stilistica Termine, diffusosi in
Alla s. antica risale la distinzione tradizionale dei tre stili (sublime, medio, umile), cui devono corrispondere i diversi generi letterari. Tale distinzione, generalmente accettata dall’antichità e dal Medioevo, poggia sul contenuto: un certo contenuto (naturale, o sociale) vuole lo stile corrispondente (quel certo lessico, quella certa onomastica, quella certa elocuzione), che si realizza attraverso un uso appropriato dell’ornatus e delle figure. Alla s. antica, come a quella che assumeva di riflettere una condizione oggettiva, si attribuiva non soltanto una strumentalità analitica ma (e anche più) un valore normativo. Proprio questa normatività fu il primo tra i suoi aspetti a venir messo in discussione dall’estetica moderna, fondata sul concetto della creatività individuale. Si aggiunse, a disgregarne il sistema,
Al principio del Novecento, mentre da una parte cadono definitivamente certi residui arcaici dell’antica s., sorgono, una dopo l’altra, delle s. nuove. Fra esse prima in ordine di tempo e per cospicuità è quella che nasce dall’incontro dell’estetica di B. Croce con la linguistica romanza. È la s. di
Ma un impulso determinante al costituirsi della nuova s. venne dagli studi di linguistica generale. Dal concetto di sistema linguistico e dalla distinzione fra langue e parole, cioè fra lingua come istituto sociale e lingua come espressione individuale (F. de Saussure), sono scaturite la s. ginevrina di
La s. letteraria ha avuto tuttavia il massimo sviluppo nell’opera di L. Spitzer, che può essere considerato il fondatore della s. come disciplina. Spitzer parte da una lettura e rilettura del testo fino a cogliere gli elementi di deviazione rispetto all’uso linguistico medio; tali elementi vengono poi sfruttati per risalire ai caratteri generali dell’opera e dell’autore, attraverso una fitta trama di verifiche. L’indagine è possibile anche in testi scarsamente devianti dalla norma, attraverso l’accertamento degli elementi dominanti la realizzazione linguistica. Più recentemente, sull’avvio di Spitzer, l’uso del computer ha consentito di misurare l’ampiezza e la varietà lessicale di un’opera; e insieme l’indagine stilistica evidenzia le parole-chiave e le parole-tema, da cui si possono trarre utili indicazioni di carattere stilistico generale.
In Italia, sull’esempio di Bally e di Spitzer,
La s. è un insieme di strumenti per l’analisi formale e non una forma di critica, cioè un giudizio di valore. L’espressione critica stilistica (in sé impropria) indica, dunque, una critica che per la parte descrittiva si serve di schemi stilistici e non, per es., psicologici o ideologici (tale è, eminentemente, quella di De Lollis). Ma la s. in quanto tale descrive, non giudica. Inoltre, la molteplicità dei metodi stilistici del Novecento ha la sua giustificazione sostanziale nella diversità delle origini filosofiche e, soprattutto, nei differenti bisogni e scopi dell’analisi. La s. d’ispirazione crociana è diretta in principio soprattutto alla caratterizzazione dello stile individuale, anche se poi la linguistica idealistica non diverge troppo dalla storiografia d’ispirazione wölffliniana, rivolgendosi all’esegesi delle correnti collettive del gusto delle grandi epoche storiche; mentre d’altra parte è abbastanza evidente l’analogia tra il formalismo russo, lo strutturalismo, il new criticism e gli orientamenti formali propri di molte poetiche del Novecento.