TETIMIMO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TETIMIMO

G. Traversari

Spettacolo di mirni o coreografie in acqua. Il vocabolo è stato recentemente ricavato da alcuni versi di Marziale, il quale, parlando appunto di queste singolari rappresentazioni, si domanda: Quis tantas liquidis artes invenit in undis? / Aut docuit lusos hos Thetis aut didicit (De spect., xxvi).

Sorto nel I sec. d. C., inizialmente forse come avanspettacolo di naumachie (Suet., Claud., xxi, 12, 14), il t. che mai, a quanto ci consta, assunse forma letteraria, come invece il vero e proprio mimo, ebbe larga diffusione nella tarda antichità.

Venivano sceneggiati miti che avessero a che fare con l'acqua, come quello di Ero e Leandro (Mart., De spect., xxv-xxv b; Front., Epist., iii, 13), oppure anche altre favole, molto note, come quella di Giasone (Dracont., Romul., x, in particolare vv. 36 ss.; 86 ss.) e quelle, presumibilmente, di Ila (Dracont., Romul., ii, specie vv. 77 ss.) e di Ampelo (Nonn., Dionys., soprattutto x, 148-170; xii, 145-153), ma rielaborate secondo le peculiari esigenze tecnico-spettacolari, cioè introducendovi situazioni o episodî di carattere marino, del tutto nuovi o sconosciuti alla comune tradizione letteraria. Più sovente, si esibivano singole divinità marine, quali Tritone, Nereo, Teti, Galatea (Mart., De spect., xxviii), o lascive figurazioni create da giovani donne, talvolta in veste di Nereidi che, variamente disponendosi sull'acqua, formavano o il tridente di Nettuno o un'ancora o un remo o una navicella o la costellazione dei Dioscuri o una vela gonfia (Mart., De spect., xxvi; Claudian, De Manlii Theodori consulatu, 331-332). Ovviamente, la maggiore attrattiva era data dalla completa nudità delle attrici (Ioh. Chrysost., Homil. VII in Matthaeum, 6, 7), giustificata sia dal soggetto mitologico sia dall'elemento in cui l'azione si svolgeva.

Nei primi secoli il t. era offerto (eccetto che in Antiochia, dove già fin dalla fine del I sec. d. C. esisteva un teatro adibito a tale scopo) o nelle naumachie o negli anfiteatri le cui arene venivano, per la circostanza, opportunamente inondate. Eccezionale eco ebbero gli spettacoli tetimímici eseguiti a Roma nell'8o d. C. in occasione dell'inaugurazione dell'anfiteatro flavio.

Nel IV-V sec. d. C., il t. passò stabilmente nel teatro, come sembrano istruirci finora i resti archeologici dei teatri di Dafne in Antiochia, di Cesarea in Palestina, di Atene, di Corinto, di Argo, di Siracusa, di Ostia, di Tolemaide in Cirenaica: uno speciale impianto idrico portava l'acqua nell'orchestra già trasformata in un vasto bacino, per il quale, secondo il suggerimento di S. Giovanni Crisostomo, si è ormai introdotto, in luogo dell'inesatto naumachia, il termine più proprio di kolymbèthra.

L'origine del t. è da ricercare con molta probabilità in Oriente o, meglio, in Siria, favorita forse da particolari cerimonie lustrali in onore di alcune divinità femminili: soprattutto di Atargatis, dea delle acque, al cui culto erano dedicati a Heliopolis, a Hierapolis, ad Ascalona, santuarî con peristilio a theatron e con piscine o laghi rituali.

Non esiste, per il momento, nell'arte figurativa romana, nessun documento sicuro che confermi l'esistenza del t.: alquanto opinabile è la testimonianza di un mosaico tunisino da Henchir-Thina, nel quale sembrano riflessi alcuni numeri del noto repertorio tetimimico; del tutto infondata, invece, quella del mosaico della villa imperiale presso Piazza Armerina, in Sicilia, con dieci donne in "bikini", che raffigura giochi di palestra e non di teatro, come aveva supposto il Pace (v. bibl.).

Bibl.: G. Traversari, Tetìmino e colimbètra, in Dioniso, XIII, 1950, pp. 18-35; B. Pace, Note su di una Villa romana presso Piazza Armerina, in Rendiconti Accad. Naz. Lincei, S. VIII, vol. VI, 1951, pp. 21-23; G. Traversari, Nuovi contributi alla conoscenza della colimbètra teatrale e del tetimino, in Dioniso, XV, 1952, pp. 302-311; B. Pace, I mosaici di Piazza Armerina, Roma 1955, pp. 77-84; id., Theatralia, in Anthemon, Firenze 1955, pp. 312-317; I. Gismondi, La colimbètra del teatro di Ostia, in Anthemon, cit., pp. 293-308; G. Traversari, Foggia di vestire delle tetimine nella colimbètra teatrale, in Memorie Accad. Patavina SS. LL. AA., LXIX, 1956-1957, pp. 5-17; id., Probabili riflessi di spettacoli in acqua in monumenti figurati romani, ibid., LXIX, 1956-57, pp. 137-143; id., Gli spettacoli in acqua nel tatro tardo-antico, Roma 1960; G. D'Ippolito, Draconzio, Nonno e gli "idromini", in Atene e Roma, VII, 1962, pp. 1-14; A. Frova, Gli scavi della Missione Arch. It. a Cesarea (Israele), in Annuario Sc. Arch. Atene, XXXXIX-XL, 1961-62, Roma 1963, p. 653, figg. 3, 5; A. Albricci, L'orchestra dipinta del teatro erodiano di Caesarea Maritima, in Boll. d'Arte, IV, 1962, pp. 292-302; B. Lavagnini, S. Tecla nella vasca delle foche e gli spettacoli in acqua, in Byzantion, XXXIII, 1963, p. 185 ss.