STATUTUM DE REPARATIONE CASTRORUM

Federiciana (2005)

STATUTUM DE REPARATIONE CASTRORUM

HHubert Houben

Il cosiddetto 'Statuto sulla riparazione dei castelli', edito nel 1880 da Eduard Winkelmann negli Acta Imperii inedita e, in modo più completo, nel 1914 da Eduard Sthamer, costituisce, secondo la definizione di quest'ultimo, "l'accertamento giuridico delle comunità e delle persone tenute, secondo le consuetudini, alla riparazione di quei castelli regi, la cui manutenzione non era compito della Curia". Quindi non è un elenco completo dei castelli regi, ma soltanto di quelli ‒ e si tratta della stragrande maggioranza ‒ il cui mantenimento era affidato ai sudditi. Secondo Gina Fasoli, il termine di 'statuto', attribuitogli da Sthamer ‒ nei documenti si parla non di statuto ma di "quaterni de reparacione castrorum" ‒, non sarebbe molto felice, perché "non vi si statuisce niente di nuovo, ma si appura quali fossero i centri abitati, le signorie feudali e gli enti ecclesiastici che dovevano provvedere alla manutenzione dei singoli castelli e delle singole 'domus' regie" (Fasoli, 1980, p. 34). Dato che con statuto spesso si intende anche la codificazione di norme consuetudinarie, questa critica sembra però eccessiva e, in ogni caso, la definizione di "Statutum de reparatione castrorum" è ormai diventata di uso comune.

L'inchiesta fu avviata nel 1230-1231, ma i risultati furono redatti in maniera organica soltanto tra il 1241 e il 1245 circa. Tale redazione va inserita nel più ampio progetto federiciano di una raccolta e codificazione delle leggi e consuetudini dell'età normanna, di cui sono espressione le celebri Costituzioni di Melfi. Gli accertamenti ("inquisiciones") sui castelli e sulle domus (v.) furono affidati ai giustizieri, che dovevano scegliere in ogni provincia quattro anziani, i quali avessero memoria delle leggi emanate da Ruggero II (m. 1154) e fossero a conoscenza delle norme consuetudinarie vigenti sotto Ruggero II e Guglielmo II (m. 1189). Un terminus post quem per la datazione dello Statuto è costituito dal fatto che vi è menzionata la "Porta Summa" di Benevento, città conquistata da Federico nel 1241. Inoltre vi è menzionato Castel del Monte, la cui costruzione iniziò probabilmente soltanto nel 1240. Un terminus ante quem è costituito invece dal fatto che vi è menzionato il castello di Capaccio, distrutto dopo la congiura del 1246.

Lo Statuto ci è stato tramandato in una redazione risalente all'epoca angioina contenente soltanto la parte relativa alle province a nord di "porta Roseti". La parte relativa alla Calabria e alla Sicilia è invece andata perduta probabilmente già in età angioina, perché Carlo I ordinò delle inchieste per colmare questa lacuna, anche se poi sembra che nel 1273 si fosse ritrovata la parte relativa alla Calabria. Lo Statuto elenca in tutto duecentoventicinque castra e domus suddivisi nelle sette province di "Terra Laboris et comitatus Molisii" (nrr. 1-42), di Capitinata (nrr. 43-92), di Terra di Bari (nrr. 93-107), di "Terra Ydrunti" (nrr. 108-122), di "Principatus et terra Beneventana" (nrr. 123-164), di Basilicata (nrr. 166-194) e di "Aprucium" (nrr. 195-225). Si è osservato per la Puglia che l'ordine in cui sono elencati i castra (e le domus) "non rispecchia una gerarchia castellare, ma è modellato in linea di massima su percorsi e itinerari di viaggio dei funzionari incaricati del censimento" (Licinio, 1997, p. 27).

Da un esame dello Statuto, definito "un'esplicita testimonianza dell'efficienza amministrativa sveva nel settore castellare" (ibid., p. 24), emergono dati interessanti sul rapporto tra castelli e territorio. Gina Fasoli, la quale per prima ha realizzato una collocazione, rimasta purtroppo incompleta, sulla carta topografica dei singoli castelli e delle comunità tenute alla loro manutenzione, è arrivata a constatazioni definite da lei stessa "sorprendenti ed inesplicabili". È infatti interessante notare che le comunità tenute alla manutenzione dei castelli non erano quelle situate nei dintorni immediati e quindi più vicine. Alcuni esempi: il castello di Bari doveva essere riparato dalle comunità di Rutigliano, Noia e Polignano, rispettivamente distanti dal centro, in linea d'aria, 16, 14 e 30 chilometri. Il castello di Canosa doveva essere riparato dagli abitanti di Minervino, a poco più di 15 chilometri dal centro e da quelli di Giovinazzo, a più di 50 chilometri in linea d'aria. Ancora più sorprendente era il caso di Castel del Monte, la cui manutenzione era compito degli abitanti di Bitetto e di Bitonto, entrambi a più di 40 chilometri, e di quelli di Monopoli, che era a più di 85 chilometri. Va anche notato che il numero delle comunità tenute alla manutenzione dei castelli variava notevolmente, cioè da due a più di venti.

La Fasoli osservò che le comunità tenute alla manutenzione dei castelli, nella maggior parte dei casi, sono "collocate in un fascio che si allarga a ventaglio in una sola direzione, che si estende a molti chilometri in linea d'aria ‒ venti e oltre ‒, distanza che sul terreno doveva aumentare notevolmente, superando di-slivelli e attraversando fiumi". La spiegazione di questo fenomeno va senz'altro individuata "attraverso una serie di ricerche sistematiche ‒ per quanto i documenti lo consentano ‒ sull'intersecarsi e sovrapporsi di terre e di diritti demaniali e feudali". Va però anche detto che in alcuni casi la collocazione delle comunità tenute alla manutenzione è fortemente condizionata da fattori geografici. Si è comunque ritenuto che questa ubicazione possa essere dovuta anche a una "logica politica", cioè alla volontà, da parte di Federico II, di "evitare che una struttura castellare, con la sua guarnigione e il suo castellano, potesse raccordarsi troppo strettamente alle comunità di quel territorio, sino a diventare pericoloso centro di aggregazione di interessi comuni" (ibid., p. 28).

Fonti e Bibl.: G. Fasoli, Castelli e strade nel "Regnum Siciliae". L'itinerario di Federico II, in Federico II e l'arte del Duecento italiano. Atti della III settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma (15-20 maggio 1978), a cura di A.M. Romanini, I, Galatina 1980, pp. 27-52; E. Sthamer, L'amministrazione dei castelli nel Regno di Sicilia sotto Federico II e Carlo I d'Angiò, a cura di H. Houben, Bari 1995, pp. 83-122 (Die Verwaltung der Kastelle im Königreich Sizilien unter Kaiser Friedrich II. und Karl I. von Anjou, Leipzig 1914; rist. Tübingen 1997); R. Licinio, Le strutture castellari in Puglia, in Itinerari federiciani in Puglia. Viaggio nei castelli e nelle dimore di Federico II di Svevia, a cura di C.D. Fonseca, Bari 1997, pp. 49-53.

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