Taoismo

Enciclopedia delle scienze sociali (1998)

Taoismo

Helwig Schmidt-Glintzer

Introduzione

Il taoismo è considerato, accanto al confucianesimo, la seconda grande tradizione filosofico-religiosa della Cina. Non è facile cogliere il pensiero taoista in tutta la sua complessità e varietà di aspetti, che investono la cultura cinese nelle sue mille sfaccettature. Alcuni elementi del taoismo si sono sviluppati solo sotto l'influsso del buddhismo, e oltre a ciò occorre considerare la sua diffusione al di fuori della Cina, in particolare in Vietnam, Corea e Giappone.

A seguito della formazione di unità territoriali più estese durante il 'periodo della primavera e dell'autunno' (770-476 a.C.) e successivamente nel cosiddetto 'periodo degli Stati combattenti' (481-221 a.C.), si ebbe in Cina una differenziazione di varie correnti filosofiche. A fondamento di quella dottrina che divenne nota in seguito come daojia (o tao chia) ovvero 'scuola del tao', legata in particolare ai nomi di Laozi e di Zhuangzi, vi è l'idea della reintegrazione dell'uomo nell'ordine cosmico. Il particolare rilievo dato al principio dell'ordine spiega altresì l'impiego specifico della nozione di dao o tao ('via', 'senso', 'verità'), che ha un'importanza centrale in tutto il pensiero religioso e filosofico cinese, nella scelta del nome 'taoismo'.

A partire dal II secolo dopo Cristo vari movimenti religiosi di tipo salvifico organizzati in chiese si ispirarono alle tradizioni 'taoiste' legate ai nomi di Laozi e del leggendario Imperatore Giallo, ma anche a una pluralità di concezioni cosmologiche e sociopolitiche. Dato il loro carattere prevalentemente religioso-sociale per lungo tempo queste correnti, intrecciate anche a numerosi movimenti di rivolta, vennero indicate come 'taoismo religioso' o religione taoista (daojiao o tao chiao), in contrapposizione alla 'scuola del tao' (daojia o tao chia), e tuttavia una distinzione del genere è altrettanto illegittima quanto l'impiego del concetto, conservatosi per lungo tempo, di 'neotaoismo'. Per la diversità di tradizioni nonché, naturalmente, per la mutata situazione politica e sociale, il taoismo antico e le scuole taoiste sviluppatesi all'epoca della dinastia Han presentano notevoli differenze. D'altro canto determinate forme di religione agraria sviluppatesi già nell'antica Cina, incentrate sulle interrelazioni tra natura e società, hanno influenzato tutte le filosofie cinesi, e dunque anche il taoismo, sia pure con accenti diversi; ne sono esempi il culto degli antenati, il culto del Cielo e la concezione ciclica del tempo.Sotto il profilo sociale i vari culti, rituali e pratiche del taoismo erano diffusi in tutti i gruppi e gli strati della società; anche il ceto dei funzionari colti della Cina imperiale, formatosi alla tradizione confuciana, dimostrò sempre una certa propensione per il taoismo. Esso influenzò altresì le arti e le scienze, in particolare le scienze della natura.

I testi antichi

La tradizione di pensiero che venne designata in seguito come taoismo è legata soprattutto alle due figure di Zhuangzi (o Chuang Tzu, 'Maestro Zhuang', 365-290 a.C. circa) e Laozi (o Lao Tzu, 'Antico Maestro'). A essi vengono attribuiti tradizionalmente i due principali testi del primo taoismo, indicati con il nome dei loro autori: Zhuangzi (conosciuto anche come Nanhua zhenjing, 'Vero libro della Terra Fiorita del Sud') e Laozi, noto anche come Daodejing (o Tao Te Ching), che significa 'Libro del Tao e della sua Virtù'. Mentre Laozi viene considerato un contemporaneo più anziano di Confucio (vissuto secondo la tradizione tra il 551 e il 479 a.C.), Zhuangzi sembra sia vissuto nel IV secolo a.C. Entrambi gli scritti comunque sono compilazioni di testi risalenti a epoche assai diverse, e non già opere di un singolo autore. Le versioni che ci sono giunte, costituite da testi databili tra il IV e il II secolo a.C., si basano essenzialmente su raccolte dell'inizio del II secolo a.C. La più importante raccolta di testi canonici della tradizione taoista più antica è l'opera Zhuangzi (nota anche come Dschuang Dsi o Chuang Tzu), attribuita all'omonimo maestro. Tuttavia dei 33 capitoli dell'opera, divisi in tre grandi gruppi - 'capitoli interni' (1-7), 'capitoli esterni' (8-22) e 'capitoli misti' (23-33) - solo i primi sette si possono attribuire con certezza a Zhuangzi, e quindi a un unico autore. Le dottrine contenute in questo scritto rappresentano essenzialmente una filosofia individualistica di ritiro dal mondo, di cui è stato messo in rilievo il carattere mistico e contemplativo. Le dottrine fondamentali del taoismo sono esposte qui per aneddoti e apologhi, e in ciò l'opera di Zhuangzi si differenzia sia formalmente che contenutisticamente da quella di Laozi, il Daodejing, testo assai conciso e spesso ermetico sul piano linguistico, che si configura sostanzialmente come una dottrina dello Stato con elementi di una utopia agraria, assumendo quindi i caratteri di una filosofia eminentemente pratico-operativa. Alla speculazione sul dao (o tao, inteso come legge, essenza originaria, principio primo) nel Daodejing - nel quale peraltro si afferma che "il principio, il Tao che può essere annunciato, non è il principio che è stato da sempre" - fa riscontro una serie di massime sulla condotta pratica di vita il cui obiettivo principale è quello di ristabilire l'armonia col Principio attraverso un ritorno allo stato originario, a una condizione per così dire primordiale, e attraverso la liberazione della spontaneità e dell'istintività naturali (ziran). L'idea di una reintegrazione dell'uomo nell'ordine cosmico del resto non è rimasta circoscritta ai seguaci del taoismo, ma ha improntato tutta la cultura cinese anche al di fuori di questa corrente filosofico-religiosa, e ha influenzato la letteratura, in particolare la poesia lirica, in misura assai maggiore dello stesso Daodejing, con il suo stile ermetico e caratterizzato da una struttura del discorso basata su antitesi e parallelismi. Esistono altresì numerosi punti di contatto tra le dottrine di Laozi e la scuola dei legisti fondata da Han Feizi (III secolo a.C.), dalla quale si sviluppò un'ulteriore tradizione sincretistica che trova riflesso in alcuni testi - come ad esempio il Guanzi e il Huainanzi, e più in generale in tutta la cultura del periodo Han (206 a.C.-220 d.C.). Si ritrovano qui alcune idee fondamentali della mistica taoista - il ritorno alla spontaneità naturale (ziran), l'etica del non agire (wuwei), l'unione mistica con il mondo e con il suo ordine immanente, nonché un complesso di concetti che sono alla base delle tecniche taoiste per la disciplina interiore: la quiete (jing), il vuoto (xu), l'assenza di desiderio (wuyu), il disinteresse (wusi), il controllo dell'aria o soffio (xingqi), l'essenza vitale (jing), l'oblio.

L'ideale taoista dell''uomo vero' (zhenren), le concezioni relative agli stati di coscienza, alla contrapposizione/interrelazione tra veglia e sogno e al rapporto tra linguaggio e realtà esercitarono una profonda influenza su tutte le dottrine etiche ed estetiche sviluppate in Cina.

Un'altra importante collezione del canone taoista è rappresentata dallo scritto Liezi - il cui cap. 17 è dedicato a Yang Zhu, esponente dell'ala cinica ed edonista del taoismo, vissuto probabilmente nel IV secolo a.C. - attribuito a un certo 'Maestro Lie', figura forse leggendaria, che secondo alcuni sarebbe vissuto addirittura nel VI secolo a.C. Sebbene il Liezi contenga materiali del III secolo a.C. e forse ancora più antichi, tuttavia si tratta con tutta probabilità di una raccolta redatta nel III secolo d.C., in cui traspaiono già le influenze dell'alchimia taoista più tarda nonché del patrimonio narrativo importato in forma condensata dall'area indiana.Tutti questi testi 'classici' del taoismo, in particolare il Daodejing e l'opera Zhuangzi, sono stati interpretati da vari commentatori successivi, che ne hanno fortemente influenzato la recezione. Tra questi meritano di essere menzionati He Yan (m. 249 d.C.), Wang Bi (III secolo d.C.), Xiang Xiu (250 d.C. circa) e Guo Xiang (m. 312 d.C.).

L'aspetto religioso-sociale del taoismo

I nomi dei due padri fondatori del taoismo si trovano associati nella designazione 'dottrina di LaoZhuang', e tuttavia questa denominazione entrò nell'uso solo nel III secolo d.C. Per lungo tempo, perlomeno sino alla redazione delle Memorie storiche (Shij) di Sima Qian (90 a.C. circa), a Laozi e a Zhuangzi venivano ricollegate correnti di pensiero del tutto distinte. A partire dal IV secolo a.C., tuttavia, si svilupparono vari indirizzi sincretistici in cui confluivano scuole religiose e dottrine filosofiche diverse. Tra queste figurava anche l'Accademia di Jixia, fondata nello Stato di Qi intorno al 310 a.C., che può essere considerata la forma primitiva della tradizione di Huang-Lao, e quindi il precursore del taoismo sincretistico. Questo culto di Huang-Lao, che associava la figura del leggendario Imperatore Giallo (Huangdi) e quella di Laozi, era particolarmente adatto a istituire un collegamento tra le concezioni dell'ordine politico, da un lato, e i modelli di interpretazione religiosa e il rituale dall'altro.

Durante il periodo della dinastia Han la Cina sperimentò la disgregazione delle antiche strutture comunitarie e delle forme di decentramento locale, che lasciarono il posto all'appropriazione privata del potere da parte di un ceto di grandi latifondisti. Parallelamente a tale processo si verificò il passaggio dagli antichi culti collettivi a forme individualistiche di fede religiosa e di ricerca spirituale della salvazione. Tuttavia i mutamenti sociali ed economici avevano innescato anche forme di protesta che diedero luogo a un rafforzamento del cosiddetto 'taoismo religioso' (daojiao) e alla nascita dei movimenti a esso ispirati. Si costituirono così nuove organizzazioni sociali non più fondate sui vincoli parentali, ma sulla comunanza di idee e di interessi, le cui espressioni più note furono il movimento dei cosiddetti 'Turbanti Gialli' (Taiping) nella Cina orientale e il movimento Tianshidao ('Via del Maestro Celeste') in quella occidentale. Quest'ultimo divenne noto anche come 'movimento dei cinque stai di riso' (Wudoumidao), poiché i suoi seguaci avevano l'obbligo di consegnare cinque stai di riso.

Mentre alcuni movimenti di rivolta che si ispirarono a queste dottrine furono di breve durata, le dottrine stesse e le comunità a esse associate conservarono una notevole continuità nel tempo. I discendenti del leggendario 'Santo immortale' Zhang Daoling avevano istituito una gerarchia ierocratica, e fu grazie a questa struttura organizzativa che lo Stato fondato nella Cina occidentale dal successore di Zhang Daoling, Zhang Lu, durò più a lungo degli altri. Solo nel 215 difatti questo Stato caratterizzato da nuovi ideali religiosi e comunitari dovette sottomettersi al generale Cao Cao.Nello stesso periodo nelle province orientali della Cina Zhang Jue e il suo movimento della 'Grande pace' (Taiping), che si ispirava sia alla dottrina taoista dell'immortalità (xian) sia al buddhismo, alimentarono nel 184 una grande rivolta che preannunciò la caduta della dinastia Han. I ribelli che parteciparono alla rivolta furono detti anche 'formiche'.

Il canone taoista

La prima redazione di un canone taoista avvenne per decreto imperiale nel 471. In seguito l'imperatore della dinastia Tang Xuanzong (713-756), che si considerava discendente di Laozi, ordinò una nuova compilazione del canone, che ebbe numerose versioni redatte in diversi monasteri taoisti. Lo stesso accadde con il canone dell'epoca Song redatto nel 1019. Il primo canone a stampa apparve intorno al 1120. Dopo un'ulteriore edizione nel 1244, che comprendeva 7.000 juan, apparve nel 1444-1445 il canone dell'epoca Ming, che con l'integrazione di alcune appendici rappresenta ancora oggi l'edizione standard. I testi scoperti nel 1973 nelle sepolture di Mawangdui, nei pressi di Changsha (provincia di Hunan), hanno modificato radicalmente l'immagine dell'antica tradizione canonica - e ciò vale in particolare per il Daodejing - ma ciononostante il canone dell'epoca Ming rappresenta ancora oggi l'edizione fondamentale.

Culto e divinità

La conservazione delle energie vitali e le tecniche per ottenere la 'lunga vita', concepita talvolta come immortalità materiale del corpo, costituiscono una costante della dietetica taoista, che prescrive a tal fine particolari tecniche di respirazione e di meditazione, nonché l'uso di medicinali o droghe. L'ideale è quello del 'genio' (xian), che ha raggiunto lo stato della perfezione e l'immortalità, ed è rappresentato in genere come essere privo di bisogni, talvolta rivestito di piume, immerso nella pace della natura. Il grado superiore di tale condizione di immortalità è costituito dall'assunzione in Cielo in pieno giorno. Le ricette e le tecniche taoiste, che comprendono oltre ai metodi di respirazione anche tecniche sessuali, sono mutate nel corso del tempo e formano un corpus di cognizioni mediche che rappresenta una parte importante della medicina tradizionale cinese.

Nel periodo di formazione del taoismo, tra il II e il V secolo d.C., si era sviluppata una tradizione messianica che va considerata anche nel contesto di una nuova definizione del rapporto tra uomo e divinità. Sul piano delle speculazioni cosmologiche i taoisti credevano che gli antichi dei fossero il respiro o soffio (guqi) inspirato ed espirato del sesto cielo, e che stessero in rapporto con la terra e con gli inferi. Al di sopra vi erano i tre cieli superiori delle divinità taoiste, con il loro soffio puro. Dopo la costituzione delle prime comunità sotto la guida del 'Maestro Celeste' (Tianshi) si sviluppò inoltre una dottrina della ricompensa e della punizione per le azioni buone e cattive.

La corrente spirituale detta dello 'Studio oscuro' (Xuanxue), attiva nel III e IV secolo dopo il crollo della dinastia Han, propagò l'ideale della 'spontaneità naturale' (ziran) e costituì il fondamento di una nuova cultura politica tra 'escapismo mistico' e 'rivolta nichilistica' (v. Balázs, 1949).

Una particolare forma di ricerca della salvazione che integrava varie tecniche era rappresentata dalla meditazione, in virtù della quale era possibile entrare in contatto con gli dei. La meditazione taoista, che talvolta mirava a raggiungere lo stato di trance, favorì la diffusione delle tecniche di meditazione buddhiste mutuate dall'India, ma ne fu a sua volta profondamente influenzata.Le divinità taoiste avevano la funzione di regolare e dirigere i processi cosmici, e nello stesso tempo ne erano parte integrante. Al culto di tali divinità si aggiunse in seguito quello dei 'Venerabili Celesti', incarnazioni di tutti i possibili aspetti del dao, che ha le sue radici nella dottrina del lingbao (V secolo). Vi furono numerosi tentativi di elencare e descrivere sistematicamente questa pluralità di dei. Uno dei primi tentativi di questo tipo fu quello di Tao Hongjing (V-VI secolo), cui fu affidata anche la compilazione del primo canone taoista, che raccolse gli scritti canonici della scuola di Maoshan, tra cui si trovano testi rivelati in stato di veglia o di trance. Tuttavia anche nell'ambito della mitologia vi furono significative trasformazioni nel corso del tempo. Ad esempio i 'Tre Puri' (Sanqing) della scuola del lingbao nel X secolo vennero sostituiti dalla figura dell'Imperatore di Giada (Yuhuangshangdi).

Lo scritto Liexian zhuan ('Leggende di Immortali'), che contiene settanta brevi leggende di santi taoisti, attribuito per lungo tempo a Liu Xiang (77-6 a.C.), ma databile solo all'epoca degli Han posteriori, può essere considerato il più colto di questo genere. A quest'opera, che per i suoi racconti di esseri straordinari rientra nella tradizione della cosiddetta letteratura dello zhiguai ('leggende di eventi sovrannaturali'), si rifanno raccolte successive, come lo scritto Shenxian zhuan ('Leggende di dei e Immortali'), e l'opera di Wang Shizhen (1626-1690) Liexian quanzhuan ('Biografie complete degli Immortali'). Anche l'agiografia buddhistica, che ebbe la sua massima fioritura nel VI secolo con la raccolta Gaoseng zhuan ('Biografie di monaci illustri') di Sengyou, risente l'influsso delle antiche agiografie taoiste, di cui il Liexian zhuan rappresenta il principale esempio. Tuttavia in confronto alle raccolte successive, le singole leggende riportate in questo scritto appaiono piuttosto sintetiche.

La visione del mondo e il rapporto con la natura

Nel taoismo gli elementi magici hanno un ruolo determinante, e si ritrovano sia nella prassi rituale che in determinate speculazioni metafisiche. Le liturgie taoiste, come ad esempio i riti jiao e zhai, sono in genere modellate sui rituali di corte. L'usanza di bruciare essenze o altri oggetti caratterizza tutti i riti taoisti. Alle pratiche rituali fanno riscontro dottrine altamente speculative sulla corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo, che in larga misura erano condivise anche dai confuciani. Per questa ragione, a proposito delle dottrine della Cina antica e dell'epoca imperiale, J.J.M. De Groot ha parlato di un 'universismo' che trova espressione nel concetto di 'Via celeste' (tiandao). Vanno menzionate a questo riguardo la dottrina dei cinque elementi (wuxing: acqua, fuoco, legno, metallo, terra) e la teoria del dualismo yin-yang, ossia la concezione della struttura antitetica, complementare e sequenziale di ogni accadere e di ogni forma di esistenza. Sebbene questa concezione non appartenga esclusivamente al taoismo, è stato quest'ultimo a sviluppare in larga misura la dottrina del mutamento cosmico, dell'alternanza perpetua. Gli interventi intenzionali che alterano il processo naturale di alternanza cosmica ingenerano il disordine, e per questa ragione il taoismo propugna il principio del non agire (wuwei). Analogamente, sul piano politico, la dottrina del governo taoista esorta il sovrano ad astenersi per quanto possibile dall'agire, istituendo l'ordine attraverso la sua semplice esistenza. In questa prospettiva il taoismo contiene elementi di critica culturale, e alcune argomentazioni vanno intese anche come dichiarazioni polemiche contro altre scuole e indirizzi di pensiero. L'esperienza della realtà sensibile e il rapporto con la natura in generale furono in Cina profondamente influenzati dal taoismo. La geografia era interpretata in chiave mitologica: monti e isole avevano una parte importante per il rapporto con i mondi degli dei, degli spiriti e degli immortali. Ad alcune località, come ad esempio il monte Kunlun nella Cina occidentale e le Isole dei Beati nel Mare Cinese Orientale, erano associate rappresentazioni mitologiche, che avevano in parte il carattere di utopie.

La ricerca spirituale della salvazione e l'esaltazione della natura da parte dei letterati vanno ricollegate alle prime forme di studio della natura, che si configurava come concentrazione sul proprio Sé e sulle funzioni organiche. Nella dottrina della 'disciplina delle divinità interne', sviluppata dalla scuola igienista e nella corrente del neidan a essa associata, la figura divinizzata di Laozi aveva un ruolo centrale. A tale orientamento si contrapponeva l'alchimia del waidan, che ebbe la sua prima importante formulazione con il testo Baopuzi ('Libro del Maestro che si attiene al Semplice') di Ge Hong (283-343); l'elemento distintivo di questa tradizione dottrinale era l'assunzione di determinati elisir e droghe per ottenere l'immortalità. Alla fine comunque prevalse la corrente neidan, che mirava al raggiungimento della perfezione con la disciplina interiore. I testi di questa scuola, noti come Huangtingjing ('Classici della sala gialla'), tramandati a partire dal III secolo, lasciarono il posto nel VI secolo alla tradizione del lingbao ('Sacro gioiello'), che risaliva al IV secolo e che ebbe in Lu Xiujing (406-477) il suo primo, importante esponente.

La sistematizzazione della visione della natura con l'istituzione di schemi di corrispondenze e il perfezionamento della teoria dello yin-yang, strettamente legata al 'Libro dei mutamenti' (Yijing), nonché le complesse pratiche alchemiche fecero del taoismo la culla della prima scienza naturale cinese. In particolare la medicina tradizionale cinese è strettamente legata al taoismo, ma lo stesso vale per i primordi della chimica, della mineralogia, della botanica, della zoologia e della farmacopea.

La rivalità con il buddhismo

Sino al IV secolo il buddhismo venne considerato da molti come una variante del taoismo. Questa convinzione venne consolidata dalla leggenda, propagata dagli stessi taoisti, della conversione dei barbari (huahu), secondo cui il buddhismo non era altro che la dottrina taoista esportata da Laozi presso i barbari indiani nella sua fuga in Occidente. Sotto alcuni aspetti le due dottrine erano profondamente diverse - si pensi ad esempio alla teoria buddhista del carattere illusorio della realtà. Esistevano peraltro anche notevoli affinità tra il buddhismo e il taoismo, in particolare sul piano delle tecniche spirituali e della pratica della meditazione, nonché nella sfera dell'organizzazione sociale - non da ultimo a causa della costante rivalità per il favore della corte imperiale e per le sovvenzioni elargite dalle famiglie nobiliari o dai ceti possidenti. Le comunità dei monaci taoisti vennero istituite in base al modello del sangha buddhista, e a partire dal VI secolo anche ai monaci taoisti venne imposto il celibato, che nel X secolo venne dichiarato dallo Stato condizione necessaria per usufruire dell'esenzione dalle tasse. Tuttavia il monachesimo organizzato tra i taoisti non raggiunse mai l'importanza e la diffusione che ebbe nel buddhismo. Nel 1077, ad esempio, si contavano solo 18.000 monaci taoisti contro i 200.000 buddhisti.

La stretta connessione delle due dottrine per lungo tempo rivali è attestata anche dalla scuola Quanzhen - nota anche come 'scuola settentrionale del taoismo' - fondata da un certo Wang Zhe (XII secolo), che propugnava una riunificazione di confucianesimo, buddhismo e taoismo.

Il taoismo nello Stato e nella società

L'incerta situazione politica nella fase del crollo della dinastia Han costrinse la popolazione a provvedere autonomamente alla propria difesa personale e a dar vita a nuove forme organizzative. Sul piano delle strutture insediative il risultato fu la costituzione del cun rurale, un'unità organizzativa che secondo la nomenclatura dell'epoca Tang corrispondeva al fang urbano. Il termine cun era in uso già nell'epoca Han, e a partire dal periodo di disordini che caratterizzò la fine di quell'epoca compare occasionalmente il termine xincun ('nuovi insediamenti') per designare i villaggi rurali fortificati costruiti dai contadini per proteggersi contro le guerre. Questi insediamenti difensivi, chiamati anche wu, avevano un proprio capo e una propria struttura interna, e dato il loro carattere difensivo costituivano un mondo chiuso. Sotto questo rispetto i wu erano molto simili a quelle forme di comunità utopiche raffigurate nelle liriche di Tao Yuanming (365-427). Spesso i membri di queste comunità erano legati da forti vincoli di solidarietà che ne garantivano la coesione nel tempo. Si andarono così formando un sistema sociale e un canone di valori che costituirono la base delle future norme sociali neoconfuciane.

Una testimonianza significativa della conciliazione tra l'ideale del ritiro dal mondo e l'impegno nella vita pubblica che si andò affermando all'epoca sia nell'ambito taoista che in quello buddhista è data da Cui Hao (381-450), il quale nel perseguire l'obiettivo di fondare uno Stato cinese della dinastia dei Wei settentrionali dichiarò al mago Kou Qianzhi (m. 448), che l'avrebbe dovuto aiutare a realizzare l'impresa: "Nel ritiro dal mondo ho praticato la Via e mi sono sempre tenuto lontano dalle faccende mondane, fino a quando non ho ricevuto dagli dei l'incarico segreto di coltivare la dottrina di Confucio (rujiao), e nello stesso tempo di assistere il Signore della Grande Pace [un titolo dell'imperatore Tuoba Taiwu, 424-452] onde ripristinare la continuità interrotta del potere millenario". Sia Kou Qianzhi che Cui Hao coltivavano il sogno di una società purificata, ossia di una società di 'eletti', che Cui Hao immaginava come una reincarnazione della società feudale dell'epoca Zhou, con la sua divisione gerarchica tra i cinque ranghi di nobili e i sudditi, ognuno dei quali conosceva la propria posizione e i propri doveri.

Nel tentativo di fondare una teocrazia taoista alla corte dei Wei vi era una mescolanza di elementi del Wudoumidao (trasformatosi successivamente in Tianshidao, e poi a partire dall'XI secolo in Zhengyidao) e del Taipingdao. L'imperatore Tuoba Taiwu si considerava 'il vero Signore della grande Pace' (Taiping zhenjun), secondo l'ideologia fornitagli da Kou Qianzhi, il quale venne favorito dal fratello più anziano Kou Zanzhi (363-448), dal 417 governatore dello Stato settentrionale di Wei per i profughi del regno dei Qin posteriori a Luoyang. Le simpatie della dinastia Wei per le chiese taoiste e l'ideologia conservatrice di Kou Qianzhi, nonché la concordanza tra l'ideale del 'popolo eletto' (zhongmin) vagheggiato da Kou con i progetti del ministro Cui Hao, furono tutti fattori che contribuirono alla creazione di uno Stato cinese nel Nord.

Dopo la morte nel 452 dell'imperatore Taiwu, assassinato da un eunuco del palazzo, il nuovo imperatore Wencheng (452-465) abolì le leggi antibuddhiste e dichiarò il buddhismo religione di Stato. Finiva così la teocrazia taoista, e iniziava un'intensa promozione del buddhismo da parte dello Stato. Per la storia del taoismo il periodo precedente era stato di grande importanza, tanto che lo studioso giapponese Fukui Kôjun è arrivato a definire tale epoca come fase del 'taoismo primitivo'.

La conciliazione tra l'ideale della vita eremitica e il coinvolgimento nella vita pubblica contrastava con l'esigenza di una completa separazione tra vita monastica e impegno nel mondo e con il divieto di alternare il ritiro spirituale con il servizio statale che sarebbe stato proclamato in seguito nella Cina meridionale da Kong Zhigui (447-501) nell'Annuncio della montagna del Nord. Tuttavia anche nel Sud, dove il sistema feudale era assai più radicato che nel Nord, verso la fine del V secolo la conciliazione tra l'ideale del ritiro dal mondo e il servizio statale non era più tanto lontana dal realizzarsi.

A partire da tale epoca il taoismo al pari del buddhismo ebbe un ruolo importante per l'acquisizione del consenso di ampi strati della popolazione da parte dei governanti. Questa funzione di legittimazione del potere favorì lo sviluppo di una forte autoconsapevolezza, e fu altresì alla base della pretesa di intervenire in importanti questioni politiche e, soprattutto, di conservare i privilegi esistenti.

Il taoismo nella Cina odierna

Le dottrine di Laozi e di Zhuangzi, con la loro impronta individualistica e la loro accentuazione del carattere enigmatico del mondo e dell'esistenza, hanno esercitato un profondo fascino sugli scrittori e sui filosofi occidentali degli ultimi due secoli. Anche in Cina, peraltro, il taoismo ebbe per il ceto tradizionale dei funzionari colti un'importanza maggiore di quella riconosciutagli ufficialmente.

La mancanza di una organizzazione centrale e il carattere locale delle singole scuole o sette furono un elemento di forza e nello stesso tempo di debolezza del taoismo. La setta o scuola nota come Chengyidao si è conservata sino a oggi, ed è attiva soprattutto nella Cina sudorientale, nel Fujian e a Taiwan. Dato il ruolo particolare della capitale, il centro taoista di Pechino (Baiyunguan, o 'Tempio delle Nuvole Bianche') assume un'importanza di primo piano. (V. anche Confucianesimo; Religione).

Bibliografia

Balázs, É., La crise sociale et la philosophie politique à la fin des Han, in "T'oung Pao", 1949, XXXIX, pp. 83-131.

Bauer, W., China und die Hoffnung auf Glück. Paradiese, Utopien, Idealvorstellungen, München 1971.

Bokenkamp, S.R., Early daoist scriptures. With a contribution by Peter Nickerson, Berkeley, Cal., 1997.

Creel, H.G., What is taoism?, Chicago 1970.

De Groot, J.J.M., The religious system of China, 6 voll., Leiden 1892-1910.

Doré, H., Recherches sur les superstitions en Chine, 18 voll., Shangai 1911-1938.

Ebrey, P.B., Gregory, P.N. (a cura di), Religion and society in T'ang and Sung China, Honolulu 1993.

Granet, M., La pensée chinoise, Paris 1934 (tr. it.: Il pensiero cinese, Milano 1971).

Kaltenmark, M., Lao-tzu und der Taoismus, Frankfurt a.M. 1981.

Kandel, B., Taiping jing. The origin and transmission of the 'Scripture on general welfare'. The history of an unofficial text, Hamburg 1979.

Lagerwey, J., Taoist ritual in Chinese society and history, New York-London 1987.

Levy, H.S., Yellow turban religion and rebellion at the end of Han, in "Journal of the American Oriental Society", 1956, LXXVI, 4, pp. 214-227.

Levy, H.S., The bifurcation of the yellow turbans in later Han, in "Oriens", 1960-1961, XIII-XIV, pp. 251-255.

Loon, P. van der, Taoist books in the libraries of the Sung period, London 1984.

Maspero, H., Le procédé de 'nourrir le principe vital' dans la religion taoiste ancienne, in "Journal Asiatique", 1937, CCXXIX, pp. 177-252, 353-430.

Maspero, H., Le taoisme, Paris 1950.

Mather, R.B., K'ou Ch'ien-chih and the taoist theocracy at the northern Wei court, 425-451, in Facets of taoism. Essays in Chinese religion (a cura di H. Welch e A. Seidel), New Haven, Conn., 1979, pp. 103-122.

Michaud, P., The yellow turbans, in "Monumenta serica", 1958, XVII, pp. 79-86.

Ofuchi Ninji, The formation of the taoist canon, in Facets of taoism. Essays in Chinese religion (a cura di H. Welch e A. Seidel), New Haven, Conn., 1979, pp. 253-267.

Robinet, I., Histoire du taoisme, Paris 1991.

Seidel, A.K., La divinisation de Lao tseu dans le taoisme des Han, Paris 1969.

Seidel, A.K., The image of the perfect ruler in early taoist messianism: Lao-tzu and Li Hung, in "History of religions", 1969-1970, IX, 2-3, pp. 216-247.

Seidel, A.K., Imperial treasures and taoist sacraments. Taoist roots in the apocripha, in Tantric and taoist studies in honour of R.A. Stein (a cura di M. Strickmann), 2 voll., Bruxelles 1983, pp. 291-371.

Seidel, A.K., Chronicle of taoist studies in the West, 1950-1990, in "Cahiers d'Extrême-Asie", 1989-1990, V, pp. 223-347.

Seidel, A.K., Taoismus. Die inoffizielle Hochreligion Chinas, Tokyo 1990.

Sivin, N., On the word 'taoist' as a source of perplexity, in "History of religions", 1978, XVII, 3-4, pp. 303-330.

Stein, R.A., Remarques sur les mouvements du taoisme politico-religieux au IIe siècle ap. J.C., in "T'oung Pao", 1963, L, pp. 1-78.

Strickmann, M., The Mao Shan revelations. Taoism and the Chinese aristocracy, in "T'oung Pao", 1977, LXIII, pp. 1-64.

Weber, M., Konfuzianismus und Taoismus (1915), in Max Webers Gesamtausgabe, parte I, vol. XIX, Gesammelte Aufsätze zur Religionssoziologie. Die Wirtschaftsethik der Weltreligion (a cura di H. Schmidt-Glintzer), Tübingen 1989 (tr. it. in: Sociologia delle religioni, Milano 1982).

Welch, H., The parting of the way. Lao Tzu and the taoist movement, London 1957.

Wolff, A.P. (a cura di), Religion and ritual in Chinese society, Stanford, Cal., 1974.

Yang, C.K., Religion in Chinese society, Berkeley, Cal., 1961.

CATEGORIE
TAG

Periodo della primavera e dell'autunno

Periodo degli stati combattenti

Macrocosmo e microcosmo

Culto degli antenati

Libro dei mutamenti