TALAVERA, Alfonso Martínez de Toledo, arciprete di

Enciclopedia Italiana (1937)

TALAVERA, Alfonso Martínez de Toledo, arciprete di

Salvatore Battaglia

Scrittore spagnolo, nato assai probabilmente a Toledo nel 1398, ivi morto intorno al 1470. Dopo il baccellierato conseguito all'università di Salamanca, A. M. passò circa un decennio (1420-1430) nell'Aragona, ritornando poi nella sua Castiglia non appena ebbe ottenuta la prebenda di Talavera; visse così sempre a Toledo, dove fu cappellano del re Juan II. La sua prima opera (1438), rimasta anche la migliore della sua attività e tra le più caratteristiche della prosa castigliana, non portava un titolo esplicito, ché anzi l'autore volle di proposito presentarla "senza battesimo" e con la semplice designazione di Arcipreste de Talavera, il nome con cui lo scrittore sopravvive nella storia letteraria; ma per il contenuto l'opera ha finito coll'assumere il titolo di Representación del amor mundano o Reprobación del loco amor, e più semplicemente Corbacho, che ricorda direttamente l'opera omonima del Boccaccio.

Il T. muove da intenzioni moralistiche e intende castigare l'esistenza passionale, lussuriosa e fastosa dei contemporanei, specialmente delle classi elevate e in particolar modo dell'elemento femminile. L'opera è composta di quattro parti, non tutte collegate da nessi necessarî e neanche omogenee nella loro struttura stilistica e tanto meno nell'atteggiamento spirituale; cosicché mentre nella prima parte lo scrittore indugia a condannare la sensualità soprattutto, nel secondo libro il suo temperamento satirico, caustico e vigorosamente realistico si rivela, quasi a sua insaputa, nella viva e smaliziata adesione alla vita muliebre, di cui il T. conosce tutti i più scaltriti segreti psicologici e tutti gli artifici di quell'"arte" maliosa e tormentatrice. Anche rispetto ai due libri successivi (l'uno sul vario temperamento degli uomini e sulle loro disposizioni amorose, l'altro, del tutto estraneo ai motivi fondamentali del Corbacho, su alcuni gravi pregiudizî condannati dalla Chiesa), questo secondo rimase il più originale non solo per l'opulenza descrittiva e analitica con cui è rappresentata la realtà psicologica e la sensibilità femminile e per la organica e personale rielaborazione di tutto un mondo letterario, attinto alle più diverse tradizioni medievali e del Rinascimento, soprattutto all'umanesimo boccaccesco (di cui ha tenuto presente, oltre al Corbaccio, anche il De Claris mulieribus), ma anche per il tipo della sua prosa, forse la prima che nella letteratura spagnola sia riuscita a creare una salda tradizione sintattica, di cui si gioverà anche la letteratura narrativa. Il T. si ricollega al più caratteristico spirito castigliano, che da Juan Manuel all'Arcipreste de Hita s'era interessato a cogliere la vita degli uomini nella sua più libera e acre concretezza; e nello stesso tempo il T. tesoreggia la più intensa cultura del Rinascimento, che anche in lui, come negli altri scrittori spagnoli, assume interessi d'ordine più spiccatamente morale e psicologico. Se si pensa che il Corbacho è abbastanza anteriore alla Celestina (v.) e al Lazarillo de Tormes (v.), s'intenderà quanto sia profonda la sua traccia nella letteratura del secolo, che tentava, forse con risultati superiori a quelli dei varî paesi romanzi, di accordare il patrimonio libresco e dottrinale alla più vitale rappresentazione realistica.

Il T. ha scritto inoltre, in margine alla sua vita religiosa e alle sue curiosità culturali, due agiografie (Vida de San Isidoro y San Ildefonso, 1444) e una compilazione storica (Atalaya de las Chronicas, que contiene los grandes hechos de los Godos y Reyes de España, 1443, tuttora inedita).

Ediz. e bibl.: Ediz. del Corbacho, a cura di C. Pérez Pastor, nella Sociedad de biblióf. esp., Madrid 1901. Si veda: M. Menéndez y Pelayo, Orígenes de la novela, I, ivi 1905, pp. 110-120; A. Farinelli, Italia e Spagna, I, Torino 1929, pp. 122-130, 284-300, 369-376.