Superfici minime

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

superfici minime

Luca Tomassini

Superfici la cui curvatura media H è zero in tutti i punti. La prima ricerca sulle superfici minime risale a Joseph-Louis Lagrange, che considerò il problema di determinare la superficie (bidimensionale) di area minima una volta assegnato un bordo. Egli mostrò che essa deve soddisfare le equazioni di Euler-Lagrange, equivalenti appunto alla condizione H=0. Questa condizione è in realtà solo necessaria per la minimalità dell’area e pertanto occorre distinguere le nozioni di superficie di area minima e superficie minima. Esempi di superfici minimali noti fin dal XVIII sec. sono l’elicoide e la catenoide. Quest’ultima, come dimostrato da Pierre Bonnet nel 1850, è in particolare l’unica superficie minima di rivoluzione. La teoria delle superfici minime ha stimolato lo sviluppo di molti campi dell’analisi matematica. Per es., un’importante connessione tra essa e la teoria delle funzioni olomorfe fu scoperta nel 1866 da Karl Weierstrass, il quale esibì una formula che esprime una superficie minima semplicemente connessa S(x,y,z) in termini di due funzioni olomorfe f(w) e g(w) definite sul disco o nell’intero piano di variazione delle coordinate isoterme intrinseche (u,v), w=u+iv (i indica l’unità immaginaria). Superfici minime con un bordo fissato possono essere realizzate concretamente per mezzo di pellicole di sapone stese tra cornici di filo rigido di varie forme. Il primo a realizzare questi esperimenti fu Joseph Plateau nel 1849 e per questa ragione il problema matematico connesso è noto come problema di Plateau.

Variazioni, calcolo delle

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