CANNIZZARO, Stanislao

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CANNIZZARO, Stanislao

Aldo Gaudiano
Domenico Marotta

Nacque a Palermo il 13 luglio 1826 da Mariano e da Anna Di Benedetto, ultimo di dieci figli. Il padre, magistrato, era allora direttore generale della polizia di Sicilia e l'anno seguente divenne presidente della Gran Corte dei conti di Sicilia. La famiglia era di stretta osservanza borbonica; una sorella del C., Angelina, divenuta marchesa Ruffo, fu dama di corte della regina. Il C. però manifestò ben presto idee antiborboniche e liberali.

Nel 1836, restato orfano di padre, fu iscritto al collegio-convitto "Carolino Calasanzio", dove seguì con profitto gli studi classici, distinguendosi specialmente in matematica; non ebbe alcun insegnamento di scienze naturali. A 15 anni s'iscrisse alla facoltà di medicina, allora unica facoltà scientifica dell'università di Palermo, dove frequentò, oltre a vari corsi di medicina, anche alcuni di letteratura e di matematica. Restò all'università fino al 1845, sostenendo alcuni esami, ma non conseguì mai la laurea. Per tre anni frequentò il corso del fisiologo M. Foderà, del quale divenne allievo prediletto e sotto la cui direzione eseguì alcuni esperimenti biologici, nella propria abitazione o in quella del maestro, essendo l'università palermitana sprovvista di laboratori di biologia o di fisiologia.

Il C. si interessò alla chimica, spintovi dalle esigenze della fisiologia; egli seguì il corso di chimica di E. Casoria (1842-43) ed eseguì, in casa propria, alcune manipolazioni chimiche.

Partecipò, a Napoli, alla VII adunanza degli scienziati italiani (20 sett.-5 ott. 1845) e vi presentò, alla sezione di zoologia, anatomia comparata e fisiologia, una comunicazione nella quale, dopo aver accennato ad esperimenti eseguiti da vari studiosi, fra cui lui stesso e il Foderà, poneva alcuni quesiti: esistono differenze tra fibre nervose motrici volontarie e involontarie? La distinzione, esistente a livello del midollo e del bulbo, tra vie centrifughe e centripete è dimostrabile anche a livello dell'encefalo? Tale distinzione esiste anche negli Invertebrati?

In quella circostanza il C. fece la conoscenza del fisico M. Melloni, che gli dette utili consigli e dimostrazioni sull'impiego dei metodi sperimentali e lo indirizzò, per la chimica, a R. Piria. Questi, che era allora il più rinomato chimico italiano e stava costituendo presso la sua cattedra di Pisa la prima scuola italiana di chimica, intuì le capacità del giovane studioso e lo assunse come preparatore straordinario per le sue lezioni di chimica inorganica e organica, mettendolo poi anche a parte delle sue ricerche sulla chimica delle sostanze naturali. Il C. - lo confessa egli stesso - non fu spinto da potente vocazione per la chimica, ma dall'attrattiva dell'illustre maestro. Con C. Bertagnini e S. De Luca, accanto a lui nei due anni accademici 1845-46 e 1846-47, visse in una meravigliosa comunità di lavoro e di ideali scientifici e patriottici. Già progettava alcune ricerche indipendenti, quando, nel luglio 1847, trovandosi per le vacanze in Sicilia, vi si trattenne per partecipare alla preparazione della rivolta contro i Borboni.

Alla rivoluzione, scoppiata nel gennaio dell'anno seguente, il C. prese anche parte attiva, come ufficiale di artiglieria, a Messina assediata dalle truppe borboniche. Nel marzo 1848 fu eletto deputato di Francavilla al nuovo Parlamento siciliano, la così detta Camera dei Comuni, di cui fu il segretario, come membro più giovane. Ma, dopo pochi mesi, la reazione borbonica ebbe il sopravvento; caduta Messina (7 sett. 1848), il C. fu inviato a Taormina per raccogliere forze cittadine da opporre alla avanzata delle truppe regie; dopo l'armistizio del 13 settembre, egli restò a Taormina come commissario del governo rivoluzionario siciliano. Rottosi l'armistizio (marzo del 1849), il C. seguì la sorte delle truppe rivoluzionarie, costrette a ritirarsi fino a Palermo. Dopo il fallimento della rivoluzione, egli fu incluso nelle liste di proscrizione e quindi, costretto all'esilio, si imbarcò per Marsiglia (23 aprile). Si trattenne qualche tempo nella Francia meridionale (Marsiglia, Avignone, Montpellier), dove visitò alcuni stabilimenti industriali. Passò poi a Lione e in ottobre giunse a Parigi; qui, tramite i buoni uffici di A. Cahours, al quale era stato presentato da una lettera del Piria, fu ammesso nel laboratorio di M. E. Chevreul al Jardin des plantes, dove era preparatore S. Cloëz. Con quest'ultimo pubblicò un lavoro sulla preparazione della cianammide e suoi derivati. Nel laboratorio di J.-L. Gay-Lussac, attiguo a quello di Chevreul, assistette qualche volta E. Fremy. Acquistò inoltre dimestichezza con diversi chimici che lavoravano nel vicino laboratorio di J.-B. Dumas: F. Malaguti, E.-M. Péligot, A. Wurtz e altri. Nel 1851 frequentò le lezioni di H.-V. Regnault sulla calorimetria. Nel novembre dello stesso anno accettò, dopo qualche esitazione, la nomina a "professore di fisica, chimica e meccanica" nel collegio nazionale di Alessandria. Ivi poté disporre di un preparatore e di un piccolo laboratorio, dove continuò le ricerche sui derivati della cianammide ed eseguì il celebre lavoro sulla dismutazione della benzaldeide (1853). Effettuò anche lezioni pubbliche, a cittadini e operai, di chimica e di meccanica elementare.

Ad Alessandria il C. restò per un periodo di quattro anni, salvo i mesi di vacanza, che passava a Pisa con il Piria o, non lungi di là, a Montignoso, in casa del Bertagnini, con cui lavorò su aldeidi, alcooli e acidi aromatici in un piccolo laboratorio che quegli aveva allestito in casa. Con entrambi egli mantenne un'attiva corrispondenza, da cui traspaiono, oltre ad una perfetta reciprocità di stima e di affetto, la comune passione per la chimica e i comuni sentimenti patriottici.

Nell'ottobre del 1855 il C., per interessamento del Piria (che contemporaneamente veniva chiamato alla cattedra torinese), fu nominato, dal ministro dell'Istruzione Pubblica G. Lanza, professore di chimica presso l'università di Genova; dal 1857 al 1860 vi tenne anche, per incarico, l'insegnamento di chimica applicata alle costruzioni. A Genova riuscì ad attrezzare, in un anno, un modesto laboratorio, dove proseguì i lavori sugli alcooli aromatici. Ivi scrisse anche il famoso Sunto di un corso di filosofia chimica, in cui enunciò la sua celebre legge degli atomi (1858). Le pagine del Sunto furono da lui dettate alla moglie Enrichetta Whiters, figlia di un pastore inglese, sposata nel 1857, che gli fu di aiuto e conforto anche nel lavoro e dalla quale ebbe due figli.

Nell'estate del 1860, dopo l'ingresso di Garibaldi a Palermo, il C. rientrò nella sua città natale per rivedere la madre e le sorelle e prestare, ove occorresse, la sua opera "per il consolidamento della rivoluzione". Partecipò poi al congresso internazionale di chimica di Karlsruhe (3-5 settembre), ove ebbe modo di divulgare il principio di Avogadro e le proprie idee sulla teoria atomico-molecolare espresse due anni prima nel Sunto. Tornato a Palermo, fece parte del "Consiglio di Stato straordinario incaricato di studiare ed esporre al Governo quali sarebbero nella costituzione della grande famiglia italiana gli ordini e le istituzioni su cui convenga portare l'attenzione, perché rimangano conciliati i bisogni peculiari della Sicilia con quelli generali dell'unità e prosperità della Nazione italiana" (Diz. d. Risorg.). Insegnò ancora un anno a Genova, dopo aver rifiutato le cattedre di Pisa e poi di Napoli. Nell'ottobre del 1861 ebbe la desiderata cattedra di chimica inorganica e organica nell'università della sua città natale. Anche qui dovette attrezzare ex novo un laboratorio, che allora consisteva, come quando egli era studente, in alcuni armadi posti nella stessa aula delle lezioni e contenenti l'occorrente per le più elementari dimostrazioni. Fortunatamente poté disporre di ambienti e di fondi sufficienti per organizzare dei laboratori per sé, per i suoi assistenti ed alcuni studenti, nonché una scuola pratica di analisi. A Palermo, di cui fece il centro degli studi chimici in Italia, il C. ebbe la collaborazione di chimici italiani e stranieri, molti dei quali lasciarono un nome illustre nella chimica; fra questi E. Paternò, G. Koerner, A. Lieben, U. Schiff. Ivi si occupò soprattutto di composti aromatici, e in particolare della benzilammina. Fu per alcuni anni rettore dell'università. Coprì anche vari uffici pubblici: fu consigliere comunale ed assessore della Giunta municipale; durante l'epidemia di colera del 1867 fu commissario per la sanità pubblica. Istituì inoltre una scuola tecnica serale per operai. Nell'ottobre 1870 decise, insieme con L. Gabba, F. Selmi, P. Tassinari, D. Amato, E. Paternò e U. Schiff, di fondare un periodico esclusivamente dedicato alla chimica, la Gazzetta chimica italiana; della nuova rivista, che apparve a Palermo nel 1871, gli fu affidata la direzione, mentre il Paternò ne fu il redattore capo.

Nel frattempo Roma era stata unita all'Italia, di cui era divenuta capitale; a coprirvi la cattedra di chimica non poteva non essere chiamato il C., che contemporaneamente ebbe la nomina a senatore (15 novembre 1871). Dal 1872 egli tenne presso l'ateneo romano i due corsi di chimica generale e di chimica organica e diresse la scuola pratica. Organizzò, per la terza volta, un istituto di chimica. Il nuovo istituto, relativamente ben attrezzato, sorse nell'orto del vecchio convento di S. Lorenzo in Panisperna ed ivi restò per oltre sessanta anni, finché non entrò in funzione la città universitaria.

A Roma il C. insegnò per quaranta anni. Pur continuando a coltivare i suoi studi di chimica generale, si dedicò essenzialmente alla chimica organica; ivi iniziò i lavori sulla monobenzilurea e, particolarmente importanti, le magistrali ricerche sulla santonina, che lo tennero occupato sino alla fine del secolo. Con l'insegnamento e con la ricerca dette il via alla scuola chimica romana, dalla quale uscirono G. Bargellini, G. Carnelutti, G. Ciamician, L. Francesconi, P. Gucci, A. Miolati, R. Nasini, V. Villavecchia e molti altri. Lavorò nella ricerca fin verso i settanta anni e lasciò l'insegnamento solo nel 1909, ormai ottantreenne.

Negli ultimi anni della sua vita il C. ebbe molti onori. Fu membro di numerose accademie e associazioni scientifiche nazionali ed estere. L'Accademia dei Lincei lo nominò socio nazionale nel 1873. La London Chemical Society, che già nel 1872 lo aveva incaricato di tenere il "discorso Faraday", nell'indirizzo rivoltogli per il 70º compleanno (1896) lo collocò accanto a Galileo, Torricelli, Volta e Galvani.

Morì a Roma il 10 maggio 1910.

Nel centenario della nascita, i suoi resti furono deposti, accanto a quelli della moglie, nel chiostro della chiesa di S. Domenico a Palermo, dove si trovano le spoglie di vari siciliani illustri.

A parte le sopra accennate comunicazioni di fisiologia, le prime ricerche del C. si svolsero nel campo della chimica organica; in esso egli esplicò praticamente tutta la sua attività sperimentale.

Nel 1851 pubblicò, col Cloëz, la preparazione di un nuovo composto, la cianammide, ottenuta trattando alogenuri di cianogeno, in soluzione eterea, con ammoniaca. Nel lavoro sono riportate le trasformazioni e la polimerizzazione a caldo del nuovo composto; vengono anche descritte alcune cianammidi sostituite, ottenute usando delle ammine al posto dell'ammoniaca; una di esse, la metilcianammide, fu in seguito dal C. più estesamente descritta.

Del 1853 è la prima breve, ma importante, nota sull'alcool benzilico; il C. vi descrive come, riscaldando con soluzione alcoolica di idrossido di potassio l'essenza di mandorle amare (benzaldeide), si ottiene, accanto a benzoato di potassio, un nuovo composto di aspetto oleoso, molto rifrangente, a densità maggiore di quella dell'acqua, poco solubile in questo solvente, molto solubile in etere; in base al comportamento chimico egli lo individua come l'alcool dell'acido benzoico. È la prima volta che viene descritto un alcool della serie aromatica riconosciuto come tale (nel 1842 il Piria aveva isolato la saligenina, ma non l'aveva caratterizzata come alcool salicilico). Allora si conoscevano solo i primi termini della serie alifatica. Il nuovo composto era sfuggito alle ricerche di J. Liebig e F. Wöhler, che avevano notato la reazione, ma senza riuscire a interpretarla (1832). Il C. la studia a fondo, dedicandole varie note, e chiarisce trattarsi di una ossidoriduzione: l'aldeide benzoica per metà si ossida ad acido benzoico, per metà si riduce ad alcool benzilico. La reazione, che il C. applicò successivamente ad altre aldeidi aromatiche, è di carattere molto generale e di estremo interesse non solo per la chimica organica, ma anche per quella inorganica e per la biochimica; è oggi universalmente nota come "reazione di Cannizzaro".

Il C. proseguì poi le ricerche sull'alcool benzilico e le estese ad altri alcooli aromatici da lui preparati. Per trattamento dell'alcool benzilico con acido cloridrico ottenne il cloruro di benzile, che trovò identico al prodotto che si forma trattando il toluene con cloro a caldo; trasformò poi il cloruro di benzile nel corrispondente cianuro e quindi in acido α-toluico (fenilacetico), primo esempio conosciuto della trasformazione di un idrocarburo, il toluene, in un acido carbossilico con un atomo di carbonio in più. Particolarmente interessante la discussione sulle differenze con l'acido β-toluico (4-metilbenzoico) ottenuto da H. M. Noad per ossidazione del cimene.

Nel 1855 descrisse, col Bertagnini, la preparazione dell'alcool anisico per dismutazione della corrispondente aldeide, mentre notò l'impossibilità di ottenere in maniera analoga l'alcool salicilico. Nel 1861 ottenne, con A. Rossi, un altro nuovo composto, il dibenzile, trattando con sodio il cloruro di benzile. Queste ricerche servirono a chiarire le relazioni fra i diversi idrocarburi aromatici ed i loro derivati alogenati e ossigenati.

Passato a Palermo, il C. vi continuò lo studio delle tre serie precedentemente investigate: toluica, anisica, cuminica. In tali ricerche si inseriscono quelle sulle benzilammine, che furono di fondamentale importanza per meglio mettere in rilievo l'esistenza di due diversi radicali -C7H7 (cioè il benzile C6H5-CH2- e il toluile CH3-C6H4-); esse richiamarono l'attenzione sul comportamento dei composti aromatici con catene laterali e costituirono pertanto un ottimo materiale sperimentale, da cui seppe trarre profitto A. Kekulé per giungere alla sua ipotesi sulla struttura a esagono regolare del nucleo benzenico (1865). È da ricordare che nella nota Intorno agli alcaloidi derivati dall'alcool benzilico (1866) il C., spiegando l'isomeria tra benzilammina e toluidina, confermò l'ipotesi di Kekulé; in essa, inoltre, propose il nome di ossidrile per l'-OH, facendo distinzione fra quelli degli alcooli, dei fenoli e degli acidi carbossilici.

L'attività scientifica romana del C. riguarda quasi esclusivamente la santonina e i suoi derivati. Su tale argomento egli pubblicò, solo o con vari collaboratori, una trentina di note, che comparvero tra il 1873 e il 1896, generalmente sulla Gazzetta chimica italiana e sugli Atti della R. Accademia dei Lincei. La santonina, che costituisce il più importante principio attivo del noto antielmintico "seme santo", cioè dei capolini dell'Artemisia cina e di altre specie affini, era stata isolata nel 1830 da P. Kahlar e da P. Alms. Era stata studiata, ma con scarso successo, da vari autori, fra i quali, nel 1864, F. Sestini. Con questo, appunto, il C. effettuò nel 1873 la sua prima pubblicazione sull'argomento; ne seguirono molte altre, che nel loro complesso, anche se non portarono a stabilire in tutti i suoi particolari la formula di struttura della santonina, rappresentano uno dei più begli esempi di ricerca di gruppo sulla costituzione di una sostanza organica naturale. Dopo averne determinato esattamente la formula bruta C15H18O3, il C. riuscì a salificare la santonina, ma solo per trattamento alcalino a caldo, segno che la molecola contiene un gruppo acido poco reattivo; per riscaldamento più prolungato ne ottenne il sale di un acido (santonico), la cui formula contiene, rispetto a quella della santonina, gli elementi di una molecola di acqua in più e che si comporta come un chetone. Della santonina e dell'acido santonico egli preparò numerosi derivati: isomeri, prodotti di riduzione, prodotti di trasformazione fotochimica ecc. Da alcuni di essi ottenne poi propilene e dimetilnaftolo. In base a questi e ad altri risultati, arrivò a proporre per la santonina (1893) la formula di un chetone derivato dall'1,4-dimetilnaftalene parzialmente idrogenato e contenente un anello lattonico. Purtroppo la santonina è un composto particolarmente difficile da studiare, anche perché poco stabile; allora erano disponibili solo i mezzi classici della chimica organica, spesso troppo brutali per una sostanza così delicata: distillazione con potassa caustica o con polvere di zinco, azione di acidi o alcali forti, ecc. Si può dire che non esistevano ancora i mezzi tecnici per la completa soluzione del problema. La soluzione definitiva fu trovata solo nel 1930 da G. R. Clemo, il quale propose una formula che differisce da quella del C. solo per la posizione di un gruppo chetonico (in 6 anziché in 7 nell'anello naftalenico) e di un metile (in 9 anziché in 8).

Se nella chimica organica il C. emerse come abile ed attento sperimentatore, nella chimica generale egli soprattutto mostrò il suo acume critico e la sua intelligenza creativa; infatti, pur non avendo apportato, in quest'ultimo campo, un proprio contributo sperimentale, vi lasciò un'orma indelebile per aver chiarito, con la legge che meritatamente porta il suo nome, il concetto di peso atomico, nettamente distinto da quello di peso molecolare, per aver quindi posto su salde basi tutta la teoria atomica.

Le sue prime considerazioni a questo proposito nacquero da una necessità didattica, che egli sentiva in modo particolare per la grande passione che dedicava all'insegnamento. Nell'intento di chiarire innanzitutto a se stesso e quindi ai suoi studenti i concetti di atomo, molecola, equivalente, egli aveva letto attentamente le pubblicazioni che riguardavano tali argomenti. Si era reso conto della grande confusione cheregnava, tra i chimici, in questo campo e, nello stesso tempo, si era convinto della bontà dell'ipotesi di Avogadro (1811), che per motivi vari era stata trascurata, ma che egli già dal 1856 aveva insegnato ai suoi allievi a Genova. Nel 1857 dell'ipotesi stessa si erano avute due conferme, una indiretta, l'altra diretta. La prima era la scoperta, dovuta a H. E. Sainte-Claire Deville, che alcuni gas o vapori (pentacloruro di fosforo, cloruro d'ammonio) ad alta temperatura si dissociano reversibilmente dando origine, per ogni molecola, a due molecole di sostanze diverse; ciò spiegava le densità anomale (doppie del previsto) mostrate da tali sostanze a temperature molto elevate ed eliminava quindi - come fu intuito immediatamente dal C. e, subito dopo, da H. Kopp, e da A. Kekulé - alcune apparenti eccezioni all'ipotesi di Avogadro. La conferma diretta fu data dal fisico R. J. E. Clausius, che dedusse la stessa ipotesi dalla teoria cinetica dei gas. Un anno dopo il C. dette alle stampe sul glorioso periodico scientifico pisano Il NuovoCimento ilcelebre Sunto di un corso di filosofia chimica;alla pubblicazione egli dette la modesta forma di una lettera indirizzata (in data 12 marzo 1858) al collega S. De Luca, che era succeduto a C. Bertagnini nella cattedra di Pisa; a tale artificio era ricorso per non fare cosa sgradita al suo maestro, il Piria, che sconsigliava ai discepoli ogni pubblicazione che fosse puramente teorica, non basata su risultati sperimentali. Nello stesso 1858 il C. riprese l'argomento nella Lezione sulla teoria atomica, che pubblicò in Liguria medica.

Nel Sunto, che è suddiviso in otto lezioni, il suo autore spiega come dalla legge dei volumi di Gay-Lussac scaturì l'ipotesi di Avogadro, annunziata tre anni dopo anche da A.-M. Ampère e successivamente da Clausius. Secondo Avogadro, volumi eguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole. Per conciliare tale ipotesi con i risultati sperimentali di Gay-Lussac, Avogadro aveva dovuto ammettere che la molecola di alcuni elementi fosse costituita da due o più atomi. Tale postulato non poteva essere accettato da Berzelius perché in contrasto con la sua teoria dualistica: egli non riusciva a concepire come due atomi uguali, e pertanto non muniti di carica elettrica opposta, potessero stare uniti insieme. Il chimico svedese in un primo tempo fece sua un'ipotesi enunciata, ma successivamente respinta, da J. Dalton, secondo cui in volumi eguali di gas era contenuto lo stesso numero di atomi; in seguito accettò l'ipotesi di Avogadro, ma limitatamente "ai corpi semplici che siano gas permanenti"; Dumas, invece, l'accettò solo per le sostanze organiche. C. Gerhardt accettò sostanzialmente l'ipotesi di Avogadro, ma, portandola alle estreme conseguenze, pervenne all'errata conclusione che tutte le molecole degli elementi fossero poliatomiche.

Il C. fa notare che Avogadro aveva proposto un metodo semplicissimo per ricavare il peso molecolare relativo delle sostanze gassose, consistente nella misura della densità rispetto all'idrogeno, che è il gas più leggero. Secondo il C. è preferibile - come poi si fece da parte di tutti i chimici - rapportare i pesi molecolari a quello di mezza molecola (cioè un atomo) di idrogeno, anziché a quello di una molecola, come proposto da Avogadro. Nel fare tale proposta egli evitò l'errore di Dumas, che aveva parlato di "mezzo atomo di idrogeno", provocando le giuste critiche di Berzelius. Ed ecco la parte più originale del C.: per ottenere i pesi atomici degli elementi contenuti in un composto, dopo aver determinato il peso molecolare di quest'ultimo "se ne fa l'analisi elementare, ossia si scoprono i rapporti costanti tra i pesi componenti; quindi si divide il peso della molecola in parti proporzionali ai numeri esprimenti i pesi relativi dei componenti, e così si hanno le quantità di loro contenute nella molecola del composto, riferite alla medesima unità alla quale sono riferiti i pesi di tutte le molecole... Comparate le varie quantità dello stesso elemento contenute sia nella molecola del corpo libero, sia in quelle di tutti i diversi suoi composti, e non vi potrà sfuggire la seguente legge: le varie quantità dello stesso elemento contenute in diverse molecole son tutte multiple intere di una medesima quantità, la quale, entrando sempre intera, deve a ragione chiamarsi atomo... Per trovare dunque il peso atomico di ciascun elemento, bisogna prima conoscere i pesi di tutte, o della maggior parte delle molecole ove è contenuto, e la composizione loro".

Nonostante che il predetto concetto di peso atomico fosse stato già adombrato da Avogadro e poi più esplicitamente da M.-A. Gaudin, la "legge degli atomi" - come la chiamò il C. - è oggi universalmente nota come legge o principio o regola di Cannizzaro perché il chimico italiano - il quale peraltro ampiamente riconosce i meriti di Avogadro e di Gaudin - per primo la enunciò chiaramente, ne illustrò le applicazioni e la divulgò. Èda rilevare che il metodo del C. può condurre, anziché al vero peso atomico, a un suo multiplo, se fra i composti esaminati non ce n'è nessuno contenente, nella molecola, un solo atomo dell'elemento in questione; il C., però, non solo elimina concettualmente tale possibilità, prescrivendo di esaminare "tutti" i composti dell'elemento, ma, ben conscio dell'impossibilità pratica di far ciò, suggerisce di controllare il risultato col metodo approssimato di Dulong e Petit, basato sulla costanza dei calori atomici.

Nel Sunto il C.illustra, fra l'altro, come dalle densità di vapore del calomelano e del sublimato corrosivo si ricavino le formule HgCl e HgCl2 ; dall'analisi di questi e di altri composti del mercurio si deduce che il peso atomico di tale metallo è 200; essendo questo anche il suo peso molecolare, ne segue che la molecola del mercurio è monoatomica (Hg), non biatomica come sostenuto da alcuni. È da notare, a tale proposito, che il C. non usa i termini "monoatomica" e "biatomica", ma ricorre a circonlocuzioni perché, come dichiara esplicitamente, questi aggettivi venivano allora usati comunemente per indicare la "capacità di saturazione" (cioè la valenza). Anche sulla valenza il C. ebbe idee molto chiare, anzi può esserne ritenuto un pioniere; egli nel Sunto dichiara che il mercurio e il rame possono avere due diverse "capacità di saturazione". Si tenga presente che, nonostante E. Frankland nel 1852 avesse implicitamente ammesso che uno stesso elemento può avere valenze diverse, tale possibilità veniva esclusa dall'autorevole Kekulé.

Sempre nel Sunto il C.osserva che i radicali elettropositivi monovalenti, come l'idrogeno e il metile, si uniscono a due a due nelle molecole; per analogia ritiene molto probabile che i metalli alcalini abbiano la molecola biatomica, "sino a prova contraria". Ma tale prova egli allora non poteva avere, così come non poteva trovare che il calomelano a temperatura ambiente ha la molecola doppia Hg2 Cl2; doveva passare ancora un quarto di secolo prima che F.-M. Raoult annunciasse il suo metodo crioscopico per determinare il peso molecolare dei solidi.

Comunque il Sunto per genialità di concezione e chiarezza di espressione resta un classico della letteratura chimica mondiale. Meno famosa, ma ugualmente meritevole, è la sopra ricordata Lezione, nella quale il C. amplia i suoi concetti, precisandoli e illustrandoli con vari esempi. Egli comincia la sua esemplificazione col caso dell'idrogeno: siccome in nessuna molecola di composti idrogenati entra meno di mezza molecola di idrogeno, possiamo dire "che la mezza molecola dell'idrogeno è la più piccola quantità di questo corpo che entra sempre intera nelle molecole dei suoi composti. Diamo a questa minima quantità il nome di atomo; per ciò diciamo essere la molecola dell'idrogeno composta di due atomi. Nel dir ciò noi non asseveriamo che ciascuno di questi atomi non contenga parti distinte, ma non vogliamo altro esprimere che il seguente fatto: ciascuno di questi atomi non si subdivide mai in quella sfera di azioni chimiche che siamo giunti a produrre; potrebbe darsi che, estendendo i nostri mezzi analitici, giungeremo a scoprire una ulteriore divisione della mezza molecola dell'idrogeno". Questa precisazione, accennata anche nel Sunto, dimostra quale prudenza usasse il C. nelle sue affermazioni, prudenza che risultò pienamente giustificata quando, ottanta anni dopo, si realizzò, in condizioni del tutto particolari, la scissione dell'atomo.

La Lezione è corredata di numerosi riferimenti storici, che saranno ampliati in successive pubblicazioni (Notizie storiche...), nelle quali il C. dimostra una profonda conoscenza dello sviluppo storico della chimica nell'800.Nel 1860 si offrì al C. la grande occasione per divulgare efficacemente le sue idee: il congresso internazionale dei chimici organizzato a Karlsruhe da Weltzien, Kekulé e Wurtz. La circolare d'invito (firmata da essi e da Liebig, Wöhler, Mitscherlich, Bunsen, Erlernmeyer, Dumas, Boussingault, Piria e altri) ne indicava gli scopi: 1) definizione di importanti concetti chimici, come quelli espressi dalle parole atomo, molecola, equivalente, atomico, basico; 2) esame della questione degli equivalenti e delle formule chimiche; 3) fissazione di una notazione e di una nomenclatura uniformi. Al congresso, che durò dal 3 al 5 settembre, parteciparono circa 130 eminenti chimici di tutta Europa, fra cui Dumas, Kopp, Lothar Meyer, Mendeleev, Oedling, Roscoe, Strecker.

In tutti i partecipanti era il desiderio di uscire da quello stato di confusione allora regnante, che non trovava i chimici d'accordo neanche nella formula con cui indicare l'acqua: H2 O, HO, HO, o H2 O2. A Karlsruhe il C. si trovò a combattere su due fronti: da un lato gli "atomisti", che facevano una gran confusione tra atomo e molecola, alcuni, seguaci di Berzelius, non ponendo alcuna differenza tra i due, alcuni, come Dumas e Kekulé, interpretandoli rispettivamente come "atomo chimico" e "atomo fisico"; dall'altro gli "equivalentisti", seguaci di W. Wollaston e di L. Gmelin, che contro il nebuloso concetto di peso atomico sostenevano quello di peso equivalente, ritenuto più attendibile perché basato esclusivamente su dati chimici. Nella relazione tenuta al congresso, il 5 settembre, il C. si pronunciò per l'abbandono della notazione di Berzelius e per l'accettazione, in linea di massima, del sistema di Gerhardt, fondato sulla teoria di Avogadro e di Ampère. E così concluse: "La densità di vapore ci offre il mezzo di determinare la grandezza molecolare tanto dei corpi semplici quanto dei composti; la grandezza atomica viene controllata per mezzo del calore specifico, mentre l'isomorfismo svela l'analogia della composizione molecolare. Io vi propongo perciò, signori, di accettare il sistema di Gerhardt e di aver riguardo alla modificazione riconosciuta necessaria del peso atomico di una serie di metalli". Non si arrivò a nessuna decisione e così si sciolse quel congresso che sembrava non avesse portato a nessuna conseguenza, ma che invece fu il primo germe da cui presto ebbero origine grandi riforme. Assai utile, sul piano tattico, si dimostrò un'iniziativa del C.: affinché i concetti da lui esposti potessero essere meglio meditati dai congressisti, il suo amico A. Pavesi, professore di chimica a Pavia, distribuì, alla fine del congresso, un opuscolo in cui era stato ristampato il Sunto.

A J. Lothar Meyer spetta in gran parte il merito di aver diffuso le idee del C., soprattutto nei paesi di lingua tedesca, col suo chiarissimo volume Die modernen Theorien der Chemie (Leipzig 1864). I pesi atomici del C. furono proficuamente utilizzati da Lothar Meyer e da Mendeleev per la loro classificazione periodica degli elementi (1869). Anche in chimica organica scomparve la confusione tra le varie formule scritte in base ai pesi atomici o ai pesi equivalenti del carbonio e dell'ossigeno; si apri così la via allo sviluppo delle formule di struttura, che furono proposte da vari chimici proprio negli anni immediatamente successivi al 1860.

Le idee del C. furono più o meno rapidamente accettate dai chimici di tutto il mondo. La lentezza con cui esse, nonostante la loro chiarezza galileiana e - si potrebbe dire a posteriori - la loro ovvietà, furono recepite da alcuni ambienti scientifici, per es. il gruppo di Berthelot, dimostra quanto radicati fossero certi errati convincimenti e quindi quanto meritoria sia stata l'opera del Cannizzaro. Questi operò una vera e propria riforma che, permettendo di trovare con un metodo sicuro i pesi atomici, diede la possibilità alla teoria atomica di porsi a salda base di tutta la chimica, inorganica e organica. Il reale servigio reso dal C. fu di mostrare in maniera definitiva che, come dice W. A. Tilden, "c'è, in effetti, una sola scienza chimica ed una sola serie di pesi atomici". Molti chimici, italiani e stranieri, riconobbero l'importanza dell'opera del C. per i successivi sviluppi della chimica e gliene dettero atto. Eppure egli modestamente ebbe a dire, nel discorso pronunciato a Roma in occasione delle onoranze tributategli per il suo 70º compleanno: "Io non pretendo essere stato un grande riformatore della scienza; non fo ostentazione di modestia, ma dico la pura e semplice verità, affermando che io non feci allora che osservare ciò che necessariamente risultava dal corso medesimo della scienza; io non enunciai alcuna idea nuova, non feci alcuna scoperta sperimentale in quel campo, ma ebbi soltanto la fortuna di enunciare nettamente ciò di cui indispensabilmente si sarebbe accorto chiunque in quel momento si fosse accinto ad una critica severa dello stato della scienza". Ciò è sostanzialmente vero; ma acutamente fa osservare G. Ciamician: "Pur non avendo scoperto nulla, egli poté insegnare la strada a tutti. Sapere ciò che tutti sanno e comprendere ciò che da nessun altro è compreso, questo è il merito dei grandi divinatori della conoscenza".Il C. non si dedicò solo alla scienza pura, ma seppe dare soluzioni concrete a problemi sia tecnici sia organizzativi. È da ricordare, ad esempio, che quando, nel 1883, il governo italiano decise di assumere la gestione diretta del monopolio dei tabacchi, il C. si recò in Francia per studiare l'ordinamento del monopolio francese e del laboratorio chimico annesso alla manifattura di Parigi. Suggerì l'istituzione a Roma di un analogo laboratorio, che cominciò a funzionare nel 1886. Poco dopo il Laboratorio chimico dei tabacchi fu trasformato in Laboratorio chimico delle gabelle (del quale il C. fu direttore per dieci anni) e diviso in due sezioni: una riguardante i tabacchi e l'altra le analisi merceologiche agli effetti dell'applicazione della tariffa doganale e delle tasse di fabbricazione; tale seconda sezione prese successivamente il nome di Laboratorio chimico delle dogane e imposte indirette. Anche nel campo delle analisi merceologiche il C. diede un valido contributo, incoraggiando la ricerca di nuovi metodi.

Meno noto, ma provato, è il contributo dato dal C. all'industria chimica; ne è testimone il carteggio con G. Candiani, pioniere dell'industria chimica italiana, dal quale risulta una sua priorità nello studio di un procedimento chimico per la preparazione della soda Solvay. Inoltre, ad alcuni allievi del C., e in particolare al suo discepolo prediletto E. Paternò, si deve l'ideazione di interessanti procedimenti industriali.

Il C. partecipò attivamente alla vita parlamentare fino alla morte; fu vicepresidente della Camera vitalizia dalla sessione 1886-87 in poi, con l'eccezione della sessione 1897-98, e membro di varie commissioni, soprattutto quella delle finanze. Si asteneva dall'intervenire su questioni puramente politiche (cfr. dichiarazione in tal senso del 21 dic. 1895).

Generalmente il C. appoggiò misure di polizia e repressive, in quanto riteneva di scorgere, nei sommovimenti sociali, oscure trame di "neri" e "rossi" collegati, giungendo persino a chiedere il licenziamento dei "maestri antipatriottici" dalle scuole elementari (14 luglio 1898). Fu anche contrario all'abolizione della pena di morte. Si espresse contro riduzioni parziali della tassa sul macinato, ritenendo che per una politica forte in campo internazionale il govemo non potesse privarsi dei fondi necessari (cfr. 24 luglio 1879 e 14 genn. 1880). Relativamente all'estensione del suffragio, si pronunziò per un processo più graduale (contro le disposizioni transitorie), mantenendo fermi i prerequisiti dell'assolvimento della scuola dell'obbligo e anche di un piccolo censo (cfr. 13 dic. 1881 e 27 nov. 1888); fu favorevole allo scrutinio di lista.

Si oppose all'elevazione del limite di età dei fanciulli lavoratori a dieci anni, ritenendo sufficiente tale limite - già in atto - per le attività più nocive; anche la legislazione sull'infortunistica lo vide su posizioni conservatrici: fu contrario all'istituzione degli ispettori governativi (24 febbr. 1892) e all'aumento delle indennità da corrispondersi ai lavoratori infortunati, che considerava gravoso, almeno per quanto riguardava industrie come quella dello zolfo (31 marzo 1903).

Fu infaticabile nel chiedere provvidenze per la ricerca scientifica; in genere espose idee assai avanzate in campo scolastico, chiedendo maggiore libertà di scelta dei corsi per gli studenti universitari (7 giugno 1873) e delle materie per la licenza liceale (la "deficienza in qualcuna delle materie prescritte" non significa che non si sia raggiunta la "maturità intellettuale": 16 febbr. 1875). Altrettanto infaticabile fu nella difesa della laicità dello Stato; e fu di idee moderne anche in altri settori, come per esempio in relazione al codice penale (l'adulterio della moglie separata è "materia... di Codice civile e non di Codice penale": 14 nov. 1888).

Opere: Osservazioni intorno alla teoria di Weber sulla contrazione muscolare, in Atti della VII adunanza degli scienz. ital., Napoli 1845, p. 715; Quesiti intorno al sistema nervoso periferico e centrale degli animali vertebrati ed invertebrati,i bid., p. 733; Osservazioni intorno all'assorbimento, ibid., p. 808; Recherches sur les amides cyaniques (incollab. con S. Cloëz), in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, XXXII(1851), pp. 62-64 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, LXXVIII [1851], pp. 228-231); Ueber den der Benzoësäure entsprechenden Alkohol, in Annal. der Chemie und Pharm., LXXXVIII (1853), pp. 129 s.; XC (1854), pp. 252-254; XCII (1854), pp. 113-117 (anche in Annales de chimie et physique, XL [1854], pp. 234 s.); Nouvelles recherches sur l'alcool benzoïque, in Annales de chimie et physique, XLIII (1855), pp. 349 s. (anche in Nuovo Cimento, I [1855], pp. 84-99; III [1856], pp. 397-407); La chimica e le scienze naturali - Prelezione al corso di chimica generale dell'anno scolastico 1855-56 nella R. Università di Genova, in Liguria medica,giorn. di scienze mediche e natur. (Genova), 1856; Sull'alcool anisico (in collab. con C. Bertagnini), in Nuovo Cimento, I (1855), pp. 99-105 (anche in Annales de chimie et physique, XLVII [1856], pp. 285-88; e in Annalen der Chemie und Pharmacie, XCVIII [1856], pp. 188-192); Sulla trasformazione del toluene in alcole benzoico ed acido toluico, in Nuovo Cimento, II (1855), pp. 212-215 (anche in Annales de chimie et physique, XLV [1855], pp. 468-475; e in Annalen der Chemie und Pharmacie, XCVI [1855], pp. 246 s.); Della disassociazione ossia scomposizione dei corpi sotto l'influenza del calore, in Nuovo Cimento, VI (1857), pp. 428-430; Sunto di un corso di filosofia chimica fatto nella R. Università di Genova - Lettera al prof. S. De Luca,ibid., VII (1958), pp. 321-366; Osservazioni: "Sulla spiegaz. di alcune insolite condensaz. di vapori" di H. Kopp,ibid., VII (1858) pp. 375-378; Osservaz. sulla nota di Dumas intorno gli equivalenti dei corpi semplici,ibid., pp. 16 s.; Spiegaz. intorno la nota del sig. H. Kopp accennata nel fasc. di maggio,ibid., VIII (1858), pp. 71 s.; Lezione sulla teoria atomica fatta nella R. Università di Genova, in Liguria medica,giorn. di scienze mediche e natur. (Genova), 1858, nn. 5-6; Sur l'alcool anisique et sur deux bases oxygénées qui en dérivent, in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, L (1860), pp. 1100-1104 (anche in Journ. für praktische Chemie, LXXXIII [1861], pp. 229-232); Sur l'alcool anisique et sur un nouvel acide homologue à l'acide anisique, in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, LI (1860), pp. 606-608 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXVII [1861], pp. 243-47); Ueber die aus Cyanbenzyl dargestellte Toluyilsäure, in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXIX (1861), pp. 253-56; Comparazione del benzene ottenuto dall'acido salilico e di quello ottenuto dall'acido benzoico, in NuovoCimento, XIII (1861), pp. 384 s. (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, suppl., I[1861], p. 274); Sull'acido alfatoluico e sull'aldeide corrispondente: ricerche per servire allo studio degli acidi isomeri della serie aromatica, in Nuovo Cimento, XIII (1861), pp. 385-391 (anche in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, LII [1861], pp. 966 s.); Sopra i radicali dell'alcol benzoico,dell'alcol cuminico e dell'alcol anisico (in collab. con A. Rossi), in Nuovo Cimento, XIV (1861), pp. 103-06 (anche in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, LIII [1861], pp. 541-43; e in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXXI [1862], pp. 250-53); Sur la série toluique, in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, LIV (1862), pp. 1225-1227 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXXIV[1862], pp. 252-56); Sur les amines de l'alcool benzylique, in Comptes rendus de l'Acad. des Sciences, LX (1865), pp. 1207-1209, 1300-1302 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXXXIV [1865], p. 128 e suppl. IV [1865], pp. 24-27, 80-82; e in Giorn. d. scienze natur. ed econom. di Palermo, I[1866], pp. 77-91); Ricerche sulla costituzione dell'alcool anisico, in Giorn. d. scienze natur. ed econom. di Palermo, I (1866), pp. 155-158 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXXXVII [1866], pp. 244-48); Sul toluene bromurato, in Giornale d. scienze natur. ed econom. di Palermo, II (1866), pp. 61-65 (anche in Annalen der Chemie und Pharmacie, CXLI [1867], pp. 198-205; e in Annales de chimie et physique, X [1867], pp. 503 s.); Considerazioni sui lavori di E. Paternò "Azione del percloruro di fosforo sul clorale" e "Azione del percloruro di fosforo sull'aldeide biclorurata", in Giornale d. scienze natur. ed econom. di Palermo, V (1869), pp. 115 s. (anche in Nuovo Cimento, II [1869], pp. 145-147); Rapporto sulla memoria di W. Koerner "Fatti per servire alla determinazione del luogo chimico nelle sostanze aromatiche", in Giornale d. scienze natur. ed econom. di Palermo, V (1869), pp. 207-211; Notizie storiche e considerazioni sull'applicazione della teoria atomica alla chimica e sui sistemi di formule esprimenti la costituzione dei composti, in Gazz. chimica ital., I (1871), pp. 1-33, 213-230, 293-314, 389-397, 567-586, 629-683; Azione dei due cloruri di cianogeno,cioè del gassoso e del solido,sull'alcool benzoico, in Gazz. chimica ital., I (1871), pp. 33-38 (anche in Journ. of the Chemical Soc., IX [1871], pp. 926 s.; e in Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft, III [1870], pp. 517 s.); Sulla monobenzilurea, in Gazz. chimica ital., I (1871), pp. 41 s. (anche in Journ. für praktische Chemie, IV [1871], pp. 32 s.; e in Journ. of the Chemical Soc., IX [1871], p. 928); Osservazioni sulla memoria di Kolbe "Sulle formule di struttura e sulla dottrina del collegamento degli atomi e riassunto della polemica tra Kolbe,Heintz e Claus, in Gazz. chimica ital., I (1871), pp. 407-421; Sugli alcoli anisico e metilsalicilico (in collab. con W. Koerner), ibid., II (1872), pp. 65-68; Considerat. on some points of the theoretic teaching of chemistry, in Journ. of the Chem. Society, X (1872), pp. 941-967 (anche in Gazz. chim. ital., II [1872], pp. 305-333); Ricerche sulla santonina (in collab. con F. Sestini), in Gazz. chim. ital., III (1873), pp. 241-251 (anche in Journ. de Pharmacie, XXI [1875], pp. 363-365); Azione dell'acido jodidrico sull'acido santonico (in collab. con D. Amato), in Gazz. chimica ital., IV (1874), pp. 446-452; Sulla metasantonina (in collab. con D. Amato), ibid., pp. 452-454; Discorso di apertura della classe III del I congresso della Società italiana per il progresso delle scienze,ibid., V (1875), pp. 354-371; Azione dell'idrogeno nascente sull'acido santonico; acido idrosantonico, in Mem. d. R. Accad. d. Lincei, cl.di sc. fis., mat. e nat., s. 2, II (1874-75), pp. 592 s.; Del potere rotatorio sul piano di polarizzazione della luce degli acidi santonico,metasantonico ed idrosantonico,sciolti in vari solventi, in Mem. della R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. ..., s. 2, III (1875-76), 1, pp. 113 s.; Sui derivati dell'acido santonico,ibid., 2, pp. 363-67 (anche in Gazz. chimica ital., VI [1876], pp. 341-48; e in Comptes rendus de l'Assoc. française pour l'avancement des sciences, VI [1877], pp. 354 s.); Sul santonato metilico, in Gazzetta chimica italiana, VI (1876), pp. 355 s.; Sul cloruro santonico (in collab. con L. Valente), in Trans. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis..., s. 3, I (1876-77), pp. 27 s.; Sul ioduro e sul bromuro corrispondenti all'acido santonico (in collab. con G. Carnelutti), ibid., pp. 28 s.; Sur les densités de vapeur anomales, in Comptes rendus de l'Assoc. française pour l'avancement des sciences, VI (1877), pp. 355 s.; Sopra alcuni derivati della santonina (in collaboraz. con L. Valente), in Gazz. chimica ital., VIII (1878), pp. 309-18 (anche in Memorie d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 3, II [1877-78], II, pp. 547-53; e in Comptes rendus de l'Assoc. franç. pour l'avancement des sciences, VII [1878], p. 407); Sopra due altri isomeri della santonina (in collaborazione con G. Carnelutti), in Mem. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 3, II (1877-78), II, pp. 554 s. (anche in Gazz. chimica ital., VIII [1878], pp. 318-20); Sopra alcuni derivati della santonina (in collaborazione con G. Carnelutti), in Trans. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 3, III (1878-79), pp. 241 s. (anche in Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft, XII [1879], pp. 1574-76; XIII [1880], pp. 1516 s.); Sopra un nuovo isomero della santonina (in collaborazione con L. Valente), in Trans. d. R. Accad. d. Lincei, cl.di sc. fis. …, s. 3, III (1878-79), pp. 242 s.; Relazione sull'analisi di quattro acque di Torino, in Gazz. chimica italiana, X (1880), pp. 115-118; Azione del pentacloruro di fosforo sull'acido santonico (in coll. con G. Carnelutti), ibid., pp. 459 s.; Sopra i due isomeri della santonina chiamati metasantonine (in coll. con G. Carnelutti), ibid., pp. 461-65; Sul fenol derivato dall'acido santonoso (in collaborazione con G. Carnelutti), in Trans. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. IV (1879-80), p. 171 s.; Sulla costit. dei deriv. della santonina,ibid., V (1880-81), p. 283; Sui due acidi isomeri santonoso e isosantonoso,ibid., VI (1881-82), pp. 269-72; Id. (in coll. con G. Carnelutti), in Gazz. chim. ital., XII (1882), pp. 393-416 (anche in Bull. de la Soc. chim. de Paris, XXXVIII [1882], pp. 652-56); Delle materie organiche nelle acque potabili e del giudizio della bontà delle acque medes., in Ann. di chimica del Polli, LXXV (1882), pp. 193-219; Sulla memoria del prof. R. Schiff "Sui volumi molecolari delle sostanze liquide"(in collab. con P. Blaserna), in Gazz. chimica ital., XII (1882), pp. 488-504; Sui prodotti di decomposizione dell'acido santonoso,ibid., XIII (1883), pp. 385-95 (anche in Mem. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. .... s. 3, XV [1882-83], pp. 291-99); Sulla costituz. della santonina, in Rendic. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. s. 4, I (1884-85), pp. 703-08 (anche in Berichte d. deutschen chemischen Gesellschaft, XVIII [1885], pp. 2746-51); Sopra un nuovo acido derivato dalla santonina (acido isofotosantonico) (in collab. con G. Fabris), in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl.di sc. fis. …, s. 4, II (1885-86), I, pp. 448-53 (anche in Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft, XIX[1886], pp. 2260-64); Considerazioni sulla pubblicazione di Clausius "Examen des objections faites par M. Hirn à la théorie cinétique des gaz", in Rendic. d. R. Accad. d. Lincei, cl.di sc. fis. …, s. 4, II (1885-86), I, pp. 539-541 (anche in Berichte der deutschen chem. Gesellschaft, XIX(1886), Referate, pp. 734-736; Sopra alcuni derivati dell'acido fotosantonico (in collab. con P. Gucci), in Gazz. chimica ital., XXIII (1893), 1, pp. 286-294 (anche in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 5, I [1892], II, pp. 149-155); Ueber eine Mittheilung von I. Klein,betreffend Derivate des Santonins, in Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft, XXVI (1893), pp. 786-788; Ueber die Constitution der santonigen Säure,ibid.,Referate, pp. 2311 s.; Bemerkungen über die Abhandlungen des Hrn. Dr. Klein die Constitution des Santonins betreffend,ibid., XXVII (1894), pp. 530-36 (anche in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 5, III [1894], 1, pp. 150-56); Studio del dimetilnaftol (in collab. con A. Andreocci), in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis..., s. 5, III (1894), II, pp. 359 s. (anche in Gazz. chimica ital., XXV [1895], 1, pp. 53-59); Sulla costituzione del dimetilnaftol proveniente dagli acidi santonosi (in coll. con A. Andreocci), in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, s. 5, IV (1895), I, pp. 287-90; II, pp. 263 s. (anche in Gazz. chimica ital., XXVI [1896], 1, pp. 13-35).

A queste pubblicazioni vanno aggiunte, oltre a poche altre di minore importanza: la commemorazione di R. Piria (Torino 1883); quelle di J.-B. Dumas (1884), A. Wurtz (1884), A. Kekulé (1890), A. W. von Hofmann (1892), C. Friedel (1899), R. Bunsen (1899), che si trovano negli Atti d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. …, e quella di sir H. E. Roscoe, in Rend. d. Soc. chimica di Roma, II (1904), pp. 27-33.

Il presente elenco è desunto in gran parte da quello (di 83 titoli) riportato in Scritti intorno alla teoria molecolare ed atomica ed alla notazione chimica di S. C. pubblicati nel 70ºanniversario della sua nascita (Palermo 1896); il volume contiene la ristampa delle pubblicazioni del C. sulla teoria atomica e i giudizi di Mendeleev e di Lothar Meyer. Del Sunto esistono anche varie ristampe (Genova 1858, Pisa 1859, Roma 1880) e traduzioni; fra queste ultime, una in tedesco di A. Miolati, curata da L. Meyer (Abriss eines Lehrganges der theoretischen Chemie), nella collezione Klassiker der exakten Wissenschaften di Ostwald, XXX, Leipzig 1891 e una inglese (Epitome of a course of chemical philosophy), nella collezione Alembic Club Reprints, XVIII, Edinburgh 1910. Anche la serie di pubblicazioni Notizie storiche... (1871) è stata tradotta in tedesco (D. L. Vanzetti e M. Speter: Historische Notizen..., nella collezione curata da W. Herz: Sammlung chemischer und chemischtechnischer Vorträge, XX, Stuttgart 1913).

Fonti e Bibl.: Atti del Parlamento italiano, Senato, discussioni,l egislature XI-XXII, ad Indices; Le Assemblee del Risorgimento, Sicilia, I, Roma1911, pp. 805 s.; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, Roma 1961, ad Indicem; J. C.Poggendorff, Biograph.-literar. Handwört., IV, Leipzig 1904, pp. 216 ss.; G. Ciamician, Commemorazione di S. C., in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, cl. di scienze fis., mat. e nat., s. 5, XIX (1910), pp. 460-469; A. Gautier, S.C., in Bulletin de la Soc. chimique de France, s. 4, VII (1910), pp. I-XIII; A. Miolati, S.C., in Chemiker Zeitung, XXXIV (1910), pp. 593 s.; G.Provenzal, S.C. in Nuova antologia, 1º giugno 1911, pp. 474 s.; R. Nasini, La teoria atomica e l'opera di S. C., in Atti d. Soc. ital. per il progr. d. scienze (1910), Roma 1911, pp. 153-199, e in Rend. d. Soc. chim. ital., III (1911), pp. 181-199; W. A. Tilden, C. memorial lecture, in Journ. of the Chem. Society, CI (1912), pp. 1677-1693; W. Ramsay, Chim. e chimici, Palermo 1913, pp. 143-163 (contiene uno studio sul C. della traduttr., C. Giua Lollini); M. Giua, Per il cent. della nascita di S. C., in Notiz. chim. ind., I (1926), pp. 173-78; R. Nasini, Il contrib. di S. C. allo svil. del concetto di valenza, in Gazz. chimica ital., LVI (1926), pp. 503-511; L. C. Newell, The centen. of S. C., in Journal of chem. education, III (1926), pp. 1361-1367; S. C. - Scritti vari e lettere ined. nel centen. della nascita, a cura d. Associaz. ital. di chimica, Roma 1926 (il volumecomprende appunti autobiografici dello stesso C., una biografia scritta da E. Paternò, saggi di vari autori sull'opera del C. vi sono inoltre tre scritti minori del C. e parte dell'epistolario fra il C. e alcuni chirnici italiani e stranieri. Lelettere ivi riprodotte si trovano presso la sede della Società chimica italiana a Roma); N. Parravano, C. and the atomic theory, in Journal of chemical education, IV (1927), pp. 836-844; B.L.Vanzetti-M. Speter, inG. Bugge, Das Buch der grossen Chemiker, II, Berlin 1930, pp. 173-189; G. Provenzal, Profili bio-bibliografici di chimici italiani, Roma s.d. (ma 1938) pp. 195-200; Un secolo di progresso scientifico italiano (1839-1939), a cura d.Società ital. per il progresso delle scienze, II, Roma 1939, pp. 222-28, 245-48, 407 ss.;D. Marotta, S. C., in Chimica, XV (1939), pp. 711-719 (anche in Gazz. chimica ital., LXIX [1939], pp. 689-707; e in Rend. d. Istituto super. d. sanità, II [1939], pp. 709-730); F. Brancato, L'Assemblea siciliana del 1848-49, Firenze 1946, pp. 91-98; E. Morelli, Le carte di S.C., in Rassegna storica del Risorgimento, XLVI (1959), pp. 73-78;A. Coppadoro, I chimici italiani e le loro associazioni, Milano 1961, pp. 176-178; D. Marotta-M. Giua, A. Todd-G. Chaudron-N. A. Figurovski, discorsi per la Celebrazione del I centenario della legge degli atomi di S.C., in Gazz. chimica ital., XCI (1961), pp. 5-33; M. Giua, in M. Gliozzi-M. Giua, Storia delle scienze, II, Torino 1962, pp. 629-634; E. Oliveri, L'opera scient. di S. C. e di E. Paternò, in Atti del Congr. intern. di studi storici sul Risorg. italiano, Palermo 1961, Milano 1962, pp. 1011-18; V.Broglia, Dall'Avogadro al C., in Actesdu Symposium international d'histoire des sciences,Florence-Vinci 1960, Vinci 1962, pp. 221-234;J. R. Partington, A Hist. of chemistry, IV, London 1964, pp. 489-94; H. M. Leicester, in Dict. of scient. biography, a cura di C.C. Gillispie, III, New York 1971, pp. 45-49. Cfr. inoltrenumerose enciclopedie italiane e straniere, tra cui le voci dell'Enc. Ital., VIII, pp. 739 s., a cura di A. Quilico;del Diz. del Risorg. naz., II, pp. 516 ss., a cura di E. Paternò. Per l'illustr. della regola del C. cfr.anche G. Semerano, C.,regola ed esperienze di, in Encicl.internaz. di chimica, II, Roma 1970, pp. 769-773. Sul congr. diKarlsruhe cfr. K.Engler; Vier Jahrzehnte chemischer Forschung unter besonderen Rücksicht auf Baden als Heimstätte der Chemie, Karlsruhe 1892, dove è riportato il discorso del C. (trad. ital.in Atti della Soc. ital. per il progr. delle scienze, 1911, cit. sopra); gli atti, su processi verbali di A. Wurtz, furono pubblicati da R. Anschütz, in A. Kekulé, I, Berlin 1929, etradotti in ital. da M. Giua, in Rivista di chimica scientif. e industr., (1930), pp. 12 ss., 41 ss., 72 ss. Cfr. anche: C. de Milt, Carl Weltzien and the congress at Karlsruhe, in Chymia, II, (1948), pp. 153-169, e The congressat Karlsruhe, in Journal of chemical education, XXVIII(1951), pp. 421-425; J.H.S. Green, Theconference at Karlsruhe, 1860,and the developmentof chemical theory, in Proceedings of the ChemicalSociety [ofLondon] 1960, pp. 329-332.

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