Macaulay, Thomas Babington

Enciclopedia Dantesca (1970)

Macaulay, Thomas Babington

Eric R. Vincent

Statista, storico e letterato inglese (Rothley Temple, Leicestershire, 1800 - Londra 1859), nominato Baron Macaulay nel 1857. Educato in scuole private e al Trinity College (Cambridge) del quale fu eletto ‛ Fellow ' nel 1824, entrò nel parlamento come deputato liberale della città di Calne nel 1830. Mentre perseguiva una carriera politica attivissima, seppe trovare il tempo per comporre una grande storia dell'Inghilterra, poesie (The Lays of Ancient Rome, ecc.) e saggi su svariatissime materie.

Fu grandissimo ammiratore di D.; nel suo diario, sotto la data 3 novembre 1838, scrisse: " Non credo che ci siano molti la cui mente sia stata così intimamente compenetrata dallo spirito di una grande opera d'arte come la mia da quello della Divina Commedia ". Già nel 1824 aveva scritto un saggio sul poeta italiano, pubblicato nel " Knight's Quarterly Magazine ", pieno di una comprensione rara fra gl'Inglesi di quell'epoca. Ivi egli difende D. contro certi critici contemporanei che trovano il suo realismo ‛ grottesco ', e spiega molto bene che come viaggiatore nell'oltretomba il poeta aveva bisogno di fare descrizioni precisissime per convincere il lettore della verosimiglianza del viaggio. Sotto quest'aspetto il M. fa confronti originali con alcuni scrittori inglesi, i quali, benché con scopi molto diversi, avevano descritto viaggi immaginari, cioè con Swift (Gulliver's Travels) e Defoe (Robinson Crusoe).

Nell'anno seguente (1825) il M. pubblicò un articolo nella " Edinburgh Review " sul Milton, nel quale fa un confronto fra D. e il grande poeta inglese. Qui ritorna al preciso realismo del poeta italiano, sempre adoperato per chiarire l'immagine, mai per scopi retorici o letterari, mentre al contrario le descrizioni di Milton, benché bellissime, appaiono più vaghe e astratte.

Il M., nonostante la sua intelligente comprensione di D., fu però influenzato dalla critica contemporanea inglese, che considerava D. poeta ‛ lugubre ', ‛ triste ', ‛ misantropo ': " Pare che le immagini nauseanti e ributtanti abbiano avuto uno speciale fascino per D. e spesso egli presenta al lettore, con tutta l'energia del suo incomparabile stile, descrizioni stomachevoli da cloaca e da ospedale ".

Considerando l'atteggiamento di D. verso il mondo fisico della natura e confrontandolo con quello quasi panteistico dei poeti contemporanei, il M. lo definisce " il poeta dell'uomo ". La natura, cioè, è soltanto la cornice nella quale l'uomo è posto da Dio come figura centrale. Scrivendo per lettori inglesi del periodo romantico, il M. ha dovuto insistere che per D. la natura in sé non ha speciale valore, se non come emanazione da Dio per servire da ambiente per l'uomo.

Bibl. - G.O. Trevelyan, The Life and Letters of Lord M., Londra 1876; P. Toynbee, D. in English Literature from Chaucer to Cary, Londra 1909; W.P. Friederich, Dante's Fame Abroad 1350-1850, Roma 1950, 296-300.

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