TACCUINO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TACCUINO

U. Jenni

Piccolo album con disegni, schizzi, abbozzi.I t. permettono un esame in profondità della produzione artistica medievale, essendo tra i più importanti strumenti di trasmissione di modelli. I t. infatti erano oggetti d'uso, espedienti tecnici che rappresentavano la principale fonte di acquisizione del patrimonio di modelli da parte di una bottega oppure di un singolo artista. La denominazione del modello, come simile o exemplum, ne chiarisce la funzione. Lo studio della natura, assunta come soggetto - con conseguente ampliamento del repertorio - cominciò ad acquistare importanza soltanto nell'epoca appena precedente il Rinascimento. Per definire lo specifico approccio del Medioevo alla riproduzione di modelli naturali è stato coniato il termine di Gedankenbild (Schlosser, 1902, pp. 280, 284).Una serie di caratteristiche che contraddistinguono i t. deriva da questa genesi espressamente finalizzata. Il principio guida era l'esatta restituzione del modello e risultavano perciò assolutamente necessarie la buona leggibilità degli exempla, la chiarezza delle forme e la precisione dei contorni, dal momento che i modelli dovevano essere utilizzati non solo da colui che li aveva disegnati ma anche dai suoi colleghi e che, inoltre, il più delle volte essi rimanevano in uso nelle botteghe anche per due generazioni. Per ovviare agli inevitabili segni di usura, fin dall'inizio divenne consuetudine ripassare con la penna le linee sbiadite e sciupate, espediente più tardi consigliato anche da Cennino Cennini (Libro dell'arte, 30-31), in modo da potere continuare a utilizzare il t.; questi tratti successivi finivano per conferire rigidità al complesso delle forme, e, di conseguenza, nell'analisi dei fogli si deve tenere conto delle possibili differenze di mano. Un altro procedimento impiegato per potere utilizzare più a lungo il prezioso patrimonio di modelli consisteva nell'ammodernare gli abiti e il taglio dei capelli, come avviene nel t. boemo di Brunswick, del 1380 ca. (Herzog Anton Ulrich-Mus., Kupferstichkab., 63). Inoltre, quasi senza eccezione nei t. venivano effettuate anche alcune piccole aggiunte, nella maggior parte dei casi non troppo tempo dopo la loro realizzazione.Un'altra caratteristica dei t., che nasceva dalla pratica, era che i modelli venivano riprodotti per intero. Le immagini dovevano risultare comprensibili anche se prive di contesto spaziale e iconografico, in modo da potere essere utilizzate per nuove composizioni o da permettere l'ampliamento di forme e temi per analogia. Tale principio venne adottato quasi senza eccezione nei primi esempi, ma anche successivamente, come nel citato t. di Brunswick e nel Fairfax-Murray-Codex (New York, Pierp. Morgan Lib., Acc. II, 2-25), eseguito in Italia centrale nel 1360 circa. Raramente venivano riprodotte intere composizioni, in particolare quelle comprendenti anche il contesto delle figure (sfondo di paesaggio o spazio interno); costituiscono eccezione solo varianti iconografiche o temi illustrati non di frequente, come per es. le raffigurazioni dei vari mestieri oppure della Vita degli sposi e del prete nel codice di Rein (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 507), dell'inizio del sec. 13°, oppure il ciclo completo della Vita di s. Antonio nel Libretto degli Anacoreti (Roma, Ist. Naz. per la Grafica, Fondo Naz. inv. nr. 28833-62 [3727-56]), del primo quarto del 15° secolo. Nelle tavolette di Jacques Daliwes (1400-1420; Berlino, Staatsbibl., lib. Pict. A 74) si ritrova una serie di composizioni che possono essere considerate testimonianza di una versione individuale del patrimonio figurativo tramandato; una fantasia religiosa sempre più permeata di soggettività permetteva agli artisti alle soglie del Rinascimento di crearsi un'autonoma concezione dell'immagine (Jenni, 1987b, pp. 46s., 51s.).Per ciò che riguarda il repertorio di scene comunemente utilizzato nel Medioevo, non era necessario riportare nel t. intere composizioni poiché, per lo meno all'interno dei singoli ambiti regionali, era possibile presupporre che gli schemi iconografici rimanessero in certa misura costanti. Le singole figure umane e di animali costituivano le principali categorie di exempla accanto agli alfabeti figurati e alle forme ornamentali; una posizione in qualche modo particolare sembrano ricoprire le scene a carattere profano, che venivano riprodotte preferibilmente come un unico insieme, oppure come composizioni di varie parti, probabilmente a causa del fatto che non esisteva in questo ambito una tradizione iconografica consolidata. Nella strutturazione delle pagine di un t. non era determinante la preoccupazione che le immagini fossero tra loro in rapporto tematico oppure disposte come nel prototipo: contava soprattutto la chiarezza della presentazione. Per questo nelle prime raccolte si preferì ordinare gli exempla in una disposizione seriale, per es. in un bifolio del 1200 ca. (Roma, BAV, Vat. lat. 1976), nel citato codice di Rein, nel t. di Villard de Honnecourt (Parigi, BN, fr. 19093); tale organizzazione si conservò tuttavia in buona misura anche per il Tardo Medioevo, come mostra il Fairfax-Murray-Codex, il t. detto di Giovannino de Grassi (Bergamo, Bibl. Civ. A. Mai, Cassaf.1.21, già Delta 7-14) e il t. detto Pepysian (Cambridge, Magdalene College, Pepys 1916).I tipi di modelli, ai quali ci si atteneva il più possibile, erano di varia origine; nello stesso t. potevano esservi perciò consistenti variazioni sia nell'aspetto delle immagini sia nella qualità dei disegni. Talvolta gli exempla venivano riprodotti in modo così preciso che può essere individuato senza fatica lo stile proprio del modello, per es. nelle scene della Flagellazione e del Cristo passo di Jaques Daliwes, che presuppongono un modello opera dei fratelli Limburg. Talvolta vennero utilizzati modelli di stili risalenti a epoche diverse, sicché i disegni dovuti a un unico artista possono essere suddivisi tra varie 'mani', come si è tentato di fare per i pannelli di Jacquemart de Hesdin (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 346, M. 346A). Molti t. si accrebbero in maniera organica, seguendo l'attività e lo sviluppo del loro disegnatore; il t. di Jaques Daliwes venne eseguito lungo un arco di circa venti anni da un unico artista, ma esistono anche t. che sembrano fatti con lo stampo, come il codice di Rein.Poiché i t. venivano direttamente utilizzati nel processo di lavorazione, spesso si sono consumati: se ne sono conservati pochi esemplari, in particolare tra quelli di epoca più antica. Per quanto concerne i libri di modelli dell'Alto Medioevo, si tratta per lo più di fogli singoli, di frammenti di raccolte, riuniti di volta in volta in codici miscellanei. I disegnatori erano dediti soprattutto alla copia e alla raccolta di exempla.I primi esempi di t. provengono dalla Francia: uno dell'area della Loira risale probabilmente alla seconda metà del sec. 9° (Parigi, BN, lat. 8318, cc. 49-64), l'altro, di Ademaro di Chabannes, venne realizzato a Limoges e risale al 1020 ca. (Leida, Bibl. der Rijksuniv., Voss. lat. 8°,15). Di epoca romanica sono anche alcune serie di fogli oppure fogli singoli conservati all'interno di manoscritti; una serie di questi frammenti di t. servì da tramite degli allora molteplici rapporti dell'Occidente con Bisanzio, per es. i tre fogli provenienti da Einsiedeln (Stiftsbibl., 112, pp. 2-5), della prima metà del sec. 12°; il foglio di Friburgo in Brisgovia (Augustinermus., inv. nr. G23/1 a-c), dell'Alto Reno, del 1200 ca.; il t. detto di Wolfenbüttel (Herzog August Bibl., Guelf. 61.2 Aug. 4°), sassone o veneziano, che consiste di sei fogli, risalente al 1230-1240. A quest'epoca risale la prima raccolta specializzata, tre fogli di modelli costituiti esclusivamente da iniziali, realizzati per uno scriptorium toscano intorno al 1175 (Cambridge, Fitzwilliam Mus., 83-1972). Il t. di Rein (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 507) rappresenta la più ricca raccolta di epoca romanica, comprende tredici fogli e venne eseguito a Rein, abbazia cistercense presso Graz, all'inizio del 13° secolo. Gli studi monografici sui singoli t. dimostrano comunque che nessuno di essi si è conservato integro, né la raccolta di Villard de Honnecourt (trentatré fogli), né i ricchi codici del 1400 ca. (t. detto di Giovannino de Grassi, trentuno fogli; Libretto degli Anacoreti, trenta fogli; t. di Brunswick, trentuno fogli).Il numero di t. conservati aumenta significativamente nella piena età gotica e soprattutto nel periodo tardogotico, epoche cui risalgono generalmente non più fogli singoli ma ampi compendi. Di questa fase è la prima raccolta autonoma - non più inserita in una miscellanea di manoscritti - ovvero il codice di Villard de Honnecourt, realizzato nella Francia settentrionale tra il 1215 ca. e il 1240. Sorprende che non si siano conservati t. bizantini precedenti il sec. 15°, con un'unica eccezione: tre fogli conservati all'interno di un vangelo del sec. 13° (Princeton, Univ. Bibl., Garret 7).

Alcuni esempi provengono dalle più importanti regioni artistiche della seconda metà del sec. 14° e del primo quarto del 15°: a N delle Alpi, dalla Boemia, con il t. di Brunswick e il Vademecum di Vienna (Kunstistorisches Mus., Sammlung für Plastik und Kunstgewerbe, 5003-5004), e, dall'area franco-fiamminga, due raccolte di modelli, entrambe collegate a un nome di artista (Jacquemart de Hesdin e Jaques Daliwes); dall'Inghilterra proviene il codice Pepysian, mentre a un'area artistica più periferica appartiene il t. Islandese (Reykjavik, Stofnung Arna Magnussonar, AM. 673a, III, 4°). A S delle Alpi si distinguono in particolare i t. lombardi, sia per il loro numero sia per l'interesse rivolto a studi di animali, come il t. detto di Giovannino de Grassi, i fogli della Gall. dell'Accademia di Venezia (2-8; 11-14), il Libretto degli Anacoreti e vari t. con raffigurazioni di animali (per es. Weimar, Kunstsammlungen, KK 8810). A Venezia si legano una raccolta di modelli destinati alla produzione della seta e di exempla con raffigurazioni di animali e un t. proveniente dalla Dalmazia, che era provincia veneziana (Sebenico, Bibl. del monastero di S. Lorenzo, 53). I disegni del t. di Firenze (Uffizi, Gab. Disegni e Stampe, 2264F2281F; 18304F-18306F; 18234F) devono essere invece considerati una testimonianza delle migrazioni artistiche da N a S. L'insieme di disegni del c.d. corpus di Pisanello a Parigi (Louvre, Dép. des Arts Graphiques), così come la parte conservata nello stesso museo del t. di schizzi di Jacopo Bellini costituiscono esempi di raccolte significative del primo Rinascimento, nelle quali furono integrati fogli di precedenti taccuini.Non esiste una tecnica di disegno specifica per i taccuini. Si deve tuttavia notare che i primi t. utilizzavano soprattutto la penna: nel codice di Rein penna in due colori (inchiostro bruno e rosso) e nel manoscritto di Wolfenbüttel invece penna con bistro. Nelle raccolte di modelli anteriori e posteriori al 1400 venne ampliato il repertorio delle tecniche: la punta d'argento che permette una sottile sfumatura e la modellazione della superficie (Jacquemart de Hesdin, Jaques Daliwes); l'acquerello, tecnica che divenne determinante per lo studio della natura (t. lombardi con animali) e per la riproduzione degli abiti; la penna o il pennello, arricchiti da sfumature e da un limitato uso di colori, talvolta su uno sfondo colorato con gesso (Fairfax-Murray-Codex; Vademecum di Vienna; t. degli Uffizi). Tali tecniche permettevano una notevole differenziazione nella resa degli oggetti rappresentati, cosa che corrispondeva al rapporto di recente acquisizione con la realtà e allo studio della natura.Negli esemplari dell'ultimo quarto del sec. 14° e del primo quarto del 15° si possono osservare le più diverse forme di dissoluzione del canone medievale del libro di modelli con una serie di passaggi graduali verso il quaderno di schizzi dell'età moderna, caratterizzati dall'aumento delle riproduzioni di intere composizioni, di sequenze di scene che costituiscono cicli, come quelle nel Fairfax-Murray-Codex con giullari e con le attività dei Mesi o quelle nel Libretto degli Anacoreti, così denominato per la presenza del ciclo, particolarmente completo, della Vita di s. Antonio Abate. Le figure vennero progressivamente disposte non più in serie bensì inserite, in numero sempre maggiore, all'interno di scene narrative oppure di un ambiente, sia pure solo accennato, come per es. nel t. degli Uffizi.Il rigido canone formale del t. medievale venne sostituito dallo stile sbrigativo e abbozzato degli esempi più tardi, dal sovrapporsi di singoli modelli e dalla comparsa di forme frammentarie. Tutto ciò ebbe un peso nella resa formale della pagina, poiché i singoli modelli non venivano più allineati in maniera schematica bensì disposti sul foglio secondo una distribuzione più libera.Dalla distruzione dell'unità di un modello si svilupparono forme frammentarie, come mostrano le raccolte di modelli di poco anteriori al 1400; la più frequente copia parziale di una figura riguardava la testa e il busto, come in Jacquemart de Hesdin e in Jaques Daliwes o nel Vademecum di Vienna, specializzato in diverse tipologie di teste umane e animali.Significativamente, fu nell'ambito rivoluzionario dello studio della natura che si operò la prima rottura con le consuetudini tradizionali di realizzazione di taccuini. Essendo lo studio della natura focalizzato sull'osservazione, esso porta a considerare soltanto una parte dell'oggetto. I primi studi, quali quello di Giovannino de Grassi, evitarono tuttavia la riproduzione parziale e resta anche medievale la disposizione dei nuovi studi tratti dalla natura, come modelli all'interno di una raccolta di esempi (Pächt, 1950, p. 15ss.).La scuola lombarda divenne uno dei primi centri dello studio degli animali e produsse t. specializzati, come gran parte del t. detto di Giovannino de Grassi, nei fogli della Gall. dell'Accademia di Venezia o in quelli del maestro del Tiermusterbuch di Weimar (Schmitt, 1997). Talvolta nelle prime raffigurazioni di animali si incontrano studi dei dettagli; uno dei primi esempi si trova nel codice Pepysian, del tardo sec. 14°, dove, accanto a un pavone con la coda chiusa, si trova il particolare di una piuma di pavone (c. 13r). Le forme parziali possono essere riconosciute come indizi di autentici studi della natura, come è evidente nel foglio del t. di Michelino da Besozzo (Vienna, Graphische Sammlung Albertina, 4855v) e nel corpus dei disegni di Pisanello.

Le prime raccolte italiane di modelli nel periodo che segna il passaggio al primo Rinascimento ebbero un ruolo particolare nel processo di rinascita dell'Antico. In alcuni disegni del corpus di Pisanello a Milano (Bibl. Ambrosiana) e a Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab.) che mostrano ancora un chiaro carattere da t., si conservano soprattutto studi tratti da rilievi antichi; le opere d'arte romana servivano da modello per la comprensione del corpo umano e il disegno che ne derivava costituì il gradino immediatamente precedente lo studio tratto da un modello nudo (Degenhart, Schmitt, 1960).Per ampliare il repertorio di un t. senza dispiegare attività creativa esistevano metodi semplici: il rovesciamento dei motivi, che poteva essere ottenuto sia tramite la copia a specchio di un modello della stessa pagina sia anche tramite il procedimento del calco; un altro procedimento meccanico, anche se non a tal punto, consisteva nell'ottenere varianti tramite leggere alterazioni delle forme, metodo che si ritrova con una certa frequenza nei disegni realizzati intorno al 1400. Talvolta i confini tra la variazione delle forme e gli schizzi di ideazione originale - cioè autonomamente inventati - sono incerti, poiché il desiderio di creare varianti costituisce una delle fonti da cui trae origine il disegno di progettazione autonoma; nel Trecento i disegni copiati non possono essere distinti da quelli che costituiscono sviluppi autonomi (Degenhart, Schmitt, 1968, p. XV).

Bibl.:

Fonti. - Cennino Cennini, Il Libro dell'arte. The Craftsman's Handbook, a cura di D.V. Thompson, 2 voll., New Haven 1932-1933; id., Il Libro dell'arte, a cura di F. Brunello, L. Magagnato, Vicenza 1971.

Letteratuara critica. - J. von Schlosser, Zur Kenntnis der künstlerischen Überlieferung im späten Mittelalter, JKhSWien 23, 1902, pp. 279-286, 318-326; R. Oertel, Wandmalerei und Zeichnungen in Italien; die Anfänge der Entwurfszeichnung und ihre monumentalen Vorstufen, MKIF 5, 1937-1940, pp. 217-314; O. Pächt, Early Italian Nature Studies and the Early Calendar Landscape, JWCI 13, 1950, pp. 13-47; B. Degenhart, A. Schmitt, Gentile da Fabriano in Rom und die Anfänge des Antikenstudiums, MünchJBK, s. III, 11, 1960, pp. 59-161; R.W. Scheller, A Survey of Medieval Model Books, Haarlem 1963; B. Degenhart, A. Schmitt, Corpus der italienischen Zeichnungen 1300-1450. I. Süd- und Mittelitalien, 4 voll., Berlin 1968: I, pp. VII-LI; M. Fossi Todorow, L'Italia dalle origini a Pisanello, Milano 1970; U. Jenni, Vom mittelalterlichen Musterbuch zum Skizzenbuch der Neuzeit, in Die Parler und der schöne Stil 1350-1400. Europäische Kunst unter den Luxemburgern, cat., Köln 1978, III, pp. 139-150; id., The Phenomena of Change in the Modelbook Tradition around 1400, in Drawings Defined, New York 1987a, pp. 35-47; id., Das Skizzenbuch des Jaques Daliwe, Weinheim-Leipzig 1987b; B. Degenhart, A. Schmitt, Corpus der italienischen Zeichnungen 1300-1450. II. Venedig, Jacopo Bellini, V-VIII, Berlin 1990; A.J. Elen, Italian Late-Medieval and Renaissance Drawing-Books from Giovannino de' Grassi to Palma il Giovane. A Codicological Approache, Leiden 1995; M. Rossi, Giovannino de Grassi, Milano 1995; R.W. Scheller, Exemplum. Model-Book Drawings and the Practice of Artistic Transmission in the Middle Ages (ca. 900-ca. 1470), Amsterdam 1995 (con bibl.); Pisanello. Le peintre aux sept vertus, cat., Paris 1996; A. Schmitt, Der Meister des Tiermusterbuchs von Weimar, München 1997.U. Jenni

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