TARSO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TARSO (ass. Tarzi; Tarzu; Ταρσός; Tarsus)

P. D'Amelio

Antica città della Cilicia sul fiume Cidno. Come pretesi fondatori di T. figurano nella tradizione classica e locale cilicia Sennacherib, Sardanapalo, Eracle-Sandon, Perseo e Trittolemo. Il nome della città è citato (Tarzi, Tarzu) nel prisma di Sennacherib (il quale nel 696 a. C. soffocò una rivolta in Cilicia già trasformata in provincia assira da Sargon) e, precedentemente, nell'obelisco di Salmanassar III (858-824).

Quando la regione passò sotto controllo persiano, conservando però una certa autonomia, a T. risiedevano principi locali, vassalli del Gran Re, che portavano il nome dinastico di Syennesis. Questa relativa indipendenza durò circa un secolo e mezzo. Nel 401 la città fu saccheggiata dalle truppe di Ciro; il re Syennesis III condusse con Artaserse e l'usurpatore un doppio gioco che gli costò il trono: infatti nel secolo successivo a T. battevano moneta satrapi persiani. Dopo la conquista di Alessandro la città passò sotto i Seleucidi e mutò per qualche tempo il proprio nome in quello di Antiochia sul Cidno. Con la conquista romana (66 a. C.) divenne la capitale della provincia. Particolarmente prediletta da Cesare e Augusto, fu un notevole centro culturale; vi era attiva una importante comunità ebraica dalla quale uscì Paolo. Favorita anche da Giuliano, che volle esservi sepolto, fiorì fino al VII sec. quando fu occupata dagli Arabi.

A partire dal 1935 una spedizione americana diretta da H. Goldman esplorò la collina artificiale di Gözlü Kule, alla periferia della città moderna come della T. greca e romana, scoprendo un antichissimo centro abitato. Gli strati individuati vanno dall'età islamica al Neolitico, ma fu scavata solo una piccola area; infiltrazioni d'acqua resero impossibili ricerche più approfondite.

Al periodo neolitico appartengono gli scarsi avanzi di un muro e ceramiche; i confronti più stretti sono offerti, oltreché dalla vicina Mersin (v.), dalla Siria del N (Amuq). La separazione fra Neolitico e Calcolitico è ben definita; i livelli sono costituiti da pavimenti di abitazioni regolarmente sovrapposti, con focolari, e forse di un santuario. La ceramica dipinta indica (in analogia con quanto avviene a Mersin) stretti contatti con la Siria del Nord e la Mesopotamia (Tell Halaf e soprattutto el'Ubaid). I vasi grigi e rossi levigati attestano inoltre rapporti con la Mesopotamia meridionale (Uruk). Al tardo Calcolitico appartiene un cimitero con sepolture entro giare; dall'esame dei resti ossei si ricava che il tipo fisico è simile a quello che predomina in Mesopotamia.

L'inizio dell'Età del Bronzo (3000 circa a. C.) è segnato dall'apparizione di un nuovo tipo di ceramica, da brocche a becco di tipo anatolico oltreché dal primo oggetto in bronzo. Malgrado la scarsità dei ritrovamenti (gli scavi in questo punto riguardano un'area piuttosto ristretta), sembra che il centro avesse un certo carattere monumentale. Nella fase successiva avanzi di una strada e di case rettangolari a due stanze testimoniano l'importanza assunta dal villaggio cinto da un muro di difesa; la ceramica acquista un carattere indigeno indipendente con grande varietà di stili e tecniche, malgrado evidenti legami con Siria e Cipro. Questa fase è chiusa da una violenta distruzione; la ceramica muta completamente accogliendo tipi conosciuti a Troia II-IV, le case hanno pianta differente. Si può pensare quindi che invasori siano venuti, forse per mare, dalle regioni nord-occidentali dell'Anatolia e poi abbiano aperto vie di commercio verso N-O.

Dopo un'agitata fase intermedia, durante la quale la ceramica è sotto l'influsso della Siria del N, appaiono nel Bronzo tardo nuovi elementi culturali centro-anatolici, certamente dovuti all'espandersi della potenza hittita. Si forma in Cilicia uno stato indipendente chiamato Kizzuwatna, di cui T. è forse la capitale o almeno un centro importante. Il re Isputakhsu (un sigillo con il suo nome è stato trovato a T.) stipula un trattato d'alleanza con Telipinu di Khattusha (1500 circa a. C.); più tardi il paese è conquistato e gradualmente incorporato nell'impero hittita. T. passa sotto controllo completo degli Hittiti che vi costruiscono un grande tempio e un altro edificio, forse la residenza del governatore. Nell'ultimo venticinquennio del XIII sec. invasori, identificati con il Popolo del Mare, distruggono radicalmente la città. Essi portano con sé ceramica micenea dello stile del Granaio; sembra perciò che siano venuti dalla Grecia, in accordo con la leggenda del viaggio di Trittolemo in cerca di Io. I vecchi abitanti continuarono a vivere accanto ai conquistatori, come testimonia la presenza contemporanea di ceramica monocroma di tipo hittita; il nuovo centro non raggiunse mai una grande prosperità, anzi gradualmente scese fino al basso livello di vita che caratterizza l'inizio dell'Età del Ferro.

L'Età del Ferro è rappresentata da quattro strati principali che concernono un periodo di circa 6oo anni (1100-520 circa). Si ha dapprima una fase di decadenza e relativo isolamento. Nella ceramica dipinta appaiono influenze cipriote; in parte continuano le tradizioni dell'età precedente. La fase successiva (850-700) registra un incremento nella produzione, prosperità crescente e maggiore apertura verso influenze straniere. Le relazioni con Cipro diventano intense: aumenta la quantità di ceramica importata e la produzione locale è nettamente affine a quella cipriota. Notevoli anche le importazioni di vasi greci (principalmente rodi, cicladici e greco-orientali) benché non suflicienti ad adottare la tesi di una colonia greca a Tarso. Di particolare interesse per la cronologia della ceramica protocorinzia alcuni vasi fra cui un aröballos datato, stratigraficamente, a prima del 700. La fine della seconda fase è marcata da tracce di incendio e distruzione: sono le prove evidenti della spedizione di Sennacherib contro T., seguita da un periodo di dominio assiro che dura fino alla caduta di Ninive. Nel VI sec., durante il quale è attestato in Cilicia un regno indipendente poi tributario dell'impero persiano, l'industria ceramica locale è in declino non solo per la concorrenza straniera, ma anche per le lotte che seguirono la caduta dell'impero assiro e nelle quali anche la Cilicia fu coinvolta. Nell'età persiana (V-IV sec.) si ha di nuovo un periodo di prosperità, ma allora la collina di Gözlü Kule fu abbandonata e fino alla fine del IV sec. non fece più parte della città; lo strato ellenistico si sovrappone direttamente a quello del VI sec. e ci offre il quadro di una T. ormai completamente ellenizzata. Il risultato più significativo degli scavi è dato da una grande serie di monete, lampade, ceramica invetriata e figurine di terracotta trovate a T. e datate.

Bibl.: Ruge, in Pauly-Wissowa, IV A, 1932, c. 2413 ss., s. v. Tarsos, n. 2; Kahrstedt, ibid., c. 1023, s. v. Syennesis, n. i; Streck, Assurbanipal, Lipsia 1916, III, p. 811; W. M. Ramsay, in Dict. Bibl., s. v. - Scavi: H. Goldman, Excavations at Gözlü Kule, Tarsus, I, Princeton 1950; II, 1956; III, 1963 e bibl., I, p. VI, II, p. VII, III, p. 21, nota 3. - Studî varî: P. J. Riis, The Pedigree of some Heracles Figures from Tarsus, in Acta Archaeol., XXIII, 1952, p. 152 ss.; J. B. Ward Perkins, Four Roman Garland Sarcophagi in America, in Archaeology, XI, 1958, p. 98 ss.; P. Verzone, Città ellenistiche e romane in Asia Minore, in Palladio, VII, 1957, p. 58 ss.; J. Boardman, Tarsus Al Mina, and Greek Cronology, in Journ. Hell. Stud., LXXXV, 1965, pp. 5-15.

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