Stabilizzatore dell'umore

Dizionario di Medicina (2010)

stabilizzatore dell’umore


Farmaco che ha la proprietà di agire sul tono dell’umore, sia operandone una stabilità nel tempo, che attuando un miglioramento della condizione patologica di partenza (depressione, ansia, agitazione). Agitazione e ansia sono osservabili in alcuni tumori del lobo temporale e dell’ipotalamo; la labilità del tono dell’umore e in particolare la depressione del suo tono globale si manifestano spesso nelle lesioni (ictus) dell’emisfero dominante, solitamente il sinistro; in quasi tutti gli altri casi non si rileva precisa patologia organica cerebrale, per cui la terapia si attua sui meccanismi fisiopatologici che producono tali alterazioni: essi coinvolgono i neurotrasmettitori che agiscono prevalentemente sul sistema limbico e le sue proiezioni corticali.

Meccanismi d’azione degli stabilizzatori dell’umore

Gli stabilizzatori di membrana, categoria ascrivibile ai farmaci antiepilettici, fra i quali l’acido valproico e la carbamazepina sono le molecole più importanti, inibiscono scariche ripetitive prolungate indotte dalla depolarizzazione delle membrane neuronali. Il gabapentin, antiepilettico e antinevralgico, agisce aumentando la biodisponibilità del GABA. Il litio agisce sui canali del sodio a livello di membrana, ma il suo preciso meccanismo d’azione non è noto; esercita forse un’azione sulle ammine cerebrali e nei meccanismi intracellulari di proteine con funzioni di messaggero; inibisce gli enzimi proteinchinasi cerebrali. Sia l’acido valproico che il litio interagiscono nel nucleo dei neuroni con i fattori che regolano l’espressione genica. Studi effettuati, dopo il successo clinico dell’acido valproico e della carbamazepina, su altri farmaci anticonvulsivanti (lamotrigina, topiramato) riguardano il GABA come neurotrasmettitore chiave di tipo inibitorio a livello centrale.

Terapia dei disturbi del tono dell’umore

Il disturbo bipolare è la patologia più grave che necessita della terapia con gli s. dell’u., associati ad altri farmaci. Il litio è il presidio di prima scelta, in alternativa viene impiegata la carbamazepina. I disturbi maniacali richiedono trattamento con questa classe di farmaci, solitamente acido valproico o carbamazepina. La depressione maggiore e le psicosi possono richiedere rispettivamente l’associazione di un antidepressivo o di un neurolettico con un farmaco stabilizzatore, che non costituisce mai, comunque, il cardine della terapia: il controllo di picchi alternanti del tono dell’umore è indipendente dal controllo dell’ideazione. In particolare, l’uso del litio nella depressione maggiore di tipo melanconico è sempre complementare alla terapia con antidepressivi triciclici o SSRI. Una benzodiazepina, il clonazepam, viene usata per il controllo immediato dell’eccitazione maniacale.