Testi espositivi

Enciclopedia dell'Italiano (2011)

testi espositivi

Anna-Maria De Cesare

I testi espositivi: funzioni, destinatari e generi

I testi espositivi sono un tipo di testo (➔ testo, tipi di) la cui funzione principale consiste nel trasmettere un sapere. Per questa funzione, essi vengono anche chiamati testi informativi (Combettes & Tomassone 1988). La funzione espositiva dei testi in esame è spesso associata a una funzione più specifica, quella esplicativa, che consiste nello spiegare il sapere trasmesso, rispondendo a una o più domande implicite o esplicite. Si parla perciò anche di testi espositivo-esplicativi (Ferrari & Zampese 2000) o semplicemente di testi esplicativi (Jahr 2000).

Ecco un esempio di testo espositivo-esplicativo scritto:

(1) Traslazioni e rotazioni

Due sono i moti ai quali può essere soggetto un corpo rigido esteso: le traslazioni e le rotazioni.

Il moto è traslatorio se tutti i punti del corpo hanno in uno stesso istante la stessa velocità.

Supponiamo che in un certo istante il corpo occupi la posizione P e consideriamo alcuni suoi punti, per esempio A, B, C (fig. 87). Il moto è traslatorio se, qualunque istante successivo si consideri, gli spostamenti subiti dai punti risultano paralleli, concordi e di uguale valore (da un manuale di studio di fisica per il liceo, in Sabatini 1985: 648-649)

Gli esempi (2) e (3) sono tratti da uno stesso testo espositivo-esplicativo orale, una lezione universitaria di storia della letteratura italiana. Nel primo, il docente apre la lezione con una domanda, chi è Ercole?, formulando così in modo chiaro il tema sul quale intende trasmettere delle informazioni, e dunque l’obiettivo comunicativo principale del suo discorso. Alla domanda di apertura segue una lunga spiegazione sul personaggio storico di Ercole d’Este:

(2) Professore: chi è / Ercole? Ercole / è uno dei due fratelli / che erano stati mandati / appunto / in più o meno / esilio a Napoli [segue digressione sul fratello Borso] (adattato da Corpus di italiano parlato, a cura di E. Cresti, Firenze, Accademia della Crusca, 2000, 2 voll.)

Poco dopo, il professore spiega invece chi è Eleonora d’Aragona, rispondendo a una domanda che gli studenti potrebbero porsi spontaneamente a quel punto della lezione:

(3) Ercole / rimane molto legato / a Napoli / e non a caso / sposerà / Eleonora d’Aragona // cioè / appunto / una principessa / aragonese / che viene a lui / da Napoli // (adattato da Corpus di italiano parlato, cit.)

Il testo espositivo si definisce anche per il destinatario al quale è rivolto, in particolare per il grado di conoscenze di cui egli dispone rispetto all’emittente del testo. Generalmente, infatti, c’è un’asimmetria tra chi emette e tra chi riceve un testo espositivo-esplicativo: chi parla/scrive ne sa di più di chi ascolta/legge. Rispetto agli altri tipi di testo – per es., a quello narrativo e a quello descrittivo (➔ testi descrittivi; ➔ testi narrativi) – il testo espositivo tende ad avere un destinatario mirato, che coincide con un gruppo di persone a cui manca un bagaglio conoscitivo specifico (della fisica, della matematica, della medicina, della linguistica, ecc.). Il destinatario del testo espositivo può essere caratterizzato globalmente come poco esperto o semi-esperto (meno tipicamente come esperto). A seconda delle conoscenze – terminologiche e concettuali – pregresse del destinatario sul tema trattato, il testo sarà più o meno ricco di contenuti e più meno complesso ed esplicito nella spiegazione dei dati (Christen 2001). Si pensi, per es., alla differenza che c’è tra i contenuti e la lingua dei manuali per la scuola media, per le scuole superiori oppure per l’università.

Se il testo espositivo mira a colmare lacune linguistiche e/o concettuali del destinatario, ciò non significa tuttavia che tutte le informazioni trasmesse in questi testi siano sconosciute. Le informazioni che sono proposte in questi testi possono essere dati noti (➔ dato/nuovo, struttura) al destinatario, ma che per la loro complessità oppure per il loro carattere originale hanno bisogno di una spiegazione. Ad es., il seguente brano, tratto da un manuale di botanica, contiene un’informazione sicuramente nota alla maggior parte dei lettori, cioè che le piante hanno bisogno di nutrirsi per vivere e crescere:

(4) Come tutti gli organismi viventi, le piante hanno bisogno di nutrirsi per avere a disposizione l’energia per vivere, per crescere, ecc. Come fanno le piante a nutrirsi? (Ferrari & Zampese 2000: 465)

La classe dei testi espositivo-esplicativi, caratterizzati come s’è detto dalla duplice funzione di esporre e di spiegare un sapere, è molto ampia. Si tratta del tipo di testo più frequente nella nostra vita quotidiana, in particolare è quello più praticato a scuola (cfr. i manuali di studio, le lezioni degli insegnanti, le relazioni orali degli allievi e studenti e i loro lavori scritti).

La classe dei testi espositivi è anche eterogenea. Essa raggruppa testi sia orali, generalmente di tipo monologico (come in 2 e 3), sia scritti (in 1). Tra i primi, si contano, per es., le relazioni in classe degli studenti, gli esami orali, le lezioni di un insegnante e le conferenze tenute in occasione di convegni. Tra i secondi, molto numerosi, sono da contare gli articoli scientifici (di divulgazione, ma non solo), i manuali (per le scuole medie, le scuole superiori e per l’università), le voci dei dizionari e delle enciclopedie, i verbali di riunioni, molti articoli giornalistici, gli appunti che gli studenti prendono durante la lezione; si possono considerare testi espositivi anche le guide turistiche, gli inviti, gli avvisi e gli annunci, alcuni elenchi di dati e tabelle, come l’orario dei treni o la lista delle persone nate in Italia in un determinato anno.

A seconda del loro grado di elaborazione, in particolare del numero di frasi di cui si compongono, della complessità sintattica di queste frasi e dal grado di esplicitezza delle informazioni trasmesse, i testi espositivi possono essere distinti in due categorie (Werlich 1975): la prima è costituita dai testi espositivi analitici, che presentano cioè delle conoscenze in modo esteso; tra questi, vi sono, per es., gli articoli scientifici, le definizioni delle enciclopedie e le lezioni in ambito scolastico e universitario; la seconda raggruppa i testi espositivi sintetici, che si limitano a proporre delle informazioni in modo schematico; esempi di generi espositivi sintetici sono i riassunti, gli appunti presi in classe, gli avvisi, gli annunci e i messaggi lasciati sulle segreterie telefoniche.

Le sequenze espositivo-esplicative

I testi di una certa lunghezza (composti da più capoversi) sono costituiti da ‘momenti’ diversi, ognuno dei quali provvisto di una funzione dominante, che può essere identica o diversa da quella delle altre parti del testo. Così, tra i testi globalmente definiti espositivi, è possibile riconoscere sequenze non solo espositivo-esplicative, ma anche narrative, descrittive, argomentative e/o prescrittive (➔ testi argomentativi; ➔ testi prescrittivi). L’eterogeneità tipologica che caratterizza ogni discorso vale in modo particolare per il tipo di testo di cui ci si occupa qui.

Prendiamo il caso di un manuale di fisica. Per la sua funzione generale, di testo che mira a trasmettere delle conoscenze di un ambito scientifico circoscritto, esso va assegnato alla macro-categoria dei testi espositivi. Al suo interno, vi saranno però caratteristicamente anche brani narrativi che descriveranno, per es., la vita di uno scienziato a cui si deve una data scoperta, parti descrittive in cui si elencano le proprietà di un oggetto, parti argomentative, tipicamente nella conclusione, in cui si cercherà di convincere chi legge della validità dei metodi impiegati e dei risultati ottenuti; lo stesso manuale scolastico potrà inoltre contenere anche dei momenti prescrittivi, nei quali spiegherà, per es., agli utenti quali tappe svolgere per riprodurre un dato esperimento. Così, nel testo in (5), il secondo capoverso può definirsi narrativo-espositivo, in quanto la sua funzione consiste nel narrare la vita dello scienziato Pasteur:

(5) La scienza divenne il principale strumento di lotta alle malattie con Pasteur.

Louis Pasteur nacque in Francia nel 1822. Iniziò i suoi studi nel campo della chimica, dimostrando subito notevoli capacità; poi, lo studio di alcuni cristalli lo avvicinò ai microorganismi e il suo interesse fu attratto definitivamente dagli esseri viventi (Ferrari & Zampese 2000: 467)

Il capoverso con funzione espositivo-esplicativa è caratterizzato da due attività fondamentali: esporre e spiegare. Esso presuppone dunque la presenza di due componenti, che hanno almeno la forma di una proposizione: una porzione di testo da spiegare, che coincide di solito con la parte espositiva, e una porzione, necessariamente esplicita, di testo che fornisce una spiegazione (cfr. Jahr 2000). Si veda il brano seguente, che è l’inizio di un articolo di giornale:

(6) BOGOTÀ – Si fa sempre più difficile la crisi istituzionale in Colombia. Insanabili divergenze con il presidente Ernesto Camper hanno infatti convinto il vicepresidente della Repubblica, Humberto de la Calle, a rimettere l’incarico nelle mani del presidente del Senato, Luis Fernando Londono. Anche se la causa ufficiale sono le divergenze circa la lotta al narcotraffico e alla guerriglia comunista, molti sono convinti che la decisione sia legata soprattutto alle accuse rivolte a Camper di aver utilizzato il denaro dei Narcos per finanziare le elezioni presidenziali del 1994 («La Repubblica» 11 settembre 1996, in Francesco Bruni et al., Manuale di scrittura e comunicazione, Bologna, Zanichelli, 1997, p. 48)

In (6), la prima frase espone il dato sul quale verte la spiegazione successiva. La funzione esplicativa associata alla sequenza di testo che segue la prima frase è resa esplicita, nella seconda frase, dalla presenza del connettivo di motivazione infatti. I connettivi di motivazione, che giustificano l’espressione di un contenuto precedente, sono tipici delle sequenze esplicative. Altri connettivi di motivazione sono perché, poiché, dato che, siccome, tanto è vero che, causa ne è, prova ne sia.

Proprietà

I testi espositivi, che formano come si è detto una classe eterogenea (in cui rientrano, per es., le lezioni di un insegnante, le voci dei dizionari e delle enciclopedie, i testi della manualistica e gli articoli giornalistici), presentano, nel loro assetto globale e locale, differenze a volte notevoli. Si pensi solo alla differenza che c’è tra il testo di un manuale di studio (sul quale, cfr. § 4) e quello delle voci dei dizionari e delle enciclopedie. Le differenze tra questi generi di testi espositivi sono da ascrivere a vari fattori: a costrizioni di spazio, al tempo che dispone l’emittente per produrre il testo, al tipo di pubblico al quale questi testi sono rivolti, ecc.

I testi espositivi presentano tuttavia anche una serie di tratti tipici (cfr. Sabatini 1985: 637 segg.), connessi alla trasmissione chiara delle conoscenze esposte. Una presentazione chiara delle informazioni garantisce non solo una facile decodifica dei dati ma anche una loro più efficace memorizzazione (Jahr 2000). Si noti che è l’insieme dei tratti comuni che caratterizza la classe dei testi espositivi. Questo perché, preso in isolamento, un tratto può anche caratterizzare uno o più tipi di testo.

I testi espositivi – almeno i più tipici, quelli analitici (sui quali cfr. § 1) – presentano innanzitutto un numero elevato di testi complementari e componenti del paratesto (tabelle, grafici, immagini, riquadri, ecc.), cioè di parti esterne al testo vero e proprio, che servono tipicamente a introdurlo e a completarlo. È così non solo nei testi espositivi scritti (basta pensare agli articoli di giornale, agli articoli scientifici, ai manuali di studio, alle guide turistiche), ma anche in molti testi espositivi orali, come nelle esposizioni fatte in classe (lezioni degli insegnanti, relazioni degli studenti, ecc.). Per es., nella tradizione giornalistica italiana, a differenza in particolare di quella anglosassone, si privilegia la disposizione ‘a stella’ dei contenuti informativi. Nei giornali italiani, l’articolo è infatti caratteristicamente corredato da commenti, interviste ai protagonisti e/o a esperti, sondaggi, ecc. Anche nei dizionari si trovano talvolta delle componenti esterne al testo; si pensi alle immagini, tabelle, ecc., che illustrano e specificano il significato della voce a lemma.

Per quanto riguarda la loro organizzazione globale, i testi espositivi presentano una chiara articolazione in blocchi. All’interno di questo tipo di testo, le sezioni, i capitoli, i paragrafi e/o i capoversi che fondano il discorso (scritto, ma lo stesso vale per i testi orali) hanno infatti una motivazione trasparente, di natura prevalentemente tematica. I blocchi che compongono i testi espositivi hanno la funzione di sviluppare in modo indipendente e circoscritto un sottotema legato al tema centrale, dato dal titolo del volume, dell’articolo, del discorso (per alcuni esempi concreti, cfr. il § 4, dedicato ai manuali di studio). Per i testi scritti di una certa ampiezza, l’attenzione per «una suddivisione accurata di vari e compatti blocchi informativi fortemente centrati su un unico sottotema» è segnalata «da partizioni grafiche, dall’uso di colori e caratteri differenti, da titoletti a margine, ecc.» (Lavinio 2000: 135).

Sempre a livello testuale, nei testi espositivi sono privilegiati un numero ridotto di movimenti logici. Come già accennato, uno dei movimenti logici più caratteristici di questo tipo di testo è la motivazione, espressa con i connettivi perché, infatti, siccome, ecc. Dei testi espositivo-esplicativi sono però tipici anche i movimenti che rielaborano una parte di contenuto precedente, cioè le spiegazioni basate sulla riformulazione (espressa tramite connettivi come cioè, ovvero, o meglio), sulla esemplificazione (espressa dal connettivo ad esempio) e sulla specificazione (espressa da connettivi come più precisamente).

Due esempi di movimento esplicativo-riformulativo sono dati nel testo giornalistico riprodotto in (7); in questo testo (tratto da una recensione di Cesare Segre al Dizionario della lingua italiana di Sabatini & Coletti), le sequenze aperte dal connettivo cioè sono glosse che hanno la funzione di spiegare due tecnicismi legati al dizionario (lemmi e neologismi):

(7) A volte pare che la qualità dei dizionari si misuri sul numero dei lemmi (cioè delle voci che vengono definite) o dei neologismi, cioè delle parole appena entrate nell’uso, e raccolte dai lessicografi come farfalle, mostruose farfalle spesso («Corriere della sera» 22 maggio 1997)

Per i tipi di movimenti logici che caratterizzano il testo espositivo (la riformulazione, l’illustrazione, la specificazione, ecc.), i quali servono a definire referenti testuali già menzionati prima mediante altri termini, i testi espositivi si caratterizzano dunque come un tipo di discorso a bassa densità informativa. Nei testi espositivi orali, tipicamente nel monologo espositivo (esami, conferenze, relazioni), la densità informativa bassa si manifesta in modo chiaro attraverso la ripetizione lessicale degli stessi referenti testuali:

(8) in questo caso uno non va più a misurare la velocità della luce: la velocità della luce è una convenzione umana (Monica Berretta, Il parlato italiano contemporaneo, in Storia della lingua italiana, vol. 2°, Scritto e parlato, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 1994, p. 251)

L’andamento informativo dei testi espositivo-esplicativi rispetta inoltre caratteristicamente il principio di «progressivo incremento del nuovo». In questi testi, infatti, si tende a disporre le informazioni in modo da far precedere quelle date a quelle nuove. È così nell’ultima frase del testo giornalistico seguente, nella quale il complemento oggetto indiretto a lui – che si riferisce a un’entità già menzionata prima, nella prima frase (Roberto Schisano) – è preposto al verbo spetterà e il soggetto il difficile compito di risollevare le sorti della società Scarmagno – che presenta un elemento nuovo – occupa la posizione post-verbale:

(9) E solo agli inizi di settembre è stato annunciato ufficialmente che sarà Roberto Schisano a tentare di guidare la nuova Op computer fuori dal guado. Schisano, con un lungo passato alla Texas Instruments e un breve ma burrascoso periodo all’Alitalia, avrebbe investito anche personalmente nel capitale della nuova società, a garanzia del fatto che crede nella sua avventura. A lui spetterà il difficile compito di risollevare le sorti della società di Scarmagno («Corriere della sera» 2 ottobre 1997)

La formulazione del testo originale data in (9) è preferibile a quella in (10), che contiene una versione manipolata nella quale il referente dato a lui segue l’informazione nuova e chiude l’ultima frase:

(10) … Schisano, con un lungo passato alla Texas Instruments e un breve ma burrascoso periodo all’Alitalia, avrebbe investito anche personalmente nel capitale della nuova società, a garanzia del fatto che crede nella sua avventura. Il difficile compito di risollevare le sorti della società di Scarmagno spetterà a lui

Un cenno, infine, al lessico. Nei testi espositivi, si tende a privilegiare una lingua comune, cioè a ricorrere il meno possibile a parole di bassa frequenza d’uso, a forestierismi inutili e a tecnicismi non spiegati. In questi testi, in particolare in quelli di stampo divulgativo, l’uso del lessico specialistico viene caratteristicamente diluito entro parafrasi, esempi e definizioni (Lavinio 2000: 135).

Un esempio di testo espositivo: il manuale di studio

A seconda del livello scolastico del destinatario al quale sono indirizzati (se si tratta cioè di manuali per le scuole medie, per le scuole superiori oppure per l’università), i testi della manualistica presentano, oltre alle caratteristiche comuni qui di seguito messe a fuoco, delle differenze più o meno significative. Queste differenze sono relative sia alla forma che al contenuto del testo; esse riguardano, per es., la lunghezza dei capoversi, la lunghezza e complessità sintattica delle frasi impiegate, la chiarezza dei movimenti logici, ecc. (cfr. Sabatini 1985; Serianni 2003).

Nei manuali di studio abbondano oggi le componenti più disparate del paratesto (Serianni 2003). Oltre all’indice (generale e analitico) del volume, alle tabelle di dati, al glossario e alla bibliografia, cioè alle componenti che corredano tradizionalmente il testo vero e proprio, si fa largo ricorso a illustrazioni (a colori), a test di verifica e di autovalutazione e a esercizi. Si trovano inoltre spesso delle sezioni di testo con funzione esplicativa, magari di approfondimento, oppure con funzione riassuntiva (si pensi alle informazioni, incluse in riquadri, intitolate «Sai rispondere», «Osserviamo», «Per riassumere»). Oltre a rendere le conoscenze trasmesse più chiare e «digeribili», queste componenti collaterali al testo vero e proprio permettono anche una più facile memorizzazione dei dati. Per il ruolo fondamentale che giocano nella costruzione di modelli mentali, esse sono dunque fortemente orientate sul destinatario (Jahr 2000).

Nei manuali di studio, il forte orientamento sul destinatario si manifesta talvolta anche nella sua individuazione esplicita come interlocutore, ovvero con una strategia linguistica tipica del parlato. Si pensi all’uso dei pronomi di prima persona plurale (il «noi inclusivo», che si riferisce sia all’emittente che al destinatario del testo), a quelli di seconda persona singolare e plurale, e ai riferimenti contenuti nella morfologia verbale:

(11) Farebbero a rigore parte dell’onomastica anche i marchionimi, cioè i nomi di prodotti commerciali, e i nomi di esercizi pubblici (ristoranti, bar, ecc.). Accenniamo pertanto, nella nostra particolare prospettiva, anche a queste categorie (in Paolo D’Achille, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2003, p. 48)

(12) Probabilmente vi è capitato di sentir dire: «Il futuro del nostro pianeta è nelle mani dei giovani». Forse, oggi, questo significa poco per voi, ma è certo che prima o poi le “redini del potere” passeranno nelle vostre mani (da Joseph Levine & Kenneth R. Miller, Elementi di scienze della terra, a cura di G. Marinelli, Milano, Mondadori, 2001, vol. 3°, in Serianni 2003: 158)

I manuali di studio si caratterizzano per una disposizione chiara e ordinata dei dati (Ferrari & Zampese 2000: 465-477), e questo a tutti i livelli dell’organizzazione del testo, dai capitoli alle frasi (cfr. § 3). Il criterio sul quale si fonda la suddivisione delle parti di un manuale di studio è innanzitutto di tipo tematico: le sezioni, i capitoli, i paragrafi (o, con una terminologia diversa, i moduli e le unità) sono dedicati a un argomento particolare, derivato dal tema generale del manuale, ed esplicitato nell’indice. Per es., nel già citato manuale intitolato L’italiano contemporaneo di Paolo D’Achille, i primi cinque capitoli sono dedicati agli argomenti seguenti: I. La lingua italiana oggi; II. Onomastica; III. Lessico; IV. Fonetica e fonologia; V. Morfologia flessiva. A sua volta, il capitolo sul lessico è suddiviso in tre sottoparti: 1. Il concetto di lessico; 2. Il lessico italiano; 3. Le componenti del lessico italiano.

Nella manualistica, anche il cambiamento di capoverso è spesso motivato dal passaggio a un nuovo tema, dello stesso livello di quello precedente (Jahr 2000; Ferrari & Zampese 2000). Così, nell’es. (13), tratto da un manuale di scienze, i tre capoversi finali (evidenziati sia dall’a capo che dalle espressioni la prima, la seconda, la terza) hanno la loro ragione di essere nel fatto che ognuno di essi propone una risposta diversa alla domanda esplicita che si trova nella prima sezione del testo:

(13) Dunque, le centrali termoelettriche non potranno essere usate per sempre. Ma in che modo, allora, verrà soddisfatta la domanda di energia? A questa domanda si possono dare tre risposte.

La prima è il risparmio energetico. Si deve cercare di consumare meno energia, per esempio eliminando gli sprechi […].

La seconda risposta è nelle fonti di energia rinnovabile. Si potranno realizzare piccole centrali eoliche, a energia solare o biomassa […].

La terza risposta, infine, è la fusione nucleare (Ferrari & Zampese 2000: 467)

Sulla base di questo esempio si può inoltre notare che l’organizzazione del contenuto di un paragrafo o di un capoverso è spesso segnalata da indicatori metatestuali di varia natura (Christen 2001): da connettivi di dispositio, cioè espressioni come in primo luogo, in secondo luogo, …, infine, da numerazioni, lettere in sequenza alfabetica, elenchi puntati, ecc.

Nei manuali di studio, il cambiamento di capoverso può essere motivato anche dal passaggio a un brano di testo che introduce un momento argomentativo diverso, per es. di motivazione, di consecuzione, di opposizione, ecc. (➔ testo, struttura del). In (14), il passaggio al secondo capoverso è motivato dalla relazione di esemplificazione, esplicitata dal connettivo ad esempio:

(14) L’attuale assetto linguistico dei libri di testo dipende in gran parte, com’è ovvio, dal mutamento dei programmi (anzi, come oggi suol dirsi, degli ‘obbiettivi formativi’). E molte volte – anche se non sempre – i programmi risentono dei rinnovati indirizzi di ricerca propri delle rispettive discipline.

La storia, ad esempio, ha da tempo ridimensionato l’importanza delle vicende militari e diplomatiche (Serianni 2003: 157-158)

Infine, nei manuali di studio, il cambiamento di capoverso può essere motivato dalla messa in rilievo di un’informazione nuova, che si suppone cioè non nota al lettore. Così, nel testo proposto in (15), il passaggio al secondo capoverso si spiega con la volontà da parte di chi scrive di mettere in rilievo l’informazione nuova la radioattività, codificata dal ➔ sintagma nominale che chiude la frase; è su questo concetto che verte poi il capoverso successivo:

(15) L’eruzione di un vulcano dimostra che l’interno della terra si trova a temperature molto elevate, superiori ai mille gradi centigradi.

La fonte principale dell’elevata temperatura all’interno della terra è la radioattività.

Sono detti radioattivi gli atomi che emettono particelle e raggi. Le particelle e i raggi sono emessi con una certa energia; urtando altri atomi producono calore, e perciò un blocco di sostanza radioattiva si riscalda (Ferrari & Zampese 2000: 466)

Per mettere in rilievo l’informazione importante (che coincide tipicamente con date, nomi propri e termini chiave), i testi della manualistica italiana sfruttano anche molti espedienti grafico-formali: corsivo, grassetto, sottolineatura, colore diverso dal resto del testo; di recente, nella pagina a stampa, si trovano anche simboli che simulano un intervento manoscritto al margine del testo oppure icone che raffigurano gesti dell’emittente al destinatario, come, per es., una mano puntata. Tutti questi espedienti servono a indirizzare visivamente il destinatario del testo verso i dati concettuali e terminologici principali, di cui deve appropriarsi per capire in modo adeguato la materia che sta imparando (Serianni 2003: 159). Per un esempio in cui svolge un ruolo focalizzante cruciale il sottolineato, si veda il testo seguente, tratto da un manuale di geografia civile:

(16) Un passo di grande importanza in questa direzione fu il trattato di Roma (1957), con cui gli stessi sei paesi che avevano costituito la Ceca diedero vita all’Euratom (un’organizzazione per lo sviluppo dell’energia nucleare a scopi pacifici) e alla Comunità economica europea (Cee) (da Giorgio Monaci & Gianluigi Della Valentina, Moduli di geografia civile. Mondo: problemi della globalizzazione, Milano, Archimede, 2002, p. 78, in Serianni 2003: 159)

I testi di manualistica si caratterizzano per la presenza a volte notevole di un lessico tecnico (➔ terminologie). Dato lo scopo divulgativo di questi testi, i tecnicismi usati sono però raramente menzionati senza una spiegazione del loro significato. Anzi, in questo genere di testo espositivo, lo scopo è proprio quello di fornire allo studente l’apparato terminologico appropriato per affrontare un certo ambito di studio. Così, alla sua prima menzione, il lessico tecnico viene di norma spiegato attraverso una glossa esplicativa. A modo di esempio, si veda il testo del (17), in cui i termini tecnici nuovi, indicati con il sottolineato (ovvero [i Buoni del tesoro] quadriennali e novennali, e l’uso della sigla Bot), sono seguiti da una spiegazione tra parentesi:

(17) I certificati che lo Stato emette come prova e giustificativo del proprio debito si chiamano Buoni del tesoro e sono naturalmente quotati in Borsa; ma la definizione, detta così, è generica. Occorre infatti distinguere fra diversi tipi di Buoni del tesoro. A seconda della durata, abbiamo infatti i cosiddetti quadriennali (che scadono cioè dopo quattro anni) e quelli novennali (che durano nove anni). Una categoria a sé è invece rappresentata dai Bot (Buoni ordinari del tesoro) balzati alla ribalta nel 1976 e accolti assai favorevolmente dal pubblico (in Maurizio Dardano, Manualetto di linguistica italiana, Bologna, Zanichelli, 2005, p. 109)

Un’altra caratteristica dei testi della manualistica, che incide sul lessico, è il grado elevato di esplicitezza con il quale chi scrive sceglie di esprimere gli atti linguistici che compie. I testi della manualistica privilegiano innanzitutto gli atti di composizione testuale (di motivazione, di riformulazione, di esemplificazione, ecc.) esplicitati per mezzo di ➔ connettivi. Date le relazioni logiche che caratterizzano il manuale di studio, le forme che si trovano più di frequente in questi testi sono i connettivi di motivazione (infatti), di riformulazione (cioè, ossia, ovvero, o meglio), di esemplificazione (per o ad esempio) e di specificazione (nella fattispecie, in particolare). Il testo in (18) illustra la tendenza a esplicitare i movimenti logici compiuti tramite i connettivi (accanto a quelli già visti, il brano contiene un connettivo di opposizione però, un connettivo di aggiunta inoltre e un connettivo di consecuzione dunque), e quindi la loro frequente apparizione alla superficie del testo:

(18) Si ripete spesso da un lato che i geosinonimi riguardano essenzialmente il lessico tradizionale, perché nuovi costumi sono omologanti e alcuni lessemi supportati dalla tecnologia e dalla grande industria sono ormai vincenti (così idraulico rispetto a stagnaro, stagnino, trombaio, fontaniere, ecc. […]). In effetti, sembra indubbia una certa spinta unitaria, favorita dalla pubblicità, dall’industria e anche, per la definizione di certi mestieri, dalle «eufemistiche» scelte sindacali (il siciliano netturbino, che pareva prevalere su spazzino, scopino, ecc., pare ormai sconfitto dall’operatore ecologico). Resta però il problema della sovrapponibilità non sempre totale dei termini, nonché quello della vitalità almeno locale di certi usi metaforici di voci in declino nel senso proprio […]. Va inoltre rilevato che anche per nozioni sconosciute alla cultura tradizionale, e dunque prive di termini dialettali, si registrano tuttora notevoli differenze sul piano diatopico: per esempio al bar, al caffè lungo di Roma si oppone a Firenze il caffè alto … (D’Achille, L’italiano contemporaneo, cit., pp. 59-60)

La scelta di esplicitare, per mezzo dei connettivi, le relazioni logiche che vigono tra le parti del testo facilita molto la decodificazione del messaggio da parte di chi legge. Al lettore viene infatti chiesto «solo» di capire il contenuto delle proposizioni espresse e di collegarle con il connettivo proposto. Egli non deve dunque ancora, come nelle sequenze prive di connettivi, ricostruire le relazioni logiche che vigono tra le parti del testo.

Nei testi della manualistica si trovano inoltre frequentemente frasi che esprimono in modo esplicito non solo l’atto di composizione testuale ma anche l’atto illocutivo (di domanda, di affermazione: commento, riposta, ecc.) effettuati. Si tratta di proposizioni che contengono sostantivi come domanda, risposta, esempio, ecc. o verbi come affermare, spiegare, illustrare, ecc. Alcuni esempi (in parte già visti) sono i seguenti:

(19) Dunque, le centrali termoelettriche non potranno essere usate per sempre. Ma in che modo, allora, verrà soddisfatta la domanda di energia? A questa domanda si possono dare tre risposte. [ ]

La prima [risposta] è il risparmio energetico. Si deve cercare di consumare meno energia, per esempio eliminando gli sprechi […].

La seconda risposta è nelle fonti di energia rinnovabile. Si potranno realizzare piccole centrali eoliche, a energia solare o biomassa […].

La terza risposta, infine, è la fusione nucleare (Ferrari & Zampese 2000: 467)

(20) Questi due esempi immaginari illustrano una differenza fondamentale tra parlato e scritto. Il parlato esaurisce la sua funzione nell’immediatezza della comunicazione e, tranne poche situazioni in cui ha il potere di agire sulla realtà (come il di chi contrae un matrimonio o la formula con cui un giudice irroga una sentenza), è il veicolo della quotidianità individuale, che coinvolge poche persone e che non aspira quasi mai a lasciare traccia di sé nel tempo. Lo scritto si rivolge invece, in modo più o meno dichiarato, anche a destinatari lontani temporalmente o psicologicamente.

Spieghiamoci meglio. Prima dell’invenzione del telefono, il parlato non poteva superare la barriera fisica rappresentata dalla soglia di udibilità (Serianni 2003: 16)

Le caratteristiche grafico-formali, testuali e linguistiche dei manuali di studio qui messe a fuoco vanno spiegate alla luce della funzione principale della macro-classe di testi in cui essi rientrano – la divulgazione di un sapere «a chi non sa» (Sabatini 1985: 150), cioè non ancora condiviso – e del loro forte orientamento sul destinatario.

Studi

Christen, Daniele (2001), Un pensiero ben esposto, «Italiano e oltre» 3, pp. 166-174.

Combettes, Bernard & Tomassone, Roberte (1988), Le texte informatif, aspects linguistiques, Bruxelles, De Boeck-Wesmael.

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