LETTURA, Storia della

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

LETTURA, Storia della

Armando Petrucci

Nel mondo classico greco-romano la l. era un'attività di conoscenza e di apprendimento lenta, che si svolgeva prevalentemente a voce alta o a voce sussurrata, comunque compitando il testo, che era scritto (dal 1° secolo d.C., nel mondo romano) continuativamente, senza separazione delle parole fra loro. I prodotti scritti erano molti e diversi, da quelli esposti (iscrizioni e manifesti) ai documenti pubblici e privati, alle epistole, alle testimonianze domestiche e spontanee; ma lo strumento principale della l. era il libro in forma di ''volume'', cioè di striscia papiracea arrotolata, lunga circa 2 m e 10 cm, alta circa 30 cm, col testo disposto su colonne affiancate con righe lunghe circa 36 lettere (la lunghezza media di un esametro). La l. avveniva svolgendo lentamente il rotolo tenuto con due mani, in modo da lasciare visibili al lettore non più di due colonne insieme; tale tecnica rendeva evidentemente difficile tornare indietro o andare rapidamente avanti alla ricerca di un passo e contribuiva alla lentezza complessiva dell'operazione. Altre caratteristiche della l. antica come pratica sociale erano le recitazioni pubbliche, intese come veri e propri spettacoli letterari, e le l. delegate, di solito affidate a schiavi alfabetizzati che leggevano per i propri padroni.

Fra il 3° e il 4° secolo d.C. la sostituzione del libro in forma di codice al libro in forma di rotolo modificò profondamente le pratiche della lettura. Il codice, di solito di formato medio, poteva essere facilmente trasportato, facilmente conservato e facilmente sfogliato; inoltre conteneva una quantità di testo assai più ampia che non il rotolo.

La progressiva diminuzione della diffusione dell'alfabetismo e la parallela riduzione della produzione di testimonianze scritte, e in particolare di libri, contribuirono a rendere le pratiche di l. altomedievali assai diverse da quelle antiche. In realtà nell'Alto Medioevo si produssero libri più per scriverli come opera di pietà e conservarli come tesori che per leggerli e farli leggere. Il numero di testi letti da un uomo colto nell'Alto Medioevo era di norma assai basso; ed erano fornite di poche decine, al massimo di una o due centinaia di pezzi, le non molte biblioteche esistenti. Tutto ciò fece sì che le pratiche di l. fossero rare e lente, riservate a pochi, in genere religiosi, e che la conservazione dei libri avvenisse in luoghi e in modi che non ammettevano la l., che di solito si svolgeva altrove (nella scuola, nella cella, nel refettorio).

A una situazione di l. lenta e difficoltosa di pochi libri da parte di pochi la rivoluzione culturale del secolo 12° sostituì un quadro completamente diverso; la cultura universitario-scolastica allora instauratasi in tutta Europa aveva bisogno di molti libri rapidamente leggibili e consultabili da parte di molti; ne derivò un forte aumento della produzione libraria e la creazione di un modello di libro con testo articolato, ben riconoscibile, corredato di commento, titoli, indici; reso, insomma, strumento di ricerca, di consultazione, di apprendimento professionale. La l. divenne di conseguenza pratica rapida e silenziosa, esercitata di continuo su molti testi e svolta in luoghi acconci: le nuove biblioteche degli ordini mendicanti strutturate, dal 13° secolo in poi, in forma di salone oblungo attraversato da due file di banchi con i libri incatenati pronti allo studio dei lettori. Contemporaneamente la voglia di leggere si diffondeva anche fra i laici con la crescita impetuosa dell'alfabetismo. Nascevano le biblioteche ''cortesi'' dei signori feudali, mobili, conservate nei castelli e nelle ville, e le raccoltine librarie dei borghesi e dei mercanti, chiuse nei cassoni di casa, fra studiolo e letto, fatte di libri modesti, quasi sempre cartacei, spesso scritti più o meno rapidamente dagli stessi possessori.

Quando, con la metà del Quattrocento, la stampa a caratteri mobili nacque nelle città della Renania, l'Europa urbana era già ricca di lettori e possedeva più modelli di libri ''da leggere''. A essi l'editoria rivoluzionaria del Cinquecento aggiunse i modelli del libro ''moderno'': prima quello ''da mano'', gettato sul mercato all'aprirsi del secolo da A. Manuzio, poi quello ''editoriale'', fitto e maneggevole insieme, ricco di apparati di commento, d'indicizzazione, d'identificazione, fornito di frontespizio, in cui, insomma, il testo dell'autore era inquadrato, regolarizzato, reso leggibile e comprensibile dall'intervento, plurimo e articolato, del ''paratesto'' editoriale. Era questo il periodo in cui le grandi ditte editrici europee, di Svizzera, Olanda, Francia, Germania, creavano le strategie di una nuova leggibilità testuale, che era gestita appunto a livello editoriale e non più d'autore.

Altro elemento importante della leggibilità del libro a stampa moderno fu il corredo illustrativo, che nel Cinquecento cominciò a sostituire con la calcografia, più flessibile e capace di cogliere migliori risultati tecnici, la xilografia, rimasta propria del libro di destinazione subalterna. Fra Cinquecento e Seicento, inoltre, alla crescente domanda di l. e d'informazione che le nuove masse alfabetizzate urbane ponevano con urgenza, l'editoria europea rispose con una variata serie di prodotti, che andavano dal libretto di poche pagine, male stampato e rozzamente illustrato, fino al libro di lusso ricco di raffinate calcografie, comprendendo anche giornali, riviste letterarie e politiche, resoconti accademici.

La l., intanto, trovava nuovi spazi e nuove tecniche. Il Seicento e soprattutto il Settecento furono i secoli delle grandi biblioteche barocche, meravigliosamente organizzate intorno a un grande ''vaso'' circolare od oblungo che era luogo insieme di conservazione, di consultazione e di l.; e quindi anche dei nuovissimi gabinetti di l., ove la borghesia urbana leggeva quotidiani, periodici, libri editi dovunque in più lingue, s'istruiva, discuteva, preparava nuove forme economiche e politiche. Le enciclopedie, a cominciare da quelle inglesi per finire con quella di Diderot e d'Alembert, contribuirono a far circolare nuovi e concentrati sistemi di apprendimento attraverso la l., che la cultura della Rivoluzione francese renderà popolari.

L'aumento impressionante della produzione, dovuto alla nuova carta di pasta di legno e alle nuove tecniche di stampa, fece sì che l'editoria dell'Ottocento fosse in grado di reggere all'ingente domanda di l. promossa in tutta Europa e negli Stati Uniti dalla diffusione di massa dell'istruzione elementare. Le tirature dei giornali e dei libri arrivarono a cifre di centinaia di migliaia di copie, pochi decenni prima impensabili; nacquero i primi best-sellers e le prime ditte editoriali organizzate come vere e proprie industrie, soprattutto in Inghilterra, Francia e Germania. Nei paesi anglosassoni la biblioteca di pubblica l. (public library) divenne un elemento essenziale del paesaggio e della cultura della città, come il quotidiano, la chiesa e la scuola; il suo modello venne trapiantato anche nell'Europa continentale, ove stentò ad attecchire. Comunque il modello ''normale'' di l. restava quello privato, di consumo del libro, non della sua l. pubblica, o del prestito, anche presso le classi subalterne alfabetizzate.

Oggi la pratica della l., sostenuta da forti campagne volte a combattere l'analfabetismo in tutti i paesi del mondo, non rivela sintomi di recessione, anche se la concorrenza dei mezzi audiovisivi di massa è sempre più forte. L'uomo contemporaneo mediamente acculturato mostra di saper usare contemporaneamente sia i mezzi visuali che quelli a stampa per informarsi e occupare il suo tempo libero. Con che cosa, è problema che riguarda l'industria editoriale, sempre di più flessibilmente onnivora e internazionale; non certo i creatori di testi e neppure i potenziali lettori.

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