SULFAMIDICI

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SULFAMIDICI

Mario FILOMENI

. La scoperta dei sulfamidici (Domagk, 1935) ha segnato nella terapia delle malattie infettive un progresso inatteso e decisivo. Per quanto i sulfamidici sintetizzati dopo la scoperta dell'azione antibatterica del prontosil ascendano ormai a qualche centinaio, abbastanza esiguo è il numero di quelli veramente affermatisi in pratica e definitivamente acquisiti in terapia. Capostipite della serie è la para-aminobenzensulfonamide, chimicamente l'amide dell'acido sulfanilico, o sulfanilamide o sulfamide, dalla quale si possono considerare come derivati tutti gli altri composti, i così detti sulfamidici o, più correttamente sulfanilamidici, fra i più importanti dei quali sono: l'azosolfamide, la sulfamide, la sulfodiazina, il sulfotiazolo, la sulfopiridina, la sulfomerazina e la sulfoguanidina. Del tutto secondario è il ruolo spettante oggi ad altre classi di sulfamidici (sulfamidi doppie e sulfamidi sostituite), già prima largamente usate.

Proprietà fisiche e fisico-chimiche. - Tutti i sulfamidici sono corpi cristallini, inodori, insolubili in acqua, e tutti - eccetto la sulfoguanidina - formano facilmente sali solubili di sodio, specialmente usati per la somministrazione endovenosa. Il sale sodico della sulfamide è instabile e inutilizzabile.

Assorbimento. - La facilità e la velocità dell'assorbimento dei sulfamidici per il tratto intestinale è del tutto variabile. Abbastanza regolare e completa per alcuni (sulfamide, s-diazina, s-tiazolo, s-merazina) è, invece, quanto mai variabile per altri, s-piridina in specie, il cui assorbimento può variare, oltre che da soggetto a soggetto, anche nello stesso individuo a seconda dei giorni. Per la velocità dell'assorbimento si può, all'incirca, stabilire il seguente ordine: sulfamide > s-tiazolo > s-merazina > s-diazina. La s-guanidina è così poco assorbita che il suo impiego resta del tutto limitato al trattamento intestinale. Tuttavia, occasionalmente, può essere assorbita e determinare fatti tossici.

Ripartizione. - Dopo l'assorbimento i sulfamidici si distribuiscono abbastanza uniformemente a tutti i tessuti e liquidi dell'organismo. Questa relativa facilità di ripartirsi e di raggiungere ovunque una concentrazione efficiente, spiega perché i sulfamidici possono agire su infezioni di qualsiasi parte del corpo. Tuttavia delle differenze nell'entità e nell'elettività della ripartizione sono possibili. Così la sulfamide si ripartisce in modo uniforme e cospicuo a tutti i tessuti e passa nel liquor per il 75-95% della concentrazione ematica; l's-tiazolo, invece, pure diffondendosi bene agli altri tessuti e liquidi organici, non passa nel liquor con la rapidità e intensità rilevabili con la sulfamide, la s-diazina, la s-piridina: di qui la sua inefficacia nelle infezioni meningee. Anche la quota di ripartizione della s-diazina nei tessuti risulta un po' più bassa di quella della sulfamide e del s-tiazolo.

Trasformazione ed eliminazione. - I sulfamidici si trasformano nell'organismo coniugandosi all'amino gruppo libero, col radicale acetico. L'entità di questa acetilazione varia da sulfamidico a sulfamidico, nozione assai importante per la scelta pratica di uno di questi farmaci. I prodotti non liberi o coniugati, infatti, sono inattivi dal punto di vista chemioterapico, mentre la loro tossicità non è diversa da quella del prodotto libero originario. Alcuni acetilderivati sono poi molto meno solubili della sostanza madre, sì da potersi anche cristallizzare nel rene con conseguente anuria, talvolta anche mortale. Con una certa approssimazione si può ritenere che i varî sulfamidici, nei confronti dell'acetilazione, della solubilità dei prodotti di coniugazione e della durata dell'eliminazione urinaria, abbiano il seguente comportamento:

Meccanismo d'azione. - Essenziale nel meccanismo d'azione dei sulfamidici è l'effetto batteriostatico, ossia inibente la moltiplicazione batterica, che limita l'invasione microbica dei tessuti e la produzione di tossine, mentre le difese naturali possono esplicare a fondo la loro azione. Controverso è, tuttavia, il determinismo di questa batteriostasi. Fra le varie ipotesi, massimo credito ha la supposizione di una interferenza dei sulfamidici con qualche sostanza ingranante in uno dei sistemi enzimatici che provvedono alla nutrizione e alla riproduzione batterica. L'acido para-aminobenzoico sarebbe una di queste sostanze essenziali (Wood). Con esso, forse per analogie steriche, entrerebbero in competizione i sulfamidici che, sostituendolo in un dato sistema enzimatico, ne determinerebbero la compromissione con un finale effetto batteriostatico.

Tossicità. - Per quanto i sulfamidici non possiedano, almeno a giudicare dal loro coefficiente chemioterapico, un'elevata tossicità, relativamente frequenti sono i fenomeni tossici che essi possono determinare, sia a carico della sfera generale, sia dei vari apparati o sistemi. Le manifestazioni generali sono: cefalea, malessere, vertigini, ipotensione, talora febbre e acidosi. Le manifestazioni a carico dei varî apparati possono essere: per l'apparato digerente: nausea, vomito, anoressia, stipsi o diarrea; per il fegato: piccoli segni di insufficienza epatica, più raramente ittero ed epatite; per la cute: eritemi, specialmente frequenti fra il 7° e l'11° giorno, esantemi diversi, orticaria pruriginosa o emorragica, specialmente delle parti esposte alla luce (effetto fotodinamico); per il sistema uropoietico: fosfaturia, iperazotemia, albuminuria, cristalluria, anuria; per il sangue e i vasi: cianosi leggera o grave, anemia di vario grado, manifestazioni emorragiche diverse e specialmente la temibile agranulocitosi; per il sistema nervoso e gli organi di senso: cefalea, astenia, vertigini, ambliopia, e specialmente neuriti e polineuriti. Minore interesse hanno le manifestazioni tossiche rilevabili a carico anche di altri apparati.

Tali incidenti tossici, in parte dipendenti dal soggetto (idiosincrasia, defedamento per lo stato infettivo, insufficienza epatica latente, ipovitaminosi), in parte dipendenti dal tipo del sulfamidico (la s-diazina e lo s-tiazolo sono fra i più tollerati), ma talvolta anche in rapporto a trattamenti indiscriminati, non controllati o troppo prolungati, possono insorgere improvvisamente anche per piccole dosi e anche in soggetti in precedenza dotati di normale tollerabilità. La loro profilassi consiste nel saggio preliminare della tollerabilità e nel continuo controllo del paziente in corso di trattamento (stato del fegato, del rene, della crasi sanguigna, ecc.). La terapia, oltre che di particolari trattamenti patogenetici e sintomatici, si dovrà avvalere sia della sospensione totale del sulfamidico, sia dell'acceleramento massimo della sua eliminazione.

Indicazioni. - Le indicazioni generali dei sulfamidici sono specialmente: le infezioni batteriche da cocchi (strepto-, pneumo-, meningo-, stafilo-, entero-, gonococchi); alcune forme bacillari (strepto-, colibacillo); infezioni da anaerobî (agenti della cancrena, edema e flemmone gassoso); alcune malattie da virus (agente eziologico del tracoma, linfogranuloma venereo, ecc.). Discussa o negativa è l'indicazione di sulfamidici in altre infezioni (melitense, tifoide, difterite, morbillo, scarlattina, pertosse, poliartrite reumatica, ecc.).

Le indicazioni particolari di ogni singolo sulfamidico, per quanto difficilmente riducibili ad uno schema, con riferimento alla elettività verso i varî agenti infettivi sono riassunte dalla tabella seguente:

La sulfomerazina, quanto a tropismo batterico, ha quasi le stesse indicazioni della s-diazina. La più importante differenza sta nel fatto che essa è assorbita più rapidamente e completamente ed è eliminata più lentamente, sì da richiedere meno frequenti somministrazioni per mantenere l'adeguata concentrazione ematica.

Vie, forme, tecnica e durata di somministrazione. - Per ritrarne un'azione locale i sulfamidici si applicano direttamente sulla superficie prescelta (cute, mucosa, sierosa); per l'azione generale si può usare, sia la via orale, sia quella parenterale. La prima è di elezione, tranne in casi di intolleranza gastrica o nella necessità di ottenere rapidamente una concentrazione ematica efficiente, eventualità nella quale si ricorre alla via parenterale e specialmente a quella endovenosa. La s-guanidina, in ogni caso, si somministra esclusivamente per os. Tutte le altre vie abituali per l'introduzione di farmaci (endorachidea, endocavitarie in genere) sono del resto utilizzabili in casi particolari.

Le forme di somministrazione per le applicazioni locali sono: la polvere integra, sterilizzata o non, o associata con altre sostanze aspersorie (1-10, 1-30), o incorporata in paste o in pomate (5-10%), oppure in soluzione acquosa per irrigazioni, lavaggi e simili. Per la somministrazione orale servono tavolette o capsule da 0,3-0,5; per quella endovenosa la soluzione al 5% in acqua distillata (non in soluzione clorurosodica né in quella glucosata) del rispettivo sale di sodio. Concentrazioni minori si richiedono onde evitare la necrosi dei tessuti, per l'introduzione ipodermica, endomuscolare ed endorachidea.

La tecnica di somministrazione, se pure soggetta al criterio personale del medico, in funzione anche di fattori variabili da caso a caso, deve tener conto dell'esigenza di raggiungere rapidamente una concentrazione ematica efficiente per mezzo di una dose iniziale alta (cosiddetta dose d'attacco o di carico) e di mantenere poi, con somministrazioni successive (così dette dosi di mantenimento) il tasso in sulfamidico libero al livello utile, pari a 5-10 mg. per 100 cc. di sangue per la sulfamide, la s-diazina, la s-merazina; e a 4-6 mg. per l's-tiazolo e la s-piridina. Da qui l'opportunità del dosaggio sistematico del sulfamidico nel sangue, specialmente nelle infezioni di particolare gravità. Praticamente la dose di mantenimento, nel suo ammontare quotidiano sarà quasi uguale alla dose d'attacco, ma somministrata in frazioni uguali ogni 4-6 ore, se per la via orale; ogni 12-18 ore, se per la via endovenosa. Infezioni gravi richiedono la somministrazione continua, diurna e notturna. La durata del trattamento è in genere di una diecina di giorni per le infezioni ordinarie; di una ventina di giomi, per quelle gravi. Tuttavia, se dopo 4-5 giorni di cura a dosi sufficienti non si giunge ad alcun effetto terapeutico, è in genere inutile insistere nella somministrazione. Sempre opportuno, anche nei casi favorevoli, è di prolungare il trattamento per qualche tempo anche dopo la caduta della temperatura.

Posologia. - Per l'adulto, pure con le riserve d'ogni posologia standard si può ritenere valevole lo schema seguente (Wright), nel quale sono riportate le dosi globali, in grammi, delle ventiquattro ore, per la via orale e la via endovenosa, riferite o al peso unitario (pro kg.) o al peso totale di un adulto medio (in toto).

Per il bambino, il dosaggio è in media un po' più elevato di quello che si potrebbe calcolare con le usuali formule di riduzione. Per tutti i sulfamidici la dose iniziale è compresa fra 0,10 e 0,15 gr. per kg. di peso corporeo, la dose di mantenimento totale delle 24 ore ha lo stesso valore di quella iniziale, ma è suddivisa in 4-6 parti uguali.

Se nel quadro della chemioterapia antibatterica i sulfamidici ci appaiono oggi, specie in confronto con gli antibiotici, avere assunto un ruolo ben più ridotto di quello agli inizî sperato, non precluso a nuove brillanti conquiste sembra il campo della loro ricerca e applicazione. Recentissime sintesi di nuovi composti, quali il sulfamidico 6257 in prova nel colera umano e di altri derivati in saggio nella tubercolosi umana, lasciano sperare anzi più efficaci applicazione di questi chemioterapici.

Bibl.: G. Domagk e K. Hegler, Chemotherapier bakterielles Infektionen, Lipsia 1940; E. Northey, The S. and allied compounds, New York 1948.

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