TERME

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi TERME dell'anno: 1966 - 1997

TERME (v. vol. VII, p. 715)

H. Manderscheid

Lo studio delle t. antiche è stato a lungo caratterizzato da una prospettiva quasi esclusivamente architettonica; successivamente, l'interesse per questo importante tipo di architettura civile ha favorito anche l'analisi di altri aspetti, quali le tecniche idrauliche e di riscaldamento, l'apparato decorativo e il contesto sociale. È inoltre cresciuto negli ultimi anni il numero delle monografie dedicate a singoli impianti termali. Le numerose testimonianze monumentali conservatesi, risalenti all'epoca romana, attestano l'importanza che le t. assumono nella vita sociale in questa fase storica, in special modo nell'età imperiale.

Nella tipologia architettonica delle t. si manifesta un'ampia gamma di variazioni: il semplice bagno domestico; quelle di un castello del limes; l'impianto relativamente modesto di un vicus o del quartiere di una grande città o di un santuario; le t., spesso di tenore più elevato, per dimensioni e decorazione, di una villa privata o imperiale; i complessi monumentali nelle provincie o nella capitale. L'elaborazione dello schema di base articolato in apodyterium, frigidarium (tepidarium), calidarium, cui sono di frequente aggiunti altri ambienti con funzioni non sempre evidenti, si chiarisce, nel caso delle t. pubbliche, sulla base del loro impiego. Fattori determinanti sono le dimensioni degli ambienti e gli arredi, nonché la relativa struttura degli impianti idrici e di riscaldamento; in certi casi, lo spazio disponibile per l'edificio termale poteva comportare delle limitazioni. L'organizzazione di ciascun impianto termale dipendeva dalle capacità dell'architetto e, in misura non inferiore, dalle esigenze e dalle possibilità economiche del committente (o donatore). La presenza e le dimensioni degli elementi accessori, cioè non direttamente connessi all'attività termale, quali il thermopolium, la «palestra», i giochi d'acqua e altri ancora, sono da porre in relazione con il gusto e i mezzi finanziari del proprietario. Lo stesso dicasi per le decorazioni, spesso molto dispendiose (decorazioni architettoniche, sculture, pitture parietali, mosaici, stucchi). Per le t. private, soprattutto nelle ville, l'impostazione generale era di solito determinata dalle ambizioni del proprietario, più che dalle necessità vere e proprie.

Indipendentemente dalla loro tipologia, le t. si possono distinguere anche per la loro funzione: l'attuale classificazione in t. pubbliche, private e militari si basa sul tipo di impiego, piuttosto che sul tipo di proprietà giuridica. Agli impianti pubblici appartengono le t. d'uso comunitario delle città o di altri insediamenti con caratteristiche urbane, indipendentemente dalle loro dimensioni e dall'allestimento. Le t. di un vicus pertanto potevano essere di dimensioni molto inferiori a quelle di una villa. Le difficoltà insite nella definizione del bagno pubblico sono rappresentate in modo esemplare dai bagni di Iulia Felix a Pompei. Alla categoria degli impianti pubblici appartengono anche i bagni termali, per i quali in nessun caso è stato finora possibile accertare un impiego esclusivamente privato. Anche le strutture termali annesse ai santuarî (p.es. Olimpia; Hochscheid) o a mansiones (p.es. Vacanas/Baccano) erano destinati all'uso da parte dei visitatori, così come di carattere pubblico erano gli impianti di quartiere (insula), anche se potevano soltanto rispondere ai bisogni di una parte limitata della città; non è da escludere che l'ingresso fosse consentito anche ad altri utenti. È questo il caso delle T. di Sarno a Pompei.

Accanto all'ingresso vi era da una parte una panca per coloro che aspettavano, dall'altra un'apertura che collegava la strada al thermopolium. Questo era quindi accessibile sia dalla strada sia dalla terma, e perciò è molto probabile che il gestore svolgesse anche il ruolo di cassiere. Le t. costruite da corporazioni (p.es. le T. dei Cisiarî a Ostia) occupano una posizione intermedia tra il bagno pubblico e quello privato: i principali utenti erano senz'altro i membri della corporazione, tuttavia non è da escludere che l'accesso fosse consentito, a pagamento, anche agli abitanti della zona. Gli impianti privati sono quelli destinati all'uso esclusivo del proprietario, della sua famiglia e dei loro ospiti; oltre ai bagni delle dimore urbane, in genere di spazio molto limitato, appartengono a questa categoria le strutture nelle ville, p.es. anche in quelle imperiali. A esemplificare l'imponenza delle dimensioni e la sontuosità dell'arredo e delle decorazioni di tali impianti possiamo citare la villa presso Piazza Armerina e, soprattutto, Villa Adriana a Tivoli, dotata di almeno quattro t., ma le diverse ipotesi finora avanzate non hanno chiarito definitivamente a quali utenti (l'imperatore, la famiglia, gli ospiti, la corte) fossero destinate.

Le t. come impianti pubblici entrarono a far parte della vita quotidiana al più tardi negli ultimi decenni dell'epoca repubblicana. Ciò è dimostrato anche dalle t. nate assai presto nelle provincie, come, p.es. il c.d. Griechisches Hypokaustenbad a Olympia, situato nelle immediate vicinanze delle T. del Kladeos. La pubblicazione dello scavo degli anni '40 aveva contribuito in modo decisivo a consolidare la vecchia ipotesi che riportava nell'ambito della sfera culturale greca le origini delle t. romane, anche relativamente all'invenzione del riscaldamento a ipocausto (e della testudo). Soltanto recentemente si è riusciti, attraverso un esame critico di questa ipotesi e una scrupolosa indagine dell'architettura dell'edificio, a fissarne la datazione a dopo il 40 a.C.; in conseguenza di ciò queste t. sono da interpretarsi definitivamente come espressione di un'architettura prettamente romana e quindi come un primo esempio dell'«esportazione» di architettura termale nelle provincie. Alla luce di ciò si deve quindi considerare con particolare attenzione la tesi secondo la quale le origini delle t. romane siano da ricercare nell'Italia stessa, e più precisamente nella Campania.

Il bagno «convenzionale» ha subito un'evoluzione nell'ambito di una tipologia che è rimasta costante sino alla fine dell'impero, pur presentando numerose varianti. In essa non è da annoverare la categoria particolare delle t. curative, la cui importanza è testimoniata dal numero di strutture conservatesi e dalle fonti coeve. Nonostante lo sfruttamento di sorgenti curative o presunte tali risalga a epoca antica, solo presso i Romani il bagno termale si sviluppò come tipologia autonoma. In un primo tempo, per utilizzare acque termali era sufficiente la realizzazione di una vasca senza ulteriori impianti aggiunti, ma successivamente in numerose località (p.es. Aquae Flavianae, Badenweiler, Hammām el-Ust, T. Taurine) si svilupparono complessi architettonici costituiti da edifici con funzioni specifiche, dotati oltre che di numerose piscine, anche di vasche individuali per cure particolari, di ambienti destinati al riposo o a trattamenti specifici, di impianti sanitari, di sale per il culto, ma anche di un bagno «convenzionale». In assenza di indizi significativi, è difficile, se non del tutto impossibile, chiarire la funzione degli ambienti non destinati all'attività termale. Le piscine dei bagni curativi erano più ampie di quelle nelle t. «convenzionali» e spesso, fatta eccezione per un passaggio sufficientemente largo tutt'intorno, occupavano l'intera superficie dell'ambiente che le ospitava in modo che a ciascun ospite fosse assicurato un comodo bagno. Questo tipo di piscina poté svilupparsi grazie al fatto che la temperatura dell'acqua della maggioranza delle sorgenti termali rendeva superfluo il riscaldamento anche degli ambienti; inoltre, l'abbondanza del flusso della sorgente spesso consentiva un ricambio continuo dell'acqua nelle vasche, non di rado collegate tra loro. Oltre alle piscine di acque curative, molti bagni termali erano dotati di un settore «convenzionale», affinché il paziente non dovesse rinunciare all'insieme di servizi cui era abituato (p.es. Bath, Badenweiler, T. Taurine). Essendo solitamente situate al di fuori dell'area urbana, le t. curative necessitavano certamente di strutture atte a rendere possibile il soggiorno e l'assistenza del cliente per diversi giorni, ma non si hanno testimonianze del tutto certe su tale aspetto (cfr. però le T. Taurine; Wiesbaden).

Gran parte delle strutture sopra menzionate, inclusi gli impianti tecnici, sono stati riportati alla luce nelle T. Taurine di Civitavecchia. Il complesso non ê stato ancora esaminato a fondo, ma si è accertata la presenza di circa 100 ambienti; la planimetria evidenzia una netta separazione tra un settore settentrionale, con ambienti destinati ai bagni veri e propri, e un settore meridionale, comprendente un gran numero di vani con orientamento diverso. Anche il nucleo di ambienti per i bagni non è omogeneo: a uno più antico (ambienti 1-24), di età repubblicana, furono aggiunti in età adrianea la grande piscina (25) e alcuni locali (26-47). Una parte di quelli del settore S (49-60) potrebbe risalire al primo periodo costruttivo, ma la maggior parte di essi sembra sia da attribuire all'ampliamento di epoca successiva. Alla fase più antica appartengono una grande piscina (11), che occupa quasi l'intera superficie dell'ambiente, risparmiando solamente un passaggio perimetrale, e altre due vasche (10, 12). Non è facile stabilire la destinazione degli altri locali, tuttavia v'è da supporre che fossero destinati, almeno in parte, al riposo e alle cure. La costruzione aggiunta in età adrianea includeva la piscina 25, anch'essa vasta quasi quanto l'intera sala, gli ambienti 26-47, situati più a S, quasi tutti facenti parte di un impianto autonomo, il bagno «convenzionale», comprendente anche una Natatio scoperta. La costruzione, che si erge a E del complesso (48), ospita un serbatoio per acqua fresca condotta qui appositamente, come era d'uso nei bagni termali, per alimentare le vasche del settore «convenzionale», ma usata anche per la preparazione dei pasti e per bere. Nella parte S del complesso (ambienti 49-60), oltre alla sala 50, tradizionalmente interpretata come biblioteca, risaltano in modo particolare i gruppi di ambienti 52, 58 e 59, piccoli vani che potrebbero essere identificati come le camere di soggiorno dei clienti, qualora il complesso sia da considerare come «casa di cura»; tuttavia, data l'assenza di approfondimenti in tal senso, quest'ipotesi non ha ancora sufficiente fondamento. Nonostante le riserve imposte dallo stato attuale della ricerca, le T. Taurine, in ragione della loro relativa completezza, rappresentano un esempio particolarmente significativo della complessità di un impianto di t. curative pienamente sviluppato nelle sue varie strutture, che si differenzia notevolmente nella concezione, dalle semplici vasche delle più antiche t. connesse a sorgenti calde terapeutiche.

Per il funzionamento delle t. era indispensabile il regolare rifornimento idrico, e quindi l'approvvigionamento di acqua corrente là dove era disponibile a sufficienza e poteva essere più facilmente convogliata. I risultati delle ricerche archeologiche trovano conferma nelle fonti scritte. In un primo tempo ci si contentava dell'acqua disponibile sul posto (falda freatica, sorgenti e acqua piovana). La presenza di sorgenti nelle immediate vicinanze era però rara, e ciò imponeva un utilizzo piuttosto parsimonioso di acqua. Inoltre, nel caso di approvvigionamento dell'acqua dal sottosuolo, le operazioni necessarie per portarla al livello degli ambienti, e comunque in quantità limitata, erano faticose.

Una svolta decisiva nel metodo d'approvvigionamento, anche dal punto di vista quantitativo, fu segnata dalla costruzione degli acquedotti e dal collegamento degli impianti termali alla rete cittadina di distribuzione idrica. Il primo edificio monumentale di uso termale nell'Urbe furono le T. di Agrippa; è significativo che il fondatore facesse costruire un acquedotto principalmente, se non esclusivamente, per il fabbisogno idrico di questo impianto. Anche la realizzazione di acquedotti per il rifornimento delle città dell'Italia iniziò) in epoca augustea e, poco più tardi, anche nelle provincie. Ciò ebbe conseguenze determinanti per le strutture termali, e cioè un approvvigionamento notevolmente semplificato e costante di volumina d'acqua di gran lunga superiori a quelli ottenibili dal sottosuolo o addirittura tramite la raccolta dell'acqua piovana. Tale progresso divenne una delle premesse fondamentali per la monumentalizzazione degli impianti, ossia delle piscine per acqua calda e fredda come pure delle nata- tiones, sviluppo che continuò di pari passo con l'accrescimento delle dimensioni degli ambienti, quindi degli edifici. La costruzione delle T. di Antonino a Cartagine, p.es., fu resa possibile solo grazie alla realizzazione dell'acquedotto. Lo stesso dicasi per altre t. il cui approvvigionamento, per il gran numero dei servizi e dei volumina di acqua necessari, poteva essere garantito solo da un acquedotto, soprattutto se in zone povere d'acqua (p.es. le T. Adrianee di Leptis Magna). In tali zone, tuttavia, non cessarono di essere praticati anche i metodi più antichi come la raccolta dell'acqua piovana e lo sfruttamento della falda freatica.

I principali luoghi di destinazione dell'acqua erano senz'altro le vasche. Se per i servizi dei frigidaria era sufficiente l'adduzione diretta di acqua dal sistema di rifornimento delle t., l'acqua destinata al tepidarium e al calidarium doveva essere riscaldata. L'evoluzione dei sistemi di riscaldamento dell'acqua riveste un'importanza pari a quella delle tecniche di riscaldamento degli ambienti. Il sistema è stato descritto da Vitruvio (V, 10,1) e successivamente, con differenze significative, da Cetio Faventino (De diversis fabricis architectonicae, 16) e da Palladio (Opus agriculturae, I, 39). Al più tardi intorno agli inizi della nostra era esso si può considerare completamente perfezionato e come tale resterà in uso fino alla tarda antichità, variando a seconda dei casi solo nelle dimensioni. Le fonti scritte e i rinvenimenti archeologici restituiscono un quadro sufficientemente completo, tanto da autorizzare una ricostruzione verosimile, tenendo conto del fatto che il sistema a tre contenitori, cui fa riferimento Vitruvio, fu impiegato, semmai, soltanto di rado. La maggior parte degli impianti termali era dotata, difatti, di una sola caldaia per ogni servizio. Una fistula convogliava l'acqua dal serbatoio intermedio (in muratura o piombo) alla caldaia, costituita da un fondo in bronzo e dalla caldaia vera e propria in piastre di piombo. Come il contenitore intermedio, anche la caldaia era provvista di un dispositivo di scarico (anche per la pulizia), posto all'altezza del fondo o poco più sopra. La caldaia era dotata di un coperchio asportabile ed era accessibile dall'alto tramite una scala per controlli e per la pulitura. Una fistula collegava la caldaia alla vasca da bagno del calidarium, e in alcuni casi ve n'era un'altra che portava l'acqua ad altri servizi (labrum o, forse, la vasca del tepidarium che non era mai dotata, a quanto sembra, di una propria caldaia). Nel tratto fra la caldaia e i diversi servizi, era collegata alle fistule una conduttura di acqua fresca proveniente dal serbatoio intermedio. Nei punti di collegamento erano applicati alcuni rubinetti che consentivano di miscelare l'acqua proveniente dalla caldaia con l'acqua fredda fino al raggiungimento di una temperatura adeguata a quella corporea. Elemento integrante del sistema di riscaldamento dell'acqua era inoltre la testudo, cioè un contenitore in bronzo di forma semicilindrica aperto sul lato della piscina e destinato a regolarizzare la temperatura dell'acqua durante il funzionamento del bagno. La piscina riceveva calore supplementare dal sistema di riscaldamento a ipocausto, di elevata efficacia per il fatto che il focolare era sempre collocato sul lato dell'ambiente dove era situata la vasca. Se il calidarium aveva più di una piscina, di regola ciascuna di esse era dotata di un focolare. Caldaia e testudo avevano capacità adeguata al volume delle rispettive vasche di modo che anche nel caso di piscine particolarmente ampie il riscaldamento dell'acqua funzionasse in maniera efficace (p.es. Roma, T. di Caracalla).

Da questo standard si discostano tuttavia alcune t., con i loro impianti particolari, che per gli elevati costi di costruzione, allestimento decorativo e gestione si possono considerare impianti di lusso: le c.d. piscinae calidae, paragonabili, per dimensioni, alle natationes, situate però in ambienti chiusi. Queste sono attestate in impianti termali sia privati sia pubblici (p.es. Italica, Baños de la Reina Mora; Sabaudia, Villa di Domiziano; Treviri, Barbarathermen; Velia, T. del Vignale). Variante ancor più lussuosa era la piscina calida con il «samovar», ossia un contenitore metallico aperto in alto e inserito nel pavimento al centro della vasca, al di sotto del quale ardeva un fuoco. La differenza tra i due sistemi nel grado di riscaldamento dell'acqua è evidente. Data l'elevata spesa di costruzione e di gestione per il «samovar», non stupisce la rarità dell'adozione di questo sistema, attestato tuttavia in t. sia private che pubbliche (p.es. Ercolano, T. Suburbane; Ostia, T. Marittime; Stabiae, Villa di S. Marco). La spiegazione tecnica per il riscaldamento dal centro della vasca risiede probabilmente nel fatto che una testudo non poteva essere più sufficiente a partire da un determinato volume d'acqua contenuto in una piscina. La spesa connessa con questo sistema era tuttavia notevole (corridoio di servizio fino a sotto la parte centrale della piscina, cioè fino al bordo del «samovar», fondamenta, contenitore in bronzo e supporto in ferro del «samovar»); altrettanto dispendioso era il combustibile necessario, in quantità maggiore rispetto alla piscina calida «semplice».

In tutti i casi in cui l'adduzione d'acqua alle t. era regolata da un acquedotto che garantiva il rifornimento di una quantità di acqua, superiore a quella necessaria per il ricambio giornaliero delle vasche, si faceva ricorso all'acqua corrente per lo meno negli impianti ad acqua fredda, quali, p.es., vasche di frigidarium, natationes, labra e fontane di acqua potabile. La costruzione di acquedotti aveva quindi migliorato notevolmente le condizioni igieniche (cfr., in generale e non soltanto in relazione alle t.. Frontin., Aq., LXXXVIII; CXI); a tal proposito è degno di nota anche il reimpiego delle acque di scarico soprattutto per la pulitura delle latrine. A causa dell'elevato costo e del tempo richiesto per il suo riscaldamento, l'acqua delle piscine dei calidaria (e dei tepidario) veniva cambiata probabilmente una sola volta al giorno. La quantità, già ragguardevole, d'acqua corrente necessaria per un bagno relativamente semplice e di dimensioni normali aumentava nel caso vi fossero impianti supplementari, soprattutto giochi d'acqua, che potevano essere collocati nel contesto di piscine (p.es. Munigua; le T. Suburbane di Pompei; le T. di Caracalla) o assolvere una funzione puramente decorativa (p.es. le T. di Traiano a Roma, le T. Suburbane di Ercolano).

In tutte le sue componenti - architettura, impianti tecnici, arredi e decorazione - il tipo delle «terme» romane è il risultato di una lunga evoluzione. Probabilmente al più tardi in età flavia raggiunse uno standard che non necessitava di ulteriori perfezionamenti e rispetto al quale gli impianti delle epoche successive varieranno soltanto per dimensioni, necessarie o desiderate dal committente, e per l'inventiva degli architetti. Nelle t. pubbliche delle provincie, dove la tipologia si diffuse assai presto, si esprime il potere del sistema imperiale e il tenore di vita dei cittadini romani. Quest'ultimo si rivela anche nelle t. fuori delle città, sia in Italia sia nelle provincie, come testimoniano le iscrizioni con la formula more urbico (p.es., CIL, xiv, 4015). Lo schema costruttivo delle t., che si manifesta in complessi relativamente tardi ma ben conservati, quali, p.es., le T. di Caracalla a Roma, o le T. Adrianee a Leptis Magna, sarebbe impensabile senza gli importanti progressi tecnici conseguiti nei campi dell'edilizia, del riscaldamento e della tecnica idraulica, e rispettivamente: l'opus caementicium, che consentiva la costruzione di ambienti monumentali e delle rispettive coperture; il sistema a ipocausto, che ben si adeguava alle accresciute dimensioni degli ambienti ed era capace di riscaldare efficacemente sale monumentali; il rifornimento idrico delle città tramite acquedotti, che sono alla base di un approvvigionamento sicuro e regolare delle terme. Soltanto su questo sfondo, e con l'ausilio di ulteriori invenzioni e sviluppi, è possibile comprendere l'evoluzione delle t. romane che, partendo da un impianto destinato in origine esclusivamente all'igiene del corpo, e quindi caratterizzato da un allestimento architettonico e tecnico modesto, arriva fino ai complessi multifunzionali.

L'importanza delle t. nella vita sociale in epoca imperiale non va sottovalutata. Nonostante le voci avverse (in special modo, Sen., Ep., LXXXVI, 7), le fonti dimostrano che questa istituzione era considerata dai contemporanei assai positiva (cfr., a proposito delle acque, Plin., Nat. hist., xxxvi, 123, e, per le t., Mart., VII, 34). La maggior parte delle innovazioni tecniche più significative non fu realizzata espressamente per gli impianti termali, ma fu la loro applicazione in questa tipologia architettonica a portare allo sviluppo sopra descritto, fino alle costruzioni monumentali del tipo c.d. imperiale, con un tipo di architettura molto evoluta e con il relativo allestimento tecnico e decorativo. La standardizzazione delle tecniche costruttive, di riscaldamento e idrauliche non va tuttavia intesa come monotona uniformità, né dell'architettura né dell'arredo tecnico e dell'apparato decorativo. Già a un'analisi superficiale delle planimetrie delle t. si rivela una grande varietà nella realizzazione sia degli impianti nel loro insieme, sia dei singoli ambienti. Gli arredi e, soprattutto, le strutture tecniche sono in stretto rapporto con la progettazione dell'intero complesso e con quello dei singoli vani. L'approvvigionamento e la distribuzione interna dell'acqua alle piscine e agli altri servizi, il riscaldamento degli ambienti per bagni caldi, la disposizione dei corridoi di servizio e dei praefurnia, l'ubicazione delle caldaie e dei canali di scarico: tutti questi elementi dovevano essere considerati in fase di progettazione e durante la costruzione fin nei minimi dettagli, fino all'ornamentazione degli sbocchi da cui l'acqua entrava nelle vasche da bagno e di altri apparati. In questo contesto, l'approvvigionamento idrico assume particolare importanza: una spesa aggiuntiva notevole, eventualmente da preventivare nel caso dei grandi impianti termali, che necessitavano di una più elevata quantità d'acqua, era la costruzione di un'ulteriore ramificazione da uno degli acquedotti cittadini.

Dalle fonti, soprattutto dalle testimonianze epigrafiche, risulta che, grazie all'evergetismo, molti edifici termali furono donati da privati e anche da imperatori. T. così come altre strutture (p.es. acquedotti) costruite grazie a donazioni imperiali costituivano un'architettura di rappresentanza con funzione propagandistica. Ciò trova una significativa esemplificazione nell'iscrizione monumentale delle T. di Diocleziano a Roma (CIL, VI, 1130.31242). La formula «omni cultu perfectas», ricorrente nelle iscrizioni di t. frutto di donazioni, rivela l'intenzione del committente di donare una struttura funzionale con tutto quel che comportava, ossia, oltre alle decorazioni, gli impianti di riscaldamento e idraulici, indispensabili al funzionamento dei bagni; ma questi dettagli, come è comprensibile, venivano solo di rado menzionati nelle iscrizioni.

Gli edifici termali riportati alla luce dimostrano che architettura, tecnica e decorazione si combinavano in un insieme armonico. A ciò contribuivano anche la separazione del settore dei bagni da quello destinato ai servizi, come pure l'abilità nel celare alla vista gli impianti tecnici e le loro funzioni o a dissimularli con decorazioni. Al di là dello schema tipologico definitosi nel tempo, le t. rinvenute denotano ciascuna una propria ed evidente individualità. Aspetti peculiari presentano inoltre quelle t. dotate di impianti particolari, con le quali il committente intendeva offrire qualcosa di speciale agli ospiti della struttura.

Già le t. di età imperiale di medio livello si distinguono dal tipo cui fa riferimento Seneca (Ep., lxxxvi, 7) la cui funzione era limitata alla sola pulizia del corpo; assai più evidente è la multifunzionalità delle t. con una fruizione di massa, di tipo c.d. imperiale, soprattutto nella capitale. Non è possibile accertare la destinazione di molti ambienti, nonostante i numerosi tentativi di attribuire loro denominazioni tramandate dalla letteratura o dalle fonti epigrafiche (p.es. destrictarium, unctorium, sphaeristerium). Tuttavia, quanto è emerso dall'indagine archeologica è sufficiente a evidenziare una complessità di funzioni che va molto al di là degli scopi del mero bagno; si crea quasi «una città nella città» con sale da bagno, ambienti, portici, cortili e giardini. L'esistenza di altri impianti può essere dedotta, come nel caso di termopolî e forni; una conferma della presenza di questi ultimi è offerta dal mulino ad acqua delle T. di Caracalla, recentemente riconosciuto come coevo alle terme stesse. Tali strutture erano legate al fatto che la permanenza nelle t. poteva protrarsi, in età imperiale, per diverse ore. Da ciò derivava, tra l'altro, anche l'esigenza di acqua potabile e di latrine.

Le biblioteche nelle T. di Traiano e nelle T. di Cara- calla, insieme ai riferimenti letterari su altre attività culturali, hanno portato a interpretare le t. come «istituzioni culturali»; ma ciò non autorizza a considerare elevato il grado di istruzione del visitatore medio, per il quale le t. costituivano più che altro un'occasione per impiegare in modo piacevole e poco impegnativo il tempo libero (cfr. Sen., Ep., lvi, 1-3). Non sarà errato pertanto ammettere che era nell'intenzione dei donatori, in modo particolare di quelli di impianti termali con una fruizione di massa, di offrire edifici la cui funzione sociale si avvicinava al concetto del «panem et circenses».

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