BETHMANN-HOLLWEG, Theobald von

Enciclopedia Italiana (1930)

BETHMANN-HOLLWEG, Theobald von

Giuseppe GALLAVRESI

Uomo politico tedesco, nato il 29 novembre 1856 a Hohenfinow, nella marca di Brandeburgo. Compiuti gli studî giuridici, fu nel 1885 assessore di governo a Potsdam, poi consigliere (Landrath) a Ober-Barnim, nel 1896 di nuovo a Potsdam come Oberpräsidialrath, nel 1899 presidente del governo a Bromberg, e alla fine dello stesso anno presidente del governo del Brandeburgo. Eletto deputato al Reichstag, si ascrisse al partito dell'Impero, che costituiva l'ala più temperata dei conservatori. Nel 1905 divenne ministro dell'interno nel governo prussiano, e dopo due anni vicepresidente del governo stesso, assumendo il dicastero dell'interno nel governo imperiale. Quando nel luglio 1909 il principe di Bülow lasciò la carica di cancelliere dell'impero essendo i suoi progetti fiscali avversati dalla maggioranza del Reichtstag, il B. fu chiamato a sostituirlo, con un programma di conciliazione soprattutto verso il centro cattolico. E, pur non riuscendo a fare accettare dalla maggioranza di destra del parlamento prussiano una riforma elettorale che aboliva il suffragio indiretto, poté invece condurre in porto la costituzione dell'Alsazia-Lorena, entrata in vigore nel 1911, sebbene il suo desiderio di attutire la tensione fra il governo centrale e gli abitanti di quelle provincie, sempre riluttanti ad accettare il dominio tedesco, fosse reso in gran parte vano dagl'incidenti provocati dall'atteggiamento delle autorità militari nel 1913, all'epoca dei conflitti di Saverne.

Il B. non era immune da quei sentimenti di diffidenza verso l'Inghilterra che dominavano tanta parte dei suoi compatrioti, e sembrava convinto che Edoardo VII avesse avuto di mira l'accerchiamento della Germania. Desideroso com'era di rompere questo temuto blocco con mezzi pacifici, accettò di trattare col liberale inglese lord Haldane per tentare di concludere un patto d'alleanza anglo-germanica, ma non riescí neppure a stringerne uno di eventuale neutralità, per colpa, del resto, anche dell'ammiraglio von Tirpitz, che si rifiutava di prendere impegni. Di fronte alla Russia e alla Francia, il B. era assai più incline ad adoperare metodi energici, e volle pertanto appoggiare le rivendicazioni tedesche nel Marocco con l'invio della cannoniera Panther ad Agadir (estate 1911). Il ministro degli esteri Kiderlen-Wachter avviò le trattative per un accordo con la Francia in base a compensi coloniali, e riescì a concluderlo nel novembre 1911. Il cancelliere parve sorpreso e irritato dell'opposizione di molti Francesi ai sacrifici imposti dalla Germania per rinunciare all'internazionalizzazione del Marocco. In quel tempo l'atteggiamento del B. era più favorevole all'Italia di quello di molti altri uomini politici tedeschi, irritati dall'impresa di Libia che poneva a repentaglio l'equilibrio balcanico. Egli si oppose a ogni intervento per abbreviare la guerra italo-turca, anche quando, nell'estate del 1912, l'Austria insisteva per prevenire l'attuazione dei piani della lega fra gli stati balcanici, costituitasi pochi mesi prima sotto gli auspici della Russia. Era il tempo in cui, forse d'intesa con l'arciduca ereditario Francesco Ferdinando, il gabinetto di Berlino favoriva una trasformazione della monarchia degli Asburgo in uno stato federalista. Firmata la pace di Ouchy, il B. cooperò attivamente alla rinnovazione della Triplice Alleanza. Dopo le guerre balcaniche, egli favorì le riserve degli Austriaci, che si trovavano a tale riguardo d'accordo col di San Giuliano, per un'estensione del territorio serbo fino alle sponde dell'Adriatico. Quando però il gabinetto di Vienna si mostrò propenso a risolvere il problema ricorrendo alle armi, l'azione del B. fu sostanzialmente pacificatrice.

Nella crisi del 1914 il B. accettò interamente il punto di vista austro-ungarico della necessità di dare una lezione alla Serbia dopo l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, e seguì ciecamente gli Stati maggiori dell'esercito e della marina nel ritenere inevitabile, anzi doverosa per la Germania la mobilitazione generale dopo quella parziale della Russia verso i confini austriaci. Più diretta fu la responsabilità del cancelliere nell'ammettere il criterio strategico come predominante nella questione delicatissima del passaggio delle truppe tedesche sul territorio belga, che doveva portare automaticamente alla guerra con l'Inghilterra. Nelle ultime conversazioni da lui avute col Goschen, ambasciatore inglese a Berlino, il cancelliere espresse la sua accorata meraviglia che due popoli della stessa origine, quali i Tedeschi e gli Anglo-sassoni, dovessero battersi gli uni contro gli altri per quel "pezzo di carta" del trattato di garanzia della neutralità belga, frase che gli fu poi molto rimproverata. Prima ancora della violazione del territorio belga, l'ambasciatore americano a Berlino, Gerard, si era rivolto al B. offrendo la mediazione americana, ma l'offerta rimase senza risposta. Il 4 agosto il B. pronunciò il primo dei suoi famosi discorsi parlamentari del tempo di guerra e vi inserì un'infelicissima frase, con la quale pretendeva di giustificare l'invasione del Belgio: "Necessità non conosce legge". D'altra parte, vi è motivo di credere che il cancelliere, passato il primo momento d'irritazione per la neutralità dichiarata dall'Italia, riconoscesse come l'attacco dell'Austria alla Serbia fosse avvenuto in condizioni tali da esimere l'Italia stessa dal partecipare alla guerra accanto alle potenze centrali. Forse anche, per un comprensibile apprezzamento dei vantaggi che avrebbe potuto recare un atteggiamento amichevole dell'Italia col prolungarsi della guerra, il B. favorì l'occupazione di Valona da parte degl'Italiani, e si apprestò ad appoggiarli nei negoziati ripresi verso la fine del 1914 con l'Austria per l'applicazione dell'art. 7 del trattato della triplice alleanza. All'indomani di un nuovo discorso pronunciato nel dicembre alla riconvocazione del Reichstag, il B. incaricò il principe di Bülow di riassumere l'ambasciata germanica presso il Quirinale, dando impulso con ogni mezzo alle trattative per mantenere l'Italia nella Triplice a prezzo di concessioni anche territoriali da parte dell'Austria. Specialmente nell'aprile e maggio 1915 il B. lasciò la mano libera al suo fiduciario Erzberger per forzare tardivamente l'Austria a cedere e tentare di sostituire un governo neutralista a quello presieduto dal Salandra. Intanto il 7 maggio un sottomarino tedesco aveva silurato il piroscafo Lucitania, e numerosi americani vi avevano perduto la vita. Il presidente degli Stati Uniti, Wilson, trasse motivo da questo affondamento e dall'altro della nave Arabic, seguito nell'agosto, per chiedere al governo tedesco di disciplinare in qualche modo la guerra sottomarina. Il colonnello House, per incarico del presidente, venne in Europa, e, mentre si adoperava per risolvere almeno provvisoriamente la lunga controversia circa l'uso dei sottomarini, volle anche tentare di trovare una base per negoziati di pace sotto gli auspici dell'America. Il cancelliere germanico, che aveva in sostanza sostenuto l'ambasciatore tedesco a Washington conte Bernstorff nell'escogitare formule che potessero dare agli Stati Uniti l'impressione di qualche freno alla guerra sottomarina, si doleva amaramente della mancanza di rispondenza ai suoi gesti concilianti. In realtà egli credeva di aver fatto molto resistendo all'ammiraglio von Tirpitz, che avrebbe voluto un uso illimitato dei sottomarini, e precisando nella primavera del 1916 gli scopi di guerra del governo tedesco. Verso la fine del 1916 il B. fece pubbliche offerte, per mezzo dei rappresentanti americano, svizzero e spagnolo a Berlino, per l'inizio di trattative di pace; e quasi contemporaneamente il presidente Wilson indirizzò una nota ai belligeranti per promuovere uno scambio d'idee che potessero condurre alla pace. Le potenze dell'Intesa, mentre declinarono l'invito del B. come privo di precisione, consentirono a chiarire le loro condizioni in una risposta indirizzata nel gennaio 1917 al presidente degli Stati Uniti. Proprio in quel punto in cui s'incrociavano gli scambî di note, che, per il momento vani, davano al Wilson la speranza di poter annodare trattative di pace, il B. non ebbe più la forza di trattenere gli alti comandi della marina dal riprendere e intensificare l'uso illimitato dei sottomarini. Tale metodo di guerra fu preannunziato alla fine di gennaio 1917 al presidente Wilson. Com'era da prevedere, il 5 febbraio gli Stati Uniti d'America ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania. Il 26 febbraio il gabinetto di Washington ebbe poi conoscenza di un telegramma del Ministero degli esteri germanico al governo del Messico, in cui gli si offriva il ricupero di tre degli stati messicani annessi dagli Stati Uniti e si suggerivano approcci per guadagnare i Giapponesi, staccandoli dall'Intesa. Il telegramma, intercettato nella capitale del Messico dal servizio d'iriformazioni britannico, era firmato dal segretario di stato Zimmermann, ma il B., capo responsabile del ministero tedesco, fu irrimediabilmente compromesso di fronte agli Stati Uniti per avere autorizzato simili tentativi di uno dei suoi principali collaboratori, mentre la Germania era ancora in pace con gli Stati Uniti. Ormai la raccomandazione in extremis del conte Bernstorff di dare in mano al presidente Wilson elementi sufficienti per conoscere il programma minimo della Germania, raccomandazione che il B. credette di avere accolta col suo telegramma del 29 gennaio, era praticamente sorpassata dagli eventi; e la Germania perdeva l'ultima occasione di avviare con la garanzia degli Stati Uniti d'America trattative per una pace di compromesso. Dieci giorni dopo la rottura delle relazioni diplomatiche fra la Germania e gli Stati Uniti, le ali estreme dei partiti espansionisti prevalsero di colpo anche nelle file dell'Intesa, ove sino allora erano state energicamente contenute dagli uomini di governo e dall'opinione pubblica. Il ministero francese chiese e ottenne solo allora la promessa di estendere le rivendicazioni territoriali a tutta la riva sinistra del Reno; e la Russia dal canto suo si propose apertamente, oltre all'occupazione di Costantinopoli, un'estensione delle sue frontiere occidentali. Lloyd George era succeduto all'Asquith ed al Grey nella direzione della politica estera, e il gabinetto di Londra aderì a tale amplificazione degli scopi di guerra, nel momento in cui le prospettive di pace generale che, nonostante la sua debolezza di fronte all'elemento militare, erano schiettamente arrise al B., dileguavano irrimediabilmente. Con lo scoppio della rivoluzione russa e l'abdicazione dello zar Nicola II, avvenuta il 16 marzo, si schiudeva invece la possibilità d'una pace separata russo-tedesca, mentre dal canto suo l'imperatore Carlo cercava di accordarsi segretamente con Francia e Inghilterra per il tramite del cognato principe Sisto di Borbone. Da quel punto il cancelliere parve ricoverarsi fatalisticamente al riparo della responsabilità assunta dal supremo comando dell'esercito e della marina sotto l'egida dell'imperatore. La freddezza dei rapporti con le autorità militari, specialmente col Ludendorff, dominò l'atteggiamento del cancelliere anche nella politica interna diretta alla formazione di un'unione nazionale, grazie a riforme democratiche preannunciate dall'imperatore Guglielmo nel messaggio di Pasqua del 1917. Come adempimento di tale promessa e nella sua qualità di re di Prussia, Guglielmo II decise la riforma elettorale prussiana l'11 luglio 1917. Frattanto l'entrata in guerra dell'America e l'insuccesso della guerra sottomarina, nonché l'impossibilità per l'Austria di sostenersi da sola un altro inverno, avevano convinto molti parlamentari tedeschi, che trovarono il loro interprete nell'Erzberger, della necessità di rinunciare a ogni nuova offensiva e di proporre seriamente la pace, nell'atto stesso in cui le riforme interne potevano raggruppare visibilmente il popolo tedesco intorno al suo governo. Gli echi risvegliati fra i socialisti germanici dalle manifestazioni della rivoluzione russa facilitarono queste iniziative, che trovarono poi uno sbocco nella mozione in favore della pace, votata dal Reichstag il 19 luglio. In sostanza, era quella la rivincita del cancelliere di fronte agli alti comandi; ma la sua passività nel mezzo dei maneggi avviati dall'Erzberger nel mondo parlamentare diede buon gioco ai suoi avversarî e, quando il Ludendorff pose all'imperatore il dilemma fra il mutamento del cancelliere e le sue dimissioni, Guglielmo II abbandonò il B., il quale si ritirò il 14 luglio e fu sostituito nel cancellierato dal Michaelis. Dopo il suo ritorno alla vita privata, il B. si limitò a premere confidenzialmente sui suoi successori non immediati, il Hertling e il principe Massimiliano di Baden, perché cercassero con pubbliche manifestazioni di riannodare qualche scambio di vedute con l'Inghilterra e con l'America, che potesse condurre a trattative di pace. Posteriormente alla sconfitta della Germania e alla caduta dell'impero, pubblicò nel 1919 uno studio retrospettivo che intitolò Betrachtungen zum Weltkrieg. Morì nella sua tenuta di Hohenfinow il 2 gennaio 1921.

Bibl.: Helfferich, Vom Kriegsaubruch bis zum uneingeschränkten U.-Bootkrieg, Berlino 1919; Kautsky, Die deutschen Dokumente zum Kriegsausbruch, Charlottenburg 1919; Seymour, The intimate papers of colonel House, Londra 1926; Ludendorff, Meine Kriegserinnungen, Berlino 1919; M. Hoffmann, Der Krieg der versäumten Gelegenheiten, Monaco 1923; M. Erzberger, Erlebnisse im Weltkrieg, Stoccarda 1920; M. Von Baden, Erinnerungen und Dokumente, Berlino 1927.

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