SUTRI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi SUTRI dell'anno: 1966 - 1997

SUTRI (v. VII, p. 573)

C. Morselli

Posta alle propaggini dei Monti Cimini, che si elevano a NE del pianoro tufaceo su cui sorge la città, e alle falde dei Monti Sabatini, a SO, S. venne a impiantarsi lungo un corridoio naturale di collegamento tra i territori sud-orientali dell'Etruria e la fascia costiera e, al contempo, lungo la linea di transito da Roma verso il Nord della regione. La città dovette probabilmente le ragioni della sua esistenza alla felice posizione topografica e all'effettivo controllo che era possibile esercitare su tale percorso. Indagini di superficie condotte in anni recenti hanno permesso di individuare, lungo il margine settentrionale del pianoro, alcuni materiali di impasto che, per forme e ornamentazione, possono essere datati alla fase più tarda dell'Età del Bronzo Finale (X sec. a.C.). Seppure quantitativamente modesto, tale rinvenimento riveste notevole importanza costituendo al momento l'unica testimonianza della frequentazione in età protostorica della futura area urbana. Molto frammentato è il quadro distributivo delle presenze protostoriche nel territorio: materiali di impasto, relativi ad abitati, riferibili alla tarda Età del Bronzo Finale e lacerti di tombe a fossa e a pozzetto, con reperti ceramici inquadrabili tra la metà dell'VIII e i primi decenni del VII sec. a.C., sono stati individuati in località La Ferriera (3,5 km a SE di S.), lungo la Via Cassia. Probabili resti di abitati, genericamente ascrivibili all'Età del Ferro, erano stati segnalati alla fine del secolo scorso sulle alture di Monte Rocca Romana e Monte Calvi, in prossimità del lago di Bracciano. Tutti questi siti sembrano cessare la loro esistenza intorno alla metà del VII sec. a.C.

Nel periodo precedente alla conquista romana, S. viene generalmente considerata come un piccolo centro privo di un ruolo specifico, gravitante nell'area di influenza falisca o veiente.

È solo a partire dal V sec. a.C., in relazione all'espansione romana in Etruria, che la funzione della città viene a delinearsi in modo più chiaro, con finalità militari e strategiche, grazie alla sua posizione di cerniera tra le aree etrusche e falische. Caduta Veio, S., come la vicina Nepi, entra nell'orbita di Roma, di cui diventa testa di ponte per la penetrazione in Etruria. Emblematico del mutato ruolo della città è il racconto liviano (Liv., VI, 3, 7-12) della fulminea riconquista di S., assediata dai Tarquiniesi, da parte di Furio Camillo (389 a.C.; Diod. Sic., XIV, 116, 1 e 117, 4), che testimonia il controllo di carattere militare e politico esercitato su di essa da Roma. Eretta a colonia latina probabilmente nel 383 a.C. (Veil. Pat., 1, 14, 2), la città fu ancora, a più riprese, teatro degli scontri tra Romani ed Etruschi, che si conclusero solamente con la definitiva sottomissione di Tarquinia (281 a.C.) e più tardi di Falerii (241 a.C.). Un processo graduale di occupazione e organizzazione agricola del territorio, in funzione della quale era stato decretato l'invio di coloni dalla Campania (Liv., XXVI, 34, 10), forse mai attuato, è testimoniato dalla presenza di resti archeologici relativi a tombe, a strutture insediative e a impianti produttivi a partire dalla fine del ΙΙΙ-inizî del II sec. a.C. Ricolonizzata negli ultimi anni del I sec. a.C. (Plin., Nat. hist., III, 51: «Colonia Coniuncta Iulia Sutrina») forse in conseguenza della sua partecipazione alla guerra di Perugia (41-40 a.C.) a fianco dei seguaci di Antonio, contro Ottaviano, e ricordata tra le città più fiorenti della regione (Strab., V, 2, 9), S. dovette effettivamente godere di un discreto benessere derivante in particolar modo dalla sua posizione lungo la Via Cassia, divenuta una delle grandi arterie di traffico tra Roma e le regioni centro-settentrionali. Il quadro distributivo delle presenze di età tardo-repubblicana e dei primi due secoli dell'impero mostra una maglia abbastanza fitta di stanziamenti a carattere agricolo, apparentemente di medio-piccole dimensioni. Fanno eccezione solamente due complessi (in località S. Giovanni a Pollo e a Casale Castellaccio, a S e a SE della città), da ritenere ville urbano-rustiche di discreto livello, forse pertinenti a proprietà fondiarie di maggiori proporzioni, direttamente collegate con propri diverticoli alla Via Cassia.

Sul problema della penetrazione e della definitiva affermazione del cristianesimo non si hanno notizie significative; al 465 d.C. risale la prima testimonianza dell'episcopato sutrino, in relazione al sinodo romano di quell'anno. Sul piano della documentazione archeologica si ricordano, a SE della città, i resti, oggi non agibili, di una catacomba detta di S. Giovenale dal titolo della chiesa annessa ora scomparsa, comprendente alcune gallerie pertinenti a fasi diverse di ampliamento della zona sepolcrale con cubicoli, loculi e arcosoli.

Nella stratificazione edilizia del centro storico mancano allo stato attuale sopravvivenze relative alla fase precedente alla conquista romana. Negli immediati dintorni della città la presenza di tombe genericamente databili tra la fine del VI e il IV sec. a.C. (tombe a camera con pilastro centrale, letti timpanati, letti a gambe e fasce mo- danate) costituisce elemento indiretto dell'ormai consolidato organismo urbano sul pianoro, ma non permette un'ipotesi ricostruttiva della sua strutturazione spaziale; la tipologia architettonica delle camere sepolcrali, che contengono ed elaborano motivi di diversa influenza culturale (Caere, Veio, area falisca), ne sottolinea il carattere, per altro evidente sul piano geografico e storico, di centro periferico, «di frontiera», soggetto a molteplici interferenze culturali. Relativo alla fase romana è il circuito murario, in opera quadrata di tufo, databile al IV sec. a.C., che seguiva l'andamento del banco tufaceo, adattato in più punti con imponenti tagli artificiali per potenziarne le capacità difensive. Dalla Via Cassia, che correva leggermente discosta dal pianoro con un percorso costante di crinale, dovevano partire i diverticoli collegati agli accessi alla città. Blocchi di reimpiego, verosimilmente pertinenti a una porta, sono ancora visibili nelle più tarde strutture della Porta Vecchia sul versante meridionale; sul lato opposto si conservano i resti ormai fatiscenti della Porta Furia, databili al II sec. a.C. L'attuale Porta Moroni, al limite O del centro urbano, occupa probabilmente il sito di un antico accesso in relazione con la via diretta ai Monti Cimini.

L'area urbana (m 200 X 550 c.a) presenta una fascia centrale in piano, che digrada dolcemente verso il margine Ν del pianoro, scendendo invece con sensibili salti di quota sul lato opposto. Il forte dislivello tra la parte centrale e il versante S suggeriscono una sistemazione urbanistica a terrazze digradanti, ricavate nella stessa massa tufacea e forse integrate con muri sostruttivi e terrapieni, ad ampliamento delle superfici edificabili. L'area del foro è da riconoscere nell'attuale Piazza del Comune, cui si accede da O attraverso un'imponente struttura voltata in blocchi di peperino (II sec. a.C.), probabile rimaneggiamento di un originario ingresso monumentale alla piazza forense.

Il ritrovamento, all'interno dei pilastri barocchi del duomo, di due colonne di marmo lunense, con fusto scanalato e capitello corinzio (reimpiegate nella chiesa romanica), ha fatto ipotizzare, senza alcun fondamento, la presenza nel sito di un edificio templare.

In prossimità del duomo (2 m sotto il livello stradale attuale) si trovano i resti di un piccolo impianto termale con muri in opera mista, databile al II sec. d.C., con probabili fasi successive di trasformazione della destinazione d'uso dei vani. Si conservano lacerti di pavimenti musivi, uno dei quali cori scena marina (pesci, delfini, molluschi e crostacei) a tessere nere su fondo bianco.

Esterno alla città è l'anfiteatro, completamente scavato nel banco tufaceo, privo all'esterno di una precisa sagoma architettonica. All'interno si accede tramite due ampie gallerie voltate, poste alle estremità dell'asse maggiore, da cui si dipartono sia l'ambulacro anulare attorno all'arena, aperto su di essa con dieci porte e dotato di piccole scale di accesso all'ima cavea, sia i quattro vomitoria che terminano sulla praecinctio tra ima e media cavea·, da qui, tramite scale ricavate nelle gradinate, si raggiungeva la summa cavea, completata alla sommità da un balteo di coronamento, anch'esso tagliato nel tufo (forse in muratura nel versante S) con semicolonne di ordine tuscanico e cornice a semplice fascia rilevata. Mancano fonti dirette, letterarie ed epigrafiche, ed elementi architettonici di precisa definizione cronologica; l'estrema semplicità dell'impianto, limitato agli indispensabili ed essenziali sistemi di accesso e di distribuzione, con l'arena priva di apprestamenti e installazioni sotterranee, conferisce al monumento un carattere molto elementare e sobrio. In considerazione della fioritura economica e dell'incremento demografico della città successivi alla ricolonizzazione augustea, risulta plausibile una datazione del monumento tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C.

A S della città, lungo la Via Cassia, si snoda la necropoli urbana, completamente scavata nel tufo; di essa sono oggi visibili sessantaquattro tombe, con evidente sfruttamento intensivo della parete tufacea in cui si aprono, disposte su più livelli. Sono presenti tombe a camera, nicchie, talvolta con prospetto a edicola, e arcosoli. Le tombe a camera sono in prevalenza organizzate per il rito misto, con più ordini di nicchie (con incassi per cinerari) e di arcosoli (o loculi rettangolari), talvolta con formae nel pavimento. Alcune presentano un prospetto architettonico, generalmente semplificato e schematizzato (piccoli frontoni, timpani, timpani spezzati, archi, cornici a una o più fasce) ricavato nella parete tufacea. Le camere sono spesso precedute da arconi, poco profondi, utilizzati per sepolture. Scarsi e quasi illeggibili gli elementi decorativi all'interno: semicolonne tra le nicchie, piccoli timpani, tracce di intonaco dipinto.

In base alla tipologia, agli elementi architettonici e compositivi e ai riti funerari, la necropoli (un secondo gruppo di tombe con caratteristiche del tutto simili è stato individuato poco più a O del precedente) può essere datata tra la fine del I sec. a.C. e il III sec. d.C., con probabili successivi riusi.

Bibl.: G. Duncan, Notes on Southern Etruria, 3. Sutri (Sutrium), in BSR, XXVI, 1958, p. 63 ss.; id., A Roman Pottery near Sutri, ibid., XXXII, 1964, p. 38 ss.; id., Roman Republican Pottery from the Vicinity of Sutri (Sutrium), ibid., XXXIII, 1965, p. 134 ss.; G. F. Gamurrini, A. Cozza, A. Pasqui, R. Mengarelli, Carta Archeologica d'Italia, (1881-1897). Materiali per l'Etruria e la Sabina (Forma Italiae, s. II, Documenti, 1), Firenze 1972; T. Q. Potter, The Changing Landscape of South Etruria, Londra 1979, passim; A. M. Giuntella, Note per la topografia di Sutri, in Archeologia Laziale III (QuadAEI, 4), Roma 1980, p. 220 ss.; C. Morselli, Sutrium (Forma Italiae, Regio VII), Firenze 1980; A. M. Giuntella, Il cristianesimo a Sutri. Le testimonianze archeologiche, in AA.VV., Il Paleocristiano nella Tuscia, Roma 1984, p. 167 ss.; F. di Gennaro, Forme di insediamento fra Tevere e Fiora dal Bronzo finale al principio dell'età del Ferro, Firenze 1986, pp. 60-61; V. Fiocchi Nicolai, I cimiteri paleocristiani nel Lazio, I. Etruria meridionale, Roma 1988, in part. p. 113 ss.; P. Sommella, Italia antica. L'urbanistica romana, Roma 1988, p. 68 ss.; C. Morselli, Sutri (Itinerari dei musei, gallerie, scavi e monumenti d'Italia, n.s., 9), Roma 1991.