The Wild Bunch

Enciclopedia del Cinema (2004)

The Wild Bunch

Roy Menarini

(USA 1969, Il mucchio selvaggio, colore, 148m); regia: Sam Peckinpah; produzione: Phil Feldman per Warner Bros./ Seven Arts; soggetto: Walon Green, Roy N. Sickner; sceneggiatura: Walon Green, Sam Peckinpah; fotografia: Lucien Ballard; montaggio: Louis Lombardo; scenografia: Edward Carrere; musica: Jerry Fielding.

È il 1914, nell'Ovest americano. La banda di Pike Bi-shop vive di rapine e assalti. Durante il colpo a una banca nel sud del Texas, il gruppo (travestito con le uniformi della cavalleria) viene decimato nel corso di una lunga sparatoria. A tendere l'agguato sono stati gli uomini di Harrigan, spregiudicato proprietario della ferrovia che ricatta Deke, ex compagno di Pike, perché catturi o elimini il capobanda. Tra i pochi sopravvissuti alla carneficina ci sono lo stesso Pike, Dutch, Lyle e Tector. Insieme a loro, il messicano Angel. I pistoleri scoprono inoltre che al posto del bottino hanno sottratto rondelle d'acciaio. I proprietari della banca intanto assoldano alcuni bounty killers per dare la caccia ai superstiti. Questi, in fuga, raggiungono il Messico, dove la rivoluzione divampa, e si rifugiano nel paese di origine di Angel, accolti con affetto e allegria. Qui un piccolo dittatore, Mapache, responsabile della morte del padre di Angel, convince la banda a lavorare per lui in cambio di guadagni sicuri. Pike e soci finiscono così col rapinare un treno e sottrarre le munizioni che trasporta. L'affare, però, è complicato dal fatto che Angel simpatizza con gli insorti e, d'accordo con i compagni, tiene da parte alcune armi per loro. Mapache lo cattura e lo sevizia, fino a che Pike e i suoi uomini, dopo aver cercato di ignorare l'accaduto, si armano di tutto punto e si presentano a Mapache pronti alla battaglia. È l'ultimo sussulto di giustizia di uomini che, sebbene avvezzi alla violenza, mantengono un vago senso dell'onore. Mapache sgozza Angel e scatena la reazione dei compagni. Esplode così un'altra sanguinosa e parossistica sparatoria in cui le vittime sono decine. Uno dopo l'altro tutti i componenti del 'mucchio selvaggio' muoiono. Deke, che guida i bounty killers, osserva la carneficina da lontano, poi si avvicina ai cadaveri. A loro volta, i contadini bloccano e uccidono i bounty killers giunti troppo tardi a eliminare la banda di Pike. Questa volta, Deke decide di rimanere a vivere con i contadini.

Per avere un'idea del ruolo di The Wild Bunch nella storia del cinema basta pensare alla notorietà di un titolo, quello italiano, che continua ancora oggi a essere saccheggiato da testate giornalistiche e pubblicitarie, presente nei commenti di cronaca e sportivi, foriero di nomi di gruppi organizzati e oggetto di altre citazioni più o meno allusive da parte di tutti i media. The Wild Bunch è dunque un film longevo, sulla cui celebrità non c'è discussione. I motivi che hanno decretato una così lunga sopravvivenza nell'immaginario degli spettatori sembrano risiedere principalmente nella rappresentazione della violenza e nell'originalità del racconto.

Il film è aperto e chiuso da due iperboliche stragi, che racchiudono le azioni della storia. Si tratta di due sequenze destinate a rimanere nella memoria. Il gesto dell'uccidere, la morte nello scontro, il dettaglio della sofferenza vengono per la prima volta isolati con gusto macabro e sensazionale. Il celebre uso del ralenti per la messa in scena delle sparatorie (poi imitato da decine di registi) serve a enfatizzare i momenti essenziali della violenza all'interno di azioni ‒ scontri a fuoco, inseguimenti, cadute ‒ altrimenti caotiche e impercettibili, e a costruire un'autentica coreografia della morte. Lo scopo di tale strategia stilistica è al contempo spettacolare e filosofico. Si tratta, cioè, di sfidare le convenzioni rappresentative del western ‒ già scosse negli anni precedenti dalla 'ribalderia' di Sergio Leone ‒ e di capovolgerne di segno l'epica soggiacente. The Wild Bunch non è il primo film che contesta le basi etiche del cinema della frontiera, ma è il primo a farlo coinvolgendo lo spettatore in un gioco di attrazione e repulsione verso ciò che sta vedendo. I pistoleri del film tradiscono il rimpianto per l'età giovanile, rimandano a un passato che probabilmente non esiste, vivono di una ferocia istintuale e di una coazione a ripetere la propria catastrofe.

Vertice dell'arte di Sam Peckinpah, il film sembra esaltarne anche le contraddizioni e soffiare sul fuoco delle polemiche. Al contrario di altre opere che danno voce alla contestazione nei confronti di un'America patriarcale e bigotta (per esempio, Easy Rider), The Wild Bunch non è certo firmato da un liberal di sinistra. A Peckinpah interessa la violenza in quanto elemento insopprimibile dei rapporti umani e luogo fatale dei miti della società americana. Il selvaggio West non è dunque una storia da riscrivere secondo un punto di vista rovesciato (come in Soldier BlueSoldato blu, Ralph Nelson 1970, o in A Man Called HorseUn uomo chiamato cavallo, Elliot Silverstein 1970), ma luogo di soprusi e di gesti di morte, governati dalla necessità della violenza e della sopravvivenza. Tuttavia, l'eroismo non viene sepolto: si nasconde dietro scelte, comportamenti, decisioni che portano le stimmate di un rudimentale senso dell'onore. Alla fine, al mucchio selvaggio basta uno sguardo per scegliere di andare al massacro, tale è la prossimità tra la vita e la morte. Un'etica di stampo nichilista, questa, che ha alimentato l'accusa di filofascismo e di gusto sadico spesso riservate al regista, confermata negli anni successivi di fronte a opere quali Straw Dogs o Cross of Iron (La croce di ferro, 1977).

Al di là delle pur interessanti diatribe ideologiche, va detto che il pessimismo radicale mostrato dall'autore è davvero inedito. Anche la rivoluzione messicana ‒ pur nella visione edenica del villaggio dei campesinos ‒ è rappresentata come uno scontro tra istanze di spontanea ribellione (pur sempre compromessa con la violenza) e lo sfascio di un sistema politico e sociale imperniato sulla sopraffazione. I personaggi della banda di Pike sono governati da contorti rapporti psicologici, di volta in volta simbolicamente equiparabili a quelli tra padre e figlio o tra fratello e fratello. L'esaltazione della loro violenza non è oscena, bensì ponderata allo scopo di ricordare a chi guarda che il suo ruolo non è neutrale né estraneo. The Wild Bunch resta una pietra miliare per il genere western e un momento di rinnovamento e sperimentazione del linguaggio cinematografico, grazie soprattutto all'introduzione del ralenti e dei brevissimi tagli di montaggio che hanno contribuito a costruire un nuovo senso del tempo nel racconto per immagini.

Interpreti e personaggi: William Holden (Pike Bishop), Ernest Borgnine (Dutch Engstrom), Robert Ryan (Deke Thornton), Edmund O'Brien (Sykes), Warren Oates (Lyle Gorch), Jaime Sanchez (Angel), Ben Johnson (Tector Gorch), Emilio Fernandez (Mapache), Strother Martin (Coffer), L.Q. Jones (T.C.), Bo Hopkins (Crazy Lee), Albert Dekker (Harrigan), Alfonso Arau (Herrera), Jorge Russek (Zamorra), Sonia Amelio (Teresa), Chano Urueta (don José), Elsa Cardenas (Elsa).

Bibliografia

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