TIRINTO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi TIRINTO dell'anno: 1966 - 1997

TIRINTO (v. vol. VIl, p. 873)

K. Kilian

Al centro di una fortificazione di forma ogivale e tripartita si trova il palazzo del tardo XIII sec. a.C., che dominava con i suoi due piani (alt. complessiva c.a 24 m) anche l'agglomerato coevo nella pianura circostante (c.a 8-9 ha). L'imponente cinta muraria cadde in rovina nell'Alto Medioevo. Il restauro delle mura occidentali è stato curato da N. Verdelis (1957), mentre gli scavi, iniziati da Schliemann nel 1884, continuano a cura dell'Istituto Archeologico Germanico di Atene. Al di sopra dei livelli alluvionali databili all'Età del Bronzo (durante l'Antico Elladico il mare era molto più vicino all'insediamento di T.) si elevano due colline rocciose che furono abitate già nel Medio Neolitico. Esigui resti dell'Antico Elladico preludono a un centro protourbano, di un'estensione di c.a 5,9 ha, dall'abitato piuttosto fitto, a giudicare dal numero dei pozzi artificiali per l'acqua. Il centro dell'insediamento era dominato da un grande edificio a pianta circolare, a due piani, alto c.a 6 m, presumibilmente un granaio adibito all'immagazzinaggio del surplus di cereali di tutta la zona. Si ha dunque per la prima volta nella storia dell'Argolide traccia di un sistema politico integrato, riflesso di una gerarchia degli insediamenti in ambito regionale. La varietà della ceramica, in parte del tipo Urfirnis, prodotta localmente, in parte di importazione cicladica e troiana, riflette un ricco sistema di scambi, mentre le testimonianze di un uso dei sigilli (impiegati anche per la chiusura di porte) implicano la presenza di un'organizzazione amministrativa complessa. A questi elementi corrisponde un abitato costituito da case di grandi dimensioni, a due piani, con copertura rivestita di tegole, costruite sui terrazzamenti artificiali della collina più bassa nel corso di ben sei fasi costruttive, ognuna delle quali subì un incendio. Le ragioni della crisi che pose fine al sistema di accumulo e ridistribuzione del surplus non sono note: molti centri abitati dell'entroterra furono abbandonati e l'insediamento di T. si ridusse considerevolmente. Semplici case a pianta absidata sono indicative di cambiamenti radicali.

Nella ceramica una fase di transizione mostra una certa continuità con l'Antico Elladico III, caratterizzato da ceramica figulina dipinta, del c.d. stile di Tirinto. Rapporti con la Troade, il Levante e le zone del medio Adriatico (cultura cetina) rivelano una certa attività in un'economia ridotta. I mutamenti di questo periodo però non permettono, in base alle testimonianze archeologiche, di datare l'arrivo delle genti greche. La linea di costa incominciò ad allontanarsi a causa delle alluvioni, e questa è forse un'altra ragione delle difficoltà economiche. Nel Medio Elladico le due colline facevano parte di un abitato molto semplice. Durante il periodo delle tombe a pozzo, sulla collina alta un mègaron di tipo mesoelladico, con attorno le caratteristiche costruzioni, si potrebbe identificare come l'abitazione di un capo per la presenza di esigui resti di affreschi. Alle fasi più antiche del Tardo Elladico apparteneva una costruzione di tipo palaziale sulla collina alta, distrutta da un incendio e interrata nelle possenti fondazioni del palazzo del Tardo Elladico IIIA. Nel Tardo Elladico IIIA1 l'intera acropoli vide un'intensa attività edilizia, e venne creata una struttura palaziale fondata su due centri ben distinti nelle loro funzioni: p.es. sotto il grande mègaron scavato dallo Schliemann si trovava una sala all'incirca delle stesse dimensioni, con il focolare centrale tra quattro colonne e, presso la parete orientale, un trono, con il podio formato da lastroni scolpiti con spirale continua. Tale unità bipartita ha tutti i caratteri di un complesso palaziale di tipo miceneo e sembra ora stabilita l'ideologia della regalità del wànax. In questo periodo l'acropoli era fortificata, mentre sulla collina bassa l'abitato era aperto.

Nel Tardo Elladico IIIB1 il complesso palaziale subì un modesto rifacimento e la collina bassa fu fortificata. Alla fine di questa fase, un terremoto con incendio ne determinò la totale distruzione. Con il Tardo Elladico IIIB2 l'opera di ricostruzione fu imponente: l'area dell'acropoli fu ampliata, il nuovo palazzo con quartieri residenziali, amministrativi e funzionali raggiunse il massimo splendore; la rocca mediana e la rocca bassa, quest'ultima anche con un nuovo insediamento, furono integrate in un sistema fortificato. La centralizzazione sotto il wànax si concluse con il trasferimento degli edifici di prestigio sull'acropoli (come a Micene).

Gli elementi architettonici e la loro alta funzionalità nell'unità palaziale di T., le pitture parietali e la scelta delle scene, anche se le notizie sulla loro provenienza sono scarse, rendono evidente,l'utilizzo in questo sito delle norme tipiche di un palazzo miceneo; gli elementi strutturali e gli affreschi sulle pareti trasmettono nella loro sequenza e nella crescente importanza, un messaggio speciale concernente la persona del sovrano, a quanti avevano accesso alla sala centrale col trono.

Le mura, costruite in pietra fino alle assise più alte, raggiungono un'altezza di m 13 e una larghezza di m 6-8. L'ampliamento fu eseguito con sostruzioni di gallerie a falsa volta; la stessa tecnica venne adoperata nei magazzini superiori di SE, nella porta (cfr. Micene Est), nelle casematte della rocca bassa (cfr. Micene Nord) e nelle gallerie sotterranee per l'accesso all'acqua (cfr. Micene, Haghia Irini di Ceo). Essa rivela contatti con il mondo ittita mentre si discutono i rapporti con l'ambiente nuragico. La distinta nucleazione delle case, in parte con piano nobile, attraverso i terrazzamenti, contrasta con la complessa rete viaria. I nuclei organizzativi del palazzo riflettono il loro valore nel coordinamento sociale perfino nella soluzione d'accesso, oppure nelle diverse qualità dei pavimenti. Le sale principali e alcune sale di rappresentanza hanno pavimenti in stucco dipinto con motivi marini o puramente decorativi inseriti in un reticolato quadrangolare, come a Pilo, Micene e Teli Kabri. Nell'atrio esterno del mègaron un elaborato rilievo di alabastro con incastonature in vetro azzurro ornava la parete. L'acropoli, in parte circondata dall'abitato, rappresenta il centro politico, economico-sociale e religioso nella gerarchia di un territorio delimitato da piccole fortezze. Attorno al 1200 a.C. un terremoto seguito da un incendio distrusse il complesso palaziale.

Il periodo di ricostruzione dopo la fine del sistema palaziale segnò profondi cambiamenti nel settore economico-sociale, quali il livellamento dei ceti e l'avvio di un'economia di tipo familiare. Si andò inoltre compiendo il passaggio della società palaziale verso una società cittadina. La rocca rimase al centro di un abitato esteso di c.a 25 ha che, dopo un fiorente inizio, conobbe un crescente impoverimento di vita con una continua riduzione della popolazione. Con la prima Età del Ferro una serie di piccoli villaggi con attigua necropoli si impiantò sopra la cittadella micenea (cfr. Argo, Atene). All'organizzazione politica della fine del Tardo Bronzo venne in seguito a sostituirsi un synoichismòs, che segna l'inizio dell'età omerica. I resti dell'abitato geometrico sulla rocca furono distrutti durante i vecchi scavi; resta la stipe votiva geometrica (bòthros) con scudi votivi in argilla, dipinti con scene mitiche, maschere di Gorgone di dimensioni superiori al naturale. Il culto di Hera in epoca arcaica è documentato dalla presenza di ex voto fittili di stile argivo in varie località dell'acropoli, anche se non sono state individuate fondazioni di templi. Durante il periodo ellenistico l'acropoli fu riutilizzata e rinforzata (porta O, agger nella rocca bassa, una fossa sul lato O); intorno al 300 a.C. gli Argivi distrussero T. e ne deportarono la popolazione.

Bibl.: In generale si vedano i volumi della serie Tiryns, dal 1912 al 1990 (I-XI) e AA, dal 1977 al 1988.

(K- Kilian)

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