RUFINO, Tirannio

Enciclopedia Italiana (1936)

RUFINO, Tirannio (Tyrannius Rufinus)

Alberto Pincherle

Prete, nato circa il 345, probabilmente a Concordia, ma noto come Rufino d'Aquileia; morto a Messina nel 410. Studiò a Roma, ove conobbe S. Girolamo, che lo raggiunse poi nel monastero di Aquileia ove s'era ritirato presso il futuro vescovo Cromazio. Fra il 371 e il 372, R. strinse amicizia con Melania seniore, che accompagnò in Egitto, ove visitarono i monaci; ivi R. conobbe Didimo il cieco e si trattenne fino al 377 o 378, quando raggiunse Melania a Gerusalemme, stabilendosi presso il monastero di lei sul Monte degli Olivi e rimanendo in buone relazioni con san Girolamo. Ma l'amicizia si guastò allorché nel 392 o 393 giunse a Gerusalemme Aterbio, sollevandovi la controversia intorno all'ortodossia di Origene: controversia che doveva esplodere con violenza dopo la Pasqua del 393, giunto in Palestina sant'Epifanio. Girolamo seguì le parti di questo; R. tenne per il vescovo Giovanni di Gerusalemme, che lo aveva anche ordinato prete. Tuttavia nel 397 i due antichi condiscepoli si riconciliarono; poco dopo, R. partì per l'Italia, ove si sforzò di diffondere il pensiero di Origene, valendosi anche dell'autorità di Girolamo. Gli amici di questo lo avvertirono, ed egli si affrettò a dichiarare di aver lodato in Origene l'esegeta, non il teologo; inoltre, alla traduzione del De principiis fatta da R. attenuando le affermazioni più gravi, contrappose la propria, letterale; e il papa Anastasio, successo a Siricio alla fine del 399, invitò R. a giustificarsi, senza tuttavia procedere contro di lui. A sua volta, R., ormai ritornato ad Aquileia, attaccò violentemente Girolamo, che replicò con pari veemenza, mentre Cromazio tentava di metter pace; e forse a lui si deve se R. non rispose al Liber tertius di Girolamo, e si dedicò tutto ai suoi lavori letterarî; donde lo distolse l'invasione visigota, che lo costrinse a rifugiarsi a Terracina e di là, con Melania e i suoi, in Sicilia.

L'opera di R. consta quasi esclusivamente di traduzioni da Padri greci: nelle quali, se non si può riconoscere un piano preciso (Bardenhewer), è facile però discernere l'orientamento teologico di R. che, se "presentò ai Latini la maggior parte della letteratura (bibliotheca) teologica dei Greci" (Gennadio, De vir. inl., 17), trascurò tuttavia alcuni, p es., S. Atanasio. Tradusse invece il 1° libro dell'Apologia per Origene di Panfilo ed Eusebio di Cesarea; di Origene il De principiis, i commenti al Cantico dei cantici e a Romani e numerose omilie; le Ricognizioni pseudoclementine; le Regole e otto omilie di s. Basilio Magno e 9 omilie di San Gregorio di Nazianzo; una scelta cristianizzata delle sentenze di Sesto pitagorico, da lui (con altri contemporanei), attribuita al papa Sisto II; altre Sentenze di Evagrio pontico; il Dialogo di Adamanzio; la Storia ecclesiastica di Eusebio, da lui ridotta in 9 libri, fondendo insieme gli ultimi due, e aggiungendone altri due (10-11, o Historia ecclesiastica di R.), tratti per la maggior parte da Gelasio di Cesarea, per continuare l'opera di Eusebio sino alla morte di Teodosio (395). Buon conoscitore del greco, R. è traduttore assai libero. A questa sua attività si ricollegano anche gli scritti originali di lui, e cioè in primo luogo il De adulteratione librorum Origenis, in cui sostiene che furono manomessi e interpolati da eretici; le due Apologie, al papa Anastasio e contro Girolamo (la seconda, in 2 libri, dedicata ad Aproniano, merita il nome tradizionale di Invectiva); il Commentarius in symbolum apostolorum, prima opera del genere redatta in Occidente, e importante per la storia del simbolo; i due libri De benedictionibus patriarcharum, commento di tipo origenistico a Genesi, XLIV. È molto dubbio che si possa attribuire a R. il rifacimento del Bellum Iudaicum di Giuseppe Flavio, che va sotto il nome di Egesippo. Più complessa ancora la questione della Historia monachorum, di cui si conosce una recensione greca: il testo latino è certo di R.; si discute se il greco sia l'originale (C. Butler) o una traduzione e sui rapporti tra la Historia monachorum e la Historia lausiaca, tradizionalmente attribuita a Palladio. Un Commentarius in prophetas minores tres (Osea, Gioele e Amos), attribuito già a R. è da G. Morin rivendicato a Giuliano d'Eclano (cfr. Rev. bénéd., XXX, 1913, pp.1-24).

Ediz.: Le traduzioni sono quasi tutte edite con i testi originali, sia nella Patrologia graeca, sia in edizioni più recenti; le Sentenze di sesto da J. Gildemeister, Sexti sententiarum recensiones, Bonn 1873, e da A. Elter, Gnomica, Lipsia 1892; delle Omilie di s. Gregorio Nazianzeno, ed. A. Engelbrecht, Vienna 1910 (Corpus script. ecclesiast. latin., 46). Le opere originali, in Patrol. lat., XXI. Del Commentarius, a cura di C.A., Heurtley, 1916.

Bibl.: v. girolamo, santo; origene: Le controversie origenistiche. Per l'Historia monachorum: E. Preuschen, Palladius u. Rufinus, Giessen 1897; C. Butler, The Lausiac history of Palladius, Cambridge 1898-1904, voll. 2; R. Reitzenstein, Historia monachorum und Historia lausiaca, Gottinga 1916; inoltre: A. Glas, Die Kirchengesch. des Gelasios von Kaisareia, Lipsia 1914; A. Jülicher, Ein Wort zu Gunsten des... R., in Klio, 1914, p. 127; P. Van Den Ven, Fragments de la recension grecque de l'Hist. ecclés. de R., in Mouséon, I, p. 92 segg.