TATARI

Enciclopedia Italiana (1937)

TATARI (la forma comunemente usata Tartari non è consigliabile, perché meno buona)

Ettore ROSSI
Walter HIRSCHBERG

Popolazioni turche della Russia. La denominazione viene dal vocabolo Tatār, che nelle iscrizioni turche dell'Orkhon del sec. VIII e in scritti cinesi e arabi posteriori (Dīwān lughāt at-Turk, Costantinopoli 1333 eg., opera di Maḥmūd al-Kashgharī, del sec. XI) si riferiva a popolazioni di lingua mongola situate ai confini con la Cina, nell'attuale Mongolia e nelle regioni circostanti. Il nome Tatār, con cui furono conosciuti i Mongoli di Genghiz (o Cenghīz) Khān venuti a contatto dei popoli musulmani e cristiani nel sec. XIII, restò poi nell'uso degli Europei e in parte degli orientali, a tutto il complesso dei popoli turchi (Bulghār, Qïpciāq o Cumani, Peceneghi, Turcomanni ecc.) che avevano preceduto l'avanzata dei Mongoli o erano venuti al loro seguito nella Russia meridionale e in Crimea e si fusero coi Mongoli e altri elementi etnici a formare la Qïzïl Orda "l'Orda d'Oro", che, a partire dal sec. XIII, andò gradatamente turchizzandosi etnicamente e sovrattutto linguisticamente, con non molto profonde varietà dialettali.

Per la storia di questi popoli e dei loro capi, rimandiamo alle voci: mongoli; genghīz khān; orda d'oro; tamerlano. Per le lingue o dialetti si veda turchi: Le lingue turche.

Nel sec. XIV gli Occidentali chiamavano Tartaria il vasto territorio, dai limiti non ben definiti, abitato dai Tatari, cioè la Russia meridionale e parte della Persia; si distinguevano Tatari di ponente e Tatari di levante. I Qïpciāq o Cumani costituirono la massa più importante ed ebbero relazioni molto strette con l'Europa orientale (Bulgaria e Ungheria) dove molti loro fratelli si erano rifugiati al tempo dell'invasione mongola. La conquista russa di Odessa e delle coste settentrionali del Mar Nero separò alcune piccole isole etniche tartare (turche), che restarono sulle coste occidentali del Mar Nero, nella Ucraina e nella Polonia.

Nello sciogliersi dei vincoli che univano i Tatari di ponente sotto i successori di Tīmūr, restarono varî piccoli principati: il khanato di Kazan′, che fu sottomesso dai Russi nel 1552, quello di Astrachān conquistato dagli stessi nel 1554-56. Il khanato di Crimea ebbe relazioni di commercio assai intense con il Mediterraneo e specialmente con i Genovesi insediatisi negli emporî del Mar Nero, diventò nel 1475 vassallo dei sultani ottomani e inviò in loro aiuto frequentemente quelle truppe di cavalleria tatara che sono menzionate nelle cronache delle guerre degli Ottomani con gli stati dell'Europa centrale. Nel 1776 anche i "Tatari" della Crimea passarono sotto la sovranità russa.

La denominazione "Tatari" applicata a queste popolazioni non è esatta né per esprimere un particolare concetto etnografico, né per stabilire una distinzione linguistica. Ugualmente inesatta è l'espressione "turco-tatari" che pure ricorre nell'uso recente; sarebbe più giusto parlare di Turchi del Volga o Turchi di Kazan′, Turchi di Crimea ecc., come del resto tendono a fare ora alcuni scrittori panturchisti provenienti da quei paesi. Uno di essi (‛A. Baṭṭāl nel volume Qazan Türkleri, Costantinopoli 1925) afferma recisamente che i Turchi di Kazan′ non si chiamarono mai "Tatari", bensì Türk o Türki, e usano l'appellativo tatar in senso dispregiativo, come risulta da espressioni proverbiali. Comunque va osservato che il vocabolo tatar si è mantenuto nell'uso dei Turchi di Costantinopoli per indicare i Turchi del Volga e della Crimea e tatargiah è chiamata la loro lingua.

Il nome Tataristan (paese dei Tatar, in russo Tatarskaja Respublika) designa ufficialmente dal 1920 la Repubblica Sovietica autonoma dei Tatari (Turchi) di Kazan′.

Le popolazioni di lingua turca stanziate nell'Europa orientale (Nogai, Tatari della Crimea, del Volga e degli Urali, Baschiri, Balcari, Karaciai, Kumiki) e in Siberia (Tatari siberiani) sono un miscuglio di razze e di culture, conseguenza dei continui spostamenti e migrazioni. I rappresentanti più settentrionali dei Tatari nella Russia occidentale sono i Baschiri, Ungri (Magiari) turchizzati residenti negli Urali meridionali tra la Kama e l'Ural, nei distretti di Ufa, Oremburgo, Samara, Perm′ e Vjatka. Nel 1926 ammontavano complessivamente a 1.800.000. Hanno numerosi punti di contatto con i loro vicini Tatari: statura media, carnagione scura talvolta giallastra, capelli e occhi scuri. Tratti accentuatamente mongoli sono tra loro altrettanto rari che presso i loro vicini Tatari; parlano un dialetto turco settentrionale, influenzato nella vocalizzazione dalle lingue ugro-finniche. I Baschiri si dividono in sedentarî e nomadi. In generale non rivelano grande inclinazione all'agricoltura, preferendo allevare cavalli, pecore, bovini e capre; sono noti anche come allevatori di api. Sono inoltre dediti alla caccia e alla pesca. D'inverno occupano casette di legno, generalmente ad un solo ambiente; durante i pascoli estivi abitano in tende rotonde di feltro (tenda dei nomadi) e in capanne quadrate ricoperte di scorza di betulla. Legno e scorza di betulla sono il comune materiale di cui si ricavano utensili e arnesi da lavoro. Il costume è simile a quello tataro: per gli uomini è costituito da una camicia con colletto, lunghi ampî calzoni, corpetto, giacca di lino, di cotone, di panno o di feltro, cintura, pezze per piedi e scarpe di scorza, alti stivali di cuoio senza tacchi, calotte e sopra berretti rotondi con guarnizioni di pelliccia o cappelli di stoffa a forma sferica; vi si aggiungono nell'inverno pellicce di pecora. Le donne portano un lungo camice bianco o rosso, una corta casacca, stivaletti, cintura, corpetto, fazzoletto da testa e ricchi monili. L'alimentazione si compone principalmente dei prodotti dell'allevamento del bestiame (latte, formaggio, carne, pesce, focacce, ecc.), le bevande si compongono di siero del latte, kymis (latte di cavalla fermentato), idromele e succo di betulla. I Baschiri sono maomettani (sunniti), ma sussistono vestigia delle loro precedenti credenze (sacrifici al sole, sciamanismo, fede nella magia e negli spiriti). lmmediati vicini dei Baschiri sono i Tatari del Volga e dell'Ural, stanziati sul corso inferiore della Vjatka, a sud e a nord della Kama, dalla confluenza della Belaja sino al Volga e a occidente e oriente di questo fino alla foce della Samara e lungo il suo corso. Complessivamente superano il milione. Sono probabilmente discendenti delle schiere turche giunte in occidente con Genghiz-khān; sono di razza affine ai Baschiri, non avendo neppure in loro grande importanza l'elemento mongolo. Questi Tatari coltivano segala, frumento, orzo, avena, spelda, miglio, piselli, lenticchie, rape, lino, canapa e varî legumi. Molto ridotto in confronto al passato è l'allevamento del bestiame. La casa d'abitazione, generalmente a due piani, ha a pianterreno il magazzino, al primo piano il reparto uomini e quello donne; nell'arredamento sono palesi le influenze russe. L'abbigliamento è simile a quello dei Baschiri; negli abitanti delle città si rileva l'influenza dell'Asia centrale (Buchara, Chiva). L'alimentazione consta generalmente di una polentina a mattina e a sera, a mezzogiorno focaccia di grano saraceno, tagliolini, gnocchi di farina, talvolta carne e latte acido, formaggio, panna cotta, polenta di frumento, segale e orzo, torrefatti e dolciumi; si beve tè, idromele, birra e grappa. Anche i Tatari del Volga e dell'Ural sono fedeli seguaci dell'islamismo e ne osservano adeguatamente le feste. La vita sociale e religiosa è regolata dalle norme islamiche, ma i Tatari sono generalmente monogami. Sono assimilati ai Tatari dell'Ural anche i Mesceri e i Tepteri, popolazioni di razza mista, più o meno influenzati dai vicini Baschiri, Tatari, Ciuvasci e Russi e alcuni dei quali appartenenti alla chiesa orientale, gli altri sono maomettani. Sulle pendici nordoccidentali del Caucaso e nelle steppe adiacenti vivono i Nogai, il cui numero è di circa 100.000. Vivono dispersi in singoli gruppi e sono stati in parte assorbiti dalle stirpi tatare vicine. Sono specialmente le tribù nomadi di pastori (Karanogai, parte dei Jedisi, Cembuiluk e Jediskul nelle steppe salate fra Terek e Kuma, e i Kunduri o Karaagats seminomadi) che in contrasto con le genti sedentarie del corso superiore del Kuban′ e a occidente del mar d'Azov conservano le più antiche tradizioni di vita: tende ad armatura intrecciata ricoperta di feltro, simili a quelle dei Kirghisi, allevamento di cavalli, pecore, armenti, capre e cammelli, arcaici metodi di mungitura, unione delle famiglie sotto la guida degli anziani, capi delle genti e delle tribù, posizione sottoposta della donna, ecc. Le tribù sedentarie vivono in lunghe case di mattoni d'argilla, a due o tre ambienti; sono dediti all'agricoltura e allevano un po' di bestiame. I gruppi familiari si sono ormai suddivisi in singole famiglie; anche presso di loro si sono affermati influssi stranieri, specie russi. L'abbigliamento differisce solo in determinati particolari da quello tataro, già noto dai Baschiri. Tappeti di feltro confezionati con lana di pecora servono a ricoprire il pavimento e vengono usati anche per la preghiera. Anche i Nogai sono maomettani, probabilmente fino dal sec. XIII; sussistono ancora varie credenze nella magia e negli spiriti, specialmente sensibili in casi di malattia e di morte. Linguisticamente affini ai Nogai sono i Cumucchi, stanziati nel Daghestan nord-orientale, sul Caspio, tra Derbent e il corso inferiore del Terek. Ammontano a circa 1.000.000; sono agricoltori, pastori e pescatori. Le abitazioni sono costruite secondo i metodi turco-tatari; sotto si trovano cucina, magazzini ecc., sopra le stanze degli uomini e delle donne. Accanto agli utensili tataro-persiani si trovano numerosi prodotti russi: samovar, servizî da tè, specchi e stufe di ghisa. Presso i Cumucchi si è conservato fino ad oggi l'ordinamento aristocratico dei nomadi della steppa, simile a quello dei Kirghisi. Fino dal sec. XIII si sono convertiti all'islamismo (sunniti). Nel massiccio dell'Elbruz abitano i Tatari montanari (detti Tanlu o Bolcar, circa 25.000, divisi in varî gruppi), ad ovest risiedono sul corso superiore del Kuban′ i Caraciai (circa 54.000) a loro affini, probabilmente discendenti dei Tatari, unitisi con fuggiaschi dalla Suanetia con Mingrelî, Alchasi e Circassi; le loro lingue sono affini all'osmano; sono maomettani dal sec. XVlII. Nel Caucaso meridionale i Tatari dell'Azerbaigian costituiscono uno stato proprio. Costoro, uno dei più grandi popoli turchi, circa 4 milioni stanziati nella Persia occidentale, in Armenia, Georgia e Azerbaigian, sono i discendenti dei conquistatori turchi avanzatisi in Occidente. Si suddividono in numerose tribù (Kaciari, Sciasevi, Kaskai e Allahverdi, Karokuiunli, Avciari, Kengherlu, ecc.), parte nomadi, parte agricoltori. La penisola di Crimea è abitata dai Tatari di Crimea (circa 179.000), popolazione mista di Tatari, Osmani, Greci e Goti. Elementi estranei per cultura e per razza, particolarmente osmani, risultano evidenti specialmente fra le tribù montanare. I Tatar) di Crimea sono dediti principalmente all'orticoltura e alla frutticoltura; sono maomettani. Finalmente andrebbero ricordate fra le popolazioni turche della Siberia i Tatari Altai, Baraba e Abakan; ai primi appartengono le tribù Oirote dell'Altai, i Minusini o Cacassi, i Tuba (Soioti, Karagassi, ecc.). Nelle steppe Barabine, a sud della foresta e delle paludi occidentali siberiane, tra Russi, Kirghisi e coloni tedeschi, vanno migrando i Tatari Baraba, i quali, sebbene maomettani, conservano come altre stirpi tatare molti usi sciamanisti.

Per la lingua tatara, v. turchi: Lingue.

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