dello strato AA′ e BB′ consideriamo il tratto di lunghezza elementare compreso tra due piani verticali mm′ e nn′ (fig. 7). L'equilibrio avverrà per le quattro forze agenti sulle facce, trascurando il peso proprio, infinitesimo di ordine superiore. Se dagli spigoli m′ e n si conducono i piani mp e nq perpendicolari ai piani AA′, BB′ si vengono a formare due elementi prismatici triangolari sulle cui facce pm e nq operano pressioni verticali eguali e opposte come pure sulle facce mm′ e nn′; quindi anche sulle facce pm′ e nq debbono agire forze eguali e parallele.

Prendendo in esame le forze che agiscono sulle quattro facce dell'elemento parallelepipedo pm qn, decomponiamo le forze ρ1 che agiscono sulle facce pn e mq nelle componenti normali σ1 e tangenziali τ1, e analogamente le forze ρ2, agenti sulle facce mp e nq in σ2 e τ2. Per l'equilibrio alla rotazione del prisma deve essere τ1 = τ2.

Ciò premesso resta possibile determinare σ e τ per un elemento piano qualsiasi ca la cui direzione formi un angolo α con la direzione dell'elemento ab, parallelo al piano superiore Ox (fig. ), quando si conoscano le forze ρ1 e ρ2. In effetti conosciamo solamente ρ1 = y distanza del piano superiore dalla faccia ab (a meno del fattore γ) e τ2 = τ1; assegneremo quindi un valore arbitrario a σ2; determineremo in seguito i valori accettabili.

Le dimensioni dei lati del triangolo abc siano 1 per ab, tang α per bc, 1/cos α per ca. Le forze agenti saranno σ1, τ1 sulla faccia ab, σ2 tang α, τ1 tang α, sulla faccia bc, σ/cos α, τ/cos α sulla faccia ca.

Costruiamo il poligono delle forze seguendo l'ordine τ1 tang α, τ1, σ1, σ2 tang α, σ/cos α, τ/cos α. Prolungati i lati 0-1 e 3-4 a incontrarsi in M, se dal vertice 5 si conducono le 5-U e 5-V rispettivamente normali a M-0 e M-4, si ha 5-U = τ, 5-V = σ e U-V = ρ. L'angolo δ d'inclinazione delle forze alla normale alla faccia è UV̂5 = UM̂5.

Osserviamo che, pur variando α, la posizione dei punti H e K resta invariata e l'angolo H???5K rimane retto e che quindi mentre α varia di 180° il punto 5 descrive il circolo individuato da H, 2, K. Tracciato questo circolo è facile trovare i valori di ρ′, e delle sue componenti τ′ e σ′, e di δ′ per qualsiasi elemento ac′ passante per a. A tale scopo si conduce da H la H5′ a incontrare la My in 0′ e si prolunga la K5′ sino a incontrare la Mx in 4′; sarà 0′1234′5′0′ il nuovo poligono di equilibrio, e saranno M5′ = ρ′, 5′U′ = τ′, UM = σ′, ???5′MU′ = δ′. Per semplicità si omette questa seconda costruzione nella fig. 8.

Se il punto 5 coincide con A risulta τ = 0 e σ acquista il valore minimo σmin = MA. Se invece il punto 5 coincide con B, è anche τ = 0, ma σ = σmax = MB. Gli elementi corrispondenti HA e HB (fig. 9) si dicono elementi principali e sono sottoposti solamente a pressioni normali; le pressioni sopra definite si dicono pressioni principali e la loro espressione analitica si ricava facilmente dalla fig. 9:

Per gli elementi HC e HD la pressione normale è media:

e la tangenziale è rispettivamente massima e minima:

Essi sono intercalati a 45° tra gli elementi principali.

Per gli elementi HE e HF si ha il valore massimo di δ definito dalla:

e per essi si ha anche:

Questi elementi formano con HA, direzione di σmax, angoli di 45° − δmax/2.

Il valore di δmax, naturalmente, non può superare il valore dell'angolo di attrito ϕ, perché sia possibile l'equilibrio nel masso, e quindi per σ2 sono ammissibili solamente valori per cui risulti δmax ≤ ϕ. Quando δmax = ϕ le terre sono al limite di equilibrio. A tale valore di δmax corrisponde un cerchio passante per i punti H e 2, simmetrici rispetto a My e le cui tangenti per M formano con My angoli eguali a ϕ. Di tali cerchi se ne possono tracciare due (fig. 10), ambedue corrispondenti a uno stato limite di equilibrio: il cerchio di centro O1, cui corrisponde il valore minore di σmin, corrisponde allo stato di equilibrio limite inferiore, perché l'equilibrio non potrebbe sussistere diminuendo ancora il valore di σmin; il cerchio di centro O2, cui corrisponde il valore massimo di σmax, corrisponde allo stato di equilibrio limite superiore, perché l'equilibrio sarebbe turbato da un ulteriore aumento di σmax.

Ogni altro cerchio per cui δmax risulti minore di ϕ rappresenta uno stato di equilibrio possibile, intermedio tra i due limiti.

Per determinaie i centri O1 e O2, per dati valori di ϕ e di y, si conducono dal punto M la retta My normale alla linea superiore Mx del terreno, il segmento verticale MH = y e la retta ML1 formante con My l'angolo ϕ. Per il punto H si traccia CN parallela a Mx e su di essa si prende il segmento N2 = NH. Costruita la media proporzionale tra CH e C2 si riporta questa dall'una e l'altra banda di C sulla ML1 in E1 e E2, che sono i punti di contatto dei due cerchi con la tangente ML1. Le normali a ML1 condotte dai punti E1 e E2 tagliano la My nei due centri cercati O1 e O2.

In seguito a quanto è stato detto, volendo determinare la pressione che le terre si trasmettono attraverso un piano ideale AB (fig. 11), in uno stato di equilibrio limite, basta determinare la pressione unitaria e la sua direzione per un elemento qualunque del piano AB, costruendo per esso il circolo del corrispondente stato limite di equilibrio. Restano così determinate anche le pressioni unitarie su tutti gli elementi del piano AB perché hanno la stessa direzione e grandezza proporzionale alle profondità y dei corrispondenti elementi. Rappresentando quindi la detta pressione ρ con un segmento PQ normale ad AB e costruito il triangolo ABN con il lato AN passante per Q, questo rappresenterà con le sue ordinate rispetto ad AB il diagramma delle pressioni ridotte in terra. Il baricentro del triangolo ABN definirà poi la linea d'azione della pressione totale.

Nella ricerca della spinta esercitata da un terrapieno contro una parete, però, bisogna tener conto che condizione di applicabilità della teoria del masso illimitato è che la direzione della pressione principale σmax per l'elemento al piede della parete sia contenuta nell'interno del masso sostenuto.

Bibl.: C. Ceradini, Meccanica applicata alle costruzioni, Milano 1912; C. Guidi, Lezioni sulla scienza delle costruzioni, parte 5ª, Torino 1929; A. Ciappi, Meccanica applicata alle costruzioni, Roma 1933.