TARTUFI

Enciclopedia Italiana (1937)

TARTUFI (fr. truffes; sp. trufas, criadillas de tierra; ted. Trüffel; ingl. truffles)

Giovanni Battista TRAVERSO

Sotto la denominazione generica di tartufi si intendono quei funghi ipogei Ascomiceti, il cui micelio vive tipicamente in simbiosi con le radici di piante superiori formando micorrize ectotrofiche (v. micorriza) e i cui corpi fruttiferi si sviluppano sotto terra a guisa di tuberi globosi o irregolari, di dimensioni assai variabili, e rimangono sempre ipogei. Si sogliono però distinguere "tartufi veri" e "tartufi falsi": i primi di consistenza carnosa, di dimensioni rilevanti, di grato sapore e perciò pregiati come cibo o condimento aromatico; i falsi tartufi (sotto la quale denominazione si indicano in generale tutti i funghi tuberiformi ipogei non mangerecci) sono invece di consistenza più tenace, di dimensioni generalmente minori e non mangerecci. I veri tartufi si distinguono poi in "tartufi bianchi" e "tartufi neri".

Tra i primi è il re dei tartufi ossia il "biancone" o "tartufo d'Alba" (Tuber magnatum Pico) di grossezza cospicua, di forma più o meno irregolare, quasi lobata, di color cenerognolo gialliccio o lutaceo, liscio alla superficie, con la carne rosea o rossastro-fuliginea screziata di bianco. Ad esso assomiglia il "tartufo bianchetto" (Tuber Borchii Vitt.) generalmente più piccolo e più regolare del precedente, di colore più pallido e meno pregiato. Fra i tartufi neri, che appartengono a parecchie specie non molto differenti l'una dall'altra, il primo posto è tenuto dal "tartufo di Norcia o del Périgord" (Tuber melanosporum) anch'esso di notevoli dimensioni e di forma più o meno regolare, con la superficie tutta coperta di verruche poliedriche salienti nerastre, spesso macchiato di color rugginoso, con carne bruno-rossastra venata di bianco, di profumo piccante che persiste anche nel fungo seeeo. Simili ad esso sono: il Tuber aestivum Vitt., il T. brumale Vitt., il T. mesentericum Vitt., ecc.

Nelle regioni sabbiose dell'Africa settentrionale e dell'Asia occidentale, come anche qua e là sulle coste mediterranee, in Sicilia e in Sardegna, crescono i cosiddetti "tartufi delle sabbie" che appartengono invece al genere Terfezia (T. leonis Tul., T. Boudieri Tul, ecc.) di forma più regolarmente tondeggiante, lisci alla superficie, di colore bianco giallastro, a carne non distintamente venata; i quali sono pure abbastanza pregiati e che gli Arabi chiamano terfaz.

Tra i falsi tartufi meritano speciale menzione due specie che si possono confondere coi veri tartufi e che sono velenose o per lo meno sospette: il "biancone falso" o "rossetta" (Balsamia vulgaris Vitt.) che si distingue dal genuino biancone per il colore rossiccio-rugginoso (qualche volta fraudolentamente mascherato stropicciando la superficie del fungo con polvere d'argilla), per la consistenza più molle, la carne non distintamente venata e l'odore forte, acre ed ingrato, che ricorda un po' quello del petrolio; e il "tartufo dei maiali" (Choiromyces meandriformis Vitt.) che somiglia anch'esso al biancone, dal quale però si distingue per la forma più regolare, la superficie di color castagno chiaro, spesso con screpolature reticolate rossicce, la carne biancastra con venature sottili, meandriformi, dapprima bianche poi giallognole, l'odore e il sapore acre, ingrato.

I tartufi, sulla cui natura si ebbero per molto tempo le idee più strane come quella di ritenerli quali concrezioni prodotte dallo scoppio del fulmine, hanno costituito fin dalla più remota antichità una pregiata ghiottoneria e ancor oggi rappresentano un prodotto naturale di cospicuo valore, anche per la loro relativa rarità e difficoltà di raccolta, che si fa generalmente con l'ausilio di cani o di maiali a ciò addestrati. In vista del prezzo elevato che essi consentono di ricavare si è cercato di coltivarli anche artificialmente, soprattutto in Francia, facendo nelle regioni adatte piantagioni di alberi tartufiferi, specialmente querce, di cui si prelevano i semi o le piantine nelle zone dove i tartufi crescono in abbondanza. Di questa coltivazione indiretta si è fatto qualche tentativo anche in Italia, specialmente in seguito alle pubblicazioni e alla propaganda di O. Mattirolo. Secondo A. Engler i generi Terfezia e Choiromyces appartengono alla famiglia Terfeziacee, il genere Tuber alle Eutuberacee (vedi funghi, XVI, tav. a colori) e le Balsamia alle Balsamiacee.