TAORMINA

Enciclopedia Italiana (1937)

TAORMINA (A. T., 27-28-29)

Vincenzo EPIFANIO
Giuseppe RUA
Guido RUATA
Enrico MAUCERI
Giuseppe PALADINO
Giovanni PEREZ
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Città della provincia di Messina, distante da questo capoluogo 51 km.: corrisponde all'antica Tauromenium. Un caratteristico complesso di rocce calcaree affiancate al tratto più meridionale dei Peloritani e chiuse dai solchi di due grossi torrenti, forma a un tratto una breve terrazza, su cui da tempi assai remoti sorse un paese che ha sempre destato il più vivo interesse. Il celebrato tratto di costa ionica, che questo domina dall'altezza di 250 m., il mirabile scenario di cui esso è parte essenziale, lo sfondo dell'Etna che lo caratterizza, la dolcezza del clima, e ora anche la capacità a corrispondere a ogni moderna esigenza di vita, ne fanno uno dei luoghi più noti del mondo. L'abitato si venne sviluppando da NE. a SO. La popolazione nell'età moderna oscillò dai 2000 ai 3000 ab.; e anche nel 1931 il capoluogo del comune ne aveva appena 4984, mentre erano 8383 in tutto il territorio (kmq. 29,58), ricco principalmente di pascoli nelle parti alte e di vigneti e agrumeti nelle più basse.

Il clima, di tipo marino meridionale, è dolce e uniforme, moderatamente umido: nel periodo invernale la media della temperatura è di 11°,6 e raramente discende al disotto di 10° anche nelle giornate più fredde; la media annuale dell'umidità relativa è del 61%, quella delle giornate piovose di 85, e nell'inverno non raggiungono quasi mai la ventina, è caratteristico invece il numero cospicuo dei giorni limpidi con prolungato soleggiamento quotidiano; le nebbie sono assai rare. Tutta la plaga è rivestita di palmizî, di giardini di limoni e d'aranci e di altre piante subtropicali e d'una smagliante flora nei numerosi lussureggianti giardini. Al piede del Capo di S. Andrea, su cui degrada la dorsale dove giace Taormina, si stendono in due pittoresche insenature le spiagge di Mazzarò e dell'Isola Bella, orientate a est e formate di sabbia e ghiaietta, bene attrezzate per la balneazione. Dal punto di vista del soggiorno, Taormina, saluberrima, con numerosi alberghi, è principalmente frequentata, da Italiani e da stranieri di ogni parte del mondo, dall'autunno alla primavera, con il massimo in dicembre-aprile, e in estate per bagni di mare.

Monumenti. - I ruderi di antichi edifici, e primi fra tutti quelli del superbo teatro, le iscrizioni, le monete, parlano della mirabile floridezza di Taormina nell'epoca ellenistica e romana. Tra i monumenti della città gode universale fama il teatro detto erroneamente greco, perché, se greca è senza dubbio la sua prima origine, le strutture oggi superstiti sono quelle di età romana, quando l'edificio fu quasi completamente rifatto. Della cavea, adattata in una cavìtà naturale del terreno, ben poco rimane: in migliore stato di conservazione è la scena, dalle cui terrazze si gode il mirabile panorama che costituisce l'attrattiva maggiore del monumento. Un secondo teatro più piccolo, o odeon, è dietro la chiesetta di S. Caterina; anch'esso è di età romana al pari delle due grandi cisterne, la cosiddetta "naumachia" e quella più ampia in località Giafari, detta "Piscina mirabile", ancora in uso: il suo interno è diviso in due parti da otto pilastri sorreggenti archi a tutto sesto.

La piccola tranquilla città medievale, di cui rimangono avanzi delle mura di cinta solo in alcuni tratti ben conservati, con il sovrastante castello, ebbe vita molto più modesta dell'antica e offre insieme con i suoi famosi panorami, tutta una particolare fisionomia. Su di essa domina come nido d'aquila Castel Mola. Nulla vi rimane dell'alto Medioevo. I monumenti superstiti presentano quel tipo speciale tra il gotico fiorito del periodo aragonese e il rinascimento siciliano - se così può chiamarsi -, medievale anch'esso nella sua struttura, e dove sopravvive la tradizionale tecnica normanna, consistente fra l'altro nell'uso del bianco calcare accoppiato alla pomice di lava come motivo ornamentale a intarsio che rende caratteristico e inconfondibile l'aspetto degli edifici.

La sua architettura si riassume, senza soffermarci sulle tante vestigia sparse qua e là nelle vecchie case, sia della via principale che divide a mezzo la città, sia nei vicoli e nelle piazzette, nei seguenti edifici maggiori delle poche famiglie feudali: Palazzo Santostefano, la Badia, Palazzo Ciampoli, Palazzo Corvaja, i primi due trecenteschi, il penultimo risalente ai primi del Quattrocento e l'ultimo invece posteriore di un secolo circa.

Palazzo Santostefano con due prospetti e con gli avanzi delle belle bifore nel piano superiore, è coronato da una ricca e larga fascia decorativa con intarsî in pomice di lava che fanno di esso un esempio quasi singolare. Coeva è la merlata Badia, sorgente sulle falde della collina, profusa anch'essa d'intarsî bianco-neri, in maniera da apparire come merlettata. È conosciuta con tal nome o con quello di "Badiazza", ma è da ritenere ch'essa facesse parte di una più grande costruzione e forse la maggiore fra tutte quante le taorminesi. Palazzo Ciampoli, nella sua severa eleganza, appartiene ai primi del sec. XV, mentre quello Corvaja, sebbene risalente alla stessa epoca (era proprietà allora della nobile famiglia Zumbo), assunse poi esteriormente una veste nuova, conforme al tipo evoluto degli ultimi del Quattrocento o dei primi del Cinquecento, con l'arco della bifora lanceolato, segnando così un passo avanti verso quello sviluppo dell'architettura isolana avente carattere e aspetti tutti propri che la legano con quella spagnola. Palazzo Corvaja gode di una fama maggiore in confronto degli altri monumenti del luogo forse perché prospetta sulla piazza da cui si accede verso il meraviglioso teatro antico o anche perché contiene, malgrado le tante deturpazioni, particolari che destano curiosità e interesse. Sotto le bifore della facciata corrono motti latini a grandi lettere gotiche, sentenze morali allusive alla prudenza, alla giustizia, alla temperanza e alla fortezza, e nell'interno la scala è decorata di sculture in calcare di buona mano raffiguranti scene della Genesi. Luogo di rifugio fu chiamato codesto dal signore di gusto che l'abitò, come ricorda la scritta al disopra della scala stessa, sotto una bifora: ESTO. MICHII. LOCV. REFVGII.

Le chiese sono di modeste proporzioni, adeguate al limitato ambito della cittadina, della quale seguono le evoluzioni edilizie: S. Pietro, S. Antonio, S. Agostino nelle loro forme medievali, poi S. Maria del Piliere, cinquecentesca, fino a S. Caterina. Il duomo, della cui compagine medievale restano pochi avanzi, verso la fine del sec. XVI, forse mentre sorgeva il grandioso convento di S. Domenico (ora albergo), fu ; interamente trasformato. Poco rimane della suppellettile artistica taorminese: alcuni quadri (notevole un'ancona, ricca d'intagli, di Antonello de Saliba nel piccolo museo comunale) e qualche scultura.

V. tavv. XLVII e XLVIII.

Storia. - La località, per la sua forte posizione da cui si domina un vasto orizzonte, fu primamente occupata dai Siculi, che, poco più sopra, al Cocolonazzo di Mola, lasciarono tracce del loro soggiorno, con una necropoli. È probabile che i primi Greci stanziativisi siano stati, se non gli Zanclei di Ibla, di cui parla Strabone, qualche nucleo di quei Calcidesi che avevano colonizzato la costa sottostante. Ad ogni modo, l'importanza strategica del luogo fu apprezzata così dai Greci come dai Cartaginesi: infatti Dionisio, che in un primo tempo aveva assegnato il territorio di Taormina ai Siculi, dopo averla assediata invano nel 394, riuscì ad ottenerla soltanto con il trattato di pace del 392, e vi stanziò dei mercenarî. L'elemento greco divenne però preponderante solo nel 358, quando Andromaco, il padre dello storico Timeo, vi raccolse i superstiti di Nasso. La città passò poi nelle mani di Agatocle, indi dei Cartaginesi (315) e più tardi del tiranno Tindarione che favorì lo sbarco di Pirro in questo punto dell'isola. Taormina, in seguito, fece parte del regno di Gerone II e soltanto dopo la morte di quest'ultimo cadde in potere dei Romani. Per la sua importanza, forse, ebbe da questi ultimi un trattamento di favore venendo annoverata fra le pochissime civitates foederatae. Nella guerra servile fu roccaforte degli schiavi ribelli, ai quali però fu tolta dal console Rupilio (132). Nei suoi pressi, durante la lotta con Sesto Pompeo, subì una sconfitta Ottaviano, il quale, nel 34 a. C., vi fondava, certo per ragioni militari, una colonia.

Nel Medioevo seguì la sorte della Sicilia bizantina e resistette alla conquista musulmana e per la forte posizione, gli abitanti, la tradizione e i monumenti fu considerata per qualche tempo (ultimo quarto del sec. IX) capitale della Sicilia bizantina. Ma nel 902 i Saraceni la conquistarono e invano nel 962 tentò di ribellarsi al loro dominio. Nel 1079 Ruggiero d'Altavilla l'assediò e la sottomise. Rivaleggiò con Messina, che ne minacciava l'indipendenza, e fu saccheggiata nelle rivolte del 1168 contro Stefano di Perche e del 1261 ai danni di Manfredi. Aderì alla rivolta del Vespro e fu fautrice degli Aragonesi. Nella guerra civile venne contesa fra la corona e i Chiaramonte. Fu sede del parlamento tenuto nel 1410, nel quale i Siciliani proposero l'elezione di Federico di Luna a re indipendente. Fu poscia venduta e rivenduta dalla corte di Spagna, alla quale rimase tuttavia fedele in occasione della rivolta di Messina del 1675. In quella circostanza i Francesi di Luigi XIV l'occuparono, ma dovettero presto lasciarla. Successivamente gli Spagnoli di Filippo V se ne impadronirono, ma esponendosi all'attacco delle truppe del Filangieri, che ebbe appunto il titolo di duca di Taormina. Nel 1860 si sottrasse nuovamente a quella dominazione (9 aprile). I Borboni vi tornarono bensì a innalzare la loro bandiera, ma per breve tempo, perché presto, ridivenne definitivamente libera. Con i moderni mezzi di guerra, ha perduto l'importanza che aveva come rocca per la difesa della costa sicula orientale e dei passi verso l'Etna, per la quale fu in passato esposta a non poche vicende ed è divenuta soltanto una stazione climatica di prim'ordine.

Bibl.: G. Di Giovanni, Dissertazioni sulla storia civile di Taormina, volgarizz. con aggiunte di A. Pierallini, Palermo 1870; A. Calì, Taormina attraverso i tempi, Catania 1887; G. Rizzo, Taormina e i suoi dintorni: storia, architettura, paesaggio, ivi 1902; E. Mauceri, Taormina, Bergamo 1907.