TETANO

Enciclopedia Italiana (1937)

TETANO (dal gr. τέτανος "tensione spasmodica d'una parte del corpo"; fr. tétanos; sp. tetano; ted. Starrkrampf; ingl. tetanus)

Nino BABONI
Giovanni PEREZ

È una malattia infettiva determinata da un bacillo sporigeno scoperto da A. Nicolaier (Deutsche med. Wochenschr. 1884, X, pag. 842), che elabora una tossina la quale, fissandosi sulle cellule nervose motrici (corna grige anteriori) del midollo spinale, provoca contratture muscolari.

È un bacillo sottile, che spesso si presenta ingrossato a un estremo per la presenza di una spora, di solito terminale, che conferisce quindi a tale bastoncino l'aspetto di uno spillo, o di bacchetta da tamburo. I bacilli non sporificati sono mobili per la presenza di numerose e lunghe ciglia vibratili. Si colorano con il metodo di Gram. Sono germi anaerobici obbligati, dalle cui culture emana un odore speciale che è stato paragonato a quello di corno bruciato o di vecchia pipa. Le culture per infissione in gelatina presentano l'aspetto di un filamento da cui si distaccano numerosi e finissimi prolungamenti laterali. Le spore sono molto resistenti; in ambiente umido occorrono per ucciderle 15 minuti di temperatura a 1000; a secco temperature più alte (1200). Resistono sino a 15 ore all'azione dell'acido fenico al 5%, e per 3 ore a quella del sublimato all'1‰ (v. batterio, VI, tav. a colori, pp. 384-85).

Questo bacillo è assai diffuso: si riscontra nell'intestino dei cavalli, delle capre e di molti erbivori, nel suolo, nelle polveri, sulle ragnatele, sulle erbe, da taluni è stato riscontrato anche nelle feci umane. Dato il carattere anaerobico del germe, sono le ferite alquanto profonde, per esempio quelle da punta (da chiodi, da aghi, temperini, forbici e lame in genere arrugginite), o da arma da fuoco, e le ferite in genere inquinate da terriccio, polvere stradale, di stalla, ecc., quelle che favoriscono lo sviluppo dell'infezione tetanica (tetano traumatico). A volte, però, sfugge la porta di entrata del germe (tetano, cosiddetto, spontaneo o reumatico), ma essa deve esistere e può essere rappresentata da lesioni anche minime di una qualsiasi mucosa. Talora trattasi di una virulentazione di spore penetrate nell'organismo per precedenti ferite, già da tempo cicatrizzate (tetano tardivo). I germi, pervenuti nei tessuti, per lo più sotto forma di spore, possono essere prontamente fagocitati dai leucociti e non produrre, quindi, infezione; se però tale fagocitosi non è pronta, il che potrà dipendere dalla presenza nella ferita di corpi estranei, di granuli di terriccio; da pestamento, o, comunque, da scarsa vitalità dei tessuti lesi, i germi si moltiplicano nella ferita, ed elaborano la loro tossina, la quale, assorbita dall'organismo, sia attraverso i vasi, sia lungo i tronchi nervosi, raggiunge la sostanza grigia delle corna anteriori del midollo spinale, e, fissandosi in essa, determina i caratteristici sintomi. Trattasi, quindi, di un'intossicazione (tossiemia), e non di un'infezione generalizzata, poiché il germe si moltiplica solo nella ferita, e solo pochi microrganismi penetrano nel torrente circolatorio.

Le manifestazioni tetaniche si determinano in genere dopo un periodo d'incubazione di 8-14 giorni dall'inquinamento della ferita, o anche più tardi; sono precedute da una fase prodromica, caratterizzata da cefalea, spossatezza, senso di freddo, e consistono in contrazioni persistenti, cioè toniche, dei muscoli, con conseguente rigidità delle parti colpite; contrazioni esacerbate di tratto in tratto da più violenti crampi muscolari, da contrazioni cosiddette cloniche. Questi spasmi tonico-clonici spesso s'iniziano nei muscoli masticatori, con serramento della mandibola contro i mascellari superiori, o trisma. Le arcate dentarie sono fra di loro fortemente serrate, e, cercando di divaricarle, s'accentua lo spasmo e quindi il serramento.

Quasi contemporaneamente si hanno contrazioni muscolari facciali, le quali conferiscono al volto una particolare espressione (facies tetanica), caratterizzata da corrugamento della fronte e dal cosiddetto riso sardonico. Queste contrazioni, in alcuni casi di tetano meno acuto, possono essere all'inizio così lievi da passare inosservate a chi per la prima volta vede l'individuo; apportano però modificazioni di fisionomia apprezzabilissime dai familiari del malato. La rigidità s'estende ai muscoli della nuca (opistotono) e ai muscoli estensori del collo e del dorso, determinando un accentuato incurvamento all'indietro della testa e della colonna vertebrale. Assai più di rado sono colpiti i muscoli flessori della testa e del tronco (emprostotono), o i muscoli laterali (pleurostotono).

Seguono le contrazioni dei muscoli degli arti. Negli arti superiori prevale la contrazione dei muscoli flessori, negli arti inferiori quella degli estensori. L'incurvamento all'indietro della testa e del tronco, a concavità, cioè, posteriore, associato alla forte estensione degli arti inferiori, fa sì che l'intiero corpo assuma talvolta un atteggiamento arcuato, paragonato all'arco isterico, presentante come suoi punti d'appoggio l'occipite e i talloni. Gli arti superiori si trovano in tutti i loro segmenti, comprese le dita, in forte flessione. In taluni casi, però, queste contrazioni dei muscoli degli arti, specialmente dei superiori, possono mancare. Talvolta le contrazioni si generalizzano a tutti i muscoli sia flessori sia estensori del corpo, che quindi s'irrigidisce, non più ad arco, ma in posizione rettilinea (ortotono). Queste varie contrazioni di tratto in tratto, sia spontaneamente, sia per l'influenza di qualsiasi stimolo sensitivo, s'accentuano, e l'infermo è scosso da nuovi spasmi parossistici che si sovrappongono allo stato, già di per sé stesso doloroso, d'ipertonia muscolare. Esiste, talora, anche spasmo dei muscoli della faringe, e quindi difficoltà nel deglutire, e in alcuni casi spasmo dei muscoli della laringe, e conseguente difficoltà respiratoria. Talvolta si ha asfissia per spasmo del diaframma e degli altri muscoli respiratorî. I crampi s'estendono anche ai muscoli sfinterici. per cui viene ostacolata l'emissione delle urine e delle feci. I tentativi di cateterismo e d'introduzione di sonde rettali accentuano tali spasmi.

La febbre è frequente, ma non costante, e può talora mancare sino al periodo preagonico, durante il quale si nota spesso ipertermia.

Esistono forme varie di tetano. Un tetano acuto, caratterizzato da un periodo di incubazione di 3-5 giorni, con febbre elevata (39-40°), trisma, opistotono, e rapido estendersi delle contrazioni al tronco e agli arti (tetano discendente); polso e respiro frequenti; frequenza di accessi convulsivi. È una forma quasi sempre mortale. Un tetano a decorso subacuto, caratterizzato da un più lungo periodo d'incubazione, da contrazioni che talora, come nel tetano acuto, s'iniziano dalla testa e si diffondono al tronco e agli arti, ma che spesso cominciano dagli arti, e solo secondariamente si propagano ai muscoli della faccia (tetano ascendente). Un tetano a decorso prolungato, che si può manifestare anche dopo alcune settimane dalla ferita, a lesione quindi già cicatrizzata, spesso senza trisma, ma soltanto con lieve alterazione dei lineamenti del volto per la sopraccennata contrazione dei muscoli mimici, con rigidità dei muscoli della nuca, ovvero con semplici contrazioni dei soli muscoli degli arti o di singole parti degli arti (tetano localizzato), con febbre lieve, e talora con decorso afebbrile.

Altre forme di tetano sono: il tetano cefalico, consecutivo, per lo più, a ferite di regioni innervate da un nervo cranico, tetano che si manifesta con trisma, difficoltà di deglutizione e di respirazione per spasmo dei muscoli laringei, e talvolta con paralisi del nervo facciale; il tetano cerebrale, caratterizzato da disturbi psichici, i quali in genere mancano negli altri casi di tetano; il tetano oftalmoplegico, caratterizzato da contrattura dei muscoli oculari; il tetano viscerale o splancnico, consecutivo a inoculazione del germe tetanico nei visceri, quali, per esempio, l'utero (tetano puerperale) e il testicolo, per ferite di quest'organo, e caratterizzato da difficoltà di deglutizione, dispnea e spasmi laringei, polso frequente (sulle 120 pulsazioni a minuto); il tetano dei neonati, consecutivo al taglio o fasciature infette del cordone ombelicale.

La maggiore o minore gravità del tetano si basa sui criterî seguenti: maggiore o minore brevità del periodo d'incubazione; maggiore o minore frequenza del polso e del respiro; rapidità di evoluzione e di successione dei varî sintomi; intensità dell'elevazione febbrile; intensità e frequenza degli accessi convulsivi. La morte si può avere al 3° o 4° giorno, talvolta anche in 10a giornata.

La cura è eminentemente profilattica e mira a neutralizzare la tossina tetanica, prima che questa si fissi alle cellule nervose. Tale s-opo si raggiunge mercé le iniezioni di siero antitetanico il quale, inoculato subito dopo la ferita, neutralizza la tossina tetanica a mano a mano che essa viene elaborata dal germe. In ogni ferita, dunque, nella quale si sospetti un inquinamento con germi tetanici, è obbligatorio praticare al più presto un'iniezione di siero antitetanico, che conviene ripetere dopo 8 giorni. Possono riuscire anche utili le iniezioni multiple e ripetute, attorno alla ferita, di una soluzione al 3% di acido fenico. Se la fissazione della tossina alle cellule nervose è già avvenuta, la tossina non è più separabile dall'elemento nervoso, che subirà, quindi, fatalmente l'azione della sostanza tossica. Tuttavia, anche quando l'iniezione del siero antitossico viene praticata a periodo d'incubazione inoltrato, l'antitossina può, talora, impedire l'insorgenza delle manifestazioni tetaniche o attenuarle. La cura profilattica antitetanica, pertanto, è raccomandabile, non solo per le ferite d'arma da fuoco, che in genere sono facilmente inquinate da germi tetanici, ma anche per tutte le ferite accidentali, sia da cadute, investimenti, ecc., sia prodotte da temperini, chiodi, o vetri, e da qualunque altro oggetto più o meno inquinato da polvere o da terriccio. Siccome il siero antitetanico ha azione puramente antitossica, ma non antibatterica, occorre anche distruggere i microrganismi della ferita, o, per lo meno, impedirne la moltiplicazione, permettendo così alle normali difese dell'organismo di sbarazzarsi dei detti germi. Si avrà quindi cura di far colare abbondantemente il sangue dalla ferita, s'allontaneranno i corpi estranei si disinfetterà la ferita con tintura di iodio, e si zafferanno le varie anfrattuosità con garza imbevuta di sostanze antisettiche. A manifestazioni tetaniche in atto, oltre a sbrigliare, disinfettare e curare opportunamente la ferita, applicandovi anche antitossine tetaniche, si cercherà di disintossicare l'organismo sia con iniezioni ripetute, ad alte dosi, di siero antitetanico, sia con ipodermoclisi, e favorendo l'attività eliminatrice degli emuntorî (rene, intestino). S'applicherà anche una rigorosa cura sintomatica, che consiste anzitutto nel sottrarre l'infermo, quanto più sia possibile, ai varî stimoli luminosi, acustici, ecc., tenendolo in ambiente perfettamente tranquillo e al buio, evitando anche qualsiasi rumore, stimoli tutti che provocano accessi tetanici; si somministreranno, inoltre, sostanze sedative (cloralio, morfina). Se esiste trisma, si praticherà l'alimentazione dell'infermo mercé introduzione nell'esofago di una piccola sonda molle attraverso le vie nasali, e anche mercé clisteri nutritivi.

Bibl.: A. Nicolaier e W. Ebstein, Beiträge zur Aetiologie des Wundstarrkrampfes, Gottinga 1885; G. Perez, Tratt. di patol. chir., Roma 1933.

Patologia veterinaria. - Nel cavallo la malattia si origina generalmente in forma parziale per poi estendersi a tutta la muscolatura. I primi sintomi sono rappresentati da andatura lenta, rigida, inceppata; difficoltà della masticazione e deglutizione; distensione della testa sul collo, rigidità dei padiglioni auricolari, narici dilatate (a trombetta), procidenza della nictitante, accentuata eccitabilità generale. Col progredire dell'infezione, l'animale se ne sta immobile, con gli arti divaricati, in preda a trisma, a rigidità del collo, degli arti, della colonna vertebrale, ecc., a contrazioni cloniche dei muscoli spinali e degli arti; la masticazione e la deglutizione sono impossibili o quasi, la respirazione difficile, superficiale, frequente e celere; è facile la manifestazione di gravi crisi derivanti da eccitazioni esteriori. Nell'ultima fase della malattia si ha caduta al suolo dell'animale con impossibilità di riprendere spontaneamente la stazione, minaccia di asfissia e morte per sincope respiratoria. Nei casi benigni la temperatura del corpo sale moderatamente o può restare anche normale; nei casi gravi si può elevare notevolmente, fino a 42°-43° con l'avvicinarsi della morte. È facile la complicanza di polmonite ab ingestis o di polmonite ipostatica.

Nei bovini, l'esaltazione dei poteri riflessi è meno evidente che nel cavallo; per l'arresto della peristalsi del rumine e della ruminazione, compare meteorismo gastrico. Nelle vacche, il tetano è consecutivo in alta percentuale al parto, perché l'infezione s'istituisce attraverso alla mucosa uterina o vaginale.

Nelle pecore e nelle capre, il tetano, quando si manifesta nella forma generalizzata, è di frequente accompagnato da opistotomo. Negli agnelli si può talora manifestare in forma enzootica prendendo origine dal cordone ombelicale.

Nel suino, la malattia si manifesta comunemente in forma generalizzata, al contrario del cane, nel quale resta quasi sempre localizzata a determinati gruppi muscolari. È pure descritto qualche raro caso di tetano negli uccelli.

Il decorso medio della malattia è di una quindicina di giorni. Essa va differenziata dall'avvelenamento stricnico, dalla meningite cerebrospinale, dal reumatismo muscolare acuto. La prognosi del tetano generalizzato è sempre grave, però quando la cura è iniziata tempestivamente e quando l'ammalato ha superato il 10° giorno di malattia, si può prevedere con fondamento un esito felice.

Nel trattamento curativo si prende di mira innanzi tutto la pulizia chirurgica e la disinfezione del focolaio d'infezione. L'animale va posto in ambiente lontano dai rumori, dalla luce e da tutto quanto gli può essere fonte di eccitazione. L'alimentazione, quando il trisma non lo vieta, va fatta con alimenti sani, bene digeribili, di facile masticazione e deglutizione. Se la masticazione è difficile, si somministrano beveroni; se è impossibile, si ricorre all'alimentazione artificiale. Tutte le altre manifestazioni che accompagnano la malattia, vanno trattate dal punto di vista sintomatico. La terapia specifica col siero antitetanico, nella pratica non corrisponde bene. Si possono prevedere discreti risultati soltanto quando gli ammalati vengono sottoposti all'inoculazione serica alle prime manifestazioni della malattia e quando la dose di siero è sufficientemente elevata (almeno 140 volte superiore alla dose preventiva nelle prime 24 ore di malattia, continuando con dosi non inferiori nei giorni successivi). Con l'intendimento di mobilitare la tossina già fissata agli elementi nervosi, si potrebbe tentare l'uso combinato di etere o di cloroformio col siero specifico. Le iniezioni, specie per via intravenosa, di soluzioni di acido fenico, preconizzate da A. Baccelli, trovano oggi largo impiego con risultati buoni. È consigliabile associare all'acido fenico iniezioni intravenose di soluzioni di solfato di magnesio e di bicarbonato di sodio. A scopo preventivo si ricorre con buoni risultati all'inoculazione di siero antitetanico, naturalmente il suo impiego dev'essere giustificato da soluzioni di continuo capaci di rappresentare via d'ingresso del bacillo tetanico. In rare circostanze l'intervento sieroprofilattico non si dimostra abbastanza efficace, in quanto è seguito da un'infezione tetanica, a decorso generalmente benigno. Siccome negli animali le possibilità d'infezioni sono facili e frequenti, e non sempre è riconoscibile la via d'ingresso dell'infezione stessa, si può ricorrere con vantaggio all'immunizzazione attiva preventiva con l'anatossina di G. Ramon, la quale, di fronte alla sieroprofilassi, offre il pregio di un'immunità duratura (2-3 anni).

Bibl.: F. Hutyra e J. Marek, Patologia e terapia degli animali domestici, Milano 1929.

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