Terapia cognitivo-comportamentale

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

terapia cognitivo-comportamentale


Insieme di modelli di intervento clinico per la cura dei disturbi emotivi e comportamentali, derivati dagli studi pionieristici di Aaron T. Beck, Albert Ellis e Donald Meichenbaum svolti tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Secondo questo approccio, che prende spunto dallo stoicismo di Epitteto (I sec. d.C.), non sono i fatti in sé a creare turbamento emotivo bensì la rappresentazione mentale che l’individuo se ne fa. In altre parole, le reazioni emotive e comportamentali di depressione, come l’umore triste, la perdita di interessi e il ritiro sociale sono la conseguenza diretta di un distorto modo di pensare la realtà. Applicata inizialmente alla cura della depressione unipolare e dei disturbi d’ansia (soprattutto fobie specifiche e attacchi di panico), questa terapia si basa sull’esercizio programmato e intenzionale di due fattori terapeutici: (a) la ristrutturazione cognitiva delle idee irrazionali e distorte sul sé, sul mondo e sugli altri che il paziente si è costruito nel corso di numerose esperienze di apprendimento; (b) gli esercizi comportamentali di esposizione e padronanza delle proprie paure (i quali, a loro volta, consentono una più efficace ristrutturazione cognitiva). Così, per es., il paziente depresso che pensa costantemente di essere privo di valore per il fatto di essere stato lasciato dal coniuge, viene incoraggiato a discutere razionalmente le prove a favore o contro questa idea (che non è mai considerata totalmente aderente alla realtà dei fatti), e a scovare le distorsioni sistematiche del pensiero che producono l’idea stessa. Tra gli esempi di tali distorsioni è possibile annoverare l’attenzione selettiva alla fine del rapporto coniugale, a scapito di altre esperienze esistenziali di successo, come unica e sola dimostrazione della propria autostima e amabilità; oppure l’ingigantire oltre misura le conseguenze negative previste in seguito alla separazione, minimizzando l’importanza di qualunque altro evento positivo. Contemporaneamente, il paziente depresso viene incoraggiato a svolgere gradualmente compiti comportamentali sempre più complessi e gratificanti, per smentire l’idea depressiva di essere senza valore e totalmente impotente nel modificare la realtà. (*)

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