TANAGRA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

Vedi TANAGRA dell'anno: 1966 - 1997

TANAGRA (Τάναγρα, Tanagra)

D. Burr Thompson

Città della Beozia orientale, situata sulla riva N dell'Asopos, vicino ai confini dell'Attica. Era così chiamata da una ninfa, figlia di Aiolos o di Asopos. Il territorio, che comprendeva molti villaggi, incluso quello di Aulis, variò in estensione nei diversi periodi. Durante l'ultima parte del IV e il III sec. a. C. era la città più importante della Beozia. Oggi è soprattutto famosa per le figurine trovate nelle necropoli.

1. Storia. - Mancano tracce di un abitato preistorico o della prima Età del Ferro. Nel più antico periodo classico T. appartenne alla Lega Beotica e portò lo scudo beotico come simbolo nella monetazione. Nel 457 a. C. T. fu teatro della disfatta degli Ateniesi e dei loro alleati argivi ad opera degli Spartani (Hesperia, xiv, 1945, pp. 134-147). In questa battaglia si diceva che Socrate avesse salvato la vita di Alcibiade.

Nel IV sec. a. C., sotto il dominio tebano, T. fiorì e dopo la caduta di Tebe ebbe un ruolo dominante in Beozia. Testimonianze archeologiche indicano un notevole commercio con l'Egitto, per cui la città onorò Sosibio, ministro di Tolomeo IV (Or. Gr. Inscr. Sel., 80). Durante il II sec. a. C. le sorti di T. declinano. Nel 145 a. C. la città fu presa dai Romani.

2. Topografia. - La migliore descrizione della città antica è fatta dal viaggiatore Eraclide, che la visitò in un periodo fra il 275 e il 200 a. C. (Pfister). Di T. egli nota (i, 8-10): "La città è situata su una aspra altura ed appare bianca come l'argilla delle sue pendici. Le case sono splendidamente ornate di portici e di porte dipinte. La terra non ha grande abbondanza di grano, ma il suo vino è il migliore della Beozia. Gli abitanti sono sorprendentemente benestanti, ma modesti nel tenore di vita. Sono tutti agricoltori, non artigiani.

Le rovine di T. giacciono su un basso sperone dell'antico Monte Kerukios, a circa tre miglia a S del villaggio di Schimatari, dove esiste un piccolo museo che raccoglie frammenti architettonici e alcuni oggetti minori dai dintorni. La città antica ha un'acropoli abbastanza alta che discende ripidamente a S verso l'Asopos non lontano dalla confluenza di un altro fiume, il Laris, che scorre da N.

Pausania (ix, 22, 2) loda gli urbanisti di T. per l'organizzazione della città in due parti: l'acropoli con i templi e l'area residenziale separata sulle pendici più basse. Questa divisione è ancora chiara, sebbene il luogo sia stato poco scavato, tranne nella parte più alta. Anche il circuito delle mura è chiaro, ma il numero delle torri e delle porte è incerto. Il teatro, che è stato parzialmente ripulito dalla Società Archeologica Greca, è ubicato contro il lato N dell'acropoli, proprio sotto il moderno acquedotto (Praktikà, 1890, p. 34). Sulla lunga pendice settentrionale si stende la città. Mura, terrazze e strade si possono riconoscere sotto un sottile strato di terra che li ricopre. La tomba della poetessa Corinna che, secondo la tradizione più attendibile, era nata a T., occupava una posizione cospicua. Il suo ritratto si conservava in un ginnasio che presumibilmente giace ad un livello ancora più basso.

Attraverso il porto, il Delion, e le strade che conducevano a Calcide, a Tebe e ad Atene, la città poteva svolgere la sua attività commerciale.

3. Culti. - Pausania (ix, 22, 1 ss.) parla dei culti, dei quali il più importante era quello di Hermes. Una tradizione locale lo diceva nato nella vicina montagna. Era venerato sotto due aspetti. Come kriophòros, il dio dei pastori, che aveva salvato la città dalla peste, era stato raffigurato da Kalamis con l'ariete sulle spalle (Imhoof-Gardner, tavv. x, xi, xii). Come pròmachos aveva condotto i giovani alla vittoria sugli Eretrî invasori. La sua immagine di culto sembra riprodotta su monete (Imhoof-Gardner, tavv. x, xiii-xvi). Altri templi importanti erano quelli di Dioniso, di Themis, di Afrodite, di Apollo. La statua di Dioniso era stata ugualmente fatta da Kalamis (Imhoof-Gardner, tav. x). Un importante santuario di Demetra, che originariamente era fuori delle mura, fu ricostruito all'interno della cinta nel tardo III sec. a. C. (Reinach).

4. Necropoli. - Tombe erano state trovate nei dintorni di T. agli inizi del XIX sec., ma fu soltanto nel 1870-72 che si scoprirono larghe porzioni delle antiche necropoli, che vennero saccheggiate in fretta e con zelo dagli abitanti dei villaggi vicini.

Il colle di Kokkali, dove furon trovate le tombe più ricche, fu il primo ad esser vuotato sistematicamente e i materiali contrabbandati a Parigi (Rayet). P. Stamatakis e A. Dimitriadis furono inviati a fare scavi ufficiali per conto della Società Archeologica Greca; dal 1873 al 1889 e di nuovo nel 1911. I notiziari in Praktikà indicano l'andamento generale delle ricerche, ma non danno un'analisi dettagliata dei gruppi di tombe. Si è continuato a scavare illegalmente la zona, procurando alle collezioni innumerevoli oggetti privi di documentazione.

5. Stele. - Nelle necropoli si sono trovate più di un migliaio di stele funerarie, la maggior parte riadoperata come copertura di tombe del periodo romano. Di queste la migliore è la stele dei fratelli Dermys e Kitylos, che si data intorno al 6oo a. C. Ci sono anche stele e cippi arcaici con iscrizioni epicoriche che arrivano al 350 circa a. C. (Frazer-Rönne). Gli altari funerarî e i naìskoi dipinti furono sostituiti nel tardo IV sec. da stele in calcare di tipo attico con iscrizioni in caratteri ionici. Molti monumenti funerari architettonici si datano nel III sec. a. C.; pochi scendono al II sec. a. C.; c'è un solo esempio possibile per il I sec. a. C. (Frazer-Rönne). Sono ornati di fregi dorici e ionici. Nei frontoni o nei fregi sono scolpiti varî motivi, rosette, grifi, delfini, tritoni, vasi, armi, come nella ceramica coeva. I fregi ionici presentano vivi girali floreali.

6. Tombe. - Le tombe fiancheggiavano le strade principali, ed erano disposte parallelamente alla strada, su due o tre file in profondità.

Dal VII al V sec. a. C. erano comuni sepolture a cremazione in pozzi e inumazioni in ciste rivestite. I sarcofagi fittili e in pietra entrarono in uso nel V sec. a. C. Tombe costruite con tegole a spioventi s'incontrano nel VII e nel VI sec. a. C. ma furono sostituite da un tipo più semplice nel quale la copertura consisteva di tegole sovrapposte. Dal III sec. a. C. fino al periodo romano predominano le tombe a grandi ciste. Compaiono poche tombe a camera con nicchie esterne secondo l'uso macedone; qualche volta conservano tracce di pittura. Si è calcolato che siano state vuotate circa 8.000 tombe intorno alla città antica. Particolarmente comune era l'uso di deporre una brocca di vino o d'acqua presso la testa del defunto, che riceveva anche frutta, olive, uova, e anche crostacei. Agli uomini si offrivano vasi da bere e strigili (ma non armi); alle donne cosmetici e gioielli; ai bambini astragali e giocattoli. Le figurine di terracotta tuttavia erano deposte in molte tombe senza una apparente relazione con il sesso o il carattere del defunto. Nel periodo ellenistico divennero popolari le lucerne, gli unguentarî, e il vetro divenne più frequente. Raramente venivano depositati oggetti metallici di valore.

7. Ceramica. - In tutti i periodi si depositavano nelle tombe vasi di ogni specie, particolarmente quelli per contenere vino, olio e profumi. La maggioranza si può riconoscere come di fabbricazidne locale per l'argilla sabbiosa, la leggera cottura, la friabilità, la povertà della vernice. Questi vasi sono conservati nel magazzino del museo di Schimatari.

La ceramica più antica è la corinzia, oppure di imitazione locale. Verso la fine del VI sec. a. C. aumentò l'importazione della ceramica attica che ebbe molte imitazioni più scadenti (E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., pp. 206-209).

Il vasaio ateniese Teisias si istallò molto probabilmente a T.; un certo numero dei suoi capaci sköphoi e kàntharoi di forme beotiche, ma di fattura attica, è stato trovato qui.

L'unica classe di ceramica che può essere attribuita a T. con ogni sicurezza è quella delle coppe floreali a figure nere, che cominciano verso il 430 a. C. e continuano, perfezionando la forma e trascurando il disegno, attraverso il IV sec. a. C. (A. D. Ure). Presentano grandi palmette, motivi floreali e girali che ricordano quelli sulle stele funerarie. Una interessante somiglianza con la ceramica a figure nere di Alessandria suggerisce commerci fra le due regioni.

8. Figurine. - Le figurine fittili erano offerte funerarie popolari a T. come nel resto della Beozia. La loro popolarità, tuttavia, variò con i tempi. La massima produzione si ebbe in due diversi periodi: l'arcaico e l'ellenistico. Il primo è stato studiato da Grace, Knoblauch, Higgins, Mollard; il secondo dal Kleiner.

a) Cronologia. La storia del periodo più antico è basata su quella dei matenale parallelo, accuratamente studiato su dati di scavo di Rhitsona (Ure) e di Halai (Goldman-Jones). Per il tardo IV sec. a. C. altri dati si possono dedurre dagli scavi recenti ad Atene e ad Alessandria.

b) Tecnica. I pezzi più antichi sono fatti a mano, o con la tecnica a rullo o con piani squadrati come un trave, in cui i dettagli erano applicati in argilla oppure semplicemente indicati in pittura (Knoblauch). Dal 6oo circa al 550 a. C. questa pittura fu eseguita con la stessa vernice bruno-nerastra usata nella ceramica; era sottoposta a cottura. I coroplasti tuttavia, lavoravano indipendentemente dai ceramisti. Cominciarono poi ad eseguire figurine secondo la tecnica rodia, applicando sulla figurina già cotta un'ingubbiatura di argilla bianca e su questa eseguendo lapittura in colori teneri; rosso, giallo, nero, azzurro. Nel tardo VI sec. a. C. si applicarono teste ricavate da matrici su corpi squadrati come tavole. A partire dalla metà del V sec. a. C. si cominciarono a produrre figurine completamente vuote. La parte anteriore dell'intera figurina, inclusa la testa e la base, era eseguita con un solo stampo. La parte posteriore era generalmente modellata a mano, lasciando una larga apertura a porta come sfiatatoio.La base della figurina, che poteva raggiungere i 26 cm, era un alto blocco o un supporto rettangolare modellato come la base di una statua. Grandi maschere prive della parte posteriore erano eseguite secondo prototipi rodi. Si copiavano anche piccole figurine ateniesi.

Verso la fine del IV sec. a. C. cominciò la seconda grande produzione delle figurine di T., a cui, secondo l'uso comune, si dà ora il nome di "Tanagrine" dalla città dove per la prima volta furono scoperte. Queste Tanagrinne dapprima erano piccoli pezzi fini, eseguiti con molti stampi. Il Rayet, le assegnò a quattro distinte fabbriche di quattro distinti centri geografici. Nonostante le sue suddivisioni fossero basate su insufficienti testimonianze, esse servirono a sottolineare l'esistenza di notevoli differenze di fabbricazione e di stile.

Considerando peraltro che le serie abbracciavano più di un secolo, queste varianti sono più verosimilmente cronologiche che geografiche. La prima classe, che conteneva circa i tre quarti delle figurine conosciute era dal Rayet considerata come locale, probabilmente a ragione. L'argilla è sabbiosa, cotta leggermente, di colore dal giallastro al rossastro. Le classi seconda e terza del Rayet, possono ugualmente essere locali, ma di data più recente. La quarta classe, che include alcuni pezzi rari molto fini, è contraddistinta da un'argilla di color caldo bruno-rosato; le pareti sono spesse, le parti posteriori sono modellate completamente senza sfiatatoio, che non era necessario in figurine così piccole. Tutti questi caratteri si possono ora spiegare con ragionevole certezza come indice di manifattura ateniese. Perciò i pezzi della quarta classe del Rayet pare che siano stati importati e da questi furono ricavate copie locali eseguite in abbondanza.

Tutte queste figurine più recenti sono accuratamente dipinte su una fine ingubbiatura che, nei pezzi migliori, ha una lucentezza da superficie smaltata. La carne è dipinta in rosa delicato. Le chiome sono brune, talvolta bionde; gli occhi bruni o azzurri. Il chitone è azzurro o rosa; con bordi in giallo, rosso, violetto, o verde; lo himàtion è generalmente bianco. I gioielli, i ventagli e anche i bordi sono ornati di sfoglia d'oro sovrapposta.

c) Soggetti e stile. L'attività dei coroplasti a T. rivela una tradizione provinciale che mantenne a lungo i suoi fondamentali tipi religiosi, ma che soggiacque all'influenza straniera, da cui gli artigiani locali trassero occasionalmente uno stimolo per un'attività notevole.

VI sec. a. C. I primi tipi apparsi in quantità a T. fatti a mano, molto stilizzati, in definitiva derivavano dall'Oriente. Comprendono cavalli, con o senza cavaliere, altri animali e, particolarmente divertenti, figurine scimmiesche (Higgins, nn. 770, 782). Le figurine di divinità in questo periodo, stanti o sedute, portano costumi elaborati e collane con pendagli a melograna per contenere profumi, che probabilmente le contraddistinguono come immagini di Demetra (Mollard, B 60). Esemplari di figurine stanti possono essere dedicanti, sacerdotesse, o la dea stessa (Mollard, B 58; Higgins, n. 764). Nell'ultima parte del secolo i coroplasti locali cominciarono a dare alle teste modellate a mano i volti stretti della scultura beotica contemporanea (Grace, p. 30; Mollard, B 68; Higgins, n. 769). Nel passaggio dal VI al V sec. a. C., gradualmente si comincia a notare un influsso delle maschere d'ispirazione rodia e il gusto si addolcisce sotto l'influenza orientale (Mollard, B 96-98).

V sec. a. C. Divenendo sempre più stretti i rapporti della Beozia con il mondo circostante i tipi coroplastici gradualmente cambiarono e lo stile divenne più sofisticato. I corpi, come le teste, furono modellati più realisticamente. Il repertorio fu esteso a comprendere figure accoccolate come sileni, fanciulle, pastorelli con mantello. Un'attraente classe provinciale dei primi del V sec. a. C. mostra scene di vita del villaggio. Sebbene questa mantenga a lungo i corpi modellati a mano, i pezzi migliori hanno teste derivate da matrici copiate liberamente dai modelli attici. Fra i tipi rappresentativi sono comuni i mugnai e i fornai (Mollard, B 117, datato, per il contesto, a circa il 500 a. C.).

Il conservatorismo religioso mantenne il tipo della dea seduta (Mollard, B 82, 85, 88), e quello della dedicante stante; in questo periodo ambedue i tipi derivano da Atene con lo schema della kòre con il peplo di stile severo. Le teste degli esemplari di T. tuttavia hanno particolari acconciature beotiche che suggeriscono rapporti con l'Egitto (Higgins, n. 815 ss.). Nel tardo V sec. a. C. questo tipo improvvisamente acquista una voluminosa parrucca di trecce, ugualmente di gusto egizio, ma i rapporti sono oscuri. Il tipo presumibilmente rappresenta la devota di un culto che sta per dedicare la propria chioma; reca anche oggetti rituali in cassette, oppure bende (Winter, i, p. 65, 6). I tipi corrispondenti maschili portano galli, forse ad Hermes (Winter, i, p. 181, 5), talvolta hanno parrucche e continuano nel IV sec. a. C. Anche le grandi maschere di origine rodia che rappresentano Demetra, Afrodite, Dioniso, tutte divinità venerate a T., riecheggiano i volti dei contadini che recano uova e i kàntharoi beotici (Mollard, C 88).

IV sec. a. C. All'inizio del IV sec. a. C. in tutta la Beozia appaiono tipi scultorei concepiti secondo la maniera delle sculture della balaustrata di Atena Nike. Il loro significato non è sempre chiaro, molti sembrano riferirsi al dramma. Sono le prime terrecotte che evidentemente offrivano interesse tanto all'artista quanto al compratore più per il loro aspetto che per il loro significato. Si tratta di graziose figure femminili in chitone azzurro e himàtion bianco, con la chioma rossa o dorata elaboratamente acconciata.

Le figurine più graziose di questa classe sono le danzatrici. Traducono in argilla le danze roteanti raffigurate sui vasi di Meidias e dei contemporanei. Sono velate, talvolta hanno maschere sul volto e grandi timpani nelle mani che le indicano come seguaci dei culti orgiastici che guadagnavano molti devoti in quel periodo. Artisticamente tutte le figurine di questa classe appartengono più alla tradizione della scultura che della coroplastica.

La trasformazione di questo stile in quello delle vere Tanagrine del tardo IV sec. a. C. non si compì in Beozia. Qui i vecchi tipi continuarono, ammorbiditi gradualmente, assumendo l'acconciatura prassitelica e adottando le attonite fattezze delle mogli dei contadini (Hesperia, xxi, 1952, tav. 33, n. 15). L'origine del nuovo stile, che appare improvvisamente a T. nel terzo venticinquennio del secolo, è stata a lungo discussa (Kleiner, p. 131 ss.; Horn, in Gnomon, 1944, p. 164 ss.). Recentemente gli scavi in Atene hanno reso sempre più evidente l'origine ateniese di questo stile. Durante la prima metà del IV sec. a. C., in relazione al crescente entusiasmo per il dramma, i coroplasti ateniesi produssero figurine di attori; esempî bronzei da Olinto indicano che i tipi ebbero origine in metallo e furono copiati in un materiale meno costoso. Inoltre il fatto che le figurine sono molto piccole, che stavano su una base appiattita e che sono modellate a tutto tondo con i segni del rapportatore inciso sui giubbetti di pelle, indica certamente che i tipi erano stati dapprima realizzati nel bronzo. Matrici per figurine sono state trovate ad Atene; importazioni e copie locali di questa serie sono venute in luce a Corinto, in Cirenaica, ad Olinto e nella Russia meridionale. Dopo la metà del IV sec. a. C. si trovano figurine grottesche e umoristiche che non erano necessariamente di attori, ma che tradiscono un'ispirazione dalla commedia di mezzo e dalla commedia tarda. Questa produzione ateniese continuò ad essere acquistata e copiata a T. per tutto il IV sec. a. C.

Le prime copie beotiche delle figurine attiche seguono da vicino i modelli, alcune volte esattamente. Più interessanti sono i tipi adattati dagli artigiani locali. Varianti più tarde si trovano nel cimitero alessandrino di Sciatbi (E. Breccia, Sciatbi, tavv. lxv, 167; lxvii, 178). Queste interferenze fanno stabilire l'adozione di questo stile a T. in epoca non lontana dal 330 a. C. Il pieno sviluppo di questa arte e la sua influenza su tutto il mondo greco sono stati analizzati in un lavoro di G. Kleiner.

I coroplasti di T. trascurarono la tradizione teatrale, e lavorarono di continuo sopra semplici temi: la donna con i bambini e, naturalmente, Eros. Qualunque fosse nel periodo ellenistico lo scopo del donatore di queste figurine, esso deve essere stato molto vago, e certamente il piacere derivante dal loro incanto artistico ebbe una parte vitale nella scelta dei temi.

III sec. a. C. I tipi creati nel IV sec. a. C. durarono lungamente nel III sec. a. C. Perciò è difficile datare i pezzi. Il modellato diviene semplicemente meno raffinato, i dettagli sono più sottili. I visi hanno tratti minuti, piccanti, pieni di espressione e le pieghe dei panneggi diventano più intricate. Soltanto occasionalmente le figurine possono confrontarsi con la scultura contemporanea, ad esempio con le famose Ercolanesi.

Verso la metà del III sec. a. C. i coroplasti, come gli scultori contemporanei, si stancarono di ripetere gli stessi tipi e cominciarono a ricalcare quelli antichi. Questo manierismo appare presto in Atene e a T., ma (Hesperia, xxviii, 1959, p. 149; Mollard, in Mon. Piot, 1950) non fu mai portato alle estreme drammatiche possibilità che furono raggiunte in Asia Minore. Dopo la metà del III sec. a. C. le figurine divengono più grandi e più complicate. La struttura è concepita come piramidale, per conferire volume alla figura (Kleiner, tav. 26, c, d). Alla fine del secolo questa tesa unità è rotta. I coroplasti, a giudicare dalle testimonianze attuali, smisero di produrre figurine di qualche significato dopo la fine del III sec. a. C.

Concludendo, sotto la guida di Atene, durante il III sec. a. C. la Beozia servì come centro commerciale attraverso il quale la civiltà greca passò all'ambiente popolare di Alessandria, dell'Italia meridionale e dell'Asia Minore. Fu proprio attraverso quest'umile elemento mediatore, quale le figurine in terracotta, che la koinè ellenistica venne a crearsi.

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In generale: Fiehn, in Pauly-Wissowa, IV A, 1932, cc. 2154-2162, s. v. Culti: T. Reinach, Un Temple élevé par les femmes de Tanagra, in Rev. Ét. Gr., XII, 1899, pp. 53-115; C. Buslepp, De Tanagraeorum sacris quaestiones selectae, Jena 1901; N. Platon, in Eph. Arch., 1937, B, pp. 655-667.

Necropoli e offerte: Praktikà, 1873-1889; 1911; C. Robert, Die Ausgrabungen in Tanagra, in Arch. Zeit., XXXIII, 1875, pp. 148-160; R. Kekulé, Griechische Thonfiguren aus Tanagra, Stoccarda 1878; A. Furtwängler, Die Sammlung Sabouroff, Berlino 1883-1877, II, pp. 4-18; O. Rayet, Monuments de l'art antique, Parigi 1884, II (sulla statuetta Gambetta); B. Haussoullier, Quomodo sepulcra Tanagraei decoraverint, Parigi 1884; O. Rayet, Études d'archéologie et d'art, Parigi 1888, pp. 275-324; E. Pottier, Les Statuettes de terrecuite dans l'antiquité, Parigi 1890, pp. 79-115; K. Kourouniotis, Πήλινα ἀρτοποιεῖα, in Eph. Arch., 1896, cc. 201-206; F. Winter, Die Typen der figürlichen Terrakotten, Berlino-Stoccarda 1903, I, pp. XI-XV (utile sommario con lista dei pezzi scavati, p. XII); H. B. Walters, Catalogue of the Terracottas in the Department of Greek and Roman Antiquities, British Museum, Londra 1903, pp. 207-224; A. Köstler, Die griechischen Terrakotten, Berlino 1926, pp. 66-80; R. Lullies, Zur frühen boiotischen Plastik, in Jahrbuch, LI, 1936, pp. 137-153; F. R. Grace, Archaic Sculpture in Boeotia, Cambridge Mass. 1939, passim; P. Knoblauch, Studien zur archaisch-griechischen Tonbildenerei, Halle 1937, p. 105 s.; 189-201; G. Kleiner, Tanagrafiguren, in Jahrbuch, 15tes Ergänzungsheft, Berlino 1942 (recensioni: R. Horn, in Gnomon, 1944, pp. 161-171; D. Burr Thompson, in Am. Journ. Arch., LIV, 1950, pp. 440-444); S. Mollard-Besques, Statuettes de femme drapée, terrecuite de Tanagra, in Mon. Piot, XLV, 1951, pp. 53-66; B. Neutsch, Studien zur vortanagräisch-attischen Koroplastik, in Jahrbuch 17tes Ergänzungsheft, Berlino 1952, pp. 59-64; S. Mollard-Besques, Musée national du Louvre Catalogue raisonné des figurines et relies en terre-cuite, grecs, étrusques, et romains, Parigi 1954, I, passim; R. A. Higgins, Catalogue of the Terracottas in the Department of Greek and Roman Antiquities, British Museum, I, Londra 1954, pp. 203 ss.; P. M. Fraser-T. Rönne, Boeotian and West Greek Tombstones, Lund 1957. Confrontare: R. M. Burrows, P. N. Ure, in Brit. School at Athens Annual, XIV, 1907-8, pp. 308-318 (ceramica); A. D. Ure, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, pp. 54-62 (ceramica); P. N. Ure, Aryballoi and Figurines from Rhitsona in Boetia, Cambridge 1934; A. D. Ure, in Hesperia, XV, 1946, pp. 27-37 (ceramica); H. Goldman-F. F. Jones, Terracottas from the Necropolis of Halae, in Hesperia, XI, 1942, pp. 365-415.