The Big Parade

Enciclopedia del Cinema (2004)

The Big Parade

David Robinson

(USA 1925, La grande parata, bianco e nero, 146m a 22 fps); regia: King Vidor; produzione: Irving Thalberg per MGM; soggetto: Laurence Stallings; sceneggiatura: King Vidor, Harry Behn, Laurence Stallings, Joseph W. Farnham; fotografia: John Arnold, Henry Sartov; montaggio: Hugh Wynn; scenografia: Cedric Gibbons, James Basevi, James Ewens; costumi: Ethel P. Chaffin; musica: William Axt, David Mendoza.

James Apperson, playboy figlio di un ricco industriale, ha promesso di sposare Justyn Reed, sua fidanzata fin dall'infanzia. Nel 1917, all'entrata in guerra del suo paese, spinto dal fervore patriottico popolare il giovane si arruola nel Corpo di Spedizione Americano, con grande stupore del padre che disapprova la sua scelta. Nell'esercito si ritrova a fianco come compagni d'armi uomini di estrazione sociale molto diversa dalla sua, tra i quali Slim, un operaio, e Bull, un barista. Il loro reggimento viene inviato in Francia, dove i soldati conducono una vita, spesso noiosa, fatta di rigida disciplina e umili incarichi, cercando il cibo tra gli scarti, rubando il vino qua e là e amoreggiando con le ragazze del posto. James ha una relazione con Mélisande, una ragazza francese, ma una fotografia inviatagli da Justyn gli fa ricordare la sua promessa, con grande delusione di Mélisande. Le truppe vengono inviate al fronte. James e Mélisande si cercano disperatamente nella confusione e soltanto all'ultimo momento riescono ad abbracciarsi, prima che James parta. Mélisande si aggrappa disperata al camion che lo porta via e James le getta un improbabile pegno d'amore, uno scarpone che la ragazza accarezza affettuosamente. Al fronte gli uomini partecipano a un feroce assalto contro i tedeschi nel quale Slim e Bull perdono la vita mentre James, che era accorso disperatamente in loro difesa, rimane gravemente ferito. Nonostante le sue condizioni egli parte alla vana ricerca di Mélisande e apprende che il villaggio della ragazza è stato assalito. James viene rimpatriato e non riesce a ignorare lo shock dei propri familiari quando essi vedono che ha perso una gamba. James confida alla madre la sua storia con Mélisande e lei, sapendo che nel frattempo Justyn ha iniziato una relazione con il fratello di James, gli consiglia di ritornare a cercarla in Francia, dove i due infine si ritroveranno.

King Vidor, che all'età di trent'anni era ormai uno dei registi di punta della Metro-Goldwyn-Mayer, era intenzionato a girare un film "capace di rimanere in programmazione nelle sale per più di una settimana". Convinse quindi il giovane e perspicace direttore di produzione Irving Thalberg a realizzare un film di guerra, genere che all'epoca godeva di pessima fama dal punto di vista commerciale. "Io volevo fare un film sincero. Fino ad allora i film sull'argomento, che esaltavano gli ufficiali e la guerra, erano sempre stati falsi. Non si era mai visto un solo film americano che mostrasse la guerra dal punto di vista dei soldati semplici, non uno che fosse realmente contrario alla guerra". Thalberg suggerì a Vidor di collaborare con lo scrittore Laurence Stallings, che aveva appena ottenuto un grande successo con la sua opera teatrale What Price Glory?. Stallings aveva prestato servizio nel Corpo dei Marine e, come James Apperson nel film, aveva perso una gamba nella strage di Belleau Wood. Vidor unì autenticità documentaria ‒ attingendo alle risorse messe generosamente a disposizione dall'esercito americano ‒ e formalismo estetico. La scena della marcia verso Belleau Wood, per esempio, venne girata al battito di un tamburo sincronizzato al ritmo di un metronomo e amplificato in modo da poter essere udito da tutta la troupe. Quando un veterano dell'esercito inglese protestò, sostenendo che si trattava di "un balletto sanguinoso", Vidor riconobbe: "Era esattamente questo ‒ un balletto sanguinoso, un balletto di morte". Il film si divide in due parti della medesima durata circa. Nei primi settanta minuti, dalla struttura più sciolta, vediamo la chiamata alle armi, l'addestramento e la noia della vita militare, in cui i soldati oziano cercando di divertirsi come possono nell'ansiosa attesa di entrare in azione. La relazione tra James e Mélisande all'inizio è spensierata: Vidor costruisce per esempio un'incantevole scena di corteggiamento sull'iniziazione di Mélisande all'arte di masticare il chewing gum. Il tono e il ritmo mutano bruscamente nella virtuosistica scena della mobilitazione delle truppe, in cui James e Mélisande si cercano a vicenda in un crescendo di disperazione. Da questo momento in poi il film non risparmia alcun realismo nella descrizione della guerra. La "Grande Parata" ha inizio con un'interminabile successione di mezzi e di uomini, sorvegliati dall'alto dagli aerei, e procede a perdita d'occhio lungo una strada rettilinea che sconfina all'orizzonte. Al fronte l'intimità con la morte è terribile: gli uomini, nelle trincee e nei crateri prodotti dalle bombe, uccidono i nemici uno a uno con le mitragliatrici o con le granate. Questa intimità raggiunge il proprio culmine quando James viene scaraventato in una buca insieme a un soldato che stava cercando di ucciderlo. Il nemico appare come un automa mostruoso e impersonale finché non si toglie l'elmetto e la maschera a gas, dietro la quale scopriamo il volto terrorizzato di un ragazzo morente, al cui sguardo fisso e implorante James tenta invano di sfuggire. È possibile che questa scena abbia ispirato l'assai simile e non meno sconvolgente sequenza di All Quiet on the Western Front di Lewis Milestone?

Il film passa bruscamente dalla guerra al dopoguerra con il ritorno di James alla sua serena e splendida casa di famiglia. L'abile interpretazione di John Gilbert raggiunge il proprio culmine quando, nell'abbraccio con i familiari, il suo viso riflette con straordinaria precisione il rapido scambio di emozioni tra di loro e il proprio sentimento di devastazione. La scena finale del ricongiungimento tra James e Mélisande, nonostante il suo realismo, potrebbe sconcertare uno spettatore moderno, spingendosi a un livello fiabesco ed emotivo che soltanto il cinema muto nei suoi momenti migliori ha saputo raggiungere. Negli Stati Uniti The Big Parade ottenne uno straordinario successo di pubblico e rimase in programmazione per ottantasei settimane all'Astor Theatre di New York. In Inghilterra la critica si dimostrò generalmente ostile al film, che ritraeva esclusivamente il contributo americano alla guerra, ma la risposta del pubblico alla sua autenticità sia in fatto di rappresentazione che di espressione dei sentimenti fu altrettanto entusiasta che negli Stati Uniti. Il film catapultò il venticinquenne interprete John Gilbert ai vertici della carriera e assicurò a Vidor quel prestigio e quell'indipendenza che gli avrebbero poi permesso di realizzare un'opera così personale e anticonformista come The Crowd, che faceva eco a The Big Parade nel mostrare un protagonista "che non possiede la capacità di creare le situazioni in cui si trova, ma che nondimeno le condivide dal punto di vista emotivo".

L'accompagnamento musicale per orchestra eseguito in occasione della presentazione del film fu composto da William Axt e David Mendoza. Un nuovo accompagnamento musicale per orchestra, composto da Carl Davis, fu invece eseguito per la prima volta nel novembre 1985, in occasione del 29° London Film Festival, e successivamente in numerose altre occasioni.

Interpreti e personaggi: John Gilbert (James Apperson), Renée Adorée (Mélisande), Hobart Bosworth (Mr. Apperson), Claire McDowell (Mrs. Apperson), Claire Adams (Justyn Reed), Robert Ober (Harry Apperson), Tom O'Brien (Bull O'Hara), Karl Dane (Slim), Rosita Martini (madre di Mélisande), George K. Arthur (George), Erik Arnold.

Bibliografia

Ung., The Big Parade, in "Variety", November 11, 1925.

R.E. Sherwood, The Big Parade, in "Life", n. 2249, December 10, 1925, poi in Selected Film Criticism, a cura di A. Slide, Metuchen, NJ-London 1982.

F. Di Giammatteo, 'The Big Parade', ingenuo pacifismo di King Vidor, in "Bianco e nero", n. 10-11, ottobre-novembre 1960.

J. Baxter, King Vidor, London 1970.

R. Durgnat, The Big Parade, in "Film Comment", n. 4, July-August 1973.

B. Amengual, Entre l'horizon d'un seul et l'horizon de tous (sur 'La grande parade' et 'La foule'), in "Positif", n. 161, septembre 1974.

R. Schickel, The Men Who Made the Movies, New York 1975.

C. Denton, King Vidor, in The Hollywood Professionals, 5° vol., London 1976.

L. Gilbert Fountain, Dark Star. The Untold Story of the Meteoric Rise and Fall of Legendary Silent Screen Star John Gilbert, New York 1985.

E. Comuzio, King Vidor, Firenze 1986.

S. Simmon, R. Durgnat, King Vidor, American, Berkeley 1988.

La grande parata. Il cinema di King Vidor, a cura di S. Toffetti, A. Morini, Torino, 1994.

CATEGORIE
TAG

Irving thalberg

Lewis milestone

Cedric gibbons

Renée adorée

John gilbert