Mann, Thomas

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Scrittore tedesco (Lubecca 1875 - Zurigo 1955). Nacque da agiata famiglia mercantile: il padre, eletto senatore nel 1877, era titolare di una ditta di export-import in granaglie; la madre, brasiliana, era aperta al mondo delle arti. Alla morte del padre (1891), liquidata la ditta, si trasferì con la famiglia a Monaco senza aver concluso gli studî liceali. Tra il 1895 e il 1898 soggiornò a lungo, insieme al fratello Heinrich, a Roma e a Palestrina. Tornato a Monaco, lavorò nella redazione del Simplicissimus, ma ben presto abbandonò ogni altra occupazione per dedicarsi esclusivamente alle lettere. La prima guerra mondiale, cui M. non partecipò attivamente in quanto dichiarato inabile, segnò la rottura con il fratello Heinrich per una totale divergenza di vedute destinata a cadere solo con l'avvento del nazismo. Il dopoguerra segnò la sua definitiva affermazione, fino a farne il massimo rappresentante della letteratura tedesca. Nel 1929 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Durante uno dei suoi viaggi nei Paesi Bassi, nel febbraio del 1933, maturò la decisione di non rientrare più in Germania. Si stabilì in un primo tempo sulla Riviera francese, indi nei pressi di Zurigo, infine negli Stati Uniti, dapprima a Princeton nel New Jersey, per due anni impegnato presso la locale università quale professore ospite, in seguito, per 13 anni, a Pacific Palisades in California. Nel 1936 il regime nazista lo privò della cittadinanza tedesca. Ma già prima lo scrittore aveva ottenuto quella cecoslovacca, che mantenne fino al 1944, quando divenne cittadino statunitense. Lasciati gli Stati Uniti nell'estate del 1952, tornò a risiedere in Svizzera, da ultimo a Kilchberg presso Zurigo. Fra i più tardi riconoscimenti fu anche il premio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei, della quale era socio straniero (1947). Erede del realismo ottocentesco tedesco, aperto alla lezione dei grandi narratori francesi e russi, sin dalla prima raccolta di racconti Der kleine Herr Friedemann (1898) M. imposta la problematica dell'isolamento dell'individuo di fronte alla società borghese; problematica che di lì a poco, in Tristan e tanto più in Tonio Kröger (ambedue 1903), si precisa come quella dell'artista e dello spirito creativo di fronte alla società. A monte di essa si avverte la presenza di Schopenhauer, Wagner e Nietzsche, suoi dichiarati maestri. La loro lezione si coglie bene nella prima delle sue opere di vaste dimensioni, il romanzo Buddenbrooks (1901), storia del successo e del declino di una ricca famiglia mercantile di Lubecca e insieme spaccato di storia tedesca nell'epoca dell'insorgente grande capitalismo e della incipiente prussianizzazione della Germania. Dopo il dramma Fiorenza (1905), unico, non felice sconfinamento in campo teatrale, e il nuovo romanzo formalmente assai maturo Königliche Hoheit (1909), M. riprende in chiave tragica il tema del dissidio fra artista e mondo circostante con il racconto Der Tod in Venedig (1912), uno dei capolavori del decadentismo europeo. Al felice idillio narrativo Herr und Hund (1919) seguì il nuovo grande romanzo Der Zauberberg (1924), in cui alla voluta povertà dell'azione corrisponde la ricchezza delle meditazioni, riflessioni e dispute che affrontano i problemi culturali dell'epoca. Ne emerge ancora e tanto più una società malata, fatalmente declinante, privata di autentica scelta nell'alternativa fra progressismo democratico e socialità autoritariamente garantita. Dopo Mario und der Zauberer (1930), ambientato nell'Italia del "disordine" fascista, M. ritorna all'opera ciclica con Joseph und seine Brüder, 4 volumi apparsi fra il 1933 e il '43, rielaborazione in chiave mitica del racconto biblico concepita in spregio alla rifioritura dei miti germanici promossa dalla cultura di ispirazione nazista. A quello stesso periodo appartengono il romanzo goethiano Lotte in Weimar (1939) e il racconto Das Gesetz (1944), dopo i quali M. si misura ancora una volta con un progetto totalizzante nel Doktor Faustus (1947), il più arduo e suggestivo dei suoi romanzi, in cui la tormentata parabola della Germania è ripercorsa attraverso le vicende di un personaggio faustiano, il musicista d'avanguardia Adrian Leverkühn. Le opere che seguirono si collocano per lo più fra la squisita esercitazione e il "divertimento" ad alto livello: da segnalare il diaristico Roman eines Romans. Die Entstehung des Doktor Faustus (1949), il ritorno alla leggenda medievale di impianto edipeo relativa al fittizio Gregorio Papa in Der Erwählte (1951), la novella Die Betrogene (1953), le salaci e divertite Bekenntnisse des Hochstaplers Felix Krull (1954). Tra i numerosi saggi di vario argomento, quelli che meglio definiscono il M. umanista, erede principe della tradizione culturale tedesca ed europea, sono raccolti nel volume Adel des Geistes (1945). Postumi a cura di P. de Mendelssohn (fino al 5° vol.) e poi di I. Jens, vengono pubblicati i diarî di M.: Tagebücher (9 voll., dal 1977 al 1993, per gli anni dal 1933 al 1952; il 3° vol. per gli anni 1918-21).

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