TIRTEO

Enciclopedia Italiana (1937)

TIRTEO (Τυρταῖος, Tyrtaeus)

Augusto Mancini

Poeta greco; è con Callino e Archiloco uno dei più antichi poeti elegiaci e dei tre, come elegiaco, il più famoso.

Nome e patria. - Una seducente congettura (Kluge) porrebbe il nome di Tirteo in relazione con τέτορες, donde τετορταῖος, verosimilmente non il quarto dei figli, ma il figlio nato il quarto giorno del mese. Assai grave è il problema della patria. La tradizione prevalente nelle fonti antiche è che egli fosse di origine attica, probabilmente di Afidna, e che vivesse poi a Sparta ottenendone la cittadinanza; ma l'esame di quel che ci resta di Tirteo, sia per quanto si riferisce al contenuto e all'ispirazione, sia per alcuni particolari formali, farebbe concludere per l'origine spartana, e tale è oggi l'opinione prevalente. Ma contro di essa, non meno che contro la origine attica, stanno difficoltà mal superabili. Che Tirteo, venuto a Sparta, e divenuto il poeta degli Spartani, ci abbia dato un'elegia di fondo omerico-ionica, ma, per più rispetti, laconizzata, è ovvio, e ovvio quindi, che, in difetto di precise informazioni in contrario, fosse ritenuto spartano: e non è escluso, quantunque altre spiegazioni del silenzio di Erodoto sulla sua laconizzazione siano possibili e forse preferibili, che spartano lo ritenesse appunto Erodoto in un noto passo (IX, 33) sulla concessione della cittadinanza spartana a stranieri. Ma la leggenda dell'atticità, nella forma di compromesso, in cui ci appare per la prima volta in Platone (Leg., I, 629 a), che non lo dice semplicemente senz'altro ateniese, ma "per nascita Ateniese", male poteva sorgere se sull'origine di T., e non vi fosse stata incertezza, a togliere la quale provvidero gli attidografi.

Acquista così un valore decisivo la notizia di Suida che riassume le sue fonti dicendo T. "lacone o milesio": la notizia sulla origine milesia di T., che non trova riscontro, né poteva sorgere sulla base della ricca, ma impura tradizione biografica sul poeta, e che non accoglie gli elementi tendenziosi che caratterizzano le soluzioni spartana e attica, è, con ogni probabilità, la vera. Ulteriori prove offre il carattere dell'elegia tirteica.

Cronologia. - T. scrisse le sue elegie per animare gli Spartani in guerra contro i Messenî e per dare loro saggi consigli di vita civile. Che si tratti della seconda guerra messenica, combattuta a lungo sulla metà del sec. VII, non pare sia dubbio, nonostante le speciose argomentazioni prodotte per far discendere T. al sec. V, al tempo di una terza guerra messenica (A. W. Verrall), sull'importanza della quale ci mancano anche i dati essenziali, o senz'altro per eliminare il T. della tradizione, attribuendone le poesie a un poeta ateniese laconizzante che avrebbe scritto durante la guerra del Peloponneso sotto nome suppositizio (E. Schwartz). I frammenti dell'Eunomia (Εὐνομία) sono stati a questo intento interpretati arbitrariamente al pari dei passi relativi a T. di Platone, di Aristotele (Pol., p. 1306 D.) e di Licurgo (In Leocr., 106). L'esame obiettivo dei frammenti dell'Eunomia che rappresentano la fonte più antica e genuina per la conoscenza della vita di T. e della storia delle guerre messeniche, riflettono gli avvenimenti della seconda guerra, con richiami, di grande importanza, alla prima: la condizione politica di Sparta che è testimoniata da T., senza menzione degli efori, porta a un'età anteriore alla metà del sec. VI. I passi platonici non possono non presupporre una distanza di tempo e un'incertezza di tradizione che sarebbero inammissibili, se si trattasse di poeta vissuto o di poesie composte durante la guerra del Peloponneso o poco prima.

Poesie. - Le poesie di Tirteo furono riunite dagli alessandrini in cinque libri, comprendenti l'Εὐνομία (così citata da Aristotele e da Strabone, mentre Suida dice che ἔγραϕε πολιτείαν Λακεδαιμονίοις, le ὑποϑῆκαι e i μέλη πολεμιοστήρια). Ma che l'edizione alessandrina contenesse solo cose autentiche di Tirteo e non anche quello che si era venuto comunque ricevendo sotto il suo nome, è reso verosimile, prima anche che dall'analisi delle elegie e dei frammenti conservatici, dalle autorevoli testimonianze che i suoi versi fossero ormai di dominio pubblico, cantati come erano, così al campo o nelle marce, come nei conviti.

L'Eunomia sarebbe stata scritta quando, durante la guerra messenica, il protrarsi delle operazioni belliche e l'incombente carestia minacciavano di fiaccare le resistenze e, si può dire, anche il sentimento patriottico degli Spartani. Ricordare agli Spartani l'origine divina della loro città, i duri ma vittoriosi cimenti delle guerre precedenti, esortarli ad aver fede nella saldezza degli ordinamenti cittadini bene accetti agli dei, valse, secondo la tradizione, a confermare gli Spartani nell'ossequio agl'istituti patrî e nella fede della vittoria. I frammenti dell'Eunomia non consentono dubbî sulla sostanziale loro autenticità (si potrà, tutt'al più, pensare a singole interpolazioni), fatta eccezione per il frammento 3 Bergk sull'avidità di guadagno considerata come causa della rovina di Sparta, un verso che riflette condizioni seriori e che è attribuito anche all'oracolo di Delfi (Diod., VII, 14, 5).

Nelle ‛Υποϑῆκαι (Esortazioni), talune delle quali ci sono conservate integralmente, appare, può essendo comune il fondamento etico, una sensibile varietà di tecnica e un diverso grado di aderenza a particolari condizioni storiche; ma sarebbe errore, come si è fatto, distinguere in due gruppi le elegie considerando genuine quelle che presentano copia di elementi storici e locali, spurie le altre prive o scarse di tali elementi. Si potrebbe opporre che sarebbe anzi logico considerare più sicuramente autentica e forse più antica l'elegia, priva di particolari riferimenti, conservataci da Licurgo (fr. 10 Bergk), che aderisce più strettamente ai modelli omerici, fatti già suoi da Callino, e, quindi, non ancora laconizzata. Risente invece delle particolari condizioni di Sparta durante la grave e incerta guerra, l'elegia XI riferita da Stobeo, ma neppure per questo appaiono fondati i dubbî sulla sua autenticità.

Difflcilmente invece può sostenersi l'attribuzione a Tirteo dell'elegia XII, in difesa della quale, che è un frutto di tarda retorica, con scarsa efficacia si adducono elementi di confronto con Omero e con le altre elegie di Tirteo, elementi che non sono probativi, data la continuità della tradizione tirteica. L'impronta omerica è anche evidente nella nuova, purtroppo lacunosa, elegia che ci ha conservato il papiro berlinese 11.675, adespota, ma legittimamente restituibile a Tirteo. L'elegia riflette i più antichi ordinamenti militari spartani offrendo una preziosa attestazione della loro continuità, e si riferisce a particolari avvenimenti della guerra, probabilmente ai combattimenti per il possesso di Ira, la fortezza messenica la cui caduta segnò il termine della guerra: non è escluso quindi che sia la più recente delle ‛Υποϑῆκαι.

Quanto ai canti di guerra si hanno buone testimonianze che gli Spartani marciassero cantando "versi di Tirteo", ma i frammenti di "canti di marcia" o "embaterî" (ἐμβατήρια), in ritmo anapestico, che, giunti a noi adespoti, sono stati attribuiti a Tirteo, non presentano caratteri tali da legittimare l'attribuzione.

Esclusi così gli "embaterî" l'elegia di Tirteo ci si presenta come una poesia strettamente aderente alla fonte e al modello omerico, quale è anche la poesia di Callino (né mancò chi, a torto, attribuì a Tirteo il maggiore frammento di Callino), una. poesia dunque epico-ionica, che non si può ammettere sorgesse a Sparta nel sec. VII, ma che vi fu importata e vi si colorì localmente. Tutto questo conferma la tradizione, isolata, dell'origine milesia di Tirteo: egli viene a Sparta, come, dalle isole o dalle coste dell'Asia, Terpandro, Talete, Alcmane, Polimnesto.

Fama e leggenda. - Tirteo personifica la tradizione poetica guerriera e civile dei Dori: egli fu così il poeta di Sparta, donde sappiamo che i suoi canti si diffusero fra le popolazioni doriche, come è accertato per Creta (Plat., Leg., I, 629 b). Già Platone lo collocava accanto a Omero, e lo stesso ravvicinamento appare in Orazio (Arte Poetica, v. 401).

La "leggenda di Tirteo" è di origine attica e sorge, come dicemmo, per l'incertezza della patria del poeta, ciò che consentiva arbitrarie appropriazioni. I primi elementi compaiono in Platone, hanno sviluppo in Licurgo, ma la leggenda in tutti i suoi particolari ci è offerta da Pausania (IV, 15-16). Gli Spartani trovandosi a dura prova nella guerra contro i Messenî, sono costretti a chiedere aiuto, secondo il responso dell'oracolo, agli Ateniesi, i quali, non potendo non obbedire all'oracolo e non volendo, d'altra parte, aiutare Sparta, mandano un maestro di scuola, zoppo e, secondo pareva, corto di mente; ma questi seppe animare gli Spartani alla vittoria e ricondurli alla sana disciplina civile. Quando la leggenda assumesse la sua forma definitiva non sappiamo: Pausania ne è solo un tardo testimone.

Bibl.: I frammenti di T. in Bergk, Poetae Lyrici Graeci, Lipsia 1915; G. Diehl, Anthologia lyrica graeca, ivi 1925 (comprende il pap. berl.); B. Lavagnini, Nuova antologia della lirica greca, Torino 1932; versioni poetiche italiane con introduzione e commento: G. Fraccaroli, Lirici greci, I, Torino 1910, p. 81 segg.; E. Romagnoli, I poeti lirici, IV, Bologna 1935, p. i segg. In generale: Schmid-Stählin, Griech. Litt., I, pp. 356-61; U. v. Wilamowitz-Moellendorf, Tyrtaios, in Die Textgesch. d. griech. Lyr., Berlino 1900, p. 97 segg.; A. W. Verrall, in The Class. Rev., 1896, p. 269 segg.; 1897, p. 185 segg.; E. Schwartz, Tyrtaeos, in Hermes, XXXIV (1899), p. 428 segg.; H. Weil, Études sur l'antiquité grecque, Parigi 1900, p. 193 segg.; E. Pistelli, in Studi ital. di fil. class., IX (1901), p. 435 segg.; per il pap. berl., U. v. Wilamowitz, in Sitz. d. preuss. Akad. d. Wissenschaften, 1918, p. i segg.; A. Gercke, in Hermes, LVI (1921), p. 346 segg.; F. Schachermeyr, in Rhein. Mus. f. Phil., LXXXI (1932), p. 129 segg.; per i rapporti con Omero, A. Mancini, in Annali della R. Sc. norm. sup. di Pisa, XI (1896); V. De Falco, in Riv. indo-greco-italica, X (1926); per le idee morali, W. Jaeger, in Sitz. d. preuss. Akad. d. Wiss., XXIII (1922), e in La Nuova Italia, gennaio 1934 (cfr. del medesimo Paideia, 2a ed., Berlino 1935); per il nome, E. Kluge, in Indogerm. Forsch., XXXIX (1921), p. 129 segg.