The Big Heat

Enciclopedia del Cinema (2004)

The Big Heat

Peter von Bagh

(USA 1953, Il grande caldo, bianco e nero, 90m); regia: Fritz Lang; produzione: Robert Arthur per Columbia; soggetto: dall'omonimo romanzo di William P. McGivern; sceneggiatura: Sydney Boehm; fotografia: Charles Lang Jr.; montaggio: Charles Nelson; scenografia: Robert Peterson; costumi: Jean-Louis; musica: Daniel Amfitheatrof.

In una piccola città americana, il poliziotto Dave Bannion indaga sul suicidio sospetto del collega Duncan, che riteneva corrotto e legato a un potente gangster locale, Mike Lagana. La vedova del suicida occulta documenti compromettenti e ricatta Lagana; Bannion riceve confidenze che comprovano i suoi sospetti dall'amante di Duncan, e la donna viene subito dopo ritrovata uccisa, con il corpo seviziato da sigarette accese. Bannion conduce le sue ricerche nonostante la disapprovazione sempre più esplicita dei superiori, fino a quando la giovane moglie muore in un attentato (l'esplosione della loro macchina) destinato a lui. Il poliziotto rassegna le dimissioni, dopo aver accusato il proprio capo Higgins di connivenze con Lagana, e prosegue in un'indagine personale sempre più accanita. In un bar, risaputo ritrovo di malavitosi, Bannion individua e si scontra con il sadico Stone, che spegne una sigaretta sulla mano di una donna con cui sta giocando a dadi; un po' ammirando il suo coraggio un po' per ingelosire l'amante, Debbie, la donna di Stone, si fa invitare da Bannion, che spera di ricavarne informazioni. Debbie pagherà caro il suo breve incontro con l'ex poliziotto: al ritorno a casa, viene aggredita da Stone che le butta sul viso una tazza di caffè bollente. Sfregiata, si rifugia nella camera d'albergo di Bannion e gli fa il nome di un assassino di mezza tacca che conosce i fatti; Bannion lo costringe a parlare e subito dopo il piccolo gangster viene ucciso. Per parte sua, Debbie va a casa della vedova Duncan e la fredda con un colpo di pistola, sapendo che così verranno resi noti i documenti nascosti che provano la collusione tra Lagana e il commissario Higgins. Quindi, ultima vendetta, torna da Stone e a sua volta lo sfregia col caffè; lui spara, la ferisce e lei muore tra le braccia di Bannion, chiedendogli di raccontarle della moglie e della loro vita passata. Bannion consegna Stone alla legge e riprende il suo posto in polizia.

Come già in M, anche nei film americani anni Cinquanta The Big Heat e While the City Sleeps (Quando la città dorme, 1956) Fritz Lang mette in scena una città in una luce cruda e intersecata: una luce che svela le manipolazioni della legalità, la corruzione, il confronto costante e spietato tra l'avere e il non avere, l'abisso oltraggioso della ricchezza e della povertà. In questo quadro, sono i legami invisibili tra polizia e grande criminalità, le pulsazioni del sistema corrotto, il tema che Lang ha saputo illuminare meglio di qualsiasi altro cineasta.

The Big Heat è ancora una volta una storia di odii, violenza e cieca vendetta, come la ballata western Rancho Notorious (1952) che lo precede nella filmografia langhiana, film dove le idee di regia viaggiano alla velocità di proiettili attraverso una scenografia di vistose cartapeste e di stridulo Technicolor. The Big Heat è una storia amarissima sul caso e la necessità, sulla immedicabile ambiguità delle identità e dei comportamenti umani, e usa invece immagini sobrie, realistiche, di assoluta normalità. Come le scene di vita familiare di Bannion, brevi, affettuose, subito interrotte dallo stravolgimento della violenza. A quelle immagini fa eco la scena forse più celebre del film, anch'essa perversamente domestica, nella quale Stone, uno dei tanti luogotenenti di Mike Lagana, sadico specialista in piccole azioni sporche, getta caffè bollente sul viso della sua donna. Non si sente che il sibilo del liquido; poi davanti agli occhi abbiamo il dramma grafico d'un volto sfregiato a metà che arriva a rappresentare, anche morfologicamente, la dua-lità del 'buono' e del 'cattivo'. L'attributo 'professionale' della donna è stato distrutto (Gloria Grahame è una ragazza del gangster dolente e feroce), e da qui inizia il cammino verso l'autodistruzione. Angelo di vendetta, Debbie si fa carico di un delitto che Bannion avrebbe volentieri commesso da sé, e sintetizza meglio di ogni altro, con ironia tragica, il senso della colpevolezza universale: "Abbiamo la stessa pelliccia di visone" sono le parole che rivolge alla moglie ricattatrice del poliziotto corrotto e suicida, un istante prima di spararle.

Se in questa storia di pessimismo profondo, che rinuncia al giudizio ma non risparmia nessuno, c'è qualcuno che somigli a un eroe è proprio il personaggio più modesto di tutti: la donna che dalla barriera di un deposito di rottami fornisce a Bannion informazioni determinanti ‒ la sola che osi in una situazione dove tutti gli altri hanno scelto l'omertà, per paura o per convenienza. Da questo personaggio femminile e dalla sua traccia 'morale' potrebbe cominciare la storia del rispetto di sé di Bannion o, accentuando i termini metaforici, un nuovo progetto di società civile; ma il protagonista crede ormai nel diritto di farsi giustizia da sé, distruggendo ogni umanità man mano che procede, accettando collusioni pericolose e le loro conseguenze. Si riduce fin quasi a sparire la distanza tra i metodi di Bannion e l'efferatezza glaciale dei gangster (che lui chiama semplicemente 'ladri', segnalando come la loro identità sia solo frutto di furti, puro simulacro). Il naufragio mentale è vicino: è solo un 'caso' (una combinazione langhiana), il ritrovamento della lettera del collega corrotto, a salvare e riabilitare la figura del poliziotto e con lui a giustificare un'etica ormai collassata. Perché se a questo noir anomalo e politico viene concesso un apparente lieto fine, quella che si è disegnata sullo schermo è l'immagine impietosa d'una società basata sui principi della violenza, dell'avidità e dell'egoismo più spieta-to ‒ lo spettro di un mondo dominato dal fascismo.

Interpreti e personaggi: Glenn Ford (Dave Bannion), Gloria Grahame (Debbie Marsh), Jocelyn Brando (Katie Bannion), Alexander Scourby (Mike Lagana), Lee Marvin (Vince Stone), Jeannette Nolan (Bertha Duncan), Peter Whitney (Tierney), Willy Bouchey (tenente Wilkes), Robert Burton (Gus Burke), Adam Williams (Larry Gordon), Howard Wendell (commissario Higgins), Cris Alcaide (George Rose), Michael Granger (Hugo), Dorothy Green (Lucy Chapman), Carolyn Jones (Doris), Ric Roman (Baldy), Dan Seymour (Atkins), Edith Evanson (Selma Parker).

Bibliografia

Brog., The Big Heat, in "Variety", September 23, 1953.

F. Truffaut, Aimer Fritz Lang, in "Cahiers du cinéma", n. 31, janvier 1954.

L. Anderson, The Big Heat, in "Sight & Sound", n. 1, July-September 1954.

C. McArthur, The Big Heat, London 1992.

S. Socci, Fritz Lang, Firenze 1994.

T. Gunning, The Films of Fritz Lang, London 2000.

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