STAMPA DEI TESSUTI

Enciclopedia Italiana (1936)

STAMPA DEI TESSUTI

Luigi CABERTI

. Per stampa dei tessuti (fr. impression; sp. impresion; ted. Zeugdruck; ingl. printwork) s'intende l'arte di decorare una stoffa, qualunque ne sia la natura o la qualità, con disegno a uno o più colori applicabili su essa con mezzi diversi.

Le origini di quest'arte, che fu quasi certamente preceduta da quella della tintura (v. tintura), rimontano alla più remota antichità: con molta verosimiglianza, la culla di tutti i metodi applicati nella stampa dei tessuti fu l'India, sebbene non manchino autori che ne fanno risalire l'invenzione ai Cinesi. A ogni nodo è certo che Plinio riferisce che gli Egiziani erano assai esperti nella fabbricazione di tessuti tinti e decorati con disegni varî e variamente colorati, mediante applicazione di mordenti e successiva tintura con sostanze naturali, verosimilmente garanza e indaco. I tessuti indiani decorati, i cui disegni erano eseguiti a mano, furono conosciuti in Europa sotto il nome francese di indiennes molto anticamente, certo molto prima che fossero fatti i primi tentativi per produrre qualche cosa di simile o per imitarli in un modo qualunque. Sarebbe difficile stabilire in quale epoca precisa e dove si videro in Europa i primissimi saggi di quest'arte: molto probabilmente essi cominciarono contemporaneamente in parecchi paesi, dove ebbero carattere piuttosto di pitture su stoffa, anziché di vera stampa, tanto vero che il nome di toiles peintes, usato per lungo tempo a indicare questa produzione, precedette di molto quello di tissus imprimés. Da campioni esistenti nel Kensington Museum si rileva che saggi di tela stampata si ebbero in Sicilia già nel sec. XIII: un campione di tessuto di cotone, di cui è fatto menzione nel trattato di A. Sansone, Printing of Cotton Fabrics (Manchester 1887), tessuto offerto da sir J. Lee all'autore, proverebbe che, in Italia, l'arte di stampare tessuti, mediante impiego di pennelli e di stampi in legno, era conosciuta certamente nel sec. XVI; d'altra parte, in Inghilterra alla Compagnia delle Indie furono, nel 1619, 1634 e 1675, concesse licenze per la produzione di indiennes stampate: nel 1689 una manifattura di queste stoffe fu stabilita presso Neuchâtel; nel 1746 i fratelli Koechlin fondavano a Mulhouse la loro fabbrica di tessuti stampati, che doveva, in seguito, assurgere a riputazione universale; nel 1738 sorse la prima manifattura in Scozia e nel 1763 la prima in Manchester.

Comunque, tutta questa produzione era fatta lavorando a mano, sia all'incirca come una pittura, sia in forma più industriale, con stampi di legno applicati a mano sulla stoffa, dopo averli passati su telai imbevuti di colore. Naturalmente la produzione ottenuta con questi mezzi non poteva che essere assai limitata: non fu che dopo l'introduzione dei mezzi meccanici che si poté parlare di una vera e propria industria della stampa su tessuti. Le tappe, che l'adozione di mezzi meccanici percorse, possono essere brevemente indicate così: verso il 1790, J. Leitenberger creò la prima macchina a stampi; segui nel 1830 il Perrot di Rouen, con la sua macchina, cui rimase il nome di "perrotine", la quale, ripresa dal Hummel di Berlino, fu da questo assai perfezionata, così che se ne ebbero modelli a movimento alternativo e modelli a movimento rotativo, che ancora oggi trovano applicazione in alcuni rami della produzione. Nel frattempo, l'idea trovata e brevettata dallo scozzese Bell di una macchina a cilindri di rame (in un brevetto da lui chiesto nel 1783 è descritto un modello capace di stampare fino a sei colori) si diffondeva dappertutto e in breve numerosi esemplari di macchine di questo tipo, successivamente perfezionate, furono installati in Inghilterra, in Germania, in Svizzera, in Francia (ricordiamo i pionieri Livesey, Hargraves, Hall e C. di Preston, Leitenberger di Reichstadt, i fratelli Herosé di Aarau, l'Oberkampf di Jouy in Francia, la Manifattura di Wesserling in Alsazia).

L'impulso dato dall'adozione delle macchine a cilindri fu così grande e così esteso, che, nonostante che in taluni paesi, come in Inghilterra, una legge speciale (promulgata nel 1720, abrogata nel 1774) vietasse alle donne di vestirsi con tele stampate e la produzione fosse colpita con tasse abbastanza gravose, già nel 1830 la produzione inglese saliva a 8 milioni annui di pezze di 25 yards ciascuna e nel 1840 a ben 16 milioni.

Non molto dopo tale industria trovava, nella scoperta dei coloranti artificiali, un'altra spinta formidabile che solo sul principio del XX secolo doveva arrestarsi, avendo raggiunto in tutti i paesi industriali una estensione straordinaria, di cui può dare un'idea il numero delle macchine da stampare, che nel solo distretto industriale di Manchesier ammontavano verso il 1900 a oltre 500, di cui molte a 10-12 e fino a 14 colori.

In linea generale i principali procedimenti necessarî alla stampa di un tessuto si possono riassumere nei due seguenti: stampa propriamente detta, ossia applicazione del colore sul tessuto; fissaggio del colore (vaporizzaggio) e fissaggio complementare. Operazioni preparatorie sono il candeggio, la mercerizzazione, la cimatura; operazioni di finitura, i lavaggi, l'asciugamento e l'appretto.

Classificazione dei tessuti stampati. - La produzione degli articoli stampati potrebbe essere classificata in diversi modi, sia secondo i mezzi meccanici impiegati, sia secondo le sostanze coloranti usate, sia secondo il metodo usato per fissarle, sia ancora secondo il genere del tessuto. Tuttavia la classificazione più razionale è la seguente: 1. articoli stampati su fondo bianco, detti a stampa diretta; 2. articoli corrosi o riservati, cioè stampati su fondi tinti, sia mediante riserve, sia mediante corrosioni.

I tessuti a stampa diretta comprendono tutti quegli articoli nei quali la decorazione uni- o pluricolore è fatta su tessuto bianco, cioè sottoposto a candeggio (v.) e abbracciano una serie amplissima di generi che va da quelli destinati all'abbigliamento sia maschile sia femminile ai tipi che rappresentano il risultato più alto, più perfetto cui può giungere la collaborazione della tecnica con l'arte, i tessuti cioè destinati all'arredamento e specialmente usati per tappezzerie, per guarnizioni di mobili, nei quali la gamma dei colori da una media di 7-8 giunge, in non rari casi, fino a 14; ciò vuol dire che, tenendo conto delle cosiddette sovrapposizioni, che si ottengono per mezzo dell'incisione, il colorista può disporre, per l'esecuzione del suo lavoro, di 24-26 e talora più colorazioni. Ed è precisamente in questo campo che, da alcune fabbriche, specialmente alsaziane e inglesi, si sono visti uscire, su tessuti di alto valore, dei veri capolavori d'arte e di tecnica i quali, specialmente con l'adozione dei colori ultrasolidi, possono, sotto ogni rapporto, gareggiare con i famosi arazzi dei Gobelins. Caratteristica di tutti questi articoli è che il fondo del tessuto è e rimane, nella quasi universalità dei casi, bianco: fanno eccezione alcuni articoli, per i quali, quasi sempre durante le operazioni di finitura, si dà al fondo una leggerissima colorazione (crema, avorio antico, rosa o verde pallidissimo, ecc.).

Per gli articoli invece cosiddetti tinti e riservati o corrosi, si potrebbe quasi dire che la loro decorazione viene ottenuta in senso inverso, poiché i tratti, sia bianchi, sia colorati che compongono il disegno, si ottengono o preservando il fondo dall'azione della tintura, mediante stampa di sostanze che costituiscono precisamente le cosiddette "riserve", o distruggendo la colorazione del fondo, per sostituirvi il bianco e gli altri colori, che costituiranno i tratti del disegno, da cui il nome di articoli "corrosi", perché le sostanze usate per la stampa corrodono o distruggono la colorazione del fondo. A questa serie appartengono quasi esclusivamente articoli destinati all'abbigliamento; rarissimamente vi si trovano generi indicati per la decorazione di mobili o per tappezzeria: si possono in questo campo menzionare alcuni articoli che talune fabbriche, specialmente olandesi, producono a imitazione dei cosiddetti "batiks" provenienti dalle Indie Orientali.

È opportuno osservare qui, che, in tesi generale, tutti questi articoli, ottenuti sia per stampa diretta, sia per riserva o corrosione, si producono così su tessuti di cotone, come su tessuti di lana, di seta, di lino e di fibre artificiali: l'effetto finale e la maniera di decorare sono molto simili, se non uguali, per tutti: variano solamente le sostanze coloranti impiegate, i mezzi usati per fissarle sulla stoffa, i metodi di finitura, ecc. In questa produzione che varia sia qualitativamente sia quantitativamente da un'epoca all'altra, secondo i dettami della moda, la massa di gran lunga maggiore è costituita ora, come nel passato, da tessuti di cotone (circa l'80%); in questi ultimi anni poi, all'enorme preponderanza dei tessuti di cotone, si è venuta ad aggiungere la produzione ormai imponente delle stoffe fabbricate con le fibre artificiali.

Preparazioni precedenti la stampa. - Salvo casi eccezionali, i tessuti destinati alla stampa sono sottoposti alle operazioni di digrezzatura e di candeggio. Quando si tratti di articoli fini, destinati specialmente all'abbigliamento, ora si procede, quasi sempre, anche alla sua mercerizzazione. Da ultimo, e sempre per gli articoli fini, il tessuto, prima della stampa, viene sottoposto alle operazioni della cimatura, cioè al passaggio su una macchina che, munita di coltelli elicoidali rotanti a grande velocità sulla superficie della stoffa ben tesa, ne asporta tutti i nodi, le asperità, i fili che vi si potrebbero trovare. In queste condizioni il tessuto è pronto per essere stampato, salvo il caso, assai frequente, nel quale esso debba subire qualche preparazione preliminare, consistente nel passaggio in mordenti indispensabili per le successive operazioni di tintura o in bagni contenenti gli elementi necessarî per lo sviluppo del colore. In questo caso esso viene impregnato delle sostanze occorrenti allo scopo, passando per una macchina detta con termine francese foulard (fig. 1), dalla quale, perfettamente spremuto, esce per essere asciugato o su un asciugatoio a cilindri (fig. 2) o in una camera percorsa da una corrente calda (ingl. hot-flue; fig. 3); di qui arrotolato, esso va finalmente alla stampa.

Operazioni di Stampa. - Queste vengono compiute, come si è più sopra accennato, a mano o a macchina.

Stampa a mano. - Come è intuitivo, questo metodo, sebbene abbia conservato una certa importanza per taluni articoli speciali, è oggi pochissimo usato. In questo caso il disegno è inciso in rilievo su tavole di legno duro dette "stampi", una per agni colore che si vuol stampare: questi stampi vengono dall'operaio stampatore spalmati di colore, appoggiandoli su feltri di lana, che costituiscono il fondo di tanti telai quanti sono i colori da stampare e sui quali la pasta da stampa viene distesa mediante una spatola: lo stampo così ricoperto di colore viene fortemente applicato sul tessuto ben disteso su un tavolo, in maniera che il colore aderisca nella quasi totalità alla stoffa: ripetendo l'operazione quante volte è necessario, si ottiene la riproduzione del disegno nei suoi diversi colori. Finita la stampa, il tessuto viene asciugato, tenendolo disteso in una camera calda, indi avviato alle operazioni successive.

Stampa a macchina. - La stampa meccanica si può fare: 1. con le così dette "perrotine" le quali possono funzionare con movimento alternativo, riproducente in certo modo il lavoro a mano, o con moto rotativo: questo sistema è anch'esso attualmente assai poco usato, eccezione fatta per alcuni articoli di tipo tradizionale, in genere destinati a riserva sotto indaco; 2. con le macchine a cilindri di rame oggi le più perfezionate. Esse sono di due specie: a) con cilindri incisi in incavo, e queste rappresentano la grandissima maggioranza: b) con cilindri incisi in rilievo, sistema introdotto in tempo relativamente molto recente e che, nonostante i profondi mutamenti che per esso si devono apportare all'attrezzatura, specialmente dell'incisione, va lentamente diffondendosi, per alcuni vantaggi che esso presenta su quello dei cilindri incisi in incavo.

Con le perrotine sarebbe assai difficile produrre disegni di una certa ampiezza e soprattutto di una anche modesta finezza; mentre con le macchine a cilindri, che costituiscono oggi un vero strumento di precisione, è possibile la produzione dei disegni più fini, più artistici, anche se di grande ampiezza, quali quelli in uso per stoffe da mobili o per scialli e fazzoletti, ecc.

Schematicamente la macchina da stampa è rappresentata dalla fig. 4. le due parti essenziali sono il cilindro centrale detto di pressione A (fr. presseur) e il cilindro di rame B. Il cilindro di pressione è destinato a sopportare l'enorme pressione che contro di esso esercitano i cilindri di stampa, pressione indispensabile a che il tessuto penetri, in certo qual modo, nell'incisione e ne asporti totalmente o quasi il colore che vi è depositato. Il presseur è ricoperto da parecchi strati di un tessuto assai robusto, costituenti una specie di cuscinetto elastico indispensabile per ottenere la perfetta penetrazione di cui sopra. Tra il cilindro di pressione e la stoffa da stampare corrono, partendo dalla parte interna e andando verso l'esterno: 1. un feltro continuo I, costituito da un tessuto misto di lana e lino, molto resistente, destinato ad aumentare l'elasticità della superficie del cilindro di pressione; 2. una pezza detta ordinariamente "sottopezza" H, destinata a proteggere da soverchio consumo il feltro e ricevere le quantità eccedenti di colore che, specialmente sui bordi, molto rapidamente lo insudicerebbero: queste sottopezze sono cambiate, non appena siano anch'esse troppo cariche di colore, e inviate ai lavaggi, dopo di che ritornano in uso; 3. il tessuto da stampare G. Come si vede dalla figura, questi tre strati passano insieme tra il cilindro di pressione e il cilindro di rame dal quale il tessuto assorbe il colore. Lasciato l'ultimo cilindro, la pezza passa immediatamente in una camera (fr. mansarde) dove o per azione di una corrente di aria calda o per l'irradiazione di placche a vapore F o a contatto di cilindri scaldati a vapore, si asciuga per impedire che il colore di stampa coli, formando delle aureole dannose alla buona riuscita dell'operazione. Il colore di stampa è contenuto nella cassetta C e da questa viene portato sul cilindro di stampa da un cilindro di legno o da una spazzola D rotante nel colore stesso; l'eccesso di colore viene asportato dalla superficie non incisa del cilindro dal coltello E. In queste condizioni il tessuto, schiacciato contro il cilindro di pressione da quello di rame, asporta da quest'ultimo il colore contenuto nell'incisione, ossia rimane stampato con i tratti e con i colori del disegno. L'operazione nella fig. 4 è indicata per un cilindro; la fig. 5 rappresenta una macchina a 8 colori: in questa, la stessa operazione ripetuta per i cilindri secondo, terzo, quarto, ecc., consente di riprodurre sul tessuto i colori costituenti il disegno. È qui opportuno osservare che i diversi colori vengono deposti sul tessuto sempre in un certo ordine, che è in stretta relazione con la loro rispettiva intensità; così il primo cilindro fornirà il colore più chiaro, ad es., un giallo, il secondo un rosa, il terzo un rosso, il quarto un verde; il quinto disegnerà in nero o in bruno i contorni e in ultimo si avrà il cilindro che stamperà il fondo. La fig. 7 rappresenta l'insieme di una macchina da stampa a 6 colori, con la camera di asciugamento (mansarde), il percorso del tessuto, quello del feltro, della sottopezza, ecc.

Incisione dei cilindri. - Trascurando l'incisione a mano, ormai in disuso, essa si può compiere: 1. a pantografo; 2. a moletta; 3. con mezzi fotografici.

Incisione a pantografo. - È, si può dire, riservata ai disegni di grande ampiezza destinati alla stampa di scialli e di stoffe per l'arredamento. In essi le parti costituenti i diversi colori del disegno originale vengono trasportate su lastre di zinco (tante naturalmente quante sono i colori da riprodurre) e di qui a mezzo del pantografo (v.) riprodotte sulla superficie del cilindro. La superficie del rame viene preventivamente coperta di una vernice composta di bitume e di resina, capace di resistere all'azione di acidi minerali, anche energici. Terminata la riproduzione il cilindro viene immerso e fatto ruotare in una soluzione di acido nitrico e solforico, che intacca i tratti del disegno messi allo scoperto dall'azione delle punte del pantografo.

Incisione a moletta. - In questo sistema, che è seguito in generale per disegni di media ampiezza, destinati specialmente ad articoli di abbigliamento, il disegno viene dapprima scomposto nelle sue diverse parti, tante quanti sono i suoi colori fondamentali; indi, in modo analogo a quello su indicato per i cilindri di rame, riprodotto su altrettanti cilindretti di acciaio dolce detti "molette" e su essi inciso a mano. Terminata l'incisione, le molette vengono temprate e indurite, e poi per mezzo della "macchina per rilevare" compresse fortemente contro altri cilindretti pure di acciaio dolce, facendole rotare alternativamente in un senso e in un altro, finché i disegni incisi in incavo sulle molette vengono riprodotti in rilievo sui secondi cilindretti, chiamati appunto "rilievi". Questi a loro volta temperati e induriti vengono, su un'altra macchina, detta "per molettare", compressi fortemente, facendoli rotare nei due sensi, sui cilindri di rame, ove gli stessi disegni sono fedelmente e integralmente riprodotti. Ciò fatto il cilindro, pulito e levigato, è pronto per la stampa. Con questo sistema è possibile, a seconda dell'abilità dell'operaio incisore, ottenere effetti di grande finezza e precisione.

Incisione con memi fotografici. - È basata su principî del tutto identici a quelli usati nell'eliografia, nel rotocalco, ecc., che servono alla stampa su carta.

Non ha avuto finora grandi applicazioni, sebbene permetta di ottenere effetti di straordinaria finezza, specialmente nelle ombre e nelle sfumature e perciò si presti alla produzione di disegni artistici di grande ampiezza.

Mandrinatura dei cilindri. - I cilindri, una volta pronti, debbono venire infilati su alberi di acciaio leggermente conici detti "mandrini", sui quali essi vengono forzati da una macchina detta "per mandrinare", in modo che, montati sulla macchina da stampa, essi conservino, durante il lavoro, sempre la stessa posizione rispetto agli alberi.

Preparazione dei colori da stampa. - Le materie coloranti necessarie per riprodurre sulla stoffa il disegno, dopo essere state portate con adatti solventi in soluzione, devono essere poste in condizioni idonee a venire opportunamente depositate e, in un primo tempo, meccanicamente fissate sul tessuto, in maniera da non allargarsi e produrre aureole intorno ai tratti del disegno. È perciò indispensabile dare a queste soluzioni un supporto atto a contenere, oltre che i coloranti, anche tutti gl'ingredienti necessarî per la loro fissazione sulla fibra e quelli atti a favorirne quanto possibile la conservabilità e impedire precipitazioni, coagulazioni, formazioni di schiume, ecc., senza che per questo vengano menomate le condizioni fisiche di viscosità, densità, ecc., necessarie a permettere, da parte del tessuto, il facile e completo assorbimento del colore contenuto nei tratti dell'incisione. A costituire questo supporto sono state adoperate, si può dire, tutte le sostanze conosciute, suscettibili di fornire un mezzo addensante qualsiasi, e perciò, oltre al caolino e qualche altra sostanza minerale, come l'ossido di zinco, il solfato di bario, tutte le gomme vegetali, tutte le gelatine vegetali e animali, le colle, gli amidi, le destrine, i licheni, la caseina, le albumine di uovo e di sangue, la glicerina, le resine, alcuni grassi, alcuni olî, ecc. Mescolate direttamente alle soluzioni dei coloranti o impastate prima con acqua e fatte cuocere in caldaie scaldate a vapore, nelle quali è possibile tenerle in continuo movimento mediante speciali agitatori meccanici (fig. 6) e con l'aggiunta, fatta in generale, a freddo, dei mordenti necessarî alla fissazione sulla fibra, esse forniscono l'infinita serie delle paste o colori da stampa, che prima dell'uso debbono essere accuratamente passati a setaccio per eliminare tutte le sostanze estranee, quali polvere, sabbie, residui vegetali o animali, e poi conservate in mastelli di legno di faggio, ben coperti.

Fissaggio. - Il fissaggio comprende le operazioni necessarie a fissare le sostanze coloranti sulla fibra: il processo avviene in parte fisicamente, in parte chimicamente. Nella grande maggioranza dei casi la fase più importante dell'operazione è una azione combinata del calore e del vapor d' acqua (vaporizzaggio), durante la quale per la volatilizzazione degli acidi e dei solventi impiegati per sciogliere i coloranti, avviene la loro precipitazione sul tessuto, insieme con le sostanze usate come mordenti (sali metallici, tannino, ecc.) con la conseguente formazione di una lacca che aderisce più o meno tenacemente alla fibra.

Il vaporizzaggio si compie essenzialmente in due modi: 1. il tessuto viene arrotolato su rulli che a mezzo di carrelli speciali vengono introdotti in caldaie chiuse, nelle quali viene immesso il vapore con o senza pressione, per una durata che varia da ½ ora a 1-2 ore (fig. 8); 2. per molti colori, come quelli detti di ossidazione, quelli di riduzione, come pure per l'ottenimento di effetti di corrosione o di riserva, ecc., un vaporizzaggio così prolungato non solo non è necessario, ma sarebbe sommamente dannoso ai colori e alla solidità del tessuto stesso: in simili casi si ricorre al cosiddetto vaporizzaggio rapido, che viene eseguito con una macchina del tipo della fig. 10. Essa è costituita da una grande cassa di ferro, munita di rulli girevoli, nella quale il tessuto viene fatto scorrere rapidamente, mentre essa viene riempita di vapore: la velocità di traslazione del tessuto è regolabile per mezzo del motorino a vapore o elettrico che aziona la macchina stessa: in questo caso l'azione del vapore non si prolunga mai oltre i 3-6-8 minuti.

Compiuto, con l'uno o con l'altro di questi mezzi, il fissaggio dei colori in vapore, il tessuto dev'essere sottoposto anzitutto a bagni di fissaggio complementare e poi a una serie di lavaggi, destinati a eliminare dalla stoffa tutte le sostanze addensanti usate per la stampa, che altrimenti darebbero al tessuto una durezza e rigidità incompatibili con l'uso e con le esigenze commerciali e toglierebbero vivacità e brillantezza ai colori stampati. A questa eliminazione si giunge attraverso ripetuti passaggi in acqua calda e fredda, in bagni di sapone a temperatura variabile secondo i casi e con l'azione di getti energici di acqua calda e fredda. Queste operazioni si possono compiere sul tessuto raccolto in corda, su macchine del tipo indicato dalla fig. 9 o in largo, mantenendolo cioè disteso in tutta la sua larghezza, in modo da non far pieghe, su macchine del tipo della fig. 11. Dopo questi lavaggi, il tessuto viene spremuto su macchine del tipo di quella già indicata per la impregnazione con i mordenti (fig.1) e asciugato facendolo passare su asciugatoi a cilindri o entro macchine ad aria calda.

Dopo questa operazione, il ciclo delle lavorazioni strettamente inerenti alla stampa è chiuso e il tessuto passa a quelle dell'apparecchiatura e rifinitura (v. appretto) destinate a dare al tessuto l'aspetto finale necessario per la messa in commercio. In generale, però, prima di essere apprettate, le pezze stampate, fissate e lavate, vengono visitate per accertare se non esistono su esse difetti provenienti da tutte le manipolazioni subite, come macchie, righe, lacerazioni, ecc., difetti ai quali si pone rimedio, se e come è possibile, mediante passaggi in bagni decoloranti leggieri, con trattamenti di smacchiatura, ecc. Le operazioni di fissaggio rivestono per il cotone importanza singolare, non avendo questa fibra quasi nessuna affinità per i coloranti, eccezione fatta per quelli cosiddetti sostantivi. Le fibre animali, lana e seta, invece, possedendo una spiccatissima affinità per molte sostanze coloranti possono essere tinte senza ricorrere all'impiego di mordenti: nel caso però di colori per stampa, il passaggio in vapore costituisce, anche per le fibre animali, un ausilio assai efficace per la loro fissazione e viene, anche per esse, normalmente usato.

In alcuni casi il vaporizzaggio non è necessario: la fissazione avviene per formazione diretta della sostanza colorante sul tessuto, come si verifica per i colori al ghiaccio o per quelli ottenuti per condensazione, o per quelli di ossidazione.

Colori per la stampa diretta. - Tenendo conto delle materie coloranti oggi usate, i colori o paste da stampa possono essere divisi nei seguenti gruppi: 1. colori a base di pigmenti insolubili; 2. colori a base di sostanze coloranti naturali; 3. colori a base di sostanze coloranti acide e azoiche; 4. colori a base di coloranti sostantivi o diretti; 5. colori a base di sostanze coloranti cosiddette allo zolfo; 6. colori a base di sostanze coloranti basiche; 7. colori a base di sostanze coloranti a mordente o di alizarina; 8. colori a base di sostanze coloranti a tino; 9. colori a base di sostanze coloranti del gruppo degli indigosoli; 10. colori a base di sostanze coloranti ottenuti direttamente sulla fibra.

Le sostanze coloranti appartenenti ai primi cinque gruppi costituiscono la parte meno importante dei mezzi che il chimico-colorista d'oggi ha a sua disposizione: quelle degli altri gruppi rappresentano invece il nucleo fondamentale su cui il tecnico può lavorare per realizzare sui tessuti qualsiasi disegno con la certezza di rispondere alle esigenze che il consumo affaccia attualmente e che l'industria deve sforzarsi di soddisfare.

I colori a base di pigmenti insolubili e quelli a base di sostanze coloranti naturali ebbero un'importanza grandissima nei primordî dell'industria, attualmente il loro impiego è molto ridotto; i primi s'impiegano ancora con l'introduzione di alcune varianti al metodo fondamentale, come quella della fissazione per mezzo della sericose (acetilcellulosa) e quella basata sulla formazione diretta sul tessuto di resine artificiali insolubili, tipo bakelite e simili; in tal modo si sono avute applicazioni di un certo rilievo specie per la stampa di polveri metalliche su stoffe fini, quali velluto, voiles, crepes e simili. Delle sostanze naturali si adoperano quasi esclusivamente il campeggio e i grani di Persia, e limitatamente ad articoli speciali: l'estratto del primo dà con ferro e cromo dei neri dotati di buona qualità; quello dei grani di Persia con stagno e allumina fornisce dei gialli molto vivi.

I colori a base di coloranti azoici e acidi e quelli a base di coloranti sostantivi o diretti trovano anch'essi applicazioni minime per la poca resistenza che dimostrano. I primi, dotati di una grandissima vivacità e bellezza, trovano ancora impiego per taluni articoli, nei quali non è richiesta nessuna resistenza ai lavaggi, ma solo una grande brillantezza di colore. Si fissano mediante acetato di cromo, con alluminato sodico, sale di stagno, soli o mescolati tra loro e, in genere, su tessuto previamente preparato in stannato sodico. I secondi, che hanno la proprietà di tingere le fibre senza nessun mordente e che hanno grande importanza in tintura, sono stati quasi completamente scartati nella stampa per i risultati poco soddisfacenti dati. Infine i colori allo zolfo, che formano una categoria numerosissima e di notevole importanza per la tintura, sono dotati di una non grande vivacità di tinte, ma sono abbastanza solidi, atti a fornire colorazioni intense e uniformi e di costo relativamente limitato. Come colori di stampa hanno avuto un periodo di grande favore, sia nella stampa diretta, sia particolarmente in articoli tinti e riservati.

Colori da stampa con sostanze coloranti basiche. - La categoria dei coloranti basici è, per numero e varietà di colorazioni, una delle più importanti che si conoscano: non così per le applicazioni che ora se ne fanno, in quanto che, sebbene essi forniscano colorazioni di vivacità e brillantezza non comuni, la loro solidità, quasi sempre insufficiente, ha fatto relegare in seconda linea molti dei costituenti di questa serie. Caratteristica comune a tutti i membri di questa classe è il metodo di fissazione usato sulle fibre vegetali, mezzo costituito dalla combinazione di essi col tannato di antimonio, composto che gode della proprietà di fissarle con una solidità variabile da caso a caso, sempre però tale da permettere di produrre ancora oggi una serie non indifferente di articoli tinti, corrosi o riservati e stampati. Il metodo, che la pratica ha dimostrato essere il più conveniente sotto ogni rapporto, è quello di associare nel colore da stampa la sostanza colorante, sciolta in quantità più o meno grandi di acidi organici, e l'acido tannico, pure esso sciolto opportunamente. Se il miscuglio è fatto seguendo le volute norme, il colore da stampa si conserva abbastanza bene, nonostante la tendenza che l'acido tannico avrebbe di dare, già per conto suo, un precipitato con la sostanza colorante. Diamo un esempio di colore da stampa del genere.

Il tessuto stampato con questi colori di solito viene vaporizzato un'ora in caldaia, alla pressione di ½ atm., indi passato in un bagno contenente un sale di antimonio (tartrato, fluoruro, ecc.), il quale completa la fissazione del colorante, indi lavato, ecc. Oltre a questo metodo, se ne conosce un altro per fissare su cotone un colorante basico ed è quello che si serve del ferrocianuro di zinco, sostanza che gode di proprietà analoghe a quelle del tannato di antimonio e dà colorazioni più vive e talora assai più solide: non ha però trovato applicazioni nella stampa diretta; viene usato invece per effetti di riserva sotto nero di anilina, come vedremo più avanti. È altresì da ricordare, a proposito dei coloranti basici, che essi trovano ancora qualche applicazione dove si usano tuttora le sostanze coloranti naturali, alle quali essi spesso vengono associati per rialzarne la vivacità; se ne ottengono così delle combinazioni interessanti, talora anche abbastanza solide.

Colori da stampa con coloranti a mordente, altrimenti detti di alizarina. - Fino a non molti anni or sono il gruppo dei coloranti a mordente rappresentava, insieme col nero di anilina e con l'indaco, la parte più eletta dei colori artificiali, poiché essi costituivano il simbolo della solidità, della resistenza ed erano perciò la base della colorazione dei tessuti, di alto valore commerciale e anche artistico, come, ad esempio, delle stoffe per arredamento. Ora essi hanno perduto importanza di fronte ai colori a tino e a quelli che si ottengono sui naftoli speciali: ciò non toglie che, sempre per la fabbricazione di tessuti per mobili, essi siano ancora di uso notevole, poiché consentono una lavorazione non eccessivamente costosa e assai semplice.

Carattere distintivo delle sostanze coloranti appartenenti a questa categoria è il fatto che, costituiti in generale da polveri o da paste insolubili, non presentano una colorazione propria e che questa si sviluppa solo dopo la combinazione con i mordenti metallici, che nello stesso tempo li fissa alla fibra.

Così il rosso di alizarina, che è una polvere di colore giallo-arancione sporco, fornisce, con i mordenti di allumina e di calcio, dei magnifici e solidissimi rossi, e nelle gradazioni chiare dei bellissimi rosa, mentre con ferro dà dei violetti molto solidi, se non molto brillanti; il blu di alizarina, polvere bruno-caffè, dà col cromo belle e assai solide colorazioni azzurre intense e così via. I coloranti in questione vengono quasi tutti posti in commercio sotto forma di pasta acquosa, contenente o il 20 o il 40% di sostanza secca; i mordenti più usati sono quelli di allumina, di cromo, di ferro, di stagno, più raramente di nichelio, di cobalto, ecc. Rappresentante tipico della serie e che merita una menzione speciale, è l'alizarina; essa sostituì in pochi anni totalmente la garanza o robbia, la cui coltivazione, un tempo fiorentissima, è completamente scomparsa. Diamo qui sotto un esempio di colore per stampa a base di colore a mordente.

Usando colori a base di alizarina vera, come questo su indicato, occorre evitare assolutamente la presenza di sali di ferro, sia nel colore, sia negli spessimenti, perché basterebbero tracce di essi per offuscare la colorazione rossa o rosa e guastarne irrimediabilmente la vivacità e la bellezza.

Dopo stampa, il fissaggio avviene per azione del vapore, sotto pressione di almeno ½ atm., e per non meno di un'ora; dopo vaporizzaggio, si lava, s'insapona, ecc.

Colori da stampa a base di coloranti a tino. - Categoria questa, con quella che descriveremo in seguito, d'importanza eccezionale per tutte le industrie tessili, poiché si compone di sostanze coloranti dotate di vivacità, brillantezza e solidità spesso eccezionali, che potranno, se fornite a prezzi meno elevati, costituire i colori esclusivamente usati in avvenire. Caratteristica di questo gruppo è di essere tutte le sostanze coloranti che lo costituiscono prive di colorazione propria, di essere prodotti insolubili nei comuni solventi e di richiedere per poter essere fissate su fibra la preventiva trasformazione nei cosiddetti leuco-derivati (cioè ridotti per l'azione d'idrogeno nascente su uno dei gruppi CO in esse contenuti). In questo nuovo stato, essi si sciolgono bene in liquidi alcalini, fornendo soluzioni con le quali è possibile tingere e stampare; la fissazione avviene per riossidazione e successiva ritrasformazione nel prodotto insolubile, che però assume ora la colorazione che lo distingue. Come riducenti occorrono per questi colori mezzi assai energici, come la polvere di zinco, in presenza di bisolfito sodico, la soda caustica con glucosio, o gl'idrosolfiti alcalini stabili. I coloranti di questa classe si possono dividere in due grandi gruppi: quello dell'indaco e suoi derivati o colori indigoidi; quello dei derivati dell'antrachinone o colori antrachinonici. Vi è poi un altro piccolo sottogruppo, costituito da coloranti che, per il fatto che nella loro costituzione entra lo zolfo, dovrebbero essere riuniti ai colori allo zolfo, mentre invece si riallacciano con quelli a tino, per le loro eccezionali proprietà di resistenza e di solidità; sono i cosiddetti colori idrone, cibanone, ecc.

Prototipo del 1° gruppo, anche perché usato da tempi remotissimi, è l'indaco, che si traeva dall'Indigofera tinctoria, originaria delle Indie, ora prodotto artificialmente. Esso viene posto in commercio quasi tutto sotto forma di una pasta acquosa al 20%; le sue applicazioni per stampa sono oggi alquanto diminuite, perché le tinte che esso fornisce sono meno brillanti e meno solide, specie allo sfregamento, di quelle fornite da altri coloranti a tino quali i blu Indantrene, ecc. La riduzione dell'indaco, come di tutti i coloranti del gruppo in genere, si ottiene con idrosolfiti stabili, con formula analoga a quella sotto indicata.

Il tessuto stampato con colori del genere viene asciugato a temperatura non troppo elevata e perciò non su cilindri a vapore, ma solo in corrente di aria calda, indi vaporizzato per 4-5 minuti al massimo in vaporizzatore rapido alla temperatura di 102° circa e con vapore molto umido, lavato, e, se occorre, ossidato mediante passaggio in un leggiero bagno di bicromato, lavato, saponato, ecc. L'azione del vapore deve essere tenuta nelle condizioni e nei limiti tassativamente necessarî per ottenere la completa e perfetta riduzione del colorante, altrimenti la fissazione rimane incompleta, e una parte del colorante cade nei lavaggi. A eliminare questo inconveniente giunsero nel 1919 i chimici Sunder e Bader: essi trovarono che dai leuco-derivati di questi coloranti era possibile e facile ottenere degli esteri, i cui sali alcalini sono solubili in acqua e possono quindi essere stampati su tessuto: non solo, ma una volta deposti sulla fibra, è assai facile saponificarli e, per ossidazione, riottenerne i colori da cui essi derivano, solidamente e intimamente legati alla fibra. A questa classe di coloranti, che oggi conta un notevole numero di componenti, fu dato il nome di indigosoli. Si prestano a numerosissime e svariatissime applicazioni, tanto da avere originato tutta una tecnica quasi speciale così per la loro fissazione (che può avvenire in parecchi modi) come per le numerose fabbricazioni, cui possono dare luogo. Diamo qui un esempio tra i più interessanti di fissazione di questi coloranti su cotone per stampa diretta:

Dopo stampa, si asciuga bene, indi si passa il tessuto su una macchina per lavare in largo, in un bagno contenente 20 cmc. di acido solforico a 66° Bé per litro d'acqua, alla temperatura di 70°. La durata del passaggio non deve superare i 20 secondi: in questo bagno il colore si sviluppa e si fissa, dopo di che si può lavare e saponare all'ebollizione.

Da alcuni anni le diverse classi di coloranti a tino, che erano poste in commercio sotto nomi diversi secondo la provenienza (Algol, Elindone, Indantrene, ecc.) sono oggi stati riuniti sotto la denominazione di colori Indantrene e fu stabilito, a garanzia dei consumatori, che gli articoli tinti o stampati con questi coloranti siano contraddistinti da un'etichetta speciale a tutti comune.

Colori ottenuti direttamente su fibra. - Sotto questa denominazione s'intendono tutti quei colori che, invece di provenire dalle fabbriche già pronti per essere applicati in un modo o nell'altro sulla fibra, vengono invece prodotti direttamente su essa, partendo da sostanze che, prive di per sé di ogni colorazione, dànno con la loro combinazione origine al colorante. Questa categoria, che ha essa pure raggiunto oggi uno sviluppo imponente, si può dividere in due classi: a) colori ottenuti su fibra per ossidazione; b) colori ottenuti su fibra per combinazione o precipitazione.

a) Colori da stampa per ossidazione. - Caratteristica comune è il modo di formazione su filato o su tessuto: per ossidazione di due o più sostanze si forma sulle fibre un colorante (nero, bruno, grigio, azzurro), dotato di qualità quasi sempre molto interessanti, specialmente dal punto di vista della solidità. Tra questi il colore di gran lunga più importante è il nero di anilina per la bellezza e la solidità della colorazione che se ne ottiene, e per le numerose, variate applicazioni che ne furono fatte, tanto per stampa diretta, quanto per articoli tinti o riservati. L'ossidazione dell'anilina sulla fibra si ottiene in diversi modi: passando per uno stadio intermedio, nel quale si ha una sostanza colorante di color verde intenso, ma instabile, si giunge, secondo il metodo seguito, a dei neri in generale molto intensi, di sfumature diverse e dotati di qualità anche diverse. Uno dei metodi che ebbe vasto impiego fu quello del cromato di piombo, che usato con anilina e clorati, alcalini dava origine, per vaporizzaggio, a un nero molto intenso e solido. Attualmente la formula più generalmente usata è quella basata sull'impiego di un clorato associato a ferrocianuro potassico o sodico. Diamo qui un esempio di nero anilina-vapore.

Dopo stampa, vaporizzare 3-4 minuti, lavare, ossidare con bagno leggiero di bicromato alcalino, lavare, saponare, ecc. La numerosa serie dei neri di anilina che oggi si conoscono, ha comune per tutti un difetto non lieve, quello che i neri così prodotti, mentre sono di grandissima solidità ai lavaggi, ai saponaggi, agli alcali, alla luce, ecc., resistono ben poco agli acidi: sotto l'azione di questi, infatti, anche se leggieri, come quelli contenuti nella traspirazione, la colorazione volge dal nero a un verde più o meno spiccato, molto sgradevole, che può, mediante nuovo passaggio in ossidante alcalino, essere nuovamente ricondotta al nero, senza per questo perdere la sua sensibilità alle sostanze acide. L'inconveniente fu eliminato dalla Farbwerke Hoechst con l'aggiunta all'anilina di quantità più o meno rilevanti di un'altra base, la para-amino-difenilammina, che rende i neri inverdibili; il prodotto posto in commercio sotto la marca di base difenile ha dato il nome al nero che ne deriva, nero difenile, colore che ha rapidamente acquistato una notevolissima importanza tanto per la stampa, quanto per articoli riservati.

b) Colori ottenuti su fibra per precipitazione. - La caratteristica di questo gruppo, importantissimo per tutte le fibre vegetali (non per le animali e ciò per le ragioni più innanzi esposte), è quella di essere ottenuti per combinazione e conseguente precipitazione su fibra di un complesso colorante insolubile. La combinazione avviene sempre tra un fenolo o naftolo e il diazo-derivato di un'ammina: in tesi generale il fenolo viene deposto sulla fibra allo stato di soluzione fortemente alcalina per soda caustica (perciò le pochissime applicazioni su fibre animali); il diazo viene invece portato a contatto con la fibra così mordenzata a mezzo di un colore da stampa o di un bagno di tintura. La combinazione tra i due elementi (detta nel caso specifico copulazione) è immediata e sulla fibra si forma istantaneamente il colorante, che corrisponde a quella data combinazione fenolo-amminica. A questo proposito conviene subito fare una distinzione tra i colori già da molti anni conosciuti e ottenuti partendo esclusivamente dal betanaftolo, e quelli da non molto tempo introdotti e basati sull'impiego dei diversi naftoli AS e derivati. Differenza principale tra i due gruppi si è che, mentre le colorazioni ottenute su betanaftolo, se erano dotate di una più che sufficiente vivacità, difettavano sensibilmente di solidità, specialmente allo sfregamento e, per taluni, anche alla luce, le colorazioni ottenute con i naftoli AS, oltre che una notevolissima superiorità in fatto di bellezza e vivacità di tinte, possiedono resistenza spesso eccezionale a tutti gli agenti distruttivi. Caratteristica comune a entrambi i gruppi è il modo di fissazione della materia colorante, che, come si è detto, viene formata in seno alla fibra stessa. La reazione, cui è dovuta l'idea che tanta strada ha fatto nelle sue applicazioni pratiche, è quella che dà origine ai così detti colori azoici (v. coloranti, sostanze). Come è noto, se su una soluzione di un fenolo si fa agire il diazo-derivato di un'ammina, si ottiene in generale una sostanza colorante insolubile in acqua e perciò poco o punto adatta agli usi di tintoria. Fu nel 1880 che Th. e R. Holliday di Huddersfield trasportarono questa reazione dal campo della fabbricazione dei coloranti a quello della tintura diretta, e riuscirono a tingere il filato di cotone in rosso, impregnandolo in un bagno di betanaftolo, sciolto in acqua e soda caustica, asciugando e sviluppando in una soluzione contenente il diazo-derivato della betanaftiammina. L'idea, ripresa dai tecnici delle fabbriche tedesche e specialmente dal von Gallois, portò alla creazione di una serie notevole di colorazioni che ebbero un successo grandissimo, così per la stampa, come per la tintura, specie nella fabbricazione di articoli illuminati, destinati all'esportazione. Le colorazioni rosse, rosa, arancione, granata, brune, ottenute rispettivamente con la paranitroanilina, la paranitroortoanisidina, la metanitroanilina, l'alfa-naftilammina, la tolidina e la benzidina, praticamente denominate colori al ghiaccio, perché la soluzione del diazo-derivato si deve fare in presenza di ghiaccio, dominarono per un periodo di almeno 25 anni la produzione di articoli a buon mercato. Ecco qui sotto indicate la preparazione in betanaftolo e la formula di uno dei colori più usati.

Il tessuto, mordenzato con la soluzione di betanaftolo e asciugato alla hot-flue, viene stampato con colori simili a quello indicato, asciugato moderatamente e lavato. Se insieme con i colori al ghiaccio si stampano colori d'illuminazione, ordinariamente impiegando colori basici, si vaporizza 4-5 minuti, indi si lava, si sapona, ecc.

Si deve al chimico Pokorny, della casa Fischesser di Lutterbach, la scoperta di quello che doveva, in certo qual modo, essere l'anello di congiunzione tra i vecchi e i nuovi colori al ghiaccio. Infatti il Pokorny sostituendo al betanaftolo nella combinazione con la dianisidina (che dà un azzurro poco resistente agli acidi) l'acido beta-ossinaftoico, ottenne un azzurro bellissimo e dotato di buona resistenza, non solo agli acidi, ma anche ai lavaggi, al sapone e alla luce, che trovò immediata applicazione nella fabbricazione dell'articolo blu e rosso. Combinato con tutte le altre basi, l'acido beta-ossinaftoico di colorazioni di poco o nessun interesse: il suo impiego sarebbe quindi stato d'importanza assai limitata; la casa Griesheim-Elektron, avendone però ripreso lo studio, trovò che un derivato di esso, l'anilide, poteva perfettamente sostituirlo in tutto con ulteriori vantaggi e sotto il nome di naftolo AS lo mise in commercio nel 1912, preconizzandone l'impiego unicamente per la fabbricazione tutta speciale di articoli blu e rosso su indicata e facendone risaltare i notevolissimi risultati che se ne ottenevano come vivacità di tinta e come resistenza generale. Nel 1913-14 L. Caberti e F. Sutti misero in luce le straordinarie possibilità del naftolo AS dovute alle magnifiche, solidissime colorazioni, che esso fornisce con la massima parte delle basi già usate col betanaftolo.

Il naftolo AS fu seguito ben presto da numerosi altri derivati analoghi, i quali oggi costituiscono tutta una serie, che, combinata con una serie non meno importante di basi, permettono di ottenere per stampa come per tintura una gamma completa di colorazioni, tutte dotate di qualità veramente non comuni di vivacità e di solidità. La fabbricazione è del tutto analoga a quella usata col betanaftolo; si deve solo tenere presente che, mentre con questo il mordente rimaneva unico, variando solo le basi, con i nuovi colori il naftolo da usarsi cambia secondo le colorazioni che si vogliono ottenere. Senza entrare in particolari, ci limitiamo a dire che il mordente si prepara facendo sciogliere il naftolo prescelto in acqua e soda caustica con aggiunta di olî solfonati, in modo del tutto analogo a quello usato per il betanaftolo e che analogamente si procede per la diazotazione delle numerose basi, che oggi sono in commercio e che permettono di ottenere colori gialli, arancioni, rossi, rosa, scarlatti, bruni, granata, blu, violetti e infine neri, tutti notevoli per le loro proprietà; aggiungiamo che le colorazioni che così si possono formare sul tessuto si prestano a numerose combinazioni con altri coloranti, come, ad esempio, quelli a tino e gl'indigosoli, dando così luogo a svariatissime applicazioni, tutte solide e di gran valore, alle quali si può solo fare un rimprovero, quello del prezzo oggi ancora troppo elevato: non è però dubbio che in un avvenire più o meno vicino, tali colori potranno, insieme con i colori a tino, costituire la base principale e più importante dell'industria della stampa e della tintura.

Stampa con l'aerografo. - La stampa con l'aerografo o a spruzzo è qualche cosa d'intermedio tra la stampa a mano e la pittura, in quanto che la decorazione del tessuto viene fatta guidando a mano uno spruzzatore, con cui soluzioni appositamente preparate di sostanze coloranti vengono proiettate sulla stoffa: il disegno è ottenuto a mano libera, oppure attraverso modelli di zinco traforati (ted. Schablonen; fr. pochoirs). Prerogativa del sistema è la possibilità di ottenere taluni effetti, specialmente di sfumature e di cangianti, altrimenti impossibili ad avere; esso è applicato attualmente, in particolar modo, su tessuti di seta o di rayon, per farne sciarpe, cravatte, fazzoletti, scialli, ecc., e costituisce più che una vera industria, una forma di artigianato, non privo spesso di un certo valore artistico e talora anche economico.

Articoli riservati. - La decorazione delle stoffe mediante disegni ottenuti con sostanze, che una volta deposte sul tessuto impediscono a questo di assorbire le materie coloranti dei bagni di tintura, nei quali viene immerso, costituisce forse il più antico tra i sistemi conosciuti e fu ed è tuttavia praticato largamente nelle Indie e nelle Indie Orientali. Le sostanze usate sono quasi sempre cere o grassi che, portati allo stato di fusione, vengono, mediante pennelli o vasi metallici a becco, condotti sul tessuto a disegnare animali, piante, foglie, fiori, simboli, ecc.: una volta rappreso per raffreddamento, l'intonaco così ottenuto (riserva) preserva perfettamente il tessuto dall'azione dei bagni coloranti e dà origine ad articoli nei quali il disegno appare in bianco o in chiaro sul fondo tinto, di aspetto tutto speciale, dotati spesso, pur nella loro apparenza grossolana, di un certo interesse artistico e talora anche di una certa grazia, come si nota, ad es., nei cosiddetti batik di Giava e di Sumatra (v. batik). Attualmente l'impiego di riserve per stampa è abbastanza ristretto e si limita alla produzione di alcuni articoli tinti con colori a tino o allo zolfo da un lato, e dall'altro all'applicazione sotto colori di ossidazione, principalmente sotto nero di anilina, articolo che rappresenta tuttora un ramo assai notevole della produzione a stampa. Naturalmente, a seconda dei coloranti ai quali le riserve debbono opporsi, cambia la loro natura chimica; in generale si tratta di sostanze ossidanti, se esse debbono agire sotto colori a tino, di sostanze riducenti, se debbono servire sotto colori di ossidazione: in tutti i casi, però, al mezzo chimico si associa sempre un mezzo meccanico, destinato ad aiutare l'azione riservante cui la stampa mira. Con le riserve in questione si producono sui fondi tinti effetti di bianco, come pure effetti colorati; le colorazioni necessarie vengono ottenute in molti modi, mettendo a contribuzione tutte le classi di coloranti, cui abbiamo successivamente accennato. Le più importanti sono però i pigmenti, che vengono fissati con mezzi chimico-meccanici, i colori basici, che vengono precipitati in modo analogo a quello indicato per la stampa diretta, e quelli a tino che si fissano con la riossidazione dei leuco-derivati introdotti nella riserva.

Riserve sotto colori a tino. - Il colore al quale esse furono fino dai più antichi tempi applicate è l'indaco, che veniva riservato all'incirca, come si è detto, per il batik. Più tardi si usarono la gomma arabica, l'amido bruciato, il caolino, associati a sostanze ossidanti come il solfato e il nitrato di rame, il nitrato di piombo, ecc. Esse venivano stampate o a mano o alla perrotina, consentendo di ottenere disegni tutti speciali, oggi caduti quasi totalmente in disuso; se ne stampa ancora una certa quantità in Inghilterra, per le colonie sudafricane. Oggi si stampano, invece, frequentemente riserve sotto colori a tino indigoidi o antrachinonici, con i quali si ottengono colorazioni più vivaci e sotto certi aspetti più resistenti che con l'indaco; in questo caso s'impiega quasi sempre un sale di zinco, associato a cloruro di manganese e caolino, come indicato nella formula qui sotto riportata.

Volendo ottenere effetti colorati, si ricorre agl'indigosoli, ai colori al ghiaccio, naftoli AS, ecc. In quest'ultimo caso il tessuto deve naturalmente essere innanzi tutto mordenzato con una soluzione di naftolo, indi stampato con i colori di riserva, di cui diamo sotto un esempio e, dopo asciugamento, tinto col colore a tino voluto, passato in bagno debole di acido solforico, lavato, saponato, ecc.

A questo metodo furono apportate diverse varianti.

Riserve sotto colori di ossidazione. - Costituiscono una categoria di notevole importanza, poiché è con questo metodo che si stampano oggi ancora grandi quantità di articoli, nella grande maggioranza tinti con nero di anilina, in piccolissima parte con bruno di paramina e simili. La form, sotto la quale si usano le riserve sotto colori di ossidazione, e particolarmente sotto nero di anilina, varia secondo gli articoli e i disegni; o si procede come per l'indaco, stampando cioè prima le riserve e poi imbevendo il tessuto col bagno di colorante, oppure s'impregna prima il tessuto con la composizione destinata a dare il colore di fondo e si stampano le riserve sul tessuto così preparato. Quest'ultimo metodo fu quello impiegato dal Prudhomme, cui si deve principalmente l'idea di questo così importante articolo. Egli infatti per il primo propose d'imbevere il tessuto con un bagno composto di anilina, un clorato alcalino e prussiato giallo, composizione cui fu accennato già nel paragrafo della stampa diretta e conosciuta ancor oggi sotto il nome di nero Prudhomme, e di stamparvi sopra dei colori riserva costituiti da pigmenti in soluzioni di albumina di sangue e addizionati di sostanze alcaline e di acetato di sodio. Il bagno si prepara secondo una formula analoga alla seguente:

Il tessuto, impregnato di questa soluzione, viene asciugato alla hot-flue, indi stampato con colori del tipo seguente:

Dopo stampa e asciugamento si vaporizza 3-4 minuti, indi si passa in un leggiero bagno di bicromato sodico, si lava e si finisce.

Una modificazione del procedimento in questione è basata sulla fissazione di sostanze coloranti basiche a mezzo del ferrocianuro di zinco, cui già si è accennato precedentemente; il ferrocianuro alcalino necessario per la formazione del corrispondente sale di zinco, esistendo già sul tessuto, basta addizionare il colore riserva con un sale solubile di zinco, perché all'atto della stampa avvenga la precipitazione del ferrocianuro di zinco, che trascina e trattiene il colore basico in forma di una lacca abbastanza resistente e molto brillante. Il metodo è oggi largamente seguito, specialmente nella stampa di articoli fini di cotone e di cotone misto con rayon, nei quali importa avere colori plastici, brillanti e di sufficiente solidità. Altre riserve si possono ottenere sotto nero di anilina con colori a tino con gl'indigosoli, ecc.

Articoli ottenuti per corrosione. - In questa categoria si debbono distinguere gli effetti ottenuti corrodendo i fondi già tinti da quelli che si hanno invece corrodendo un mordente fissato sul tessuto e tingendo dopo. Mentre ai primi spetta il nome di veri articoli corrosi, i secondi si potrebbero dire ottenuti per corrosione-riserva, perché l'effetto è ottenuto non direttamente sulla colorazione, ma indirettamente sul mordente.

Articoli per corrosione-riserva. - Il metodo trova ancora qualche applicazione per articoli tinti con colori basici, nel qual caso la riserva deve distruggere il mordente di tannato di antimonio e per alcuni altri, tinti con colori a mordente o di alizarina, per i quali la corrosione deve esercitarsi su un ossido metallico. Nel primo caso si ricorre a un alcali, nel secondo a un acido.

Diamo qualche esempio di questi colori di corrosione:

Si stampa su tessuto mordenzato in tannino-antimonio, si vaporizza 4-5 minuti, si lava in bagno leggiero di acido solforico, si lava, e si tinge con la sostanza colorante basica, si lava ancora, s'insapona e si finisce.

Scaldare a bagnomaria fino a soluzione perfetta.

Si stampa sul tessuto mordenzato con cromo o ferro o allumina, ecc., si asciuga a temperatura non troppo elevata, poi si vaporizza 5-6 minuti, e si passa in un bagno di carbonato sodico a 40-50 gr. per litro alla temperatura di 50-60°; si lava e tinge con colori di alizarina, ecc. L' articolo in questione fornisce ottime colorazioni, ma non è eseguibile che in bianco e nero: corrosioni colorate non sono possibili.

Articoli per corrosione vera. - Quasi tutte le categorie di sostanze coloranti, eccezione fatta per alcune delle naturali, si prestano alla fabbricazione di articoli per vera corrosione. Caratteristica del metodo è che la decorazione della stoffa è possibile solo attraverso la distruzione della sostanza colorante primitivamente fissata sulla fibra e la sostituzione di essa col bianco o con altri colori. Per quanto passibile di svariatissime applicazioni, il metodo è oggi applicato principalmente ai colori sostantivi, a quelli a tino e ai colori al ghiaccio. Diremo quindi brevemente di questi tre.

Corrosione dei colori sostantivi o diretti. - Data l'infinita varietà delle colorazioni che questi coloranti permettono di ottenere e la relativa facilità con la quale si possono corrodere, sia in bianco, sia a colori, il metodo rappresenta ancor oggi un ramo importante dell'industria della stampa, specialmente per quanto riguarda il cotone e le fibre di cellulosa rigenerata. La corrosione di questi colori si otteneva un tempo con l'impiego di cloruro stannoso che, con la sua azione riducente, distruggeva la molecola del colorante; il bianco che se ne otteneva era però sempre più o meno giallastro, per la presenza dell'ossido di stagno che rimaneva sul tessuto. Dopo la scoperta degl'idrosolfiti stabili, questo e altri sistemi analoghi furono completamente abbandonati, perché nessuno di essi poteva competere con gl'idrosolfiti per potere corrodente e per la bellezza e la stabilità del bianco che se ne ottiene. Ecco un esempio di bianco del genere.

Per la preparazione di corrodenti colorati si possono usare sia alcune sostanze coloranti basiche che resistono bene all'azione riducente, sia sostanze coloranti a tino che, come è evidente, sono, per la loro stessa natura, le più indicate allo scopo.

Corrosione dei colori a tino. - Costituisce oggi e ancor più costituirà in avvenire una delle applicazioni più interessanti e più importanti del ramo stampa, sia per la bellezza delle tinte cui è possibile applicarlo, sia per la solidità eccezionale che ne risulta a tutta la fabbricazione. I fondi tinti con coloranti a tino si possono corrodere in due modi: o con un riducente o con un ossidante; parecchi si lasciano corrodere tanto col primo quanto col secondo metodo, altri invece richiedono per fornire un bianco sufficientemente nitido o l'uno o l'altro metodo esclusivamente. La corrosione con riducenti si compie oggi sempre a mezzo degl'idrosolfiti stabili, addizionati di alcune sostanze che permettono l'eliminazione dei prodotti di riduzione, prima che ne avvenga la riossidazione, la quale, come si comprende facilmente, guasterebbe il bianco. Come corrodente bianco valga la seguente formula.

Il leucotropo W è il sale sodico dell'acido disolfonico del dimetilfenil-benzilcloruroammonio. Serve allo scopo su indicato; scopo analogo ha l'aggiunta della pasta di antrachinone. Dopo stampa, si vaporizza per cinque minuti, con vapore umido, indi si passa su macchina da lavare in largo, in acqua calda, dopo di che si dà un passaggio in un bagno bollente, contenente 2-3 cmc. di soda caustica 38° Bé per litro, si lava e si finisce. Per corrosioni colorate si usano quei coloranti a tino che resistono all'azione riducente degl'idrosolfiti.

La corrosione con ossidanti ha avuto e ha tuttora grandissima applicazione sull'indaco, che, stampato con ossidanti energici, si lascia corrodere benissimo dando un bel bianco stabile. Un buon corrodente bianco, ancor oggi molto usato, è il seguente:

Dopo stampa si passa per 1°-15 secondi in un bagno a 60° contenente 50 gr. di acido solforico 66° Bé e 50 di acido ossalico per litro: si lava a fondo e si asciuga. Per corrosioni colorate si usa lo stesso bianco addizionato di pigmenti fissati con albumina.

Per la corrosione dei colori a tino, oltre che all'indaco, si ricorre abitualmente al miscuglio clorato-prussiato che sotto l'azione di un breve vaporizzaggio fornisce buoni bianchi stabili. Per corrosioni colorate si ricorre, quasi sempre, all'impregnazione del tessuto con naftoli AS e stampa di colori al ghiaccio, addizionati dello stesso miscuglio cloratoprussiato. Allo stesso sistema si ricorre spesso attualmente anche per la produzione di articoli su fondo tinto in indaco.

Dopo stampa si vaporizza 4-6 minuti, si lava, ecc.

Corrosione dei colori al ghiaccio. - Le antiche colorazioni ottenute su betanaftolo, così come quelle moderne su naftoli AS, si lasciano tutte corrodere, più o meno facilmente, con gli agenti di riduzione soli o addizionati, nei casi più difficili, di leucotropo e antrachinone. Il bianco che se ne ottiene è in generale buono e stabile, se la lavorazione è stata eseguita con le dovute cure. Un buon bianco di uso quasi universale è il seguente:

Il sale per soluzione B è il sale sodico dell'acido benzilsolfanilico e serve a tenere in soluzione i prodotti di riduzione, onde ne sia facile l'eliminazione nei lavaggi. Trattandosi di corrodere tinte molto intense, si aggiunge al bianco di cui sopra una certa quantità di leucotropo W. Volendo ottenere corrosioni colorate, si ricorre a sostanze coloranti a tino, resistenti alla riduzione, oppure a quei coloranti basici o di alizarina che sono ugualmente dotati di sufficiente resistenza agl'idrosolfiti. Dopo stampa si vaporizza in vapore molto umido per 5-6 minuti alla temperatura di 101-102° indi si passa in bagno bollente di sapone addizionato di piccole quantità di perborato di sodio, si lava, ecc.

Volendo produrre corrosioni su fondi tinti con colori basici o con colori a mordente, si ricorre in generale al miscuglio ossidante di clorato e prussiato; su fondi tinti con colori allo zolfo, se si vogliono solo effetti bianchi, si ricorre al miscuglio ossidante in questione; se anche effetti colorati, a un corrodente a base d'idrosolfiti con opportune aggiunte di coloranti basici resistenti alla riduzione. La produzione però di articoli di questo genere è oggi trascurabile.

Applicazione sulle fibre tessili oltre che il cotone. - Come accennato in principio, tutto l'insieme delle operazioni di stampa che abbiamo descritto vale sostanzialmente, oltre che per il cotone, anche per tutte le altre fibre tessili sia vegetali, come lino, canapa, ecc., sia animali, come lana e seta, sia artificiali, come il rayon, ecc. Le differenze che si notano tra i procedimenti applicabili al cotone e quelli da usarsi per il rayon o per la seta riguardano talora qualche particolare disposizione del macchinario impiegato, talora qualche modificazione da introdursi nell'una o nell'altra fase della lavorazione, ma essenzialmente la scelta delle materie coloranti da impiegarsi.

Stampa dei tessuti di lino, di canapa, ecc. - Le applicazioni che per stampa si fanno su queste fibre sono molto rare e di minima importanza, e le sostanze coloranti usate per il cotone servono egregiamente e s'impiegano negli stessi modi per queste fibre.

Stampa dei tessuti di fibre tessili artificiali. - La viscosa e la seta cuproammoniacale, impiegate sole o in unione con il cotone, possono essere trattate nello stesso modo che quest'ultimo e servendosi quasi sempre delle stesse sostanze coloranti e degli stessi metodi di stampa e di lavorazione. È da osservare che, in ragione della minor facilità con la quale il rayon, in tesi generale, assorbe l'acqua, dovranno essere prese alcune precauzioni necessarie sia nella preparazione dei colori di stampa, sia nel vaporizzaggio, ecc., per facilitare quanto possibile la penetrazione uniforme delle sostanze coloranti nell'interno della fibra. Per quanto concerne le sostanze coloranti da usare, è interessante notare, che i coloranti acidi, mentre, per le ragioni esposte, hanno su cotone applicazioni scarsissime, forniscono invece su viscosa e seta cuproammoniacale alcune colorazioni molto belle e dotate di una solidità più che sufficiente; la fissazione avviene in presenza di fosfato sodico, con vaporizzaggio di un'ora senza pressione.

Per le fibre di acetilcellulosa, che hanno pochissima analogia con il cotone, occorrono speciali avvertenze in tutti i trattamenti che esse devono subire, sia nelle operazioni preliminari, sia nella tintura e nella stampa, non solo, ma occorrono sostanze coloranti tutte speciali e totalmente diverse da quelle usate per il cotone: si tratta in molti casi di sostanze insolubili, che debbono essere impiegate allo stato di dispersioni finissime e che solo in queste condizioni tingono la fibra in questione (v. tintura).

Stampa dei tessuti di lana. - Le sostanze coloranti, che trovano la massima applicazione nella stampa dei tessuti di lana, sono quelle così dette acide, le quali, nella serie numerosissima di tipi che la costituiscono, forniscono al colorista una gamma infinita, dalla quale è possibile trarre tutti gli effetti immaginabili, anche perché in questa categoria esistono moltissime sostanze coloranti, le quali, oltre che vivacità e bellezza non comuni, possiedono doti di resistenza più che sufficienti a permettere la fabbricazione di tutti gli articoli richiesti dal consumo. Seguono in ordine d'importanza quelle sostantive, che su lana dànno risultati ben superiori a quelli forniti su cotone, quelle a mordente e le basiche; poche applicazioni ricevono invece i coloranti a tino e quelli su naftoli per la sensibilità che ha questa fibra verso gli alcali. Per quanto riguarda la lavorazione, essa non differisce gran che da quella del cotone: è solo da notare che, specialmente per il vaporizzaggio, si devono osservare norme diverse, cioè non oltrepassare mai la pressione di 0,1 atm., usare vapore umido al massimo grado e in generale protrarlo non oltre un'ora; nei lavaggi usare quanto possibile macchine al largo, servendosi di bagni a temperature non elevate, specialmente quelli di sapone.

Stampa dei tessuti di seta. - Differisce pochissimo nell'insieme da quella della lana; anche per questa fibra le sostanze coloranti della massima importanza e dell'applicazione più vasta sono quelle acide, che su seta forniscono, si può dire, esattamente gli stessi risultati e hanno le uguali applicazioni che su lana; vengono poi le basiche, quelle a mordente, infine quelle sostantive; per quanto riguarda i colori a tino, si possono usare su questa fibra, con buoni risultati, solo quelli per i quali l'alcalinità necessaria per la riduzione può essere ottenuta con carbonato sodico o potassico, a esclusione della soda caustica; in qualche rarissimo caso si usano colori di ossidazione. Anche per quanto riguarda tutte le manipolazioni successive alla stampa, esiste la più grande analogia tra le due fibre animali; speciale attenzione si deve porre al vaporizzaggio, non oltrepassando mai la pressione di 0,3 atm., e nei lavaggi, che devono essere molto abbondanti e in generale a temperature mai troppo elevate. (V. tavv. a colori).

Bibl.: E. Lauber, Handbuch des Zeugdrucks (pubbl. a fascicoli presso diversi editori in anni diversi); J. J. Hummel, Die Färberei und Bleicherei der Gespinnstfasern, Berlino 1891; G. G. Hummel, Le tinture delle fibre tessili, trad. it. di R. Lepetit, Milano 1889; A. Sansone, Printing of Cotton Fabrics, Manchester 1887; A. Kertestz, Anilinfarbstoffe, Berlino 1888; R. Nietzki, Chemie der organischen Farbstoffe, ivi 1889; J. Persoz, Teinture et impression, Parigi 1891; G. Schultz e P. Julius, Tabellarische Übersicht der künstlichen organischen Farbstoffe, 2ª edizione, Berlino 1891; M. Prudhomme, Teinture et impression, Parigi 1895; A. Sansone e L. Caberti, Stampa e tintura dei tessuti, Torino 1893; id., Stampa e tintura, I Suppl., ivi 1896; J. Dépierre, Traité de la teinture et de l'impression, Parigi 1890 segg.; Ch. Gros-Renaud, Des mordants en teinture et en impression, ivi 1898; O. Piéquet, Nouveau traité de l'art de la teinture, ivi 1895; W. Triapkine, Rongeage du rouge turc, ivi 1893; E. Noelting e A. Lehne, Anilischwarz und seine Anwendung, Berlino 1904; A. Pellizza, Chimica delle sostanze coloranti, Milano 1905; L. Caberti e F. Sutti, Sul naftolo AS e sue applicazioni, in Boll. Società chimica italiana, X (1914); G. Georgievics, R. Haller e L. Lichtenstein, Handbuch des Zeugdrucks, Lipsia 1930, voll. 3.