Tecnopolitica

Lessico del XXI Secolo (2013)

tecnopolitica


tecnopolìtica s. f. – Fenomeno che vede le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e in primo luogo l’espansione planetaria di Internet, dare forme inedite alla politica, creando sfere pubbliche distinte da quelle costruite attraverso i canali politici tradizionali e mutando persino la natura delle organizzazioni sociali. Mentre le tecnologie precedenti (microfono, radio, televisione) instauravano una comunicazione verticale, a una sola via, dall’alto verso il basso, esaltando tanto il potere del comunicatore quanto la passività della platea di coloro i quali ricevevano il suo messaggio, con le nuove tecnologie la comunicazione si fa orizzontale, paritaria, può procedere dal basso verso l’alto, può fare a meno dei tradizionali mediatori sociali, espandendo i poteri individuali e collettivi e rivelando potenzialità egualitarie. La natura stessa del sistema politico ne risulta influenzata e si ricorre abitualmente all’espressione democrazia elettronica. L’evento citato come il capostipite del nuovo modo di fare politica in pubblico è il debutto planetario del movimento : la manifestazione contro la WTO (World trade organization) organizzata a Seattle nel 1999. La manifestazione non sarebbe stata possibile senza Internet, senza la costruzione di una rete di contatti che percorreva le strade elettroniche, ma si poté cogliere il senso di quella preparazione, avvenuta nello spazio virtuale, solo quando persone reali si ritrovarono in spazi reali, nelle strade e nelle piazze di quella lontana città degli Stati Uniti, che apparve per un momento come il centro del mondo perché le immagini di quelle giornate raggiungevano ogni angolo della Terra attraverso la ‘vecchia’ televisione. Questa esperienza ci mostra una piazza reale non separata dai luoghi virtuali, manifestazioni che non si esauriscono nello spazio elettronico e sono amplificate, anzi rese ‘reali’, da tutto il sistema delle comunicazioni. Si tratta di un modello che vede l’integrazione di luoghi e mezzi diversi e non la cancellazione dei vecchi media a opera dei nuovi o l’assoluta prevalenza del cyberspazio, ma piuttosto l’emergere di una mixed reality. Sono sperimentazioni che muovono piuttosto dal basso, integrano tecnologie e modalità d’azione differenziate e sollecitano più la partecipazione che il puro fatto della decisione.

La nuova strategia elettronica. – L’esperienza avviata nel 2004 da uno dei candidati democratici alle primarie per la presidenza degli Stati Uniti, l’ex governatore del Vermont Howard Dean, fece emergere una nuova ‘strategia elettronica’, al centro della quale non si colloca semplicemente il sito del candidato, ma compaiono altri strumenti: una web TV, un blog for America animato dal candidato e dai suoi collaboratori, il Dean wireless (una lista di diffusione che opera soprattutto attraverso gli SMS, Short message service). Questi mezzi vengono integrati con siti, liste di indirizzi e-mail e di telefonia cellulare, blog militanti, dando vita a un vero metanetwork, il Meetup. Si dà luogo così a un’interazione continua, con la costruzione progressiva di una piattaforma politica attraverso una molteplicità di contributi provenienti dall’intera platea degli interlocutori, la versione politica dell’open source: non un modello imposto, ma reattivo, che via via si configura secondo le caratteristiche del ‘popolo’ che lo frequenta. Questo modo di organizzare l’azione politica è stato inoltre utilizzato per il finanziamento dei candidati attraverso una miriade di piccole donazioni. Le tecnologie consentono dunque un maggior ascolto delle opinioni dei cittadini, ma possono anche produrre una perdita di autonomia nell’elaborazione politica. La novità profonda, allora, va colta anche nel significato diverso che luoghi tradizionali e tecniche abituali assumono per il fatto di essere collocati in una struttura diversa, orizzontale e non verticale, in una rete di rapporti che dà rilievo a ogni partecipante. Il diffondersi della possibilità di essere ‘ovunque’, e di poterlo fare senza dover seguire indicazioni provenienti dall’alto, mette in discussione l’idea di una politica fatta di spazi chiusi, di luoghi deputati accessibili solo attraverso procedure selettive. L’‘ubiquità’ delle persone modifica i processi sociali, politici, economici, della conoscenza. L’esplosione della blogsfera e successivamente del social networking di Internet 2.0 (YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, ecc.) ha prodotto forme inedite di spazi pubblici che non portano naturalmente impresso il marchio della democrazia, ma sicuramente possono ribaltare gerarchie e liberare da vincoli impropri, con effetti immediati di rafforzamento dell’eguaglianza. Si avviano così processi d’inclusione in una sfera pubblica rinnovata e diversa da quella che conoscevamo, oggi rappresentata da Internet, grande metafora di tutte le potenzialità nascenti, di quel power of us, di quel potere diffuso descritto da tanti studiosi, che proprio per questo deve essere al riparo dal rischio di censure e di impieghi soltanto commerciali, per evitare che le potenzialità civili di Internet vengano progressivamente assimilate a quelle di uno sterminato supermercato a cielo aperto. L’esperienza delle elezioni presidenziali statunitensi del 2008 ha mostrato, insieme, la persistenza di queste dinamiche e il manifestarsi di significative rotture. È cresciuta, fino a raggiungere il 67% del totale, la percentuale delle risorse finanziarie raccolte attraverso la rete, confermando così una tendenza virtuosa che può consentire una riduzione della dipendenza dei candidati dai contributi, non sempre disinteressati, delle grandi imprese. Tuttavia si è registrato un effetto ‘cumulativo’: dopo aver utilizzato i diversi strumenti messi a disposizione dalle innovazioni su Internet, negli ultimi giorni di campagna elettorale Barack Obama ha investito tre milioni di dollari per messaggi trasmessi dalle tradizionali reti televisive. Il modo nuovo in cui si sono combinati i diversi strumenti costituisce la sostanza del cambiamento tecnopolitico.

Democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa. – Alcune dinamiche e proposte mirate a introdurre l’espressione diretta e diffusa della presenza continua dei cittadini si sono già manifestate nei diversi sistemi politici. Nel Trattato di Lisbona (2007) è prevista l’Iniziativa dei cittadini, uno strumento d’intervento diretto popolare sulla vita comunitaria che consente a un milione di cittadini di almeno un quarto degli stati membri di chiedere alla Commissione europea la presentazione di una proposta legislativa (v. Lisbona, Trattato di). Si diffonde il ricorso a elezioni primarie – che hanno l’effetto di anticipare la partecipazione dei cittadini per quanto riguarda la scelta dei rappresentanti e di sottrarre tale potere ai tradizionali mediatori sociali, i partiti in primo luogo –, in alcuni casi effettuando la selezione attraverso la rete Internet, come ha fatto in Italia il Movimento 5 stelle (v. ) in occasione delle elezioni politiche 2013. In Francia si è proposta la creazione di jurys des citoyens, composti da persone estratte a sorte dalle liste elettorali per controllare come gli eletti svolgono il loro mandato. In questo modo il tradizionale rapporto tra eletto ed elettori verrebbe profondamente cambiato, poiché per i parlamentari si configurerebbe una specie di vincolo di mandato. Un’ipotesi ancora più radicale, in quest’ultima direzione, è quella, avanzata negli Stati Uniti, che prevede il diritto dei cittadini a revocare i membri del Congresso (già variamente previsto da 26 stati), ma anche a porre il veto a ogni legge approvata dal Congresso. In alcuni paesi, come per es. l’Estonia, si è cercato di coinvolgere i cittadini nei processi parlamentari attraverso una procedura in sei tappe: invio dell’idea o proposta, commento, editing, voto pro o contro, firma, feedback del governo. Ugualmente in Islanda (v. Islanda: rivoluzione silenziosa), grazie alle nuove tecnologie digitali, i cittadini nel 2012 hanno contribuito alla stesura del testo della nuova Costituzione partecipando online al dibattito dell’assemblea. Tutti questi casi mettono in evidenza modificazioni significative del circuito cittadini/istituzioni. Siamo di fronte a una trasformazione profonda della sfera pubblica e dei suoi rapporti con i processi politici, sì che ogni attività è destinata a essere progressivamente compresa nella dimensione tecnologica, a divenire parte della tecnopolitica. Si possono individuare alcune dinamiche, tra loro non sempre omogenee: a) siamo di fronte all’emergere di un’autocomunicazione di massa, che si caratterizza anche attraverso il coinvolgimento del cittadino comune, tuttavia con il possibile effetto di una partecipazione individuale atomizzata; b) si determinano così anche una frammentazione e una segmentazione della sfera pubblica; c) sono cresciute le possibilità di mobilitazioni politiche istantanee; d) siamo ormai di fronte a una campagna ‘ipermediatica’, che si traduce poi in una campagna elettorale continua; e) cambiano la natura e il ruolo dei soggetti della mediazione politica; f) l’emersione di una realtà costituita dalla blogsfera, dall’insieme delle reti sociali allarga e rafforza la tendenza all’autorappresentazione; g) la cultura delle reti sociali è reinventata ogni giorno. Così cambia il mondo intorno ai parlamenti, costretti a prendere atto che la crisi della rappresentanza è la loro crisi e che l’avversario della democrazia rappresentativa non è la democrazia diretta, ma il populismo con i suoi appelli diretti ai cittadini, con la cancellazione di ogni forma di mediazione, con la trasformazione delle elezioni in investitura, con il rischioso trasferimento della ‘vera’ rappresentatività fuori dai circuiti politici tradizionali.

Osservazioni conclusive. – La campagna di Obama del 2008 mostra non solo che la t. si è in parte liberata dall’ipoteca del marketing politico e che la sua utilizzazione non è riducibile alla capacità di sommare intelligentemente l’uso di massa degli SMS e le molteplici offerte dell’Internet 2.0. Il suo risultato più significativo consiste nell’aver ‘riconciliato’ appunto quelle due sfere pubbliche che sembravano destinate a una radicale divaricazione, a ignorarsi reciprocamente, o addirittura a entrare in conflitto perché portatrici di forme diverse di legittimità: quella della tradizionale democrazia rappresentativa e quella dell’autorappresentazione realizzata nell’articolarsi delle sempre rinnovate reti sociali. Questo non vuol dire che sia stata operata una sorta di ‘normalizzazione’ di queste ultime. Non vi è stato l’assorbimento di una sfera da parte di un’altra, ma neppure il permanere di una situazione descritta come la continua esposizione dei politici al dileggio delle folle ondivaghe. Il risultato effettivo potrebbe piuttosto essere descritto come una reciproca contaminazione, grazie alla quale nessuna delle due sfere pubbliche può oggi ritenersi identica a quella che era prima delle ultime vicende. In generale, può dirsi che si è determinata una convergenza tra i media che ha portato a una redistribuzione di potere e che ha fatto parlare di un ‘rinascimento democratico’. Enfasi a parte, le variegate modalità di intervento diretto dei cittadini non sono tutte riconducibili alle logiche populiste, ma esprimono anche un’autonomia ottenuta grazie alla presenza in luoghi distinti da quelli istituzionali. Partendo dai blog o da YouTube, i cittadini hanno potuto realizzare un modo diverso e diretto di intervenire nella politica, integrandosi con altri mezzi e, comunque, mettendo in discussione il potere dei media tradizionali. Basta ricordare la capacità di YouTube di rendere possibili dibattiti immediati, o anche di costruire campagne elettorali parallele a quelle di un candidato. Per questo diventa importante muoversi costantemente verso la costruzione di una dimensione ‘costituzionale’ di Internet, che va nella direzione esattamente opposta a quella che può imboccare qualsiasi forma di cyberpopulismo. Nell’intrecciarsi degli splendori e delle miserie di Internet, la dimensione della politica, nella sua versione t., esige un esercizio continuo di vigilanza critica, per non restare prigioniera di improvvisi entusiasmi e di cadute altrettanto repentine. Nell’attesa di un Internet bill of rights, che dia alla t. la sua corretta cornice costituzionale, devono essere salvaguardati principi e criteri che ha finora proiettato Internet oltre lo strumentalismo, offrendo buone opportunità a una t. non obbligata a farsi marketing o puro strumento di controllo sociale.