TAGIKISTAN

Enciclopedia Italiana (1937)

TAGIKISTAN (A. T., 92 e 103-104)

Giorgio Pullè

Con questo nome si suole indicare la repubblica federata dei Tagiki (Avtonommaja Tadžikskaja S.S. Respublika), una delle sette che fanno parte dell'U.R.S.S. e la cui costituzione risale al 1925. Paese di confine con l'Afghānistān a sud e con il Sin-Kiang a ovest, è limitato a nord-est dalla Repubblica autonoma dei Kirghisi, e a nord-ovest e ad ovest dalla Repubblica federata degli Uzbeki. Prima della rivoluzione e dell'attuale ordinamento politico-amministrativo, il territorio dell'odierno Tagikistan era incluso quasi per intero nel khānato di Buchara e in piccola parte nella provincia del Syrdarja. Il confine meridionale fra l'Afghānistān e la Russia è stato fissato nel 1895 da una commissione mista, detta "dei confini per il Pamir", e che operò in modo da appianare le divergenze tra Russia e Inghilterra; come linea di frontiera fu prescelto il fiume Pangi, nome col quale si indica una parte del corso superiore dell'Amu-darja. Il Tagikistan è paese montuoso, poiché si estende su quasi tutto il sistema del Transalai e su parte di quello dell'Alai; incuneandosi, in direzione di nord-est, entro il territorio dell'Uzbekistan, occupa una parte della conca della Fergana. Come avviene per altre repubbliche e provincie autonome dell'U.R.S.S., l'unità territoriale del Tagikistan risponde non già a caratteristiche fisiche, ma a esigenze etniche. Il rilievo è composto da due sistemi montuosi: il Transalai e il Pamir. I Kirghisi sogliono distinguere con il nome di pamir le terre elevate a sud e ad est della depressione aralo-caspica, caratterizzata dalla mancanza di vegetazione arborea e di coltivazioni lungo i pendii di catene, che limitano, con le loro groppe poco accentuate, vallate molto ampie, dal fondo piatto, spesso cosparse di vastissime distese di ciottoli, di ghiaie e di sabbie. Le catene meglio individuabili sono quelle dell'Aliciur, del Pamir propriamente detto, del Vachan o di Nicola II, le quali raggiungono altitudini di 5000 e anche 6000 metri, mentre i varî passi di rado si abbassano al disotto dei 4500 m.; verso occidente il Pamir degrada rapidamente, ma tuttavia molte vallate sono ancora dominate da catene imponenti, che le isolano l'una dall'altra, dando così luogo a piccole unità regionali: Karategin, Damaz, Ruǎan, Šugnan. Alla regione del Pamir si appoggia il sistema del Transalai-Pamir, che, verso nord, la vallata del Surchab divide dal sistema dei T'ien shan. La vallata del Kyzyl-su o "fiume rosso", larga dai 10 ai 22 chilometri, si inserisce fra i due sistemi del Transalai e dei T'ien shan; essa è caratteristica per la fertilità del terreno e l'abbondanza delle acque superficiali. La catena del Transalai, formidabile barriera che si innalza fra la vallata dell'Alai e il Pamir, costituita da arenarie rossastre, da scisti cristallini e da dioriti, offre le maggiori altitudini nella zona orientale, dove sorge il picco Lenin (7127 m.). A occidente si inizia una nuova catena, detta di Pietro il Grande, che in effetto si divide in tre catene minori, le quali presentano grande varietà di elementi geomorfologici; in essa si trovano il picco di Garmo (7500 m.), la cima più elevata di tutta l'Asia centrale russa, e, fra i molti ghiacciai, quello detto di Fedčenko, vasto 330 kmq. Il clima varia a seconda dell'altitudine e dell'esposizione dei versanti; esso è nelle regioni più elevate del Pamir, battute da venti di una violenza estrema e dove l'insolazione è quanto mai intensa, quasi accecante per la grande limpidezza dell'atmosfera, aridissimo e soggetto a fortissimi sbalzi di temperatura nel giro di poche ore; nelle valli e nelle conche, meglio riparate dai freddi venti boreali e più soleggiate, le condizioni climatiche sono molto migliori e favoriscono lo sviluppo delle coltivazioni. L' eccezionale altitudine determina particolari condizioni di vita; i pascoli sono popolati da branchi di pecore selvatiche e di capre e utilizzati dai pastori kirghisi, i quali vagano da un luogo all'altro allevando cammelli, pecore, cavalli e yak; là dove poi l'altitudine diminuisce, compaiono le foreste che sono in generale più rigogliose sui versanti di nord-ovest, dove maggiore è l'umidità. La vallata superiore del Zerafšan e del suo affluente Fan, è particolarmente arida e non può essere, per la grande irregolarità del rilievo, irrigata. I cespugli di teresken o Eurotia ceratoides, i quali forniscono legna da ardere, e le erbe dei pascoli, servono di rifugio e di alimento a branchi di pecore e di capre selvatiche; gli altri animali più frequenti sono l'orso, la pantera bianca, il lupo e infiniti uccelli di passo; non rarissima è la tigre.

Principale corso d'acqua è l'Amu-darja, antico Oxus, noto, per il primo tratto, come Vachan-daria e poi come Pangi, e le cui sorgenti si trovano nella catena del Hindu-kush; ad esso affluiscono non pochi corsi d'acqua, alimentati da ghiacciai e da nevai e che scorrono tutti con direzione da nord-est a sud-ovest. Nelle vallate più orientali esistono parecchi laghi, e fra gli altri il Kara-kul, il Šor-kul, il Saraz e l'Yašil-kul, quest'ultimo formatosi lungo il corso del Murgab, in seguito a una frana, determinata dal terremoto del 1911, che ne sbarrò il letto.

La popolazione è costituita per il 75% circa di Tagiki, popolo di stirpe iranica, anzi unico popolo che parli ancora, nella regione del Turan, una lingua indoeuropea. Si dividono in abitanti dei monti, rimasti più puri, e abitanti della pianura, che si sono mescolati con gli Uzbeki; i primi, più noti con il nome di Galcia, vivono stabilmente sul versante occidentale del Pamir, e in alcune regioni, come il Karategin, il Darvaz, il Badakšan; essi hanno conservato sufficiente unità di tipo, mentre altrove l'omogeneità etnica si è spezzata, sicché molti Tagiki non parlano più la madre lingua, che è una parlata iranica ora insegnata nelle scuole (dal 1926 si scrive con alfabeto latino). Tranquilli, ospitali, tolleranti, i Tagiki si distinguono dagli Uzbeki per una grande semplicità di vita e per uno spiccato senso di giustizia; attivi e intraprendenti, molto abili nel trattare affari commerciali, per quanto non sempre onestissimi, hanno piena conoscenza della loro forza economica, che li rende superiori ai loro vicini, gli Uzbeki, che nel Tagikistan rappresentano il 21% della popolazione. Kirghisi, Kazaki, Turkmeni, Arabi, Ebrei e Russi, costituiscono una piccola minoranza. I Tagiki sono musulmani, per quanto non molto osservanti; presso molti di loro sopravvivono antichissime forme pagane. Nel Tagikistan i sedentarî vivono in case di mattoni con la copertura di canne; esse sono sempre basse per la frequenza dei terremoti; i nomadi abitano in tende. L'istruzione è molto arretrata e fino a qualche anno fa si calcolava che gli analfabeti ammontassero al 95% almeno, soprattutto nel Badakšan; grandi sforzi si fanno ora per diffondere l'istruzione e per migliorare anche le condizioni sanitarie. I disordini del 1917 e degli anni successivi spinsero molti abitanti del Tagikistan a emigrare in Persia e nell'Afghānistān, sicché il censimento del 1926 diede appena 827.500 ab. circa; ora però si nota una notevole ripresa demografica e nel 1934 si contavano 1.332.700 ab., compresi í 35.700 ab. della provincia autonoma del Badakšan Montano, che occupa la parte sud-orientale del Tagikistan. La densità è di 5,7 ab. per kmq. Appena il 9% degli abitanti vive in centri urbani nel Tagikistan e soltanto 1200 ab. costituiscono la popolazione urbana del Badakšan; i rimanenti vivono in piccoli villaggi o in dimore isolate.

Occupazione principale della popolazione è la pastorizia di tipo seminomade, la quale usufruisce alternativamente di determinati pascoli estivi e invernali; il nomadismo puro è ora quasi del tutto scomparso. I Kirghisi allevano di preferenza cavalli e ovini. I disordini politici hanno però danneggiato gravemente il patrimonio zootecnico; soprattutto diminuiti sono i cammelli e i cavalli, come si sente la deficienza di muli e asini, così necessarî per i trasporti nei paesi di montagna. Famosi sono i pascoli della Fergana, ricordati da Marco Polo come "la migliore pastura del mondo, dove la più magra giumenta diventerebbe assai grassa in sei giorni". Una buona parte delle coltivazioni, forse un terzo, è possibile soltanto mercé le opere irrigatorie, senza le quali gran parte delle vallate meno elevate rimarrebbe improduttiva; anche in questo campo la rivoluzione ha prodotto gravi disordini, tanto che verso il 1926 il 50% delle vecchie opere irrigatorie era stato distrutto. Le irrigazioni sono soprattutto indispensabili per le coltivazioni del cotone, del riso, degli olivi, della vite e delle piante da frutta; ma più diffusa è la coltivazione dei cereali. Molte speranze sono, infine, riposte nella coltivazione del cotone egiziano. Buone sono le risorse minerarie, le quali constano del carbone del distretto di Ura-Tiubè e del bacino del Zerafšan, del ferro prodotto in questo bacino e nella valle del Vanč, dove si trova anche manganese; vi sono anche giacimenti di zinco, asbesto e salgemma, e, presso Stalinabad, sorgenti calde. Alcuni di codesti minerali sono utilizzati, ma in modo primitivo. Le industrie hanno carattere domestico e si limitano a supplire a necessità locali; si fabbricano filati e tessuti e lavori in legno e in cuoio; numerosi sono i molini; negli ultimi anni sono state aperte una filanda, un moderno oleificio, ecc. Lo sviluppo economico è però reso difficile dalla deficienza di vie di comunicazione, costituite da vie ordinarie, per lo più carovaniere, e dalla linea ferroviaria che congiunge Stalinabad a Termez e alla ferrovia transcaspiana.

Capitale della Repubblica è Stalinabad, già detta Djušambe, la quale conta 42.200 ab. Altri centri notevoli sono Kanibadam (27.700 ab.), Chodžent, città di circa 51.000 ab. una delle più antiche della vallata della Fergame, forse l'Alexandreskate di Alessandro Magno. Ricordiamo infine Pamirskji Post, piccola località fortificata a 3378 m. di altitudine, stabilita dalla Russia nel 1892 e alla quale fa capo la via militare, che sale da Oš.

Bibl.: A. Palmieri, La geografia politica dell'Asia sovietica, Roma 1926. Gli scritti sui Tagiki sono quasi unicamente in russo; l'Associazione per lo studio del Tagikistan e dei popoli iranici ha pubblicato un vol.: Tagikistan, Taškent 1925, raccolta di articoli, e una relazione del viaggio di studio di M. C. Andreev Po Tadijkstanu, Taškent 1927.